Archive pour janvier, 2021

Una giornata a Cafarnao

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 29 janvier, 2021 |Pas de commentaires »

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (31/01/2021)

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IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (31/01/2021)

Cristo docente delle sacre scritture nella sinagoga di Cafarnao
padre Antonio Rungi

La quarta domenica del tempo ordinario ci offre l’opportunità di riflettere su vari temi della vita cristiana: la profezia, la fedeltà alla propria vocazione alla santità, l’annuncio missionario, la liberazione dalle forze del male.
Partendo dalla prima lettura di oggi, tratta dal libro del Deuterònomio, vediamo come Dio è all’opera per suscitare in mezzo al suo popolo un profeta, capace di parlare veramente in nome di Dio, un vero e proprio portavoce del Signore, un ufficio comunicazioni divine che viene posto in essere attraverso la voce di colui che il Signore stesso indicherà e sceglierà: “Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto”. Un profeta, tuttavia, fedele a quanto comunicato da Dio, perché se tale profeta avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire ». Quindi assoluta coerenza e fedeltà alla parola del Signore, nessuna personale interpretazione del pensiero di Dio. Come si è a rischio, tutti, di fare dire a Dio ciò che non dice e di far dire al Vangelo o ai testi sacri in generale ciò che noi pensiamo, o interpretazioni, a modo nostro, senza un oggettivo riscontro il quello che affermiamo. Quel profeta non potrà reggere a lungo nel suo ruolo ed compito.
Di fedeltà e coerenza alla vocazione ricevuta parla anche san Paolo Apostolo nel brano della seconda lettura di questa domenica, tratto dalla prima lettera ai Corìnzi. La preoccupazione dell’Apostolo è quella di non far vivere in ansia e agitazione i cristiani di quella comunità particolarmente vivace e problematica. Scrive, infatti, che vorrebbe che fossero senza preoccupazioni: gli sposati si devono preoccupare della famiglia e non di altro; i non sposati devono avere cura della vita spirituale. Bisogna essere, in altri termini, essere fedeli alla propria scelta di vita e vocazione.
Molto importante ai fini della comprensione della parola di Dio è il vangelo di questa domenica. L’evangelista Marco ci presenta una giornata-tipica vissuta da Gesù e dai suoi discepoli: la cosiddetta “giornata di Cafarnao”.
Cafàrnao, esattamente Kefar Nahum, significa letteralmente villaggio di Nahum. E’ un’antica città della Galilea, situata sulle rive nord-occidentali del lago di Tiberiade, luogo di passaggio tra Palestina, Libano e Assiria, un importante centro commerciale, con gente composita.
Secondo i Vangeli, Gesù in questa piccola città, scelta come luogo per sostare con i suoi discepoli nei loro itinerari in Galilea e in Giudea, inizia la sua predicazione e vi compie numerosi miracoli, tra cui quello raccontato nel brano di oggi.
Durante una giornata normale, Gesù predicava e insegnava, incontrava delle persone liberandole dal male e curandole, pregava.
Vi erano poi certamente un tempo e uno spazio per mangiare con i suoi, per stare con la sua comunità e per insegnare a essa come occorreva vivere per accogliere il regno di Dio già presente in mezzo a loro.
La giornata descritta è di un sabato, giorno del Signore, durante il quale l’ebreo vive il comandamento di santificare il settimo giorno e va alla sinagoga per il culto.
Anche Gesù e i suoi discepoli si recano alla sinagoga di Cafarnao dove, dopo la lettura di un brano della Torah di Mosè e di una pericope dei Profeti, un uomo adulto poteva prendere la parola e commentare quanto era stato proclamato.
Gesù è un semplice credente del popolo di Israele, è un laico, non un sacerdote, ed esercita questo diritto.
