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EGERIA, UN’INVIATA SPECIALE A GERUSALEMME ( articolo del 20 marzo 2005)

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EGERIA, UN’INVIATA SPECIALE A GERUSALEMME ( articolo del 20 marzo 2005)

La nostra inviata speciale a Gerusalemme si chiama Egeria; è una figura in parte misteriosa, con ogni probabilità una ricca vedova dalla vocazione monastica ? forse al suo rientro in Occidente riuscirà a realizzare il suo sogno ?- che negli anni 381-383 d.C. ha visitato la Terra Santa, l’Asia Minore, l’Egitto.

di Elena Giannarelli

La nostra inviata speciale a Gerusalemme si chiama Egeria; è una figura in parte misteriosa, con ogni probabilità una ricca vedova dalla vocazione monastica ? forse al suo rientro in Occidente riuscirà a realizzare il suo sogno ?- che negli anni 381-383 d.C. ha visitato la Terra Santa, l’Asia Minore, l’Egitto. Nella prima parte del suo «Diario di viaggio» descrive i luoghi della Scrittura, riconoscendoli nella realtà, dopo averne letto per tante volte nelle pagine sacre; la seconda parte è dedicata alla scansione dell’anno liturgico in Gerusalemme, dove la liturgia era di tipo stazionale o itinerante e riproponeva un mini-viaggio sulle orme del passaggio storico di Gesù.
Il trasferirsi dell’assemblea da un posto all’altro, in un coinvolgimento totale dell’intera città, al di fuori degli edifici sacri ed oltre la stessa cerchia urbana, sulle coordinate della Scrittura, per rivivere i singoli avvenimenti proprio là dove si erano svolti, è motivo di sbalordimento per la avventurosa donna. Essa coglie anche altri punti interessanti: Cristo è al centro di ogni azione liturgica; la Scrittura è punto di riferimento spaziale e temporale; la preghiera, la meditazione, la lettura della Bibbia avvengono in una dimensione il più possibile comunitaria ed ecclesiale. Persone diverse, provenienti da luoghi lontani, parlanti lingue diverse, nel momento in cui si uniscono per celebrare i riti, diventa una comunità in cammino. Egeria lo percepisce e lo restituisce benissimo.
Ecco quello che ci narra a cominciare dalla Domenica che introduce nella «settimana di Pasqua», come la si chiamava in Occidente, la «grande settimana», come la definivano i greci. Non è ancora chiamata la domenica delle palme. Al canto del gallo, i fedeli, dopo i riti consueti all’ Anastasi o alla Croce, si riuniscono nel Martyrium, la chiesa maggiore che è sul Golgota, per la celebrazione. Quindi l’arcidiacono, prima del congedo, dà l’orario per tutta la settimana: a partire dal lunedì all’ora nona, i fedeli si raduneranno al Martyrium. Quella domenica però all’ora settima la folla sale al Monte degli Ulivi, dove è una chiesa. Il vescovo è presente e con lui si cantano inni e antifona, si fanno letture adatte al luogo e al tempo.
All’ora nona si procede fino all’Imbomon (dal greco en bounó, sulla collina), ossia alla cima del Monte degli Olivi, da cui il Signore salì al cielo. Tutto il popolo si siede, anche il vescovo, mentre i diaconi restano in piedi, per cantare inni e antifone. Poi all’ora undecima si legge il passo del Vangelo in cui i bambini con rami di palme andarono incontro al Signore. Il vescovo si alza, il popolo si mette in cammino davanti a lui fra inni e antifone, sempre rispondendo: Benedetto colui che viene nel nome del Signore. «E quanti sono i bambini in quei luoghi, anche quelli incapaci di camminare, perché troppo piccini e che i loro genitori portano in collo, tutti tengono in mano rami, chi di palme, chi di ulivo; così si accompagna il vescovo nel modo in cui fu allora accompagnato il Signore».
Dalla cima della montagna, scrive Egeria, fino alla città e poi all’Anastasi attraverso tutto l’abitato, anche grandi signori e grandi signore fanno scorta al vescovo. Una volta all’Anastasi, si fa la preghiera del Lucernale ? è l’orazione della sera per l’accensione delle lampade ? e con una sosta presso la Croce si congeda il popolo.
Il lunedì prevede le preghiere del mattino all’Anastasi, all’ora terza e alla sesta. Alla nona tutti si raccolgono al Martyrium e fino alla prima ora della notte si dicono inni e antifone. Anche il Lucernale viene detto lì. Quindi si accompagna all’Anastasi il vescovo che benedice e congeda i fedeli.
Martedì: tutto si svolge come il lunedì. Una volta usciti dall’Anastasi, popolo e clero si recano alla chiesa dell’Eleona (il Monte degli Ulivi). Il vescovo entra nella grotta dove la tradizione voleva che il Signore fosse solito insegnare ai discepoli; riceve il libro dei Vangeli e stando in piedi legge il passo di Mt 24,4: State attenti che nessuno vi seduca. Si fa una preghiera, vengono benedetti catecumeni e fedeli, si fa il congedo e dal monte ciascuno torna a casa. È tardi, ormai notte.
