dal sito:
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« Paolo Diamante di Dio »
(è la lettera scritta dal Vescovo Mons. Bregantini agli studenti del Molise)
23 novembre 2008
Carissimi,
alcuni giorni fa, lungo le strade di una grande città, ho notato questo messaggio pubblicitario, ben scelto, che mi è subito piaciuto:
la vita ha il sapore che le dai!
Mi è piaciuto perché sento che la vita è il grande talento che la grazia ci ha posto in mano. Che è unico. Che è immenso. Che è tutto.
Un’espressione che mi ha suggerito quanto la vita sia chiamata all’incontro con lo stupore, in quel sapore immenso che abbraccia tutto ciò che è e che sarà.
La vita, che tu hai in mano, questa stessa vita, dipende anche da te, richiede tutto te stesso, coi difetti e virtù. Comprendi allora come il sapore che tu le dai trae origine dai tuoi sogni, dai tuoi aneliti, dalla tua stessa identità, da ciò che conosci, speri, ami, preghi. Proprio come ci ricorda un filosofo: sei ciò che gusti, perché il sapore è sapere.
Assapora la vita. E dalle sapore. Poiché più la assapori, più la conosci; più la gusti e più la ami. Perché il sapore è l’essenza della vita, la sua dolcezza o amarezza.
Il suo cuore.
Per questo, mi sembra di poter dire che la vita va riempita, come un’anfora alla fonte, come un programma di computer. Altrimenti, resta vuoto.
Hai l’hardware, ma non il software.
Hai il cuore, ma non hai l’amore.
Hai la rosa, ma non hai il profumo.
Hai gli occhi, ma non cogli la bellezza!
Così è la vita. Come … Altri esempi, bellissimi, li puoi tu stesso creare.
Magari con una poesia, fatta in classe, sul gusto della vita.
Da gustare poi insieme…
Perché quel sapore dipende da te. Tu le dai il gusto che vuoi.
Proprio per questo, intendo, carissimi,
inviare a ciascuno e a tutti voi,
all’inizio di questo nuovo anno scolastico,
un messaggio di augurio e di riflessione,
tratto dalla sapienza antica per farne spunto
per il cammino di oggi.
E’ infatti bello abituarsi, nella scuola e nella vita, al confronto, a leggere la storia dell’altro, a capire le differenze, sempre però in un clima di grande verità e chiarezza.
Saluto perciò con affetto tutti voi, carissimi bambini, fanciulli, ragazzi e giovani, cioè tutti gli studenti delle quattro fasce della scuola: infanzia, scuola primaria, media e secondaria.
E con voi, saluto e ringrazio tutti i vostri dirigenti e docenti, con un pensiero di particolare gratitudine al personale ausiliario, preziosissimo.
Ai maestri e docenti, il mio pensiero di santa invidia. Fate un lavoro impegnativo, certo, specie oggi, ma decisivo, poiché voi non plasmate cose, ma coscienze; non create prodotti, ma costruite uomini e donne nuove, capaci di sfidare il futuro.
Ciò che insegnate e trasmettete oggi, sappiate che la società lo ritroverà germogliato dopo. Seminate quindi con larghezza in queste coscienze che formate, seminatevi ciò che è vero, giusto, amabile, puro, alto e profondo e che può durare anche per il domani, per il bene di tutti. In una responsabilità che coinvolge il presente e il futuro.
Questo che avete in mano è il PRIMO MESSAGGIO che rivolgo alle Scuole dopo il mio arrivo in terra Molisana. E lo faccio con molta gratitudine, perché devo affermare di essere stato invitato con affetto ed accolto con gioia in tante scuole. In tante sono già stato. Nelle altre, attendo il vostro cortese invito e vi verrò con gioia. Come del resto, so che faceva volentieri il mio predecessore, mons. Armando Dini, cui va la mia gratitudine per un mucchio di cose belle che ho trovato e che spero di poter continuare.
