buona domenica

dal sito:
http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100801
XVIII Domenica delle ferie del Tempo Ordinario – Anno C : Lc 12,13-21
Meditazione del giorno
Fénelon (1651-1715), arcivescovo di Cambrai
Omelia per la festa dell’Assunzione
Accumulare per sè, o arricchirsi davanti a Dio ?
Fratelli, qualunque sia l’età, qualunque sia lo stato in cui la morte ci prenda, essa ci sorprende, ci trova sempre nei disegni che suppongono una lunga vita. La vita, data soltanto perché ci prepariamo al termine al quale essa deve condurre, trascorre tutta intera in un profondo oblio di questo fine. Uno vive come se dovesse vivere sempre. Pensa soltanto a lusignare se stesso con ogni sorta di piaceri, quando la morte viene a fermare improvvisamente il corso di queste folli gioie. L’uomo, saggio ai propri occhi ma stolto agli occhi di Dio, si preoccupa in mille modi di accumulare beni di cui la morte sta per spogliarlo… Tutto dovrebbe avvertirci, e tutto ci diverte… Dalla nostra nascita, sono come cento mondi nuovi che si sono eretti sulle rovine di quello che ci ha visto nascere…
Il cristianesimo invece ci insegna con chiarezza e forza ad aspettare la morte come il compimento delle nostre speranze. Eppure misconosciamo questo come se non fossimo mai stati cristiani. « O amabile Salvatore, che dopo averci insegnato a vivere, ti sei degnato di insegnarci a morire, ti supplichiamo, per i dolori della tua morte, di farci sopportare la nostra con umile pazienza, e di cambiare questa pena, imposta a tutto il genere umano, in un sacrificio pieno di gioia e di zelo. Sì, buon Gesù, sia che viviamo sia che moriamo, siamo tuoi (Rm 14, 8). Ma vivendo, lo siamo, purtroppo, con il triste timore di non esserlo più il momento seguente. Invece, morendo, saremo tuoi per sempre, e anche tu sarai tutto nostro, purché l’ultimo respiro della nostra vita sia un sospiro di amore per te.
dal sito:
http://www.bible-service.net/site/003.html
Colossiens 3, 1-5.9-11
Ce développement de Paul sur la résurrection est issu directement de sa vision du baptême comme « ensevelissement » dans la mort du Christ (2,12).
Les Colossiens devaient se faire quelques illusions et considérer le baptême comme une solution magique à toutes les difficultés. Paul rappelle qu’il appartient au croyant lui-même de mettre à mort les vanités de ce monde. C’est le seul chemin qui conduit à la reconnaissance d’un homme nouveau et universel fondé sur le Christ.
Colossesi 3, 1 -5.9-11
Questo sviluppo di Paul sulla risurrezione è direttamente generato della sua visione del battesimo come « sepoltura » nella morte del Cristo (2,12).I Colossesi dovevano farsi alcune illusioni e considerare il battesimo come una soluzione magica a tutte le difficoltà. Paolo ricorda che appartiene al credente stesso di mettere a morte le vanità di questo mondo. È la sola strada che conduce alla riconoscenza di un uomo nuovo ed universale fondato sul Cristo.
dal sito:
http://www.aclimilano.com/vitacristiana/documenti/liturgia/1_agosto_10_rm.pdf
1 agosto 2010 – XVIII Domenica tempo ordinario anno C
a cura di Marco Bonarini – gruppo “Vita cristiana” delle ACLI di Roma
Qoelet 1,2; 2,21-23
1,2 Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità: tutto è vanità.
2,21 Chi ha lavorato con sapienza, con
scienza e con successo dovrà poi lasciare
la sua parte a un altro che non vi ha per
nulla faticato. Anche questo è vanità e un
grande male.
22 Infatti, quale profitto viene all’uomo da
tutta la sua fatica e dalle preoccupazioni
del suo cuore, con cui si affanna sotto il
sole? 23 Tutti i suoi giorni non sono che
dolori e fastidi penosi; neppure di notte il
suo cuore riposa. Anche questo è vanità!
