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BEATO GIACOMO ALBERIONE SACERDOTE
26 NOVEMBRE
San Lorenzo di Fossano, Cuneo, 4 aprile 1884 – Roma, 26 novembre 1971
Giacomo Alberione nacque il 4 aprile 1884 a San Lorenzo di Fossano (Cuneo), da una povera e laboriosa famiglia di contadini. A sette anni sentì la vocazione al sacerdozio. Entrò nel seminario di Bra, ma dopo quattro anni di permanenza una crisi gli fece lasciare il seminario. Nell’autunno del 1900 tornò a indossare l’abito del seminarista, questa volta nel collegio di Alba. Nella notte che segnava il passaggio al nuovo secolo, durante la veglia di adorazione solenne nel Duomo, mentre era inginocchiato a pregare una particolare luce gli venne dall’Ostia, l’invito di Gesù: “Venite ad me omnes…”(Mt 11, 28) lo incitò a fare qualcosa per gli uomini e le donne del nuovo secolo. Il 20 agosto 1914 diede inizio a quella che dapprima si chiamò “Scuola Tipografica Piccolo Operaio”, e successivamente “Pia Società San Paolo”, il primo dei dieci rami della Famiglia Paolina. La morte lo colse a Roma, all’età di 87 anni, il 26 novembre 1971. Il 26 giugno 1996 Giovanni Paolo II ne ha riconosciuto le virtù eroiche dichiarandolo Venerabile.
Martirologio Romano: A Roma, beato Giacomo Alberione, sacerdote, che, sommamente sollecito per l’evangelizzazione, si dedicò con ogni mezzo a volgere gli strumenti della comunicazione sociale al bene della società, facendo dei sussidi per annunciare più efficacemente la verità di Cristo al mondo, e fondò per questo la Congregazione della Pia Società di San Paolo Apostolo.
Paolo VI lo ha definito «una meraviglia del nostro secolo», altri un «industriale del Vangelo». Sicuramente è stato un grande personaggio della storia sociale italiana e della storia della Chiesa. Grazie a lui il mondo cattolico si è affacciato sul mercato dei mass media con strumenti e prodotti culturali competitivi. Don Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, è stato un genio organizzativo nella caotica e insidiosa giungla della comunicazione sociale.
Alberione fu uomo solo, senza amici. La sua vita fu avvolta da un alone di mistero. Nessuno, credo, è mai riuscito a sollevare tutto il velo che coprì l’identità di quest’uomo, così alieno alle confessioni intime e dalle effusioni spontanee. Anche per questo egli non conobbe amici nel senso comune della parola. Eppure fu sempre ammirato e un suo sorriso era cercato come quello della mamma, così come «le sue lavate di capo, che regalava qualche volta, assumevano il tono di un Savonarola in formato tascabile», come scrisse di lui un suo scomodo quanto appassionato figlio paolino.
Don Alberione nasce, figlio di contadini, in uno squallido stanzone di un rustico a San Lorenzo di Fossano (Cuneo). È il 4 aprile 1884. E morirà il 26 novembre 1971, in una semplice stanzetta dai gusti francescani nella Casa generalizia della Pia Società San Paolo di Roma senza aver riconosciuto il Papa. Paolo VI si era infatti recato al suo capezzale per rendere l’ultimo omaggio a chi aveva fondato, a soli 30 anni, una congregazione religiosa ed ora ne lasciava ben cinque, più quattro istituti aggregati all’Unione Cooperatori Paolini. Nessuno ha ancora lasciato, nella millenaria storia delle congregazioni e degli ordini religiosi, un così alto numero di fondazioni.
Il 26 novembre del 1904 rimane orfano di padre: lo stesso giorno in cui lui morirà. Tra padre e figlio non c’era mai stata intesa, come d’altra parte con il resto della famiglia. Sull’immaginetta stampata in occasione della sua ordinazione sacerdotale fece scrivere: «Quoniam pater meus dereliquit me… Dominus autem suscepit me» («Il padre mi ha abbandonato ma il Signore si è preso cura di me»).