Grazie del dialogo che è scaturito nelle classi. Grazie della cordialità manifestata. Ma grazie soprattutto delle incisive domande che mi avete posto, perché sento che in esse c’è il vostro sogno sul mistero e sul fascino della vita. Sogno e mistero che è sempre bello condividere, perché non è solo vostro. E’ di chi ve l’ha posto nel cuore, quel Padre che nei cieli vi ha pensato e che oggi corre e cammina con voi lungo le strade, spesso incerte e precarie della vita.
Con questo mio messaggio intendo entrare nelle vostre scuole,
affacciarmi nelle aule con molto rispetto e semplicità,
prendere il gesso e scrivere sulla lavagna un titolo:
« a confronto con il giovane Paolo, diamante di Dio… ».
Vorrei infatti che questo mio messaggio non sia solo formale, un semplice augurio. Ma una riflessione fatta insieme, dalla quale poi possiate trarre tutta una serie di indicazioni pratiche, nel cammino educativo che state compiendo, tra gioie e fatiche. Nel cuore vostro e sui banchi di scuola. Nelle vostre famiglie, che saluto rispettosamente, con vera gratitudine e nelle strade e nei luoghi del gioco e dello svago. Ed anche nella vita sociale, alla quale vi state affacciando con molta trepidazione e tenerezza.
In questa dimensione, ecco la figura di san Paolo. Ve lo presento, perché sento che è un personaggio estremamente stimolante e vivace. Non è scontato. Non è uno scocciatore, che sta lì a farvi sbadigliare mentre vi fa una « pesante » lezione di vita. San Paolo viene a scommettere con voi! Viene affettuosamente a colorare i vostri sforzi, a puntare con voi verso l’alto. E a ciascuno chiede un confronto intenso e chiaro.
Così, in quest’anno dedicato a san Paolo, anche noi ci metteremo a leggerne le lettere, a sentirne quasi la voce, a ripercorrere gli itinerari sulle navi romane, a seguirne le orme tra le montagne della attuale Turchia, lungo i fiumi, nelle città greche, fino al martirio, alle porte di Roma, in un giorno di estrema solitudine, verso il 67 dopo Cristo.
Ma con voi, carissimi ragazzi e giovani, vorrei soprattutto dialogare sul come Saulo, un ragazzetto di una bella città antica, Tarso, sia potuto divenire Paolo. Di Paolo giovane, ecco, vorrei parlarvi. Presentarvelo con le sue ansie, le sue fatiche, i suoi sogni, il suo carattere, la sua spinta in avanti, il suo cuore appassionato.
Perché Paolo?
PERCHÉ LUI SÌ CHE HA SAPUTO DARE UN SAPORE PIENO ALLA SUA VITA! Perché l’ha riempita di un volto, di un cuore: il cuore ed il volto di Gesù di Nazaret.
Ed insegnerà anche a noi, perciò, a dare alla nostra vita un sapore vero, una gioia piena, una corsa compiuta, una meta raggiunta. Tutte espressioni che lui stesso ha coniato e sviluppato. Belle perché vere. Vere perché nel cuore mio e tuo.
Non so se ci riuscirò. Se l’intento andrà a buon fine, eccomi a dialogare con voi, per un riscontro nelle aule scolastiche, ogni volta che ne sarò invitato con la già sperimentata cordialità. Potremo così anche chiarire eventuali passaggi difficili o questioni non ben affrontate. E leggeremo insieme altre pagine della sua vita, qui non presenti.
Buon cammino, dunque … per tutti, ragazzi e giovani. Ed anche per i vostri docenti, cui auguro la stessa passione educativa che aveva Paolo. Specie per i docenti di Religione cattolica, che ringrazio di vero cuore e seguo con affetto particolare. E’ in modo speciale a loro che affido questo messaggio, perché con voi, carissimi, lo possano condividere, spiegare, attualizzare dentro il vissuto della classe, sentendone domande e offrendo spiegazioni, in un continuo approfondimento, di lezione in lezione. In simbiosi con gli altri docenti. Magari creando un recital od un momento teatrale, su certi passaggi della vita di questo santo.
E comincerei proprio così, come tutte le grandi storie, perchè, nella sua famiglia ebrea, rigidamente osservante della Legge dei padri, a quel piccolo bimbo viene dato un nome molto bello, tanto amato: Saul, che viene poi reso, familiarmente, Saulo.