Qoelet 1,2; 2,21-23
Il libro del Qoelet è una riflessione sapienziale sul senso della vita che, confrontata con la sua fine, la morte, sembra non fare distinzione tra i buoni e i malvagi. E’ un libro che vuole pprofondire il principio della sapienza tradizionale sulla retribuzione dell’agire degli uomini: il giusto viene premiato e il malvagio viene punito. Infatti la storia sembra smentire in modo piuttosto clamoroso questa affermazione, in quanto si vedono dei giusti soffrire e dei
malvagi prosperare. Il tema centrale del libro è che, davanti alla morte, tutto è come un soffio di vapore che si dissolve con l’alzarsi del sole (traduzione più letterale del vocabolo ebraico iniziale): esso non ha consistenza propria e si disperde nell’aria. Tuttavia occorre leggere bene il finale del libro che sottolinea come, anche di fronte alle ingiustizie che vediamo nella storia, l’importante è temere il Signore e osservare i comandamenti, perché Dio ne terrà conto al momento opportuno.
I tre versetti del cap. 2 sono armonizzati con l’evangelo. Vogliono sottolineare come di fronte alla morte, qualunque successo dell’intelligenza umana e il conseguente patrimonio accumulato, per buono che sia, andrà in eredità a uno che non vi ha faticato per niente. L’autore riconosce che la fatica dell’uomo, i suoi affanni quotidiani, che non lo fanno neanche dormire, non portano granché all’uomo, perché l’affaticarsi per il proprio lavoro è vanità, perché alla fine moriamo. Qoelet estremizza le situazioni fino al limite per mostrare gli aspetti problematici della vita e trarre da questi un insegnamento. Non lascia spazio a
scorciatoie o a negazioni della realtà, perché gli sta a cuore una capacità sapienziale di far fronte alla complessità e alle contraddizioni della vita, senza tuttavia farsi intrappolare nei ragionamenti che egli stesso sviluppa. Egli è ben consapevole dove vuole arrivare: moltiplicare le domande per aiutarci ad entrare nel mistero di Dio con più umiltà, così da poter accogliere la sapienza di vita che viene dal Signore.
dal sito:
http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/18905.html
Omelia (01-08-2010)
don Roberto Seregni
Accumulo o condivisione?
Come spesso accade nel Vangelo (e nella vita), Gesù non risponde alle domande che gli vengono offerte. Non lo fa per scortesia o per mal’educazione, ovvio. Il suo intento è diverso: vuole mettere in discussione la domanda stessa, vuole farci fare un passo indietro, stimolarci a guardare la realtà da un altro punto di vista. Il Suo.
Nella sezione del Vangelo che iniziamo a leggere in questa domenica, Luca ci propone una serie di testi che hanno come filo conduttore il tema dell’attenzione, della vigilanza. Sono brani molto diversi tra di loro, ma che forniscono al discepolo regole di vita per la quotidianità.
La domanda iniziale è proposta a Gesù da un indistinto uomo della folla e riguarda una questione di eredità. Non si dice nulla riguardo l’argomentazione precisa del fatto, ma solo il rifiuto del Rabbì ad entrare nello specifico della risposta. Gesù vuole fare un passo indietro: smascherare i due fratelli dall’illusione di cui sono vittime. Il Rabbì, come sempre, vuole andare all’essenziale, alla radice del problema. I due fratelli litigano per il « desiderio smodato » di possedere, per la fiducia che hanno riposto nell’illusione della ricchezza, perché sono convinti che nei beni troveranno la propria sicurezza.
A questa istruzione già molto chiara, Gesù aggiunge la parabola dell’uomo ricco e stolto. Quest’uomo pensa dimettersi al sicuro, di abbracciare la serenità, accumulando i suoi beni. Fa i conti con le sue ricchezze e i suoi progetti, dimenticandosi di Dio. Ma quello che prepara di chi sarà? Cosa potrà portare con sé?