Va all’ambone e fa la sua riflessione. Marco evidenzia il fatto che chi ascoltava Gesù rimaneva colpito dal suo insegnamento. Con questa sottolineatura l’evangelista vuole mettere risalto il fatto che gli ascoltatori erano presi da stupore all’ascoltarlo, restavano affascinati, al punto tale che commentavano dicendo che era uno che parlava con autorevolezza.
Quindi ben diverso dal modo di parlare degli scribi, degli esperti delle sacre Scritture, Gesù toccava il cuore e soprattutto impegnava la vita dell’ascoltatore.
Egli simile a Mosè, dimostra di avere un’autorevolezza inedita e rara. In lui vi è una parola che viene dalle sue profondità, una parola che nasce da un silenzio vissuto, una parola detta con convinzione e passione, una parola proclamata da uno che non solo crede a quello che dice, ma lo vive.
È soprattutto la coerenza vissuta da Gesù a conferirgli questa autorevolezza che si impone ed coinvolge. Egli sa penetrare nel cuore di ciascuno dei suoi ascoltatori, i quali sono spinti a pensare che il suo è “un insegnamento nuovo”, sapienziale e profetico insieme, una parola che viene da Dio, che scuote, “ferisce” e convince.
L’autorevolezza di Gesù si mostra subito dopo con un atto di liberazione di un uomo posseduto dal male.
Nella sinagoga c’è un uomo tormentato da uno spirito impuro, un uomo in cui il demonio è all’opera.
In quest’uomo la forza del male aveva il sopravvento, nei confronti della forza del bene. Lo spirito impuro lo aveva soggiogato.
La presenza di Gesù nella sinagoga è una minaccia per questa forza demoniaca, ed ecco allora che la verità viene gridata: “Che c’è tra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il Santo di Dio!”.
Significativamente questo spirito impuro parla di sé al plurale, presentandosi come una schiera di forze malefiche, demoniache; come una potenza che, messa alle strette, reagisce urlando con violenza. Ma nel gridare proclama una formula di fede vera: “Tu sei il Santo di Dio”. Ma Gesù che il bene assoluto intima a quella potenza malefica di stare zitta. Gli impedisce, cioè, di fare un’affermazione di fede senza adesione, senza sequela. Quindi libera l’uomo da quella presenza devastante e il segno della liberazione è un grande urlo dello spirito impuro, che dopo aver straziandolo quel povero uomo, gridando forte, uscì definitivamente da lui.
Rivelata la vera identità di Cristo, proprio da chi è opposto a Cristo, coloro che avevano assistito al miracolo e alla scena furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: ‘Che è mai questo?
Un insegnamento nuovo, dato con autorevolezza. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!’”.
Come il testo del vangelo di oggi inizia, così termina. Gesù, infatti, insegna come uno che ha l’autorità ed a ben ragione lo può fare, in quanto è i Figlio di Dio.
Possiamo concludere che grazie alla parola nuova ed efficace di Gesù, chi l’ascolta entra in un cammino di fede e di conversione.
Il regno di Dio si è veramente avvicinato all’uomo e Gesù è sempre più riconosciuto come una presenza attraverso la quale Dio stesso parla e agisce in tutta la comunità dei credenti e su tutta la terra.
La sua parola rimane in eterno ed è valida per tutti, credenti e non credenti. Mettersi in sintonia con tale parola è camminare nella luce e nella verità e raggiungere la liberazione da ogni schiavitù e possessione diabolica e mondana.
Lo comprendiamo bene noi religiosi, che il 2 febbraio di ogni anno, celebriamo la giornata mondiale della vita consacrata. Come religioso passionista e delegato arcivescovile per la vita consacrata dell’arcidiocesi di Gaeta, auguro a tutti i religiosi e le religiose del mondo che in questo anno segnato dalla pandemia possano riscoprire la gioia di vivere e di servire il Signore in letizia e semplicità di cuore.
La XXV giornata della vita consacrata vedrà la presenza di Papa Francesco nella Basilica di San Pietro, alle ore 17,30, il quale presiederà una celebrazione eucaristica, spoglia dei segni e dei volti gioiosi che la illuminavano negli anni precedenti, eppure sempre espressione di quella gratitudine feconda che caratterizza le nostre vite.