Mercoledì. Alla fine della giornata, che si è svolta come la precedente, il congedo viene fatto al Martyrium; il vescovo viene accompagnato con inni all’Anastasi. Subito questi entra nella grotta del sepolcro, isolata da una cancellata; un prete davanti ai cancelli prende il Vangelo e legge il passo secondo cui Giuda Iscariota andò a trovare i Giudei e stabilì il prezzo del tradimento. Alla fine della lettura, davanti a quel vescovo figura Christi, solo come Gesù, «tale è il gridare e il gemere di tutto il popolo che non c’è nessuno che possa non commuoversi fino alle lacrime in quel momento». E su questa partecipazione emotiva si chiude la giornata con preghiera, benedizione e congedo.
Giovedì. La ritualità si complica. Al mattino il popolo prega all’Anastasi; poi si sposta al Martyrium dove avviene l’oblazione e il congedo. Dietro la Croce il vescovo offre l’oblazione e tutti si comunicano: ciò avviene solo in questo giorno dell’anno. Quindi all’Anastasi si recita la preghiera, si benedicono catecumeni e fedeli e si fa il congedo. «Ciascuno si affretta a tornare a casa sua, per mangiare, perché subito dopo mangiato tutti vanno sull’Eleona, a quella chiesa nella quale si trova la grotta in cui il Signore stette quel giorno con i suoi discepoli». Fino all’ora quinta della notte canti, inni, antifone si alternano con letture adatte al tempo e al luogo; poi all’ora sesta della notte si sale all’Imbomon, da dove il Signore ascese al cielo e si continua a pregare fino al primo canto del gallo.
Venerdì. Dopo la notte di veglia, si lascia l’Imbomon per il luogo in cui il Signore pregò, secondo Lc 22,41. C’è una chiesa: vescovo e popolo vi entrano per cantare un inno, leggere un passo del Vangelo e pregare. «Poi, fra gli inni, tutti, fino al bambino più piccolo, a piedi insieme col vescovo scendono nel Getsemani». La folla è stanca, cammina piano piano inneggiando e discendendo da un monte così alto (la fatica e l’emozione evidentemente dilatano le proporzioni della realtà). Più di duecento candele rischiarano la chiesa in cui si prega prima che venga letta la pagina della cattura del Signore. È un altro momento forte di commozione collettiva: il popolo geme e si lamenta, piange: «forse ? scrive Egeria ? fino in città si riesce ad udire il lamento di tutta la folla».
Si arriva a piedi a Gerusalemme alle prime luci del giorno: la si attraversa per intero dalla porta fino al Golgota e alla Croce. È già chiaro quando davanti alla Croce stessa viene letto il brano del Vangelo in cui il Signore è condotto davanti a Pilato. Il vescovo si rivolge al popolo «per incoraggiarlo, perché le persone per tutta la notte si sono affaticate e ancora dovranno faticare in quel giorno: che non si stanchi, ma abbia la speranza in Dio, che per quella fatica renderà loro una ricompensa più grande». Esorta ad andare a riposarsi a casa, per poi tornare alla seconda ora del giorno ad adorare il santo legno della croce e pregare poi fino a notte.
Non è ancora sorto il sole; dopo il congedo tutti di slancio vanno a Sion, a pregare presso la colonna della flagellazione. Quindi, dopo un breve riposo, viene messo sul Golgota un seggio per il vescovo, proprio dietro la Croce; davanti al lui su un tavolo coperto da un panno di lino vien esposto un cofanetto di legno dorato nel quale è il santo legno della croce. La reliquia viene tolta e offerta al bacio dei fedeli, che rendono identico omaggio all’anello del re Salomone e all’ampolla che serviva per l’unzione dei re (è evidente il richiamo alla regalità di Cristo).
Dall’ora sesta alla nona il tempo passa in letture: Salmi, Passione, profezie della passione per insegnare alla folla che nulla è avvenuto che non sia stato predetto e niente è stato predetto che non si sia compiuto. L’emozione è forte. La gente piange. E all’ora nona viene letto dal Vangelo secondo Giovanni che Cristo rese lo spirito. Si passa quindi al Martyrium, poi all’Anastasi dove si legge il passo del Vangelo in cui Giuseppe chiede a Pilato il corpo del Signore e lo pone in un sepolcro nuovo. Finita la lettura, dopo la benedizione, c’è il congedo. Il popolo è stanco, non gli si impone la veglia, ma l’usanza esiste. I chierici, i più giovani, i più forti restano, per tutta la notte a cantare fino al mattino. «Una folla immensa veglia, alcuni dalla sera, altri dalla mezzanotte, ciascuno secondo le sue possibilità».
Sabato. Tutto riprende come al solito, con in più i preparativi per le veglie pasquali al Martyrium. La pellegrina nota le differenze fra quanto avviene a Gerusalemme e al suo paese (forse la Galizia). Nota che i neofiti, una volta battezzati e rivestiti vengono condotti insieme al vescovo all’Anastasi, dove questi canta un inno e recita per loro una preghiera. Poi si va alla chiesa maggiore (Martyrium) dove tutto il popolo veglia. Da lì si fa tappa all’Anastasi, dove fra gli inni viene letto il brano evangelico della resurrezione. Dopo una preghiera, il vescovo presenta l’offerta, con estrema rapidità.