La parabola di Gesù mira a smascherare le nostre scelte e le nostre logiche di potere.
Quali tesori stiamo accumulando? Quelli davanti a Dio o quelli davanti agli uomini?
Quale logica stiamo vivendo? Quella del Regno o quella del mondo? Quella della condivisione o quella dell’accumulo?
Coraggio, cari amici! La vita cristiana è una scelta. Ci appella al coraggio, alla vigilanza, all’attenzione. Lasciamo che lo Spirito ci purifichi, per trattenere il grano e lasciare che la pula si disperda…
Buona settimana
don Roberto
dal sito:
http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/18971.html
Omelia (01-08-2010)
padre Mimmo Castiglione
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I panni sporchi si lavano in…!
Quanta inquietudine. Quante domande!
E l’assurdo della fragilità della condizione umana.
Darsi da fare. Non darsi pace. Quale il motivo?
Parla da solo, lo Stolto, lo Scemo!
Insensato non ha interlocutori. Soliloquio!
Illuso, pensa di possedere per sempre.
La cupidigia l’ha reso disumano!
Avendo senza sosta accaparrato.
Ed invece?! Quale il risultato? Il nulla. Il vuoto.
Tristezza per ciò che nella notte gelida dovrà lasciare.
E non importa a chi: parente o no,
avveduto o scialacquatore.
Tanta fatica, tanto sudore?!
E poi il crollo. L’ansia, la depressione!
Niente da fare! Nulla con sé potrà portare.
Che senso? Solo la fede potrà colmare.
Sapienza che plana! Sostituendo il volo dell’Accusatore!
Non è questione di ricchezza, non si condanna chi possiede.
Saper vedere la ragione. Cogliere delle cose il giusto valore.
Di ciò che rimane imperituro La condivisione!
Il vero tesoro: le opere buone!
Gesù prosegue il suo viaggio verso Gerusalemme
per compiere la sua consacrazione battesimale, nello Spirito Santo.
E mentre cammina: annuncia, insegna, opera.
Catechizza ora sui beni.
Raccontando la parabola di uno ricco,
che vive da insensato: scemo!
Morale della favola: i discepoli,
ai quali non manca nulla davvero,
devono essere liberi di fronte ai beni!
« Fai le cose giuste, fai il bravo, sacrificati, sappi rinunciare, sii cristiano! ».
Quante volte abbiamo udito simili affermazioni?!
Essere cristiano significa forse subire ingiustizie ed angherie?
Certo, una cosa è subire, altro è scegliere
d’essere disposti a perdere!
Maestro, dì a mio fratello che divida!
Dalla folla si leva una voce!
Si richiede l’intervento del Maestro,
perché si faccia mediatore in una questione.
Mi sembra di riascoltare Marta che richiama Gesù: Signore non ti curi?
Due appelli. In ambedue i casi si tratta di accettare di (con-)dividere!
Mi ascolto.
Perché l’eredità era in mano ad un fratello solo?
E perché non voleva dividere?
Avidità? Non era obbligato?
Capita a volte di pretendere ciò che non spetta!
Travisando la verità ed il senso di giustizia.
In Israele l’eredità, la terra era considerata sacra.
Non bisognava dividerla. Perciò ereditava tutto il primogenito?
Mentre gli altri fratelli stavano a guardare?
Comunque sia, viene consultato il Rabbino di Nazareth,
perché faccia da giudice ed interceda, com’era usanza allora,
per questioni giuridiche con motivazioni religiose.
Ma questi panni sporchi non si potevano lavare in famiglia?
Probabilmente non c’era più dialogo tra i due fratelli, s’erano già rotti i ponti!
Addio sentimenti! Addio bei ricordi insieme. Tutto dimenticato:
aver avuto lo stesso genitore, aver lo stesso sangue. Addio rispetto!
Quante divisioni tra parenti per problemi di eredità!