Concludiamo la nostra riflessione con questa mia preghiera dedicata a Gesù Maestro.
A Te, Gesù Maestro,
ci rivolgiamo in questo giorno di festa,
dedicato all’ascolto della parola,
per comprendere quello che ci chiedi
da realizzare nella nostra vita
quali attenti e volenterosi ascoltatori
delle tue spiegazioni.
Come quel sabato,
nella sinagoga di Cafarnao,
affascina anche noi,
con il tuo insegnamento autorevole
capace di toccare
la nostra mente e il nostro cuore
per una sequela coraggiosa
sulle strade del tuo vangelo.
Ti chiediamo, o Gesù Maestro,
di liberarci da ogni connivenza con il male,
che spesso occupa
lo spazio della nostra esistenza
fatta di banalità e incongruenze.
Fa’, o Gesù,
che possiamo professare la nostra fede in Te,
Figlio di Dio, venuto a salvarci
dalla perdizione finale
e donaci la vera libertà spirituale. Amen.

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 29 janvier, 2021 |Pas de commentaires »

dai Salmi (citazione libera mi sembra)

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 28 janvier, 2021 |Pas de commentaires »

PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 20 gennaio 2021 – La preghiera per l’unità dei cristiani

http://www.vatican.va/content/francesco/it/audiences/2021/documents/papa-francesco_20210120_udienza-generale.html

PAPA FRANCESCO – UDIENZA GENERALE – 20 gennaio 2021 – La preghiera per l’unità dei cristiani