Don Alberione è stato anche uno dei fondatori più longevi della storia della Chiesa. È vissuto 87 anni costantemente proteso a diffondere la Parola. Giacomo preferiva il libro al gioco, così come preferiva il libro alla zappa, con le conseguenti lamentele e i rimbrotti del padre. Leggiamo in un suo scritto di quando aveva vent’anni e già aveva inteso l’essenza della sua missione: «La vera forza reggitrice degli affetti del cuore, motrice del regno invisibile del pensiero, nell’unione intellettuale e morale, individuale e sociale, che scorre in tutti i secoli, che si dilata in tutte le nazioni è la potenza della parola. Parla l’uomo e parla Dio; quello con pochi mezzi manifesta i suoi verbi mentali, questi con mezzi infiniti, come infinito è Egli stesso. Ei parlò stampando il suo verbo nella natura; onde l’uomo studiando la natura studia il Verbo di Dio».
La sua attività pubblicistica inizia nel 1913 con la direzione della «Gazzetta d’Alba». L’anno dopo nasce la Scuola Tipografica Piccolo Operaio, primo nucleo della futura Pia Società San Paolo. Nel 1915 don Alberione dà vita alla prima comunità femminile della Pia Società Figlie di San Paolo.
Gracile nel fisico, don Alberione aveva una volontà granitica. Si svegliava fra le 3 e le 3,15; alle 4,45 celebrava la messa. Verso le 7 raggiungeva il tavolo di lavoro, rispondendo personalmente alle molte lettere che giungevano da tutte le parti del mondo. Antesignano della comunicazione globale, veniva interrotto dalle visite, per le quali, generalmente, non era necessario fissare un appuntamento: si bussava alla sua porta e si entrava. Lavoratore infaticabile, ma anche organizzatore perfetto e manager d’eccezione. Ha scritto «Famiglia Cristiana», sua straordinaria creatura che nacque il 25 dicembre 1931: «L’intuizione di don Alberione non sta tanto nell’aver utilizzato i mezzi più celeri ed efficaci della comunicazione sociale come strumenti di apostolato, quanto nell’aver adottato integralmente il metodo industriale, che si tira dietro, per sua natura, l’obbligo di aggiornamento continuo e la complementarità di molti settori. È l’industria al servizio della Chiesa; è la rinunzia definitiva a un certo tipo di artigianato; è soprattutto la rinunzia all’arrangiamento. Libri, giornali, ecc., oltre che fatti a scopo di bene, devono essere fatti secondo tutte le regole». La professionalità a dispetto del pressappochismo che molta parte della cosiddetta «buona stampa» perseguiva. Ma tali risultati don Alberione li pagò a caro prezzo. Le travagliate vicende sono ampiamente registrate e documentate negli atti della causa di beatificazione che si è aperta nel 1981 e che lo ha già portato, nel 1996, al titolo di venerabile.
Nel 1931 invia i primi missionari all’estero: Brasile, Argentina, Stati Uniti, India, Cina, Giappone e Isole Filippine. Pur maneggiando molto denaro, fra pretese di creditori e saldi di debiti, don Alberione rimane ben ancorato al voto di povertà. Fra le tante definizioni che gli sono state date c’è anche quella di «manager di Dio». Questo piccolo e fragile uomo ha fondato un impero editoriale di dimensioni intercontinentali, sempre con il rosario alla mano e contro tutti. «L’unica sconfitta nella vita», lascia scritto, «è cedere alle difficoltà, anzi l’abbandono della lotta. L’uomo se muore lottando, vince, se abbandona la lotta è un vinto».
Autore: Cristina Siccardi
Giacomo Alberione nasce il 4 aprile 1884 nella cascina delle « Nuove Peschiere » a San Lorenzo di Fossano (Cuneo). Presso la cappella dedicata a San Lorenzo riceve il Battesimo il giorno successivo, 5 aprile. La famiglia Alberione è guidata da papà Michele e benevolmente curata da mamma Teresa Allocco. Ci sono già i fratelli: Giovenale, Francesco, Giovanni; seguiranno la sorellina che morirà entro un anno e l’ultimo fratello Tommaso. Famiglia di poveri contadini, profondamente cristiana e laboriosa, che trasmette ai figli con la fede una forte educazione al lavoro e una fiducia incrollabile nella Provvidenza.