E’ un nome che ricorda un grande Re d’Israele, che ha cambiato la storia dei suo popolo. Un uomo forte, vigoroso, deciso. Ma anche interiormente inquieto, alla ricerca di spazi sempre nuovi.
E così sarà Saulo: forte di carattere, non alto di statura come il re antico, ma coraggioso e tenace come lui. Anzi, più ostinato e più deciso ancora. E’ un uomo passionale, dall’indole fiera ed impavida, che non teme di esprimere con tono il suo sentire. E’ un emotivo, che vive ed affronta tutto di petto, un tipo che non si arrende di fronte agli ostacoli. Ama la concretezza e aborrisce tutto ciò che è finto, ambiguo; parla senza mezzi termini, non tentenna, non rifugge. Ama le sfide della vita, fermo, dotato di fantasia accesa, di un’intelligenza acutissima, capace di gesti profondi e coraggiosi, ma bisognoso di comunicare i propri ideali. Un giovane appunto, che dà pieno sapore alla sua vita
Ma tiene nel cuore suo una spina di inquietudine, che lo mette sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di inedito, di più spazioso. Sperimenta così anche il suo fallimento e con chiarezza lo ammette, perché inconsapevolmente sente che qualcuno lo aspetta, oltre lo steccato della sua intrepidezza. E chiede affetto, comprensione, incoraggiamento; qualcuno che gli dica, anche a lui: non avere paura, vai avanti…! ». Come avviene per noi, grati di ogni gesto di dolcezza e di tenerezza degli amici.
In famiglia Saulo cresce con la LINGUA E LA CULTURA EBRAICA. E’ una famiglia seria, osservante, molto attenta alla tradizione. Fa circoncidere il piccolino dopo otto giorni, innestandolo così nella tribù di Beniamino, proprio quella di Saul. Era gente impegnata, obbediente alla legge di Mosè con lo scrupolo del fariseo, cioè di chi sa che osservando fedelmente la legge ne ottiene riconoscimenti e gratificazioni. Da Dio e dagli uomini.
Cresce così: chiaro, forte, tenace, deciso e preciso. Di tempra e di cuore.
Dicevamo di Tarso. E’ la città natale, dove Saulo corre lungo le strade e dove va a scuola nei suoi primi anni di vita. Ma Tarso, com’è noto, non è in Palestina. E’ nel sud di quella immensa provincia romana, che allora si chiamava Asia. Per noi, oggi, è il sud della Turchia, che ne conserva gelosamente il ricordo.
Tarso è una cittadina universitaria. Un po’ come tante delle nostre cittadine interne. Le sue scuole rivaleggiano con le grandi accademie di Atene e di Alessandria.
Tarso è un incrocio di civiltà. Vi insegna Atenodoro, il maestro e amico di Augusto e, un secolo prima, Cicerone fu governatore della provincia. Vi scorre il fiume Cnido, che quasi costò la vita al giovane Alessandro Magno, quando, madido di sudore, vi volle fare il bagno. Il giovane Re rimase a Tarso il tempo necessario per guarire, ma la civiltà ellenica vi si impiantò saldamente.
Vi si parla GRECO come in tutto il Medio Oriente, una lingua che Saulo apprende nelle strade e a scuola e maneggia con facilità. E’ la « koinè », cioè il greco comune, pratico, chiaro, facile e bello. Anche la Bibbia in quel periodo fu tradotta dall’ebraico al greco nella stessa parlata della koinè, per renderla comprensibile a tutti.
Una parola che corre, un cuore che vibra, una mente che guarda lontano. Così è il giovane Saulo.
Il porto di Tarso, infatti, guarda all’Egitto con Cleopatra, è aperto alla Grecia, a Roma, commercia anche con Marsiglia…
Ma Tarso resta sempre (e non lo dimenticherà mai!) una città semita, segnata da secoli di storia antica. Ruvida ed intensa.
