OMELIA NELLA SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
«La santità, vocazione fondamentale dell’uomo»
La celebrazione eucaristica della solennità di tutti i Santi si apre con l’esortazione « Rallegriamoci tutti nel Signore ». La liturgia invita a condividere il gaudio celeste dei Santi e ad assaporarne la gioia. I Santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la liturgia esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina.
La festa di Tutti i Santi è una delle più care al popolo cristiano. Essa si diffuse nell’Europa latina nei secoli VIII-IX. Dal secolo IX si iniziò a celebrarla anche a Roma, dove questa solennità era chiamata Pasqua di Ognissanti. Occorreva, infatti, far festa a Cristo vittorioso e risorto nella storia dei suoi Santi.
La festa dei santi è la festa del nostro destino, la festa della nostra chiamata. È una bella festa in cui celebriamo la fedeltà di Dio nei confronti degli uomini e quella degli uomini verso Dio; da questo felice connubio nasce e sgorga la santità. Festeggiare tutti i Santi significa guardare a coloro che già posseggono l’eredità della gloria dell’Eterno. I santi contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione.
La Chiesa ci invita a levare in alto lo sguardo fino a raggiungere il punto in cui si intravede la Gerusalemme celeste, dove “l’assemblea dei nostri fratelli glorifica in eterno” il Signore (cf. Prefazio della Solennità). Tutta la storia della Chiesa è segnata da questi uomini e donne che con la loro fede, con la loro carità, con la loro vita sono stati dei fari per tante generazioni, e lo sono anche per noi. I Santi manifestano in diversi modi la presenza potente e trasformante del Risorto; hanno lasciato che Cristo afferrasse così pienamente la loro vita da poter affermare con san Paolo “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
La Solennità di Tutti i Santi apre uno spiraglio sulla città del cielo, la patria comune verso cui siamo incamminati e che tanti nostri fratelli hanno già raggiunto; la casa paterna dove si celebra in eterno la festa di Dio con i suoi amici (Ap 7,9-14).
All’inizio della Preghiera Eucaristica contempleremo la gloria dei Santi proclamando che essi ci sono stati dati “come amici e modelli di vita”. Spronati dal loro esempio, “verso la patria comune noi, pellegrini sulla terra, affrettiamo nella speranza il nostro cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa”.
Sono i Santi che la Chiesa oggi ricorda, senza necessità di farne i nomi. I santi sono uomini e donne che hanno cercato e amato intensamente Dio; persone, delle quali, forse, non conosciamo nulla, ma che nel lungo corso dei secoli hanno accolto la parola di Cristo che disse: « Vi ho dato l’esempio, perché, come ho fatto io facciate anche voi. » (Gv 13,15). E ne hanno fatto il loro programma di vita, con una esistenza profondamente radicata in Lui, il Figlio di Dio, il Redentore, che amarono con tutte le loro forze, rendendolo presente tra gli uomini.
Il discorso della montagna (Mt 5-7) è una delle pagine più rivelative la verità cristiana e anche tra le più coinvolgenti di tutto il Nuovo Testamento in quanto traccia la via del discepolo sulle orme del Regno. Il vangelo delle Beatitudini costituisce la prima parte del “discorso della montagna”. Il monte è il luogo della rivelazione sia per la trasfigurazione gloriosa di Gesù sia per la sua parola. Il monte ha, inoltre, un significato più specifico: esso vuol ricordarci il Sinai, il monte della promulgazione della legge e della conclusione dell’alleanza.