Il progetto di Dio su Giacomo comincia ad evidenziarsi molto presto: in prima elementare, interrogato dalla maestra Rosa Cardona su cosa farà da grande, egli risponde con chiarezza: « Mi farò prete! ».
Seguono gli anni della fanciullezza orientati in questa direzione.
Nella nuova abitazione della famiglia nella regione di Cherasco, parrocchia San Martino, diocesi di Alba, il parroco don Montersino aiuta l’adolescente a prendere coscienza e a rispondere alla chiamata del Signore. A 16 anni Giacomo è accolto nel Seminario di Alba e subito si incontra con colui che gli sarà padre, guida, amico, consigliere per 46 anni: il can. Francesco Chiesa.
Fare « qualcosa » per il Signore e gli uomini del nuovo secolo
Al termine dell’Anno Santo 1900, già fortemente interpellato dall’enciclica di Papa Leone XIII « Tametsi futura », Giacomo asseconda l’invito potente della grazia divina: nella notte del 31 dicembre 1900, che divide i due secoli, sosta per quattro ore in adorazione davanti al SS. mo Sacramento solennemente esposto nella Cattedrale di Alba. Una « particolare luce », come testimonia egli stesso, gli viene dall’Ostia e da quel giorno si sente « profondamente obbligato a far qualcosa per il Signore e per gli uomini del nuovo secolo », « obbligato a servire la Chiesa », con i mezzi nuovi offerti dall’ingegno umano.
E’ in seguito a tale esperienza che don Alberione ricorda senza fine a tutti i suoi figli e figlie: « Siete nati dall’Ostia, dal Tabernacolo! ».
L’itinerario del giovane Alberione prosegue molto intensamente negli anni dello studio della filosofìa e teologia. Il 29 giugno 1907 viene ordinato sacerdote. Segue una breve ma decisiva esperienza pastorale in Narzole (Cuneo), nella parrocchia di S. Bernardo, in qualità di vice parroco. Nei pochi mesi di apostolato pastorale diretto incontra il giovinetto Giuseppe Giaccardo che per lui sarà ciò che fu Timoteo per l’Apostolo Paolo. E sempre a Narzole don Alberione matura una maggior comprensione di ciò che può fare la donna coinvolta nell’apostolato.
Seguono gli anni vissuti nel Seminario ad Alba, dove svolge il compito di Padre Spirituale dei seminaristi maggiori e minori, e d’insegnante in varie materie.
Il giovanissimo sacerdote prega molto, studia, si presta per predicazione, catechesi, conferenze nelle parrocchie della diocesi. Dedica pure molto tempo allo studio, approfondendo particolarmente testi che lo illuminano e lo aggiornano sulla situazione della società civile ed ecclesiale del suo tempo e sulle necessità dell’uomo d’oggi: verso dove cammina questa umanità?
Ma il Signore lo vuole e lo guida in una missione nuova, multiforme nei mezzi e nelle strutture, per predicare il Vangelo a tutti i popoli, nello spirito dell’Apostolo San Paolo: portare gli uomini a Dio e Dio agli uomini, utilizzando i mezzi moderni di comunicazione. Testimoniano tale orientamento due libri di notevole importanza, maturati in quegli anni: « Appunti di teologia pastorale » (1912) e « La donna associata allo zelo sacerdotale » (iniziato nel 1911 e pubblicato nel 1915).
Maggior luce e maggior comprensione per un nuovo passo avviene nel 1910, quando don Alberione prende coscienza che la missione di dare Gesù Cristo al mondo deve essere assunta e realizzata da persone consacrate: « Le opere di Dio si fanno con gli uomini di Dio », amerà ripetere spesso.