Biblioteca del Palazzo Apostolico

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In questa catechesi mi soffermerò sulla preghiera per l’unità dei cristiani. Infatti, la settimana che va dal 18 al 25 gennaio è dedicata in particolare a questo, a invocare da Dio il dono dell’unità per superare lo scandalo delle divisioni tra i credenti in Gesù. Egli, dopo l’Ultima Cena, ha pregato per i suoi, «perché tutti siano una sola cosa» (Gv 17,21). È la sua preghiera prima della Passione, potremmo dire il suo testamento spirituale. Notiamo, però, che il Signore non ha comandato ai discepoli l’unità. Nemmeno ha tenuto loro un discorso per motivarne l’esigenza. No, ha pregato il Padre per noi, perché fossimo una cosa sola. Ciò significa che non bastiamo noi, con le nostre forze, a realizzare l’unità. L’unità è anzitutto un dono, è una grazia da chiedere con la preghiera.
Ciascuno di noi ne ha bisogno. Infatti, ci accorgiamo che non siamo capaci di custodire l’unità neppure in noi stessi. Anche l’apostolo Paolo sentiva dentro di sé un conflitto lacerante: volere il bene ed essere inclinato al male (cfr Rm 7,19). Aveva così colto che la radice di tante divisioni che ci sono attorno a noi – tra le persone, in famiglia, nella società, tra i popoli e pure tra i credenti – è dentro di noi. Il Concilio Vaticano II afferma che «gli squilibri di cui soffre il mondo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo. È proprio all’interno dell’uomo che molti elementi si combattono a vicenda. […] Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società» (Gaudium et spes, 10). Dunque, la soluzione alle divisioni non è opporsi a qualcuno, perché la discordia genera altra discordia. Il vero rimedio comincia dal chiedere a Dio la pace, la riconciliazione, l’unità.
Questo vale prima di tutto per i cristiani: l’unità può giungere solo come frutto della preghiera. Gli sforzi diplomatici e i dialoghi accademici non bastano. Gesù lo sapeva e ci ha aperto la via, pregando. La nostra preghiera per l’unità è così un’umile ma fiduciosa partecipazione alla preghiera del Signore, il quale ha promesso che ogni preghiera fatta nel suo nome sarà ascoltata dal Padre (cfr Gv 15,7). A questo punto possiamo chiederci: “Io prego per l’unità?”. È la volontà di Gesù ma, se passiamo in rassegna le intenzioni per cui preghiamo, probabilmente ci accorgeremo di aver pregato poco, forse mai, per l’unità dei cristiani. Eppure da essa dipende la fede nel mondo; il Signore infatti ha chiesto l’unità tra noi «perché il mondo creda» (Gv 17,21). Il mondo non crederà perché lo convinceremo con buoni argomenti, ma se avremo testimoniato l’amore che ci unisce e ci fa vicini a tutti.
In questo tempo di gravi disagi è ancora più necessaria la preghiera perché l’unità prevalga sui conflitti. È urgente accantonare i particolarismi per favorire il bene comune, e per questo è fondamentale il nostro buon esempio: è essenziale che i cristiani proseguano il cammino verso l’unità piena, visibile. Negli ultimi decenni, grazie a Dio, sono stati fatti molti passi in avanti, ma occorre perseverare nell’amore e nella preghiera, senza sfiducia e senza stancarsi. È un percorso che lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa, nei cristiani e in tutti noi, e dal quale non torneremo più indietro. Sempre avanti!
Pregare significa lottare per l’unità. Sì, lottare, perché il nostro nemico, il diavolo, come dice la parola stessa, è il divisore. Gesù chiede l’unità nello Spirito Santo, a fare unità. Il diavolo sempre divide, perché è conveniente per lui dividere. Lui insinua la divisione, ovunque e in tutti i modi, mentre lo Spirito Santo fa sempre convergere in unità. Il diavolo, in genere, non ci tenta sull’alta teologia, ma sulle debolezze dei fratelli. È astuto: ingigantisce gli sbagli e i difetti altrui, semina discordia, provoca la critica e crea fazioni. La via di Dio è un’altra: ci prende come siamo, ci ama tanto, ma ci ama come siamo e ci prende come siamo; ci prende differenti, ci prende peccatori, e sempre ci spinge all’unità. Possiamo fare una verifica su noi stessi e chiederci se, nei luoghi in cui viviamo, alimentiamo la conflittualità o lottiamo per far crescere l’unità con gli strumenti che Dio ci ha dato: la preghiera e l’amore. Invece alimentare la conflittualità si fa con il chiacchiericcio, sempre, sparlando degli altri. Il chiacchiericcio è l’arma più alla mano che ha il diavolo per dividere la comunità cristiana, per dividere la famiglia, per dividere gli amici, per dividere sempre. Lo Spirito Santo ci ispira sempre l’unità.
Il tema di questa Settimana di preghiera riguarda proprio l’amore: “Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto” (cfr Gv 15,5-9). La radice della comunione è l’amore di Cristo, che ci fa superare i pregiudizi per vedere nell’altro un fratello e una sorella da amare sempre. Allora scopriamo che i cristiani di altre confessioni, con le loro tradizioni, con la loro storia, sono doni di Dio, sono doni presenti nei territori delle nostre comunità diocesane e parrocchiali. Cominciamo a pregare per loro e, quando possibile, con loro. Così impareremo ad amarli e ad apprezzarli. La preghiera, ricorda il Concilio, è l’anima di tutto il movimento ecumenico (cfr Unitatis redintegratio, 8). Sia pertanto, la preghiera, il punto di partenza per aiutare Gesù a realizzare il suo sogno: che tutti siano una cosa sola.