Fratelli che non si parlano più per questioni di interesse.
Rancore, odio, ferite, imbrogli, corruzione, menzogne.
Affetti finiti, legami distrutti.
E far di tutto per zittire la propria coscienza.
Cosa non si fa per i soldi!
Avidità insaziabile! Enorme desiderio d’avere, di possedere.
Obiettivo da raggiungere a qualsiasi prezzo, anche facendo violenza.
E privarsi, privare gli altri del bene senza farlo circolare.
È forma d’ingiustizia. Vivere sfruttando gli altri, parassita.
E conservare. Ingeneroso lo spilorcio. Apparendo accattone,
indigente, miserabile. Uno straccione!
Mettendo il denaro al posto di Dio. Idolatria!
Gesù sembra evitare d’intromettersi.
Non gli è gradito intervenire.
Rinvia ai giudici competenti il caso.
Non è, dei beni materiali, avvocato difensore!
Il Maestro insegna invece come vivere l’oggi
per garantirsi il domani.
Stoltezza dunque è mancare d’intelligenza,
esser insensati cioè scemi:
non sapere amministrare il bene o i beni
in vista anche del futuro!
Attenzione dunque. E vigilanza!
Vanità? È Inconsistenza.
Fumo, boria, vapore!
Al di là dal considerare giusta o no la spartizione di una eredità,
quello che si stigmatizza nella buona e bella notizia di oggi
è il fondare la propria vita e le proprie sicurezze
nell’accumulo dei beni materiali.
Inutile sostenersi sui miei!
La vita infatti non ha prezzo, non può essere comprata, non si baratta!
Non si vive per accumulare beni. Assolutizzarli diventa idolatria!
Di chi sarà quanto immagazzinato con tanta fatica e sudore?
Assennato invece risparmiare, per vivere domani! Affrontando gli imprevisti.
L’importante dunque nella vita
non è possedere quanto dovremo poi lasciare,
ma piuttosto far crescere il tesoro delle nostre opere buone
che ritroveremo dopo, ci precederanno aprendoci le porte del paradiso!
PREGHIERA
Pietà Signore per quanto ritengo, senza permettere d’usufruirne.
Pietà per quanto seppellisco, impedendo di far fruttificare.
Pietà di me avaro di salvezza, di senso, di motivi, di ragione.
Pietà della mia presunzione.
Pietà di me avaro di privilegi, di prestigio, di eredità da non spartire.
Pietà di me chiuso al dialogo, avaro di sorrisi, di sentimenti e di parole.
Pietà di me ingrato!
Potessi essere davvero libero da ogni forma di cupidigia, d’avarizia, d’idolatria?!
E non accumulare, non riporre sicurezza nel possesso.
Potessi non essere attaccato a cose delle quali posso fare benissimo a meno,
a tal punto da saper rinunciare a quanto mi spetta per diritto?!
Ed elargire in favore di quanti necessitano?!
Insegnami Gesù a condividere il bene che ho,
la grazia che mi hai dato, quanto produco,
ed accrescere così la mia ricchezza, il tesoro, il regno!
Scuote la mia coscienza il grido di quanti sono nati e vivono in terra arida
che non produce frutto. Possa dividere risorse con quanti sono nel bisogno.
Per una questione di giustizia, per ricambiare un po’ del bene ricevuto.
DOMENICA 1 AGOSTO 2010 – XVIII DEL TEMPO ORDINARIO
MESSA DEL GIORNO LINK:
http://www.maranatha.it/Festiv2/ordinC/C18page.htm
MESSA DEL GIORNO
Seconda Lettura Col 3,1-5. 9-11
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
UFFICIO DELLE LETTURE
Lettura
Dalla «Lettera», detta di Barnaba (Capp. 1, 1 – 2, 5; Funk 1, 3-7)
La speranza della vita è il principio e il termine della nostra fede
Salute a voi nella pace, figli e figlie, nel nome del Signore che ci ha amato. Grandi e