La missione si concretizza: evangelizzare con i mezzi moderni
Per obbedire a Dio e alla Chiesa, il 20 agosto 1914, mentre a Roma muore il santo pontefice Pio X, ad Alba don Alberione dà inizio alla « Famiglia Paolina » con la fondazione della Pia Società San Paolo. Tutto avviene in forma semplice e dimessa: don Alberione si sente strumento di Dio, mosso dalla pedagogia divina che ama « iniziare sempre da un presepio », nel silenzio e nel nascondimento.
La famiglia umana – alla quale don Alberione si ispira – è composta di… fratelli e sorelle. Don Alberione è ben consapevole del ruolo importante che la donna, esercita nel « fare del bene » a gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli. La prima donna che segue don Alberione è una ragazza ventenne di Castagnito (Cuneo): Teresa Merlo. Con il suo contributo, Alberione dà inizio alla congregazione delle Figlie di San Paolo (1915). Lentamente, ma decisamente, tra difficoltà di ogni genere, la « Famiglia » si sviluppa, le vocazioni maschili e femminili aumentano, l’apostolato si delinea e prende forma.
Nel 1918 (dicembre) avviene una prima partenza (quante ne seguiranno?) di « figlie » verso Susa: inizia una coraggiosa storia ricca di fede e di giovanile entusiasmo, che genera anche uno stile caratteristico, denominato « alla paolina ».
È abbastanza semplice seguire la cronologia di questi anni: ma quanto cammino, quanto progresso! Dio è presente e dà segni evidenti che è Lui solo a volere la Famiglia Paolina.
Però, nel luglio 1923 una nube oscura sembra troncare sul nascere tutti i sogni. Don Alberione si ammala gravemente; e il responso dei medici non lascia speranze. Ma ecco che, contrariamente ad ogni previsione, don Alberione riprende miracolosamente il cammino: « San Paolo mi ha guarito », commenterà in seguito. Da quel periodo appare nelle cappelle Paoline la scritta che in sogno o in rivelazione il Divin Maestro rivolge al Fondatore: « Non temete – Io sono con voi – Di qui voglio illuminare – Abbiate il dolore dei peccati ».
Nel 1924 prende vita la seconda congregazione femminile: le Pie Discepole del Divin Maestro, per l’apostolato eucaristico, sacerdotale, liturgico. A guidarle nella nuova vocazione don Alberione chiama la giovane Orsola Rivata.
Intanto don Alberione, sempre bruciato dallo « zelo » per le anime, va individuando le forme più rapide per raggiungere con il messaggio evangelico ogni uomo, soprattutto i lontani e le masse. Intuendo che, accanto ai libri, un mezzo molto efficace poteva risultare la pubblicazione di periodici, eccolo …buttarsi massicciamente in questa forma di apostolato. Nel 1912 era già nata la rivista Vita Pastorale destinata ai parroci, al fine « che ogni pastore sia un Pastor Bonus, modellato sopra Gesù Cristo… »; adesso (1931) nasce Famiglia Cristiana, rivista settimanale con lo scopo di alimentare la vita cristiana delle famiglie. Seguiranno: La Madre di Dio (1933), « per svelare alle anime le bellezze e le grandezze di Maria »; Pastor bonus (1937), rivista mensile in lingua latina, nella quale si trattavano problemi di cura pastorale e venivano offerte profonde meditazioni biblico-teologiche; Via, Verità e Vita (1952), rivista mensile per la conoscenza e l’insegnamento della dottrina cristiana; La Vita in Cristo e nella Chiesa (1952), con lo scopo di far « conoscere i tesori della Liturgia, diffondere tutto quello che serve alla Liturgia, vivere la Liturgia secondo la Chiesa… ». Don Alberione pensa anche ai ragazzi: per loro fa pubblicare Il Giornalino.
Si pone pure mano alla costruzione del grandioso Tempio a San Paolo, prima chiesa dedicata a una delle devozioni fondamentali della Famiglia Paolina. Seguiranno i due Templi a Gesù Maestro (Alba e Roma) e il Santuario alla Regina degli Apostoli (Roma).