Publié dans:PAPA FRANCESCO UDIENZE |on 28 janvier, 2021 |Pas de commentaires »

Marco 1,17

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 22 janvier, 2021 |Pas de commentaires »

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (24/01/2021)

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III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) (24/01/2021)

Conversione e chiamata per potenziare il Regno di Dio
padre Antonio Rungi

La terza domenica del tempo ordinario ci offre l’opportunità di riflettere sui temi della conversione e della chiamata, strettamente legati tra loro.
Tutta la liturgia della parola è appunto incentrata su questi argomenti, che rappresenta la parte dominante dell’annuncio messianico e della prima comunità cristiana.
Il tempo è compiuto e proprio perché non abbiamo altro a disposizione per pensare a tempi migliori, si fa urgente cambiare strada, convertirsi e rinnovarsi nel profondo del proprio cuore e della nostra vita, a partire dalla risposta personale alla chiamata di Dio. San Paolo Apostolo nella prima lettura di oggi, tratta dalla sua lettera ai Corinzi mette in evidenza proprio questa urgenza di cambiamento, perché non abbiamo molto tempo per rinnovarci e cambiare vita. Scrivendo ai cristiani di Corinto, nella sua prima lettera inviata a questa problematica comunità cristiana da lui fondata, dice che il tempo si è fatto breve. Per cui, d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; (invito ad una vita pura e casta, distaccata dagli affetti e dagli amori più sinceri); quelli che piangono, come se non piangessero (invito a dimenticare le sofferenze e a metterle da parte); quelli che gioiscono, come se non gioissero (invito a distaccarsi dalle gioie della vita); quelli che comprano, come se non possedessero (invito a distaccarsi dai beni della terra e dalla bramosia del possesso); quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente (invita al discreto utilizzo delle cose per raggiungere fini precisi). Tutto questo va inquadrato in una verità assoluta da cui nessuno può prescindere nella sua vita quotidiana e della sua breve o lunga esistenza: “passa infatti la figura di questo mondo”. In poche parole siamo di passaggio su questa terra e nulla ci deve legare alla terra, ma solo al cielo.
L’invito alla conversione è richiamato anche nella prima lettura della liturgia di questa domenica con la predicazione di Giona, al quale fu rivolta dal Signore questa parola: «Àlzati, va’ a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona obbedisce alla voce del Signore si alzò e andò a Nìnive. Qui viene descritta anche la città, per capire di che cosa si parla. E infatti, si dice che Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Diciamo una città di abitazione media. Per cui Giona cominciò a percorrere la città per il giorno e man mano che andava avanti nel suo cammino presentava il rischio imminente per quella popolazione: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta». Quaranta indica un numero ben preciso nella sacra scrittura e ricorre spesso per indicare il tempo minimo necessario per un’opportuna purificazione. Da qui il termine quaresima, quarantena. Termini molto usati in questi anni per indicare quello che bisogna fare a livello sanitario quando c’è in atto un’infezione, come quella da coronavirus che ha causato la pandemia. Probabilmente ci troviamo in questo testo di fronte ad un’epidemia di quel tempo, di cui si può ipotizzare varie sfaccettature. Di fronte alla parola forte del profeta, i cittadini di Nìnive si convertirono. Infatti, credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Erano questi i segni esteriori che si usavano per fare penitenza e che nel corso dei millenni hanno segnato la storia del cristianesimo, il culto, la liturgia e la pratica penitenziale personale e comunitaria. Di fronte alla concreta volontà di cambiare strada da parte dei niniviti, Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. Il male era la distruzione della città. In che modo? A Dio tutto è possibile, ma più che vedere in questo brano le minacce, bisogna capire la misericordia di Dio e il suo perdono. Il brano va letto sotto questa ottica e sotto questo aspetto, dalla minaccia al perdono, ma la minaccia è propedeutica al perdono divino.