Le Beatitudini sono certamente la sintesi più significativa di tutto il « lieto annuncio » di Gesù e la dichiarazione più espressiva della novità cristiana e ricordano con forza qual è la logica di Dio. Le Beatitudini sono il cuore del vangelo del Regno. Le Beatitudine sono il codice della santità, la vera carta di identità della santità cristiana. Le beatitudini non possono essere lette solo come un testo poetico o dai forti contenuti morali, o ancora come un brano sapienziale: esse sono buona notizia, Vangelo, in quanto atteggiamenti vissuti radicalmente da Gesù e, come tali, devono diventare lo stile di vita del cristiano. Siamo dunque chiamati ad accoglierle quale interrogativo e pungolo che mette in questione la nostra fede, la nostra sequela del Signore Gesù e, più precisamente, la nostra gioia e felicità nel vivere il Vangelo. Sì, perché le beatitudini riguardano il rapporto tra fede e felicità!
Per nove volte Gesù proclama beati quanti vivono alcune precise situazioni in grado di facilitare il loro cammino verso la piena comunione con Dio. Egli rivela che la beatitudine non viene da condizioni esterne, non viene dal benessere, dal piacere, dal successo, dalla ricchezza; essa nasce invece da precisi comportamenti destinatari di una promessa di felicità da parte di Dio, comportamenti che vanno assunti nel cuore e manifestati nella vita quotidiana. La novità che Gesù immette nelle Beatitudini è Lui stesso: è Lui che partecipa della debolezza umana, compatisce la fragilità e la salva amandola. Egli è il povero, il mite, l’operatore di pace, il perseguitato per la giustizia. Le Beatitudini sono un programma di vita sicuramente difficile eppure hanno un grande fascino. Esse indicano la strada della libertà mediante il distacco dai beni, mediante l’esercizio della misericordia e della mitezza, mediante la solidarietà all’uomo, mediante l’amore e la convivenza nella pace. Il « beati! » che Gesù ripete nove volte sono, quelli che vivono fin d’ora la felicità, sono i miti, i pacifici, i puri, quelli che vivono con intensità e dono la propria vita, come i santi.
Le Beatitudini mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa.
Parlando della santità, è necessario precisare un fatto: la canonizzazione di un testimone della fede non aggiunge nulla alla sua vita; nulla che non fosse già parte della sua vicenda terrena. La Chiesa, infatti, non costituisce i Santi; la Chiesa li riconosce conformi alla santità di Cristo incarnata e manifestata nei giorni della loro vita mortale. Oggi veneriamo proprio questa innumerevole comunità di Tutti i Santi, i quali, attraverso i loro differenti percorsi di vita, ci indicano diverse strade di santità, accomunate da un unico denominatore: seguire Cristo e conformarsi a Lui, fine ultimo della nostra vicenda umana. Tutti gli stati di vita, infatti, possono diventare, con l’azione della grazia e con l’impegno e la perseveranza di ciascuno, vie di santificazione.
Cari Amici.
Che cosa vuol dire essere santi?
Chi è chiamato ad essere santo?
Come possiamo divenire santi, amici di Dio?
Spesso si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi eletti. All’interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d’animo di fronte alle difficoltà.
Tutti siamo chiamati alla santità: è la misura stessa della vita cristiana.
La Chiesa oggi ci ricorda che la santità è la vocazione fondamentale dell’uomo chiamato ad essa a motivo della santità stessa di Dio, che in ognuno ha impresso la sua immagine, e, nella pienezza dei tempi, ad ogni uomo ha inviato il Figlio, Gesù di Nazareth, il Cristo come redentore, maestro e modello. La Liturgia odierna ci invita a volgere il nostro sguardo verso Dio, il tre volte « Santo », per contemplare la bellezza della Sua Santità e il riflesso della stessa Santità in noi. Dio è il « Santo »; ma Egli, nel Suo ineffabile Mistero d’Amore non ha esitato a donarci la Sua Santità perché il creato sia sempre più ricco della Sua presenza e perché anche qui sulla terra si potesse conoscere la gloria a cui Egli ci chiama.
In ciascuno di noi esiste la nostalgia alla santità poiché a essa siamo chiamati.