E poi, Saulo entra, progressivamente, anche nella civiltà romana che domina Tarso da diversi decenni. E’ un mondo già globalizzato, quello romano, di forte socializzazione e di intensa urbanizzazione. L’impero romano con le sue agevoli strade terrestri e marine ne dà l’impronta: commercio, incontri, città nuove, scambi di idee, benessere.
E’ la realtà della città che caratterizza l’impero romano.
E per di più, Saulo è cittadino romano già dalla nascita. Per un privilegio molto raro. Che altri dovranno acquistare a caro prezzo. Lui, invece, lo è già nella culla. Mastica così anche una terza lingua: il latino. Forse non come le altre. Ma di certo la capisce. E sa usarla bene, quando occorre difendersi, affermando con fierezza, davanti ai capi militari: « Civis Romanus sum ».
Così Saulo è cittadino di tre mondi, di tre culture: ebraica, greca e romana. Proprio per questo cambierà il suo nome, per renderlo ancora più universale e comprensibile a tutti, DA SAULO A PAOLO. Perchè anche con questo stile, quel ragazzo e quel giovane aveva imparato che bisognava farsi tutto a tutti. (cfr. Atti 21, 37-40).
Potremmo dire, oggi, che veramente è stato preparato dal cielo alla sua nuova grande missione. Si è fatto tutto a tutti, per poter entrare nel cuore di ciascuno di noi, ieri ed oggi…(Cfr l Corinzi 9, 19-23).
Ma intanto, eccolo correre lungo le strade della sua città. Perché sente che la città è tutto: è incrocio di tutte e tre le sue culture. La città, infatti, è greca nella lingua, è ebraica per i suoi abitanti fieri e forti, è romana nelle istituzioni.
Paolo non è un rurale. Lo è invece Gesù, che prenderà tutte le sue immagini proprio dalla vita rurale, dal paese, dalla campagna e ne farà icone di rara bellezza e di immensi, dolcissimi orizzonti.
Saulo invece è figlio della città, dello sport, della lotta. Gesù è nato nell’ambiente dei « poveri ». Paolo è figlio di un rabbino benestante. Il primo era operaio rurale, il secondo teologo. E se lavora anche le tende, tessendole con fatica, lo fa con una dignità particolare. Non da schiavo, ma da artigiano, da maestro…da mastro.
PAOLO È COSÌ FIGLIO DELLA CITTÀ! Egli ne ha lo schema, la replica facile, l’abitudine alle folle. Ne conserva lo spirito disinvolto, aperto, pronto al confronto. Ne osserva abitudini e stile e, passando lungo le larghe vie romane, coglie sempre spunti nuovi, come fece un giorno ad Atene, capitale della cultura antica, dove notò subito un altare dedicato al « Dio Ignoto ». Lo vide, ne trasse ispirazione, ne fece il cuore del suo intervento, proclamando una frase bellissima ed immensa, tanto che nella mia vita di giovane, al Liceo, la scrissi subito sul mio diario e sui testi di filosofia: « Noi cerchiamo Dio e ci sforziamo di trovarlo, anche a tentoni, per poterlo trovare, benché non sia lontano da ciascuno di noi…! ».
La bellezza di Saulo-Paolo è proprio questa: ha sempre cercato, ha sempre amato, ha sempre desiderato.
Potrei ripetere anche a voi, nel leggere san Paolo, quella frase di un grande poeta francese, incisa a caratteri d’oro all’ingresso di un museo: « non entrare qui senza desiderio! ».
Paolo dunque appartiene a tre mondi e a tre culture, come dicevamo: ebraica, greca e romana. Tuttavia emerge da ciascuna di esse con il vigore della sua personalità. Non le cancella, ma le valorizza. Non le elude, ma le perfeziona. Non le racchiude in un livellamento piatto e ottuso. Ma lascia ciascuna con il suo colore, con la sua forza, con la sua ricchezza storica e propositiva.
Tutto questo, non per la sua sola preparazione, ma perché, sulla via di Damasco, ha incontrato il Cristo, luminoso ed esigente. Che lo ha gettato nella polvere, ma insieme lo ha ricostruito dentro.