Quello che dette un morso alla croce
Egeria racconta, nella descrizione dei riti del venerdì santo, un episodio divertente, che però deve far riflettere. Quando la preziosa reliquia del legno della croce vien deposta sulla tavola per essere offerta al bacio dei fedeli, «il vescovo, seduto, appoggia le mani sulle estremità del legno santo ed i diaconi, che gli stanno intorno in piedi, sorvegliano. Si fa una simile sorveglianza per questo, perché è consuetudine che, venendo ad uno ad uno, tutto il popolo, sia fedeli che catecumeni, chinandosi sul tavolo, bacino il legno santo e passino oltre. E poiché, non so quando, si dice che uno ha dato un morso e ha rubato una scheggia del santo legno, ora viene sorvegliato dai diaconi, che stanno in piedi in cerchio perché nessuno che arriva osi fare di nuovo lo stesso atto». Anche nell’antichità il sacro furore per le reliquie poteva spingere ad atteggiamenti a dir poco sconvenienti.

La liturgia di Gerusalemme secondo Egeria (IV sec.) – Settimana Santa e Solennità pasquali

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La liturgia di Gerusalemme secondo Egeria (IV sec.)


Settimana Santa e Solennità pasquali

Sabato delle Palme – Stazione a Betania
Quando viene la settima settimana, cioè quando restano due, compresa la settima, a Pasqua si fa lo stesso come nei singoli giorni delle altre settimane precedenti; soltanto  che le veglie, fatte in quelle sei settimane all’Anastasis, nella settima settimana, cioè nel venerdì, vengono fatte sul Sion, nel modo che sono
state fatte nelle sei settimane all’Anastasis. Nelle singole ore si dicono salmi e antifone sempre appropriate  al luogo e al giorno
Ma quando incomincia il sabato mattina a farsi chiaro, il vescovo fa l’Offerta in quel sabato mattina. Arrivati al momento del congedo, l’arcidiacono dice a voce alta: « Oggi all’ora settima cerchiamo tutti di essere presenti al Lazzario ». E così dunque, quando inizia l’ora settima, tutti vanno al Lazzario. Il Lazzario, cioè Betania, è distante quasi due miglia dalla città(di Gerusalemme).
Quelli che da Gerusalemme vanno al Lazzario, giunti a circa cinquecento passi da quel luogo, trovano sulla strada una chiesa in quel posto dove Maria, sorella di Lazzaro, andò incontro al Signore. Là quando arriva il vescovo, vanno ad incontrarlo tutti i monaci, e il popolo entra (in chiesa); si dice un inno un’antifona, e si legge quel brano del Vangelo dove la sorella di Lazzaro incontrò il Signore
Appena si arriva al Lazzario, tutta la moltitudine (dei fedeli) si raduna in modo che non solo quel luogo, ma anche tutti i campi all’intorno sono pieni di gente. Si dicono ancora inni ed antifone appropriate al giorno e al luogo; similmente anche le letture che si fanno, sono appropriate al giorno. Quando si da il congedo si annunzia la Pasqua, cioè un sacerdote sale in un posto più alto e legge quel brano che si trova scritto nel Vangelo: « Essendo venuto Gesù in Betania sei giorni prima della Pasqua », eccetera. Letto dunque  quel brano e annunziata la Pasqua, si da il congedo.
In quel giorno si fa tale funzione, per il motivo che nel Vangelo è scritto che questo fatto avvenne in Betania sei giorni prima della Pasqua; infatti dal sabato fino al giovedi, in cui il Signore fu preso(dai Giudei) di notte dopo la cena, sono sei giorni, Tutti ritornano in città direttamente  all’Anastasis, e si fa secondo il solito(l’ufficiatura) del lucernare

