Archive pour la catégorie 'Padri della Chiesa e dottori – San Girolamo'

LA SAPIENZA DEL CREATORE SI RISPECCHIA NEL CREATO – GIROLAMO, COMMENTO A ISAIA, 6,1-7

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LA SAPIENZA DEL CREATORE SI RISPECCHIA NEL CREATO – GIROLAMO, COMMENTO A ISAIA, 6,1-7

« Quello che Dio ha creato è in sé compiuto, per la sua sapienza e la sua intelligenza. È falsa l’opinione di alcuni filosofi, che tutto sia cominciato per caso, senza provvidenza alcuna: tutto ciò che è casuale non manifesta né ordine, né piano. Ciò invece che si richiama necessariamente all’arte costruttrice rivelantesi in tutte le cose, dà chiara testimonianza, se ben lo si considera, della sapienza di quell’artefice che agiva non solo quando produceva il mondo, ma anche quando nel suo intimo ne preparava il piano. Per questo da tutto il creato risplende a noi la sapienza di Dio. Nulla di ciò che è stato creato, è stato fatto senza motivo e senza fine utile; il fine utile, poi, ha in se stesso la sua bellezza, e la bellezza viene esaltata dal fine utile. L’unica materia degli elementi assume diverse forme, per illustrare in mille modi la preveggenza divina.
Anche il salmista aveva davanti agli occhi questa verità quando iniziando la lode a Dio, diceva: Magnifiche sono le tue opere, e io le conosco molto (Sal 138,14), e il profeta con lui concorda dicendo: Io ho considerato le tue opere e mi sono spaventato (Ab 3,2: LXX). Anche la frase della Scrittura: Ecco: tutto era molto buono (Gen 1,31) ci spinge ad ammettere che il creato non deve la sua origine al caso, perché tutto è stato fatto secondo il sapiente piano di Dio; per questo si rivelano ovunque magnificenza, bellezza e stupenda armonia, nonostante la diversità di tutte le creature. Un santo profeta dice: I cieli narrano la gloria di Dio (Sal 18,2): non certo che i cieli muovano bocca, lingua e trachea per parlare, ma con la loro armonia e con il loro eterno servizio annunciano la volontà del Creatore. Riflettendo, infatti, dalla grandezza e dalla bellezza delle cose create noi possiamo riconoscerne l’autore: il Dio invisibile si manifesta, fin dalla creazione del mondo, nelle cose create.
Noi dunque non possiamo sapere ciò che Dio è; ma che egli esiste, noi lo sappiamo – non per le nostre forze ma per la sua misericordia – considerando nelle sue opere la sapienza del creatore. Di fronte a una nave o a un edificio, non pensiamo noi forse al costruttore o all’architetto, dato che dalle opere noi deduciamo la corrispondente perizia costruttrice? Davanti a tutte le cose realizzabili solo ad opera della ragione, noi ci appelliamo a una mente, anche se non la vediamo. Così Dio è conosciuto nel suo creato e, in un certo senso, esce dalla sua invisibilità. Né i cieli, infatti, né i serafini o tutte le altre creature possono coprire Dio o renderlo invisibile. Egli è in tutte le cose e in tutti i luoghi; è al di sopra di tutte le cose e compenetra tutto il mondo visibile e invisibile; egli regge e contiene tutto; egli non passa da luogo in luogo, ma comprende tutto nello stesso modo con la sua mente. In questa vi è la spiegazione perché la massa della terra, rassodata dalla sua volontà, si scuota di nuovo al suo cenno, tanto da riempire d’angoscia i cuori mortali, bisognosi di correzione. In essa vi è la spiegazione perché il mare si dilati quando le acque rompono i loro vincoli, e poi i flutti si infrangano nella risacca e si fermino, quando giungono ai confini da lui stabiliti. E anche perché l’anno si divida in quattro stagioni, perché nel susseguirsi di questi periodi, in seguito ai mutamenti climatici, i semi crescano, i germogli si nutrano giungendo a maturità sotto il raggio del sole. Dio illumina con la sua luce anche le creature intelligenti e invisibili, perché esse restino sempre nel suo amore e non inclinino mai verso i beni terreni. »

 

S. BEDA VENERABILE (672-735) – 25 MAGGIO

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S. BEDA VENERABILE (672-735) – 25 MAGGIO

Argomento: Vite di Santi, Beati, Venerabili…
Trascorse tutta la sua vita nel monastero di Jarrow in Inghilterra, dedicandosi solo alla preghiera, allo studio e all’insegnamento. Della sua vasta produzione letteraria restano opere esegetiche, ascetiche, scientifiche e storiche. Tra queste c’è l’Historia Ecclesiastica Gentis Anglorum, un’opera letteraria universalmente riconosciuta da cui emerge la Romanità (o meglio l’universalità) della Chiesa.