Così l’incontro diretto con Cristo, oltre a cambiargli la vita, gli ha permesso di uscire dalle culture alle quali apparteneva, ma senza rinnegarle. Anzi, rivalorizzandole. Torneremo sull’incontro di Damasco. Perché quel momento è la strettoia attraverso la quale tutti dobbiamo, prima o dopo, passare.
Per intanto, colgo il primo immediato messaggio che san Paolo ci lascia. Il nostro è, oggi, un mondo che deve fare i conti con una società a più voci, una società dall’evidente pluralismo religioso. Ebbene, in questo contesto culturale e sociale, rischiamo di cadere in due estremismi opposti. Entrambi negativi e dannosi, per il cuore e per la mente.
IL PRIMO INGANNO È L’ESTREMISMO RELIGIOSO, il fondamentalismo, la difesa assoluta delle tradizioni dei padri. Lo stesso errore che ha fatto Saulo quando, furente, camminava verso Damasco per incatenare i suoi nemici religiosi, quella setta dei Cristiani che egli sentiva come una minaccia terribile. Poiché sono diversi – pensava – sono pericolosi e quindi vanno eliminati. Questo è l’estremismo religioso, che oggi serpeggia in molte religioni, anche tra di noi. A tratti, anche nel mondo cattolico…
L’ALTRO ERRORE, opposto, di fronte al pluralismo delle fedi, è quello di cadere in un RELATIVISMO DI PENSIERO E DI SPERANZA. E’ la nebbia dell’indifferenza. E’ il grigiore delle culture. E’ la scelta di eliminare tutti i simboli delle diverse fedi, per costruire un orizzonte senza identità. Tutti ammassati, tutti annullati, tutti omologati. Errore che la Francia ha fatto in diverse scelte, con conseguenze terribili. Perché le mancate identità creano poi rabbia e ribellione.
La sintesi, la via media, sta in un cuore nuovo. Non frutto di compromessi, di mediazioni diplomatiche esterne. No. Ma sta nel saper accogliere tutti e saper valorizzare tutti. E’ proprio quella strada che san Paolo ci insegna: la strada del dialogo e dell’incontro. E’ di certo una strada difficile, richiede tempo, ha bisogno di molta pazienza, si riveste di attese e di sospiri. Ma crea coscienze vere. Perché non impone, ma propone. Non vince, ma convince. Non giudica, ma analizza.
Tre stili di vita che troviamo ed impariamo proprio dall’Apostolo Paolo, pur dentro un carattere difficile qual era il suo!
- Mi chiedo: siamo capaci oggi di dialogare?
Rispettiamo chi la pensa diversamente da noi?
Sono pronto al confronto?
Valorizzo il dialogo o elimino il mio avversario?
- E la scuola che frequentiamo, ci sta abituando
ad avere questo cuore nuovo?
Ci stimola ad allargare i nostri orizzonti?
Vedo nello studio delle lingue, della geografia e della storia
un prezioso aiuto per questa nuova cultura d’accoglienza?
L’università, Saulo la fa a Gerusalemme. Ritorna così, da Tarso, alle radici del suo popolo, nel cuore della Palestina. E’ quasi un master, un corso di perfezionamento. E gli è maestro un uomo molto saggio, un uomo dalla lunga barba, che tanto ha pregato, tanto ha studiato e tanto ha pensato: Gamaliele.
Sa valutare bene tutte le cose. Non ama prendere decisioni affrettate, sa calcolare con mitezza gli eventi. E lo è ancor di più di fronte ad un discepolo irruente com’era il giovane Saulo…
Rimase celebre la sua riflessione davanti ai discepoli del Cristo, che già operavano cose grandi, prodigi in mezzo al popolo. I capi ebrei li volevano eliminare. Erano troppo pericolosi. Allora Gamaliele si alzò e pronunziò questa sentenza, che resta luminosa ancora oggi, criterio di verità in molte questioni anche per me e per voi.
Disse: « Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine solamente umana, verrà distrutta, scomparirà da sè; ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerla, perché Dio è dalla loro parte. Non correte il rischio di combattere contro Dio! » (Atti 5,34-39).