Domenica delle Palme: Uffici in varie chiese
Nel seguente giorno ossia la domenica, con cui si entra nella settimana di Pasqua, che qui chiamiamo la settimana maggiore, si celebrano al canto del gallo le solite funzioni all’Anastasis e alla Croce fino al mattino. La domenica mattina dunque(la funzione) ha luogo nella chiesa maggiore, chiamata Martirio. Si chiama Martirio, per il fatto che si trova presso il Golgota, cioè dopo la Croce, dove il Signore patì, e per questo(si chiama) Martirio.
Secondo l’uso tutte le funzioni si svolgono nella chiesa maggiore; prima che avvenga il congedo, l’arcidiacono dice ad alta voce da principio: « Durante questa settimana, cioè da domani, all’ora nona, raduniamoci tutti nel Martirio, ossia nella chiesa maggiore ». Poi di nuovo dice a voce alta: « Oggi, all’ora settima cerchiamo di essere tutti pronti all’Eleona ».
Dato il congedo nella chiesa maggiore, cioè al Martirio, si accompagna il vescovo all’Anastasis dicendo inni, e fatte là le cerimonie che secondo la consuetudine sogliono  farsi in giorno di domenica all’Anastasis dopo il congedo dal Martirio, ognuno si affretta ad andare alla propria casa per mangiare; e all’inizio dell’ora settima tutti si trovano pronti nella chiesa che è l’Eleona, ossia sul monte Oliveto, dove vi sta quella grotta, in cui insegnava il Signore.

Processione delle Palme dal Monte degli Ulivi
All’ora settima tutto il popolo sta pronto nella chiesa, cioè all’Eleona; il vescovo si siede; si dicono inni ed antifone appropriate al giorno e al luogo, parimenti anche le letture. Quando inizia l’ora nona, si va dicendo inni verso l’Imbomon, ossia a quel luogo da cui il Signore salì al cielo; là ci si siede perché, quando è presente il vescovo, tutto il popolo è invitato a sedersi, mentre soltanto i diaconi stanno sempre in piedi. Là vengono detti inni e antifone appropriate al giorno e al luogo; lo stesso si fa per le letture intercalate e per le preghiere.
All’inizio dell’ora undecima si legge quel brano del Vangelo, dove i ragazzi con rami(d’olivo) o di palma andarono incontro al Signore dicendo: « Benedetto Colui che viene nel nome del Signore ». Il vescovo immediatamente si alza e il popolo con lui e tutti si muovono a piedi dalla cima del Monte degli Ulivi, e il popolo cammina davanti a lui con inni e antifone, rispondendosi gli uni agli altri: « Benedetto Colui che viene nel nome del Signore ».
AE tutti i bambini di quei paesi, anche quelli che non possono camminare a piedi, perchè sono di tenera età e i genitori li tengono sul collo, tutti tengono rami: alcuni di palma, altri d’olivo; e così si accompagna il Signore in quella circostanza.
Tutti camminano a piedi, dalla sommità del monte fino alla città, e poi, attraversando tutta la città, fino all’Anastasis, anche se vi sono delle matrone o dei gran signori, accompagnano  il vescovo rispondendo(ai salmi e agl’inni). E così(camminando)pian piano per non far stancare la gente, si arriva all’Anastasis, che è già sera. Giunti là, sebbene sia tardi, pure si fa il lucernare e si dice nuovamente la preghiera davanti alla Croce, e si licenzia il popolo.

Lunedi Santo
Parimenti nel giorno successivo, cioè nel Lunedì, si fanno quelle funzioni che sono d’uso farsi all’Anastasis al primo canto del gallo fino alla mattina. A terza e a sesta si fanno le stesse funzioni come durante la Quaresima. Però a nona tutti si radunano nella chiesa maggiore, cioè al Martirio, e là fino all’ora prima di notte sempre si dicono inni e antifone; si leggono letture appropriate al giorno e al luogo; e s’interpongono sempre le preghiere.
Là pure si fa il lucernare, quando incomincia la sua ora; e così avviene che anche  quando è notte, si dà il congedo al Martirio. Appena è stato dato il congedo, si conduce il vescovo da lì all’Anastasis dicendo inni. Entrando nell’Anastasis, si dice un solo inno; si fa la preghiera, vengono benedetti  i catecumeni,  poi i fedeli, e si dà il congedo.