Don Alberione si preoccupa di guidare, formare, orientare fratelli e sorelle precedendoli nella vita – vocazione – missione paolina.
Da Alba al mondo: come Paolo sempre in cammino
Nel 1926 si concretizza la fondazione della prima Casa « filiale » a Roma, seguita negli anni successivi da molte fondazioni in Italia e all’Estero.
Intanto cresce l’edificio spirituale: si segue con una maggiore comprensione e quindi più facilmente l’insegnamento del « Primo Maestro » sulla « devozione » fondamentale e qualificante: « Gesù Maestro e Pastore, Via e Verità e Vita », sulla devozione a Maria Madre, Maestra e Regina degli Apostoli; e sulla devozione a San Paolo, che ci specifica nella Chiesa e per cui siamo « i Paolini ».
La meta che il Fondatore indica a tutti e che vuole sia assunta come il primo « impegno » è la conformazione piena a Cristo: accogliere tutto il Cristo Via e Verità e Vita in tutta la persona, mente, volontà, cuore, forze fisiche. Orientamento codificato in un volumetto composto intorno agli anni ’30 e al quale dà il titolo paolino: « Donec formetur Christus in vobis ».
Nell’ottobre 1938 don Alberione fonda la terza congregazione femminile: le Suore di Gesù Buon Pastore o « Pastorelle », destinate all’apostolato pastorale diretto in ausilio ai Pastori.
La seconda guerra mondiale (1940-1945) segna una battuta d’arresto; ma il Primo Maestro, forzatamente fermo a Roma, non si arresta nel suo itinerario spirituale. Mentre attende il ritorno di condizioni migliori per operare, egli va accogliendo in misura sempre più radicale la luce di Dio in un clima di adorazione e contemplazione ogni giorno crescente.
Frutto di tale attitudine adorante sono gli scritti che il Fondatore continua a regalare ai suoi figli, tutti di grande rilievo per la Famiglia Paolina. Ricordiamo solo la « Via humanitatis » (1947), altissima rilettura del cammino dell’umanità in ottica mariana (« per Mariam, in Christo et in Ecclesia »), e quello che è il suo sogno incompiuto: il Progetto di un’enciclopedia su Gesù Maestro (1959).
Per don Alberione l’attività piena riprende alla fine del 1945, con i grandi viaggi intorno al mondo, allo scopo di incontrare e confermare fratelli e sorelle. Rimane « folgorato » dall’Oriente (India, Cina, Filippine…): le moltitudini, i miliardi di persone… Ma quanti conoscono Gesù Cristo? « Mi protendo in avanti! Non pensare a quel che si è fatto, ma piuttosto a quanto rimane da fare ».
Gli anni 1950-1960 sono gli anni d’oro del consolidamento della Famiglia Paolina: tutto fiorisce con vocazioni, fondazioni, edizioni, iniziative molteplici, impegno nella formazione, nello studio, nella povertà.
Nel 1954 si celebra il quarantesimo di fondazione, documentato in un volume pubblicato nella circostanza: « Mi protendo in avanti ». E’ esattamente in questa occasione che don Alberione riesce a vincere la sua naturale ritrosia nel parlare di se stesso e consegna ai suoi figli lo scritto che sarà pubblicato con il titolo: « Abundantes divitiae gratiae suae » e che viene considerato ora come la « storia carismatica della Famiglia Paolina ».
Con la fondazione della quarta congregazione femminile: l’Istituto Regina degli Apostoli per le vocazioni (Suore Apostoline), dedite all’apostolato vocazionale (1959) e con gli Istituti aggregati: San Gabriele Arcangelo, Maria SS.ma Annunziata, Gesù Sacerdote, Santa Famiglia, si completa il grande « albero » della Famiglia Paolina, pensata e voluta da Dio.