In questa prospettiva si comprende l’opera evangelizzatrice dello stesso Gesù che inizia il suo ministero pubblico e predica la conversione. Infatti, a chiedercelo è direttamente Gesù nel brano del Vangelo di Marco che è molto esplicito e diretto su questo argomento. Il riferimento è chiaro ed è attinente alla sua venuta come Messia e Salvatore, ma non tutti capirono ed accolsero il messaggio e l’invito di Gesù a cambiare registro e ritmo nella loro vita. L’invito alla conversione da parte di Gesù è rivolto a quanti lo voglio seguire davvero e da vicino dopo che Giovanni Battista era stato arrestato e quindi tenuto in carcere, per le note vicende relative all’immoralità del Re Erode.
Lo smarrimento provocato dall’arresto di Giovanni Battista presso i suoi discepoli e la gente, fu un motivo in più da parte del Signore di incentivare la sua attività di evangelizzazione, al punto tale si trasferì nella Galilea, e proclamava il vangelo di Dio. La sua predicazione in che cosa consisteva, quali erano i contenuti del suo annuncio. Al suo tempo non c’erano le tecniche di registrazione audio e video che ci sono oggi, perché si potevano avere tutti i discorsi di Gesù in modo preciso e con la sua diretta voce. Invece abbiamo una sintesi, i cosiddetti loghia, espressioni sintetiche che in pochi termini racchiudeva tutto quello che il maestro aveva detto. Una sintesi operata a posteriori, cioè dopo la risurrezione di Cristo e l’invio dello Santo sul gruppo degli Apostoli i quali incominciarono a scrivere i ricordi della vita vissuta vicino al Maestro. Marco nel suo Vangelo mette in risalto proprio il tema della conversione e attribuisce al Signore queste parole: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
La cronaca della sua itineranza non si ferma solo all’invito alla conversione, va oltre in senso geografico ed anche contenutistico del suo messaggio. Infatti, Gesù, passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Perché tanta prontezza da parte dei discepoli del Signore a mettersi alla sua sequela? Una domanda alla quale possiamo rispondere approfondendo il brano del vangelo appena ascoltato.
Il racconto della chiamata dei quattro si radica nel profondo della tradizione apostolica ed è collocato in un contesto di evangelizzazione alla cui base c’è l’invito alla conversione.
Gli apostoli sentono la necessità di cambiare, di rinnovarsi, di ricominciare una vita nuova e diversa, rispetto a quella finora svolta, forse neanche senza grosse soddisfazioni.
Un lavoro di pescatori quali soddisfazioni può mai dare? «Il mare di Galilea», in realtà, è solo un “lago” formato dal fiume Giordano, lungo km 21 e largo km 12, ma era molto pescoso e costituiva una provvidenza per le città che sorgevano nelle sue vicinanze. Per quei giovani pescatori era l’unica fonte di lavoro e di guadagno. Altro motivo non c’era, né poteva esserci. Allora non c’era la pesca per hobbies o per divertimento, ma solo la pesca, come anche oggi, per reperire il cibo per alimentarsi e poi distribuirlo sui mercati al fine di un onesto guadagno. Sono mestieri antichi come il mondo e nascono con l’uomo che è pescatore per struttura mentale primaria.
Pertanto, Marco in questo sintetico brano del suo vangelo ci offre un esempio di radicale conversione e fede: nell’accogliere la chiamata di Cristo, nel lasciarsi conquistare da Cristo. Tale chiamata è una chiamata all’amore, al servizio, alla carità e non alle armi o a farci guerra gli contro gli altri.
Questo vangelo si colloca perfettamente in questo ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani che si conclude lunedì 25 gennaio 2021, in occasione della festa della conversione di San Paolo Apostolo che parla spesso nel suo epistolario della sua chiamata alla missione per la costruzione di una sola comunità ecclesiale e dell’unità del popolo santo di Dio, redento dal sangue prezioso di nostro Signore Gesù Cristo. Ma tutta la parola di Dio ha un suo peso in questo giorno del Signore dedicato proprio alla Domenica della Parola, che è vita per la nostra vita, è gioia e speranza per noi pellegrini e viandanti in cammino verso l’eternità, guidati da questa stella luminosa che è la parola del Signore.

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 22 janvier, 2021 |Pas de commentaires »

« Ci trattarono con gentilezza » (Atti 28, 2)

paolo

Publié dans:immagini sacre |on 20 janvier, 2021 |Pas de commentaires »
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