Martedì Santo
Poi nel martedì tutte le funzioni si fanno allo stesso modo del lunedi. Nel martedi si aggiunge soltanto una cosa: che a notte inoltrata, dopo che è stato dato il congedo al Martirio e si è andato all’Anastasis, e poi di nuovo mell’Anastasis è stati dato il congedo, tutti, in quell’ora di notte, vanno alla chiesa che sta sul monte dell’Eleona.
Giunti a quella chiesa, il vescovo entra in quella grotta nella quale il Signore soleva istruire i suoi discepoli, prende il libro del Vangelo, ed egli, lo stesso vescovo, stando in piedi, legge  le parole del Signore che sono scritte nel Vangelo di San Matteo, là dove dice: « State attenti che nessuno v’inganni », e il vescovo legge per intero tutto quel discorso. Finito di leggerlo tutto, si fa una preghiera, vengono benedetti i catecumeni, poi anche i fedeli, si dà il congedo, e tutti ritornano alla propria casa quando la notte è già molto inoltrata.

Mercoledì Santo
Poi nel mercoledì dal primo canto del gallo per tutta la giornata si fanno le funzioni come il lunedì e il martedì; però dopo che è stato dato il congedo di notte al Martirio, e accompagnato  il vescovo all’Anastasis con inni, il vescovo entra subito nella grotta che sta nell’Anastasis e rimane all’interno della cancellata. Il sacerdote, che sta davanti al cancello, prende il libro e legge quel brano dove Giuda l’Iscariota andò presso i Giudei per stabilire cosa gli dovevano dare per consegnare loro il Signore. Appena letto quel bramo, si sente un mormorio tale e lamenti da parte di tutto il popolo, che nessuno non può non commuoversi fino alle lacrime in quel momento. Dopo si fa una preghiera, vengono benedetti i catecumeni, poi i fedeli, e si dà il congedo.

Giovedì Santo: doppia celebrazione
Parimenti nel giovedì, al primo canto del gallo si fanno quelle funzioni che si svolgono fino alla mattina nell’Anastasis; e similmente all’ora terza e sesta. Però all’ora ottava, secondo la consuetudine, tutto il popolo si raduna al Martirio e in tale circostanza si raduna un po’ più per tempo che nei restanti giorni, perché è necessario che il congedo venga fatto più presto. Quindi, radunatosi tutto il popolo, si fanno le funzioni che bisogna fare; in quello stesso giorno si fa l’Offerta al Martirio, e là stesso si dà il congedo all’ora undecima. Ma prima di dare il congedo, l’arcidiacono dice ad alta voce: « Nella prima ora della notte raduniamoci tutti nella chiesa che sta all’Eleona, perché in questa notte ci attende il massimo impegno ».
Dato dunque il congedo al Martirio, si va dietro la Croce, e là si dice soltanto un inno, si fa una preghiera, e il vescovo presenta l’Offerta, e tutti fanno la Comunione. Ad eccezione di quel solo giorno, mai per tutto l’anno si offre il Sacrificio dietro la Croce, se non quell’unico giorno. Dato quindi là il congedo, si va all’Anastasis, si fa una preghiera, vengono benedetti secondo l’uso i catecumeni, poi i fedeli, e si dà il congedo.

Stazione della notte sul Monte degli Ulivi
Ognuno quindi si affretta a ritornare alla propria casa per mangiare, perchè appena hanno finito di mangiare, tutti vanno all’Eleona, in quella stessa chiesa in cui vi sta la grotta, dove nello stesso giorno stette il Signore coi suoi discepoli
E là quasi fino all’ora quinta di notte sempre vengono detti inni ed antifone appropriate  al giorno e al luogo; poi si dicono le lezioni, s’intercalano le preghiere, si leggono anche quei brani del Vangelo(che trattano come)il Signore parlò ai suoi discepoli nello stesso giorno, sedendo nella medesima grotta che si trova nella medesima chiesa.
E si arriva quasi all’ora sesta della notte quando si va su all’Imbomon dicendo inni, (ossia)in quel posto dove il Signore salì al cielo. E là nuovamente si dicono lezioni, inni e antifone appropriate  al giorno; anche le orazioni, qualunque siano, dette dal vescovo, sono sempre dette appropriate  al giorno e al luogo.