Don Alberione è ora la guida di circa diecimila persone, inclusi pure i Cooperatori Paolini, tutte unite tra loro dallo stesso ideale di santità e di apostolato: l’avvento di Cristo, Via, Verità, Vita, nelle anime e nel mondo, mediante gli strumenti della comunicazione sociale.
Dalla Chiesa del Concilio a quella celeste
Negli anni 1962-1965 il Primo Maestro è protagonista silenzioso, ma molto attento del Concilio Vaticano II, alle cui quattro « sessioni » partecipa quotidianamente con vivo impegno. Giorno di particolare giubilo è il 4 dicembre 1963, in cui viene emanato il Decreto conciliare « Inter Mirifica » sugli strumenti della comunicazione sociale da assumersi come mezzi di evangelizzazione. Egli così commentò: « Ora non potete più avere dubbi. La Chiesa ha parlato ». E ancora: « Vi ho dato il meglio. Se avessi trovato qualcos’altro di meglio, ve lo darei ora, ma non l’ho trovato ».
Nel frattempo, non mancano tribolazioni e sofferenze al padre comune. Tra le più acute, la morte dei suoi primi figli e figlie. Il 24 gennaio 1948 torna al padre don Timoteo Giaccardo, che egli considera « fedelissimo tra i fedeli ». Quindi, il 5 febbraio 1964, don Alberione è colpito da un nuovo, profondo dolore per la morte della Prima Maestra Teda (Teresa Merlo), la donna che non dubitò mai e vide in Lui l’Uomo trasmettitore della Volontà di Dio. In quell’occasione don Alberione non si preoccupò di nascondere le lacrime.
Ormai verso la fine del cammino terreno, si può affermare che il segreto di tanta multiforme attività fu la sua vita interiore, per la quale egli realizzò l’adesione totale alla Volontà di Dio, e compì in sé la parola dell’Apostolo San Paolo: « La mia vita è Cristo ». Il Cristo Gesù, in particolare il Cristo Eucaristico, fu la grande, l’unica passione di don Alberione: « La nostra pietà è in primo luogo eucaristica. Tutto nasce, come da fonte vitale, dal Maestro Divino. Così è nata dal tabernacolo la Famiglia Paolina, così si alimenta, così vive, così opera, così si santifica. Dalla Messa, dalla Comunione, dalla Visita, tutto: santità e apostolato ».
Il Venerabile don Giacomo Alberione rimase sulla terra 87 anni. Compiuta l’opera che il Padre Celeste gli aveva dato da fare, il 26 novembre 1971, lasciò la terra per prendere il suo posto nella Casa del Padre. Le ultime ore di don Alberione furono confortate dalla visita e dalla benedizione del Papa Paolo VI, che non nascose mai la sua ammirazione e venerazione per don Alberione. Ad ogni membro della Famiglia Paolina è oltremodo cara la testimonianza che volle lasciare il Papa Paolo VI, nella memorabile Udienza concessa al Primo Maestro e a una folta rappresentanza di membri della Famiglia Paolina, il 28 giugno 1969 (il Primo Maestro aveva 85 anni): « Eccolo: umile, silenzioso, instancabile, sempre vigile, sempre raccolto nei suoi pensieri, che corrono dalla preghiera all’opera, sempre intento a scrutare i « segni dei tempi », cioè le più geniali forme di arrivare alle anime, il nostro Don Alberione ha dato alla Chiesa nuovi strumenti per esprimersi, nuovi mezzi per dare vigore e ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e nuova coscienza della validità e della possibilità della sua missione nel mondo moderno e con i mezzi moderni. Lasci, caro Don Alberione, che il Papa goda di codesta lunga, fedele e indefessa fatica e dei frutti da essa prodotti a gloria di Dio ed a bene della Chiesa ».
Il 25 giugno 1996 il Santo Padre Giovanni Paolo II firma il Decreto con il quale vengono riconosciute le virtù eroiche e il conseguente titolo di Venerabile.
E’ stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II a Roma il 27 aprile 2003.
Autore: Don Luigi Valtorta, ssp – Postulatore Generale