Con Dio non si scherza. La lezione della storia è chiarissima. Tanti che hanno perseguitato i cristiani o schiacciato i diritti umani, sono finiti nel nulla. Tante dittature che si credevano imbattibili, sono miseramente crollate. Tanti che pensavano di aver ragione e di poter fare i furbi, umiliando i poveri o imbrogliando, sono poi stati smascherati, con vergogna immensa.
Ma Saulo non ascolta molto il suo maestro. Purtroppo. Perché nell’impatto con la nuova fede, la fede dei discepoli di Gesù il Cristo, il Galileo, lui non la pensa come Gamaliele. Non sa aspettare.
Saulo è un fondamentalista. Un irruente. Vuole difendere la verità e la tradizione dei padri. Non sa dialogare. Ha paura. Perciò elimina l’avversario. Non lo vuol incontrare. Ma lo distrugge in modo implacabile.
C’è un episodio che lo definisce bene, nel suo carattere. Ma insieme lo segnerà profondamente. Perché è la storia che ci ammaestra sempre, specie quando non riusciamo ad ascoltare più i nostri maestri…e professori…
Un giorno fu condannato a morte un giovane cristiano, di nome Stefano (Atti 7,54-8,1). Mite e forte nella sua fede. Schietto e leale. Ma la sua luminosità faceva ombra a tanti, in Gerusalemme. Non si riusciva a resistere alla sua sapienza.
E venne condannato a morte, innocente, per lapidazione. I più grandi in età gli tirarono contro tanti di quei sassi da farlo morire. Schiacciato da una violenza inaudita.
Ma per avere le braccia libere, tutti quegli uomini maturi posarono i mantelli ai piedi di Saulo, perché ne facesse buona custodia. Lui non tirò i sassi, ma era complice di quel gesto di morte. Anzi, l’approvava in pieno.
Però restò conquistato dal volto sereno di Stefano, suo coetaneo, giovane come lui. Nel morire, non invocò vendetta. Anzi, chiese a Dio di perdonare i suoi uccisori. Pur morendo ingiustamente, non chiese giustizia contro di loro.
Saulo non capì. Non riuscì a darsi una spiegazione di quell’evidente eroismo.
Ma il volto di quel giovane gli resterà impresso per tutta la vita. La luce del Cristo, vincitore del male e della morte, si era riflessa su Stefano. Da Stefano a Saulo. Passando di volto in volto, di cuore in cuore.
E sarà quel volto a porre nel cuore di Saulo la prima scintilla di luce nuova nel buio della sua vita.
Perché, anche per noi, oggi, chi sa perdonare diviene un esempio immenso. Decisivo. Conquista, attrae. Non si dimentica mai una parola di scusa…chi chiede perdono ha sempre un volto luminoso. Chi offre le sue scuse, apre sempre feritoie di dolcezza nel nostro cuore. E’ il mite che conquista la terra, come dicono le Beatitudini (Matteo 5, 5).
Saulo si impegna a fondo contro la setta dei cristiani. con una decisione implacabile. Eccolo ora nei pressi di Damasco, pronto a ricondurre a Gerusalemme, in catene, i cristiani di quella città.
Ma è proprio lì che il Cristo l’attende…
Vi invito a leggere il racconto, che Paolo stesso fa di questo evento decisivo, nel capitolo 22 degli Atti. E’ vivacissimo, sembra di esservi presente, camminando con lui, abbagliati anche noi da quella luce immensa che lo fa cadere nella polvere. Lui, il perfetto, lui il sicuro, lui il persecutore, eccolo nella polvere.
Una domanda secca: « Ma chi sei? »
Ed una voce che cambia la sua vita: « Io sono Gesù di Nazaret, quello che tu stai perseguitando! ». E da quel cuore che odiava, ora esce una espressione commovente: « Signore, che vuoi che io faccia? ».
E la risposta, che guida ogni cammino di fede: Alzati, entra in Damasco: là qualcuno di dirà quello che Dio vuole da te! ».