Stazione al Getsemani
E così quando comincia il canto del gallo si scende dall’Imbomon dicendo inni, e si va al medesimo luogo dove pregò il Signore, come si trova scritto nel Vangelo: « E si allontanò ad un tiro di sasso e pregò », eccetera. La chiesa che sta su quel posto è artistica. Vi entra il vescovo e tutto il popolo; si dice là una preghiera appropriata al luogo e al giorno; si dice pure un inno appropriato, e nel Vangelo si legge di quel luogo quando (il Signore)disse ai suoi discepoli: « Vigilate, per non entrare in tentazione ». Quel brano viene letto tutt’intero là, e di nuovo si fa una preghiera.
Tutti, fino al più piccolo bambino, scendono da quel luogo dicendo inni insieme al vescovo. A causa della grande moltitudine dei fedeli, stanchi per le veglie e deboli per i quotidiani digiuni, siccome sono costretti a scendere da un monte tanto grande, si arriva al Getsemani adagio-adagio, dicendo inni. Per far luce a tutto il popolo sono accese più di duecento candele di chiesa.
Arrivati al Getsemani, si fa da principio una preghiera appropriata, e poi si dice un inno; poi si legge quel brano del Vangelo che tratta della cattura del Signore. Durante la lettura di questo brano, si sente un mormorio tale e lamenti da parte di tutto il popolo insieme a pianti, che quei gemiti di tutto il popolo potrebbero essere uditi fino alla città.

Ritorno a Gerusalemme
E da quel momento si va a piedi alla città dicendo inni, e si giunge alla porta in quell’ora in cui un uomo comincia a distinguere un altro uomo. Poi dentro la città tutti, nessuno escluso, grandi e piccoli, ricchi e poveri, si ritrovano là pronti; specialmente in quel giorno nessuno tralascia di fare le veglie fino alla mattina. In tal modo si accompagna il vescovo dal Getsemani fino alla porta(della città), e da li si attraversa tutta la città fino alla Croce.