Il santo non è uno nato predestinato; uomini e donne come noi, si sono fidati e lasciati fare da Dio. Santo è chi lascia che il Signore riempia la sua vita fino a farla diventare dono per gli altri. I santi sono persone comuni, o persone dotate di un carisma particolare; i santi sono modelli che la Chiesa indica a tutti, cristiani e non, perché tutti, nessuno escluso, siamo chiamati alla santità che è pienezza della comunione con Dio nella visione svelata di Lui. I Santi di cui oggi facciamo memoria, pur senza invocarne il nome, sono quella schiera, veramente infinita, di uomini e donne che hanno risposto generosamente alla chiamata di Cristo sulla via delle beatitudini, quella « via stretta », che conduce alla salvezza, che è pienezza di vita in Dio, felicità indistruttibile e inalterata comunione d’amore.
La festa di Tutti i Santi è la celebrazione di una storia di speranza, di una storia trasformata da coloro che credono e seguono Gesù. È la celebrazione di una storia che culmina nella lode, non nella disperazione, pur passando dalla grande tribolazione. Il programma delle beatitudini non prevede situazioni impossibili, né è destinato a poche persone, ma ha varcato i secoli, trovando in ogni tempo cristiani che hanno realizzato la loro vita a partire da questa carta d’identità della santità cristiana. Una carta che assicura beatitudine e felicità. Tutti siamo chiamati alla santità; o saremo santi o non saremo affatto. Per aiutarci a questo la Chiesa ci propone il vangelo delle beatitudini come guida alla santità. Dio chiama ciascuno a essere santo. Educati alla scuola della Sua Parola, vivificati dal Suo Spirito, inseriti in Lui con il Battesimo e la vita sacramentale ci è dato di vivere dello spirito delle beatitudini, che ci rende già ora cittadini del regno.
Ognuno di noi è chiamato a farsi santo; ognuno è chiamato a lasciare che il Signore prenda possesso della sua vita. Dio, infatti, continua a renderci santi ogni volta che noi ci riconosciamo e viviamo da « figli »; ogni volta che il seme della Parola trova dimora in noi e porta frutto, ogni volta che la grazia dei Sacramenti ravviva in noi il Suo Mistero di salvezza, ogni volta che noi nel fratello sappiamo riconoscere la Sua presenza. Pellegrini nella fede, cercatori del volto di Dio, camminiamo con speranza lungo le strade della vita, coltivando il dono della santità che Dio ci ha offerto e testimoniando con coraggio il Vangelo dell’Amore che santifica e salva il mondo.
Nella festa di tutti i Santi noi intravvediamo il nostro destino finale: la ragione per cui siamo stati creati. Oggi «sappiamo … che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui perché lo vedremo così come Egli è» (1Gv 3,2). La nostra visione di Dio, la vita in comunione con Lui è la ragione per cui siamo stati chiamati all’esistenza: è l’eredità che ci aspetta. E quando diciamo « visione di Dio » intendiamo lo sguardo amoroso nel volto del Padre. E’ comunione di vita fra Dio e l’uomo nella vita eterna del Paradiso. E’ stato scritto « La visione di Dio è un atto d’amore illuminato dall’intelletto e un atto dell’intelletto infiammato dall’amore ».
Ci affidiamo alla protezione di tutti i Santi e particolarmente dei nostri santi Protettori perché si facciano interpreti delle nostre attese e desideri di santità presso il trono dell’Altissimo. L’esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l’unica vera causa di tristezza e di infelicità per l’uomo è vivere lontano da Lui.
Affidiamo la santità della nostra vita e del nostro mondo anche alla Regina di tutti i Santi, la Vergine Maria, che «brilla innanzi al popolo di Dio peregrinante come segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando verrà il giorno del Signore», e «con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo ai pericoli e affanni del mondo, fino a che non siano condotti alla patria beata» (LG 68, 62).
Dio onnipotente ed eterno, che doni alla tua Chiesa
la gioia di celebrare in un’unica festa
i meriti e la gloria di tutti i Santi,
concedi al tuo popolo,
per la comune intercessione di tanti nostri fratelli,
l’abbondanza della tua misericordia.