Ecco i TRE PASSAGGI, che anche per me e per voi caratterizzano ogni cambiamento:
scendere da cavallo ed entrare nella polvere:
prendere cioè consapevolezza dei nostri limiti e difetti;
ammettere i nostri fallimenti; riconoscere di essere fragili e limitati…
Chi sei, Signore? cioè interrogarsi con lealtà su quella voce che nel nostro cuore e nella nostra coscienza ci morde, ci inquieta, ci pone domande nuove, ci stringe dentro, non ci lascia in pace, non ti fa dormire la notte…Voce che ti avvolge nei fatti che vivi, nelle parole dei genitori, di un prete, di un docente, o di un amico o di un’amica che ti legge dentro, di una poesia che ti affascina o di un tramonto o di un bacio che t’incanta…
« Che vuoi che io faccia? »: cioè interrogarsi con chiarezza sulle scelte da fare, scelte tue, non imposte, ma maturate da te, solo da te. Fatte però non in modo capriccioso, ma leggendo nel cuore e nella tua storia, per riuscire a capire il tuo futuro.
E’ l’avventura più bella delle scuole superiori…!
E Saulo diviene Paolo.
Sperimenta vitalmente, a Damasco, la potenza della Parola di Dio. Inizia in città, con Ananìa che lo illumina. Poi, nel deserto, per lunghi anni, proseguirà la sua ricerca della Verità. Vede con chiarezza quanto la Parola di Dio ha compiuto nella sua vita. Era infatti un peccatore ed Essa lo ha purificato; era perduto ed Essa lo ha salvato; era un nemico di Dio ed Essa lo ha riconciliato; era morto nel peccato ed Essa lo ha risvegliato!
Cambia i suoi punti di riferimento. La valutazione delle sue cose. Quello che prima era prezioso, diviene ora vile e disprezzato. Quello invece che era da buttar via, ora si fa oro raffinato.
E’ il risveglio dell’Amore, in un mondo che sta morendo per mancanza d’Amore.
E’ l’incontro con Gesù, l’Amore!
Paolo ci svela così il segreto della vita, di ogni vita: solo nell’amore l’uomo si conquista alla sua piena esistenza personale, solo nell’amore egli attualizza la totale pienezza della sua essenza, della sua dignità. L’uomo è affermato nella sua irriducibilità di persona, interamente, solo se è PERSONALMENTE amato da Dio.
E Paolo lo è stato! Ha visto e sentito un Dio che lo ama personalmente, che lo salva dalla perdita di se stesso, dalla perdita di ciò che in lui è. Paolo viene afferrato dal Mistero dell’amore che Dio ha mostrato di avere per tutti gli uomini in Cristo Gesù, morto e risorto. La sua fede è amore per Cristo Gesù. E l’amore rafforza la sua fede. Così tutto il suo cammino si farà speranza attualizzata.
» Il resto della sua vita lo potrete seguire in altri testi.
O nelle lezioni di vita
durante il cammino scolastico….
A me, come vescovo, interessava ora darvi un assaggio. E l’abbiamo fatto, vedendo come Saulo è stato preparato per la sua missione. Come la sua famiglia, la sua città, la sua patria gli siano state cattedre di vita. Nelle tre lingue che lui parlava: ebraico, greco e latino. Nelle culture di cui egli era impregnato.
Ma tutto questo ha avuto in lui pienezza, perché Saulo ha incontrato, sulla via di Damasco, il Cristo Gesù, l’Amore della sua vita.
E la sua esistenza è cambiata. La sua vita ha ora un sapore preciso, inconfondibile: quello della carità e dell’amore gratuito. Le tre culture che lo avvolgevano rifioriscono in una sintesi nuova. Entra in dialogo con Dio e perciò sa amare ed incontrare ogni uomo. Ogni cultura. Non la vede più da fondamentalista, cioè da chi vuole distruggere l’altro, considerato come nemico. Ma nell’avversario riconosce ora un fratello, segno visibile di quel Cristo che egli pensava di perseguitare.