Venerdì Santo: Ufficio all’alba
Appena si è arrivati davanti alla Croce, la luce(dell’alba) già comincia ad essere chiara. Là si legge nuovamente quel brano del Vangelo che parla come il Signore fu condotto a Pilato; e si leggono tutte quelle parole che Pilato disse al Signore e ai Giudei.
Dopo il vescovo rivolge la parola al popolo incoraggiandolo,  perchè si erano stancati tutta la notte e che ancora si sarebbero affaticati in quel giorno; (lo esorta) a non cedere alla stanchezza, ma ad avere speranza in Dio, che per quella fatica li avrebbe ricompensati con un più grande premio. E così li conforta come egli può, e parlando dice loro: »Nel frattempo andate alle vostre casette, riposatevi un pochettino, e circa l’ora seconda del giorno, state qui tutti pronti, perchè da quell’ora fino all’ora sesta possiate vedere il santo legno della Croce, riflettendo che esso gioverà alla salvezza di ciascuno di noi. Dall’ora sesta è nuovamente  necessario radunarci tutti in questo posto, cioè davanti alla Croce, per dedicarci alle letture e alla preghiera fino alla notte ». 
La Colonna della Flagellazione
Dopo di ciò, dato il congedo davanti alla Croce, cioè prima che il sole s’innalzi, subito tutti i (fedeli)zelanti vanno a pregare sul Sion a quella colonna, alla quale fu flagellato il Signore. Poi ritornati siedono un pochino nelle loro case, e poi subito sono tutti pronti. 
Venerazione della Croce
Viene messa presso il Golgota, dietro la Croce, una sedia per il vescovo, dove sta adesso; il vescovo si siede su quella sedia; davanti a lui viene messo un tavolino(coperto da)una mappa di lino; i diaconi stanno in piedi attorno al tavolino; viene portata una cassetta di argento indorato, in cui è conservato il santo legno della Croce; viene aperta e la si espone; e si mette sul tavolino sia il legno della Croce che la soprascritta
Postolo sul tavolino, il vescovo. stando seduto, preme con le sue mani la parte superiore del santo legno; ma i diaconi, che stanno attorno, sorvegliano. Viene sorvegliato da loro, perchè è consuetudine che tutto il popolo, venendo ad uno ad uno, sia fedeli che catecumeni, inchinandosi sul tavolino, baciano il santo legno e passano avanti. Si dice, che un tale, non so quando, abbia dato un morso e portato via un pezzo del santo legno; per questo adesso viene sorvegliato dai diaconi che stanno attorno, in modo che chi viene(a baciare), non osi ripetere quel fatto.
AE in tal modo tutto il popolo passa ad uno ad uno chinandosi; toccano, prima con la fronte e poi cogli occhi la Croce e la soprascritta, e così baciano la Croce e passano oltre; ma nessuno allunga la mano per toccarla. Dopo aver baciato la Croce e passati avanti, un diacono sta in piedi tenendo l’anello di Salomone e il corno con cui venivano unti i re(israeliti). Baciano anche il corno e osservano anche l’anello dall’ora più o meno seconda. In tal modo, fino all’ora sesta, tutto il popolo passa davanti entrando per un uscio ed uscendo per un altro, perché questa cerimonia si fa in quel posto, in cui il giorno innanzi, cioè il giovedì, fu fatta l’Offerta. 
Stazione davanti alla Croce: alle ore tre
Quando poi è giunta l’ora sesta, si va davanti alla Croce, sia che piova sia che faccia caldo, perchè quel luogo è allo scoperto; rassomiglia ad un grande cortile ed è molto bello, e si trova tra la Croce e l’Anastasis. Là dunque si raduna tale numeroso popolo, che non si possono aprire più (i passaggi).
Si mette la sedia per il vescovo davanti alla Croce, e dall’ora sesta fino alla nona non si fa altro che leggere le letture in questo modo: dapprincipio si leggono brani di salmi che si riferiscono alla Passione(del Signore), poi si leggono brani dell’Apostolo(Paolo) o dalle epistole degli Apostoli, oppure dagli Atti degli Apostoli si leggono quei brani che si riferiscono alla Passione(del Ssignore), e anche si leggono brani dei Vangeli che si riferiscono ai suoi patimenti; poi si leggono brani tolti dai Profeti, dov’essi parlano della Passione del Signore, e poi si leggono brani dei Vangeli che narrano la Passione.
E così dall’ora sesta fino all’ora nona si leggono sempre le letture e si dicono inni, per mostrare a tutto il popolo che ciò che dissero i Profeti intorno a ciò che sarebbe avvenuto circa la Passione del Signore, viene provato che si avvera tanto per mezzo dei Vangeli che per mezzo degli scritti degli Apostoli. E in tal modo durante quelle tre ore s’insegna a tutto il popolo che nulla è avvenuto che non sia stato detto prima, e niente è stato detto, che non sia stato compiuto.(Alle letture) s’intercalano sempre le preghiere, le quali sono appropriate al giorno.
Alle singole letture e preghiere sono tali i sentimenti espressi e i pianti di tutto il popolo da stupire; infatti non vi è persona, grande o piccola, che in quel giorno non pianga in quelle tre ore; ma ancor più non può credere come mai il Signore abbia sofferto per noi tanti(patimenti). Dopo di questo, quando comincia l’ora nona, si legge quel brano del Vangelo di Giovanni dove tratta della morte del Signore; lettolo, si fa una preghiera e il congedo. 
Ufficio della sera
Dato il congedo davanti alla Croce, subito tutti si radunano nella chiesa maggiore, al Martirio, e si fanno quelle funzioni che durante quella settimana all’ora nona, in cui ci si raduna al Martirio, si solevano fare fino alla sera durante quella stessa settimana. Dato il congedo, dal Martirio si va all’Anastasis. Giunti là, si legge quel luogo del Vangelo dove Giuseppe(d’Arimatea) chiede a Pilato il corpo del Signore e lo mette in un sepolcro. Letto questo brano, si fa la preghiera; vengono benedetti i catecumeni, e così si dà il congedo.
In quel giorno(il diacono)non dà l’avviso a voce alta per vegliare all’Anastasis, perché sa che il popolo è stanco; però l’uso è che là si faccia la veglia. E di conseguenza chi del popolo vuole, anzi chi può, fa la veglia; ma chi non può, non veglia fino al mattino; i chierici vegliano là, cioè quelli che sono più forti o quelli che sono più giovani, e tutta la notte vengono recitati inni e antifone fino al mattino. La maggio parte della gente veglia, alcuni dalla sera, altri da mezzanotte,secondo come possono.

Vigilia pasquale
Nel giorno seguente, sabato, secondo la consuetudine si fa (la funzione) all’ora terza, e lo stesso si fa all’ora sesta; all’ora nona non si fa niente in quel sabato, ma ci si prepara alla veglia pasquale nella chiesa maggiore, cioè nel Martirio. La veglia pasquale si fa come da noi, soltanto che si fa in più: che i bambini, appena siano stati battezzati e vestiti, quando escono dal fonte battesimale vengono condotti insieme col vescovo prima all’Anastasis.
Il vescovo entra nella cancellata dell’Anastasis; si dice un solo salmo, e quindi il vescovo fa una preghiera per i bambini, e dopo va con essi alla chiesa maggiore, dove, secondo l’uso, veglia tutto il popolo. Là si compiono quelle funzioni che sogliono farsi anche da noi e dopo l’Offerta si dà il congedo. Dato il congedo della veglia nella chiesa maggiore, subito si va all’Anastasis dicendo inni, e là si legge nuovamente quel brano del Vangelo che concerne la risurrezione(del Signore); si fa una preghiera e il vescovo di nuovo fa lì l’Offerta; ma tutto questo si compie in breve tempo a causa del popolo, perché non ritardi più a lungo(per riposare); e quindi il popolo viene congedato. Si dà il congedo della veglia in quell’ora in cui si dà anche da noi.