Questo « padre dell’erudizione inglese » (Burke) è nato a Jarrow, nel Northumberland, sulle terre dell’abbazia di Wearmouth, fondata nel 674 da S. Benedetto Biscop OSB. Rimasto orfano, a sette anni fu affidato dai parenti al suddetto sapiente abate il quale, tre anni dopo, lo commise al suo coadiutore S. Ceolfrido (+716) che con qualche religioso andava a fondare il monastero di Jarrow all’imboccatura del Tyne. Fu là che Beda si iniziò alla vita benedettina, fu là che a diciannove anni ricevette il diaconato e a trenta il sacerdozio dalle mani di S. Giovanni di Beverley OSB., vescovo di Hexham. In seguito non ebbe mai altra dignità.
Beda trascorse tutta la sua vita a Jarrow, non lasciandolo che per visitare Lindisfarne e York. Lo afferma egli stesso nella sua opera principale in cinque libri intitolata Storia Ecclesiastica degli Angeli: « In questo monastero ho passato tutta la mia vita, consacrandomi interamente alla meditazione delle Scritture, e tra l’osservanza della disciplina regolare e la cura quotidiana di cantare l’ufficio in chiesa, ebbi sempre carissimo lo studio, l’insegnare, lo scrivere » (Ivi, 5, 24). Monaco pacifico e metodico, si era proposto come fine di raccogliere dai suoi predecessori tutte le conoscenze, umane o divine, che potevano essere utili a coloro che doveva istruire con la parola o con la penna. Il suo ideale e la sua fede sono espressi nella preghiera che conclude l’opera citata: « Vi supplico, o dolce Gesù, che come mi avete graziosamente accordato di bere con delizia le parole della vostra sapienza, mi concediate pure, nella vostra misericordia, di giungere un giorno a Voi, sorgente di ogni scienza e di comparire per sempre dinanzi al vostro cospetto ».
Con questo ideale avente per scopo di fondere insieme la scienza e la pietà, Beda rafforzò in Inghilterra la tradizione di Aurelio Cassiodoro (+583) che a Vivarium, presso Squillace in Calabria, aveva insegnato ai suo monaci a valorizzare la scienza del passato e a trasmetterla alle generazioni future. Quando egli apparve, gli anglo-sassoni terminavano di entrare in seno alla Chiesa. L’opera missionaria iniziata nel 597 da S. Agostino di Canterbury era stata vigorosamente sviluppata dai monaci S. Teodoro e S. Adriano, che papa S. Vitaliano (+672) aveva inviato ai britannici affinchè li ammaestrassero nel greco e nel latino, nella rettorica, l’astronomia, la matematica e la musica. Beda fu il principale assimilatore e dispensatore di quella cultura, messa da lui soprattutto a servizio della S. Scrittura.
Insieme con S. Isidoro di Siviglia egli è la maggior figura di erudito dell’alto medioevo, e divenne uno dei padri di tutta la cultura posteriore. Conosceva oltre l’anglosassone, il greco e il latino, anche un po’ di ebraico. Aveva familiari i poeti cristiani, ma non gli erano sconosciuti Aristotele e Ippocrate e soprattutto i classici romani le cui opere riteneva praticamente utili per coloro che devono studiare materie sacre.
S. Beda studiò specialmente di continuo i Padri e gli scrittori ecclesiastici raccogliendo, fin da giovane, larghissima copia di estratti dalle loro opere. Le sue trattazioni sacre sono quasi totalmente composte con questi materiali. Parte per gusto personale, parte per i bisogni della scuola e l’indole dei tempi, egli fu un temperamento enciclopedico e quindi un poligrafo. Si può dire che possedeva tutte le scienze coltivate ai suoi tempi e in grado tale da esserne considerato maestro eccezionale. Lo studio gli fu agevolato dai numerosi e preziosi manoscritti che i suoi abati gli portavano dai loro frequenti viaggi sul continente e a Roma: di essi si fece egli stesso copista, collatore e correttore.
L’insegnamento, la fama della dottrina e degli scritti gli procurarono molte illustri amicizie, come quella dei discepoli e poi abati del suo monastero, Vetberto e S.Cuthberto, Notelmo, arcivescovo di Canterbury, S. Acca vescovo di Hexham, i quali lo spronavano a comporre molte opere fornendogli magari il materiale storico e che furono poi ad essi dedicate. Fu pure in intima relazione con Ceovulfo, re della Northumbria, Albino, primo abate anglosassone del monastero di S. Agostino di Canterbury, Egberto, arcivescovo di York e maestro di Alcuino, il grande artefice della « rinascita carolingia ». Nel 734 Beda era andato a far visita a quel suo antico scolaro, ma ne era ritornato colpito da una malattia da cui non si riprese più. A letto continuò a dettare brani scelti delle opere di S. Isidoro per uso dei suoi confratelli e la versione anglosassone del Vangelo di S. Giovanni.
Secondo il suo discepolo, S. Cuthberto, malgrado la crescente debolezza, continuava a passare senza interruzione dalla preghiera liturgica allo studio e viceversa. Morì il 25-5-735 in concetto di santità mentre, inginocchiato sul pavimento della cella, cantava il Gloria Patri. Il concilio di Aquisgrana dell’836 lo chiamò « venerabile e ammirabile dottore dei tempi moderni » e Leone XIII il 13-11-1899 gli decretò il titolo di Dottore della Chiesa Universale. Le sue reliquie, trasportare a Durham accanto a quelle di S. Cuthberto, furono profanate sotto Enrico VIII. Rapito dalla sua figura di monaco umile e discreto « dall’anima di cristallo », il Newmann disse di lui: « Beda è il tipo del benedettino, come S. Tommaso è il tipo del domenicano ». Dante lo ha posto tra i saggi del cielo del sole (Par. 10, 131).
Beda fu maestro di monaci, teologo e predicatore di professione, ma si preoccupò pure di tutte le scienze del tempo non esclusa la versificazione.
Per questo Manitius Max (+1933), filologo e storico tedesco, lo definì  » il più grande erudito del medioevo » e Martino Grabmann (+1949), studioso di teologia medioevale, « il primo teologo a carattere scientifico del medioevo, aperto anche alle scienze profane, che ha esercitato il suo influsso sulla teologia e storiografia della sua epoca. Lasciò numerosissime opere. La più importante è la Storia Ecclesiastica degli Angli, di cui narra le gesta fino al 731 prendendo per primo, come punto di riferimento, l’anno dell’Incarnazione del Signore.
Lasciò circa 60 libri di commento a quasi tutta la Bibbia seguendo le orme dei dottori latini. Fu il primo a proporre la teoria del senso storico, morale, allegorico e mistico della Scrittura, divenuta poi familiare agli scolastici. Notevole è pure il De ratione temporum contenente la continuazione, fino al 1063, dei calcoli del ciclo pasquale iniziati da Dionigi il Piccolo; tale calendario fece testo in tutta l’Europa. Opere teologiche in senso proprio non ne compose. L’aliquot quaestionum liber però lo colloca tra i precursori della Scolastica.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 295-297

LA RAGIONE VIENE MENO DI FRONTE AL MISTERO DELLA TRINITÀ – GIROLAMO, COMMENTO AL SALMO 91

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LA RAGIONE VIENE MENO DI FRONTE AL MISTERO DELLA TRINITÀ

GIROLAMO, COMMENTO AL SALMO 91

« Perché le opere di Dio non possono venir comprese dal senso e dal pensiero umano, leggiamo in un passo della Scrittura: Tutte le tue opere sono conoscibili nella fede (Rm 11,33). Si accentua dunque la conoscenza delle opere per mezzo della fede. Ora, se già la nostra conoscenza delle opere riposa più sulla fede che sulla ragione, quanto più la conoscenza del creatore e del fondatore di tutte le cose! E se dunque è detto: «Tutte le tue opere sono conoscibili nella fede», ciò vale anche di me, che sto ora parlando a voi; altrimenti io non sarei parte delle sue opere. Anch’io, dunque, sono oggetto di fede, e non di conoscenza razionale. Io non so comprendere il motivo per cui i miei piedi si muovono e la mia voce risuona; io non so perché il pensiero intesse piani e la volontà comanda, e perché il corpo obbedisce alla volontà, e perché l’anima immortale è unita a un corpo mortale, e perché la mia anima si muove in tutte le direzioni e non può venir limitata da un mondo così grande, quantunque sia prigioniera nel corpo.
Perché noto tutte queste cose? Perché mi è stato comunicato che alcuni fratelli discutono talvolta e si chiedono come mai il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo siano insieme tre, e anche uno. Considerando il problema in questione, potete vedere quanto la discussione sia pericolosa. Un vaso di creta si mette a questionare sul suo creatore, mentre non giunge neppur a scandagliare la sua propria natura. Con curiosità cerca di sapere il mistero della Trinità, che neppure gli angeli del cielo possono perscrutare. Che dicono infatti gli angeli: Chi è il re della gloria? Il Signore degli eserciti, egli è il re della gloria (Sal 23,10). E similmente scrive Isaia: Chi è costui che ascende da Edom ammantato di vesti candide? (Is 63,1). Vediamo dunque che essi lodano la bellezza di Dio, ma che nulla dicono sulla sua essenza. Perciò restiamo anche noi semplici e modesti. Quando vuoi scrutare la natura divina, quando desideri sapere ciò che Dio sia, allora nota che tu nulla ne sai. Ma di ciò non devi conturbarti, perché gli stessi angeli nulla ne sanno, e nessun’altra creatura ne sa. Ma mi aspetto l’obiezione: «Perché dunque io credo, se non comprendo?». Cioè: perché io sono cristiano, e non so come sia diventato cristiano? Risponderò in tutta semplicità, piuttosto di addurre le sacre Scritture. O cristiano, perché ritieni di sapere tanto poco? Se tu sai di non saper nulla, non devi forse ritenere di aver fatto tua una grande sapienza?
Il pagano vede una pietra e la ritiene Dio; il filosofo considera il firmamento e crede di percepire in esso il suo Dio. Altri scorgono il sole, che sembra loro Dio. Considera dunque quanto tu superi in saggezza questa gente, quando dici: «Una pietra non può essere Dio; il sole, che segue il suo corso per comando di un altro, non può essere Dio». Nella confessione della tua ignoranza si nasconde una grande saggezza. E i pagani sono insipienti proprio per il fatto che essi ritengono di sapere, perché la loro conoscenza è errore. Oltre a ciò, tu non tieni presente il tuo nome: tu vieni detto un credente, non un pensante. Quando qualcuno riceve il battesimo, gli si dice: «Egli è» oppure «Io sono diventato credente». Cioè io credo ciò che non comprendo. E proprio per questo sono saggio, perché sono conscio della mia ignoranza. Si obietterà che questa non è una spiegazione, ma un diversivo: «Lo sapevamo già, che sappiamo e che non sappiamo. Insegnaci a comprendere anche ciò che è nascosto alla nostra conoscenza!». Ma non è meglio riconoscere umilmente la propria ignoranza, che arrogarsi superbamente qualche conoscenza? Al giorno del giudizio non sarò dannato se dovrò dire: «Non ho penetrato l’essenza del mio Creatore». Ma se io sostengo un’affermazione temeraria, la presunzione avrà il suo castigo, mentre l’ignoranza otterrà misericordia.
Ma desidero anche citare la sacra Scrittura, per appoggiarmi non tanto sul mio pensiero, come piuttosto sull’autorità del nostro Signore e salvatore. Cosa disse egli, dunque, poco prima della sua ascensione, agli apostoli a cui parlava come maestro e signore? Nessuno può parlare della propria natura come egli, che è Dio stesso. Per noi è sufficiente sapere della Trinità quanto il Signore si è degnato di comunicarci. Cosa disse dunque agli apostoli? Andate e battezzate tutti i popoli nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo (Mt 28,19). Odo tre nomi, eppure si parla di uno solo. Il Signore non dice: «nei nomi», ma: «nel nome»; eppure il Signore pronuncia tre nomi. Come può poi riassumerli in uno con le parole: «nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo»? Il nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo è uno; ma è il nome che veramente spetta alla Trinità. Quando si dice: «Nel nome di Dio Padre, nel nome di Dio Figlio e nel nome di Dio Spirito Santo», Padre, Figlio e Spirito Santo sono l’unico nome della divinità. E se tu mi chiedi come mai tre possono venir chiamati con un solo nome, io non lo so e ammetto con schiettezza la mia ignoranza, perché Cristo non ci ha rivelato nulla su di ciò. Questo solo io so: che sono cristiano, perché riconosco un Dio nella Trinità. »

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