IL RAPIMENTO MISTICO DI SAN PAOLO NELL’INTERPRETAZIONE DI SAN BONAVENTURA E DEI SUOI MAESTRI
IL RAPIMENTO MISTICO DI SAN PAOLO NELL’INTERPRETAZIONE DI SAN BONAVENTURA E DEI SUOI MAESTRI
Creato: 17 Giugno 2009
Pubblichiamo stralci di una delle relazioni tenute al 57 Convegno di studi bonaventuriani a Bagnoregio.
di Aleksander Horowski
Istituto Storico dei Cappuccini, Roma
Il rapimento di san Paolo al terzo cielo, testimoniato dallo stesso apostolo in modo piuttosto fugace nella Seconda lettera ai Corinzi (12, 1-4), affascinò i Padri della Chiesa e i teologi medievali in modo tale da diventare per loro non solo modello di ogni rapimento mistico, ma in qualche misura anche della visione beatifica e, in generale, della visione di Dio che l’uomo può avere nella vita terrena.
Le basi della riflessione su questo fenomeno furono poste – nell’ambito della teologia latina – da sant’Agostino, che dedicò gran parte del libro xii del De genesi ad litteram alla spiegazione di quelle poche righe in cui san Paolo svela la sua straordinaria esperienza.
Agli albori della grande scolastica medievale il rapimento di Paolo non trova ancora un posto fisso nei trattati di teologia, ma appare piuttosto nei commenti biblici. Tuttavia, all’inizio del xIII secolo appaiono ormai diverse questioni disputate dedicate ex professo a questo tema.
Nei commenti alle Sentenze il tema appare accidentalmente e non in tutti i teologi. Anche nel Commento di Bonaventura i riferimenti al rapimento sono pochissimi. Eppure, per il Dottor Serafico era un tema importantissimo, come dimostrano le Collationes in Hexaëmeron in cui intendeva presentare una visione globale della conoscenza umana, un vero e proprio cammino verso la sapienza cristiana, organizzato in sei gradi ascendenti, costituiti da sei visioni, corrispondenti ai sei giorni della creazione. Secondo il progetto, il rapimento mistico avrebbe costituito l’oggetto della sesta visione, sostenuta dai cinque gradi precedenti, inclusa la profezia (la visione del quinto giorno). Ma, conclusa la quarta visione, quella della contemplazione, Bonaventura – a causa della nomina cardinalizia e dell’incarico di preparare il secondo concilio di Lione – dovette interrompere i suoi discorsi, che rimasero incompiuti. Ciò nonostante le anticipazioni pertinenti il rapimento che il Dottor Serafico disseminò lungo le Collationes in Hexaëmeron sono molto importanti per lo studio di questo argomento, specie se lette alla luce di quanto afferma nelle altre opere mistico-spirituali.
Sembra inoltre che si possa attribuire a Bonaventura anche un documento autografo – conosciuto come manoscritto 186 del Sacro Convento di Assisi, Fondo Antico Comunale – contenente almeno due questioni disputate dal Dottor Serafico: una De prophetia e un’altra De raptu. Si è pensato così di poter quasi completare o ricostruire la sezione mancante delle Collationes in Hexaëmeron. Un tentativo fu compiuto in parte da Joseph Ratzinger, che si servì della questione De prophetia – o piuttosto di ampi brani di essa – nella trascrizione parziale di Bruno Decker. In seguito, però, la paternità bonaventuriana del manoscritto fu contestata.
Uno dei possibili campi di ricerca è quello dell’influsso dei primi maestri francescani sul concetto del raptus Pauli in Bonaventura. L’esplorazione del pensiero di Alessandro di Hales e di Giovanni de La Rochelle apre infatti la strada a una rilettura approfondita dei testi bonaventuriani sul rapimento mistico di Paolo.
Alessandro di Hales dedica alla straordinaria esperienza mistica di Paolo un’apposita questione disputata, anteriore al suo ingresso tra i francescani nel 1236. Altro materiale si trova sparso nella sua Glossa alle sentenze e in diverse questioni disputate (antequam e postquam) e testimonia non solo che tale tema non fu periferico o marginale per Alessandro, ma ci permette inoltre di intravvedere una certa evoluzione di alcuni aspetti del suo pensiero.
Nelle sue analisi il Doctor Irrefragabilis presta molta attenzione all’analisi psicologica del rapimento mistico, cercando di definire precisamente quale sia l’attività delle potenze dell’anima in questo fenomeno. L’argomento viene sviscerato a partire da diverse prospettive: il legame tra il rapimento e la visione; la relazione tra la visione nel rapimento e la visione beatifica; la distinzione tra la visione nel rapimento e gli altri fenomeni spirituali (la profezia, la contemplazione, il torpore e l’estasi); la sottolineatura dell’aspetto « violento » del raptus; l’inserimento della riflessione sul rapimento paolino nel contesto della storia della salvezza (il progresso della conoscenza); l’analogia tra la visione paolina e quella degli angeli della terza gerarchia; il rapporto tra il rapimento di Paolo e le teofanie concesse a Mosè.
Giovanni de La Rochelle (morto nel 1245) stese un ampio commento a tutto il corpus paulinum, che è conosciuto anche con il titolo: Summa super epistolas sancti Pauli. Di questa opera esegetica si sa ancora molto poco.
Il commento del rupellense adotta una struttura tipica per l’esegesi scolastica della sua epoca. I suoi elementi fondamentali, nel caso del dodicesimo capitolo della Seconda lettera ai Corinzi, sono: la divisio textus, la expositio e le quaestiunculae. Queste ultime sono ben diciassette nella parte relativa all’esposizione dei versetti 1-2 e soltanto due per i versetti successivi.
Entrando nel merito, si nota soprattutto che secondo Giovanni de La Rochelle Paolo sperimentò il rapimento per due volte e sulla base di questi due eventi mistici egli stabilì la fondamentale distinzione tra due tipi di rapimento. Il primo, avvenuto sulla via per Damasco (cfr. Atti, 9, 3-9), viene definito come rapimento al terzo cielo, pertinente all’estasi oppure all’eccesso della conoscenza. Esso è anche relazionato alla visione delle cose ignote e all’intelligenza della profondità delle realtà divine. Il secondo rapimento, realizzatosi nel tempio di Gerusalemme (cfr. Atti, 22, 17), viene definito come rapimento al paradiso, e sarebbe relativo a un altro tipo di estasi, ossia all’eccesso di affetto. Questo secondo tipo di rapimento si riferisce ai misteri che vengono svelati mediante le figure. I versetti 1-2 del capitolo XII della Seconda lettera ai Corinzi sarebbero quindi in relazione al primo rapimento di Paolo, mentre i versetti 3-4, al secondo. Il primo rapimento viene descritto, secondo il rupellense, sotto quattro aspetti: la condizione, il tempo, il modo e il luogo (terminus).
Si può dire che Bonaventura ereditò dai primi maestri della scuola francescana vari elementi della dottrina sul rapimento mistico di san Paolo. Di Alessandro di Hales, per esempio, utilizza gli approfondimenti sull’ancoraggio storico-salvifico della teologia. Nella teologia dell’halensis, infatti, il rapimento paolino viene inserito nel contesto della progressiva crescita della conoscenza umana su Dio, realizzatasi nella storia della salvezza scandita dalle rivelazioni concesse nel rapimento mistico ad Adamo, all’apostolo Paolo e all’evangelista Giovanni, corrispondenti ai tre stadi della Chiesa.
Queste intuizioni trovarono un meraviglioso sviluppo nel pensiero di Bonaventura, specialmente nelle sue successive sintesi sulla conoscenza mistica e spirituale: nel Breviloquium, nell’Itinerarium mentis in Deum, nelle Collationes in Hexaëmeron, Paolo diventa modello e maestro per eccellenza delle diverse forme della conoscenza di Dio, gerarchizzate come una scala che porta l’uomo verso l’unione con il suo Creatore.
Da Giovanni de La Rochelle il Dottor Serafico attinge alcune intuizioni sui due tipi di rapimento mistico, che gli permettono di elaborare una propria teoria del rapporto tra il raptus e l’extasis, tra l’aspetto intellettuale e affettivo della conoscenze mistica. Alla luce della dottrina dei suoi predecessori, il pensiero di Bonaventura apre di fronte agli studiosi nuove prospettive di lettura e di reinterpretazione.
(L’Osservatore Romano – 18 giugno 2009)