Uffici dell’Ottava di Pasqua
Le funzioni di quei giorni di Pasqua si compiono come da noi nella tarda mattinata, e si fanno ordinatamente i congedi per gli otto giorni pasquali, come si fa dovunque per il giorno di Pasqua fino al giorno ottavo. Però qui l’ordinamento e la sua disposizione dura dappertutto per tutti gli otto giorni di Pasqua, che è lo stesso per l’Epifania, sia nella chiesa maggiore che nell’Anastasis, davanti alla Croce, nell’Eleona, come pure a Betlemme e anche  al Lazzario, perchè sono giorni di Pasqua.
Nella prima domenica si va nella chiesa maggiore, cioè al Martirio, e così il lunedì e il martedì; ma dopo il congedo dato al Martirio si va all’Anastasis dicendo inni. Il mercoledì si va all’Eleona, il giovedì all’Anastasis, al venerdì si va al Sion, nel sabato si va davanti alla Croce, nella domenica, cioè nell’ottavo giorno, si va di nuovo nella chiesa maggiore, cioè al Martirio.
MIn quegli otto giorni di Pasqua ogni giorno nel pomeriggio il vescovo va all’Eleona con tutto il clero e con tutti i bambini, cioè quelli che sono stati battezzati, e con gli apotattiti, uomini e donne , ed anche con quelli, che vogliono, del popolo. Si dicono inni, si fanno preghiere, sia nella chiesa che nell’Eleona, in cui vi è la grotta nella quale Gesù istruiva i discepoli, sia anche nell’Imbomon, ossia in quel posto da dove il Signore salì al cielo.
Dopo che sono stati detti i salmi e fatta una preghiera, si scende da lì all’Anastasis all’ora lucernare dicendi inni: e questo si compie in tutti i giorni(di Pasqua).

Stazione serale al Sion la Domenica di Pasqua
Però la domenica di Pasqua, dopo il congedo dato al lucernare, cioè dato all’Anastasis, tutto il popolo conduce il vescovo sul Sion dicendo inni.
Arrivati là, si dicono inni appropriati al giorno e al luogo, si fa una preghiera, e si legge quel brano del Vangelo in cui si parla che nel medesimo giorno e nel medesimo luogo, dove attualmente sul Sion esiste una chiesa, il Signore entrò a porte chiuse dai suoi discepoli, ossia quando uno dei discepoli era assente, cioè Tommaso; questi ritornò là, e agli altri Apostoli che dicevano di aver visto il Signore, egli rispose: « Se non vedo, non credo ». Letto questo brano, si fa nuovamente una preghiera, vengono benedetti i catecumeni, poi i fedeli, e ciascuno nella serata ritorna a casa sua quasi nella seconda ora della notte.

Domenica dopo Pasqua
Nell’ottava di Pasqua, cioè nella domenica, subito dopo l’ora sesta tutto il popolo col vescovo sale all’Eleona; dapprincipio ci si siede per un certo tempo nella chiesa che si trova là; si dicono inni e antifone appropriate al giorno e al luogo. Da lì si va di nuovo all’Imbomon, ed anche lì si fa la medesima ufficiatura che si è fatta all’Eleona. Giunto il momento, tutto il popolo e tutti gli apotattiti accompagnano il vescovo, dicendo inni, fino all’Anastasis. Nel momento in cui si giunge all’Anastasis, è il tempo in cui si suole fare il lucernare.
Si fa quindi il lucernare sia all’Anastasis che alla Croce, e da lì tutto il popolo, nessuno escluso, conducono il vescovo sul Sion dicendo inni. Arrivati là, si dicono parimenti inni appropriati al luogo e al giorno, si legge nuovamente quel brano del Vangelo, in cui si parla che otto giorni dopo la Pasqua il Signore entrò dov’erano i discepoli, e rimprovera Tommaso perché non aveva creduto. Si legge quella lettura tutt’intera, dopo si fa la preghiera; benedetti secondo l’uso i catecumeni e i fedeli, ciascuno ritorna alla propria casa, come nella domenica di Pasqua, alla seconda ora di notte.

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