E’ la dolcezza della conquista e la conquista di sé. E’ la gioia di partire con…e non più contro qualcuno. Grato al Signore, capisce che fin dall’inizio il suo palpito pulsava nel misterioso abisso della Sua presenza!
il diverso è un dono, da valorizzare, non da eliminare. LA DIVERSITÀ È RICCHEZZA. Le lingue nuove sono un mosaico di luce, dai mille colori, come le foglie delle querce in autunno…
Né fondamentalismo né relativismo, ma dialogo e incontro!
ma è questo sole d’autunno, mite e dolce, che rende belli tutti i colori. Non basta l’educazione stradale o civica. Occorre un incontro, una luce superiore. Una Luce nuova fa vedere nuove tutte le cose. E’ il Cristo, che ti auguro di poter incontrare sulla tua strada. Magari anche cadendo da cavallo, cioè dalle tue presunte sicurezze. E’ capitato anche a me, nella mia vita. Quante volte mi sono ritrovato nella polvere, con una spina nel fianco. Ma proprio allora mi sono sentito amato da quell’Amore che fa nuove tutte le cose e ringiovanisce ogni cuore…Rialzato dalla sua mano, ho ripreso a correre.
Ed è proprio la corsa lo stile più bello di san Paolo. Quello più affascinante. Anche per me. In un momento amaro della mia vita, incerto sul mio futuro, aprii a caso le lettere di Paolo e mi capitò proprio questo brano: « Io non sono ancora arrivato al traguardo, non sono ancora perfetto. Continuo però la mia corsa, per tentare di afferrare il premio, PERCHÉ ANCH’IO SONO STATO AFFERRATO DA CRISTO GESÙ…dimentico del passato, proteso verso il futuro, corro verso la meta, per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù » (Filippesi 3,7-14). Capii che non ero io a scegliere. Ma che ero stato già scelto. Che non inseguivo il vuoto, ma ero attratto dietro il profumo di Colui che mi aveva già amato. Che mi afferra quando mi lancio nella vita. Niente paura. Niente rimpianti, niente rimorsi.
Allora, la fatica stessa nel cammino della vita viene valutata in modo diverso. Paolo paragona questa fatica al gemito. Il gemito del nascituro. Perché la vita non è uno sfascio, ma un parto, una rigenerazione. Geme anche la creazione, quando è violata, quando la inquiniamo, quando è bruciata. Avvolti dal fuoco anche i vecchi ulivi pare che emettano un forte gemito! Ma geme anche il tuo cuore, quando non ce la fai ad essere migliore, quando « scopri in te il desiderio del bene, ma non la capacità di compierlo. Perché non compi il bene che vuoi, ma ti ritrovi a fare il male che non vuoi »! (cfr Lettera ai Romani capitoli 7 e 8). Ma tutti e tre i gemiti (della vita, della creazione e del cuore) sono ascoltati dalla voce dello Spirito, che sa leggere nei nostri gemiti e li sa trasformare in poesia, in preghiera, in cuore attento, in fiducia, in Amore.
Ecco perché chiudo con una delle pagine più belle di san Paolo, che ha conquistato il cuore di tutti, lungo la storia. E’ la pagina sull’amore, che egli detta alla chiesa di Corinto (capitolo 13):
Chi ama, è paziente e premuroso.
Chi ama, non è geloso,
non si vanta,
non si gonfia d’orgoglio.
Chi ama, è rispettoso,
non va in cerca del proprio interesse,
non conosce la collera,
dimentica i torti.
Chi ama, rifiuta l’ingiustizia,
la verità è la sua gioia.
Chi ama, tutto scusa,
di tutti ha fiducia, tutto sopporta,
non perde mai la speranza
La scienza ci dice che il carbonio può trasformarsi o nel nero carbone, pesante e rozzo, oppure, per un particolare processo di calore, in un magnifico diamante. Carbone e diamante hanno la stessa composizione chimica. Cambia solo la loro relazione di particelle. La loro finalizzazione.
Così è stato san Paolo: poteva essere un carbone scuro e cattivo, che sporca ed inquina. Ma con il calore dell’Amore di Dio, lui è divenuto un diamante purissimo e luminosissimo.
La vita veramente dipende da te. Ha il sapore che le dai.
Fanne un diamante, che riluce di bellezza immensa, perché anche tu, come Saulo, hai incontrato la Luce…
Buon cammino, sulle strade del Molise,
tuo affezionatissimo + padre GianCarlo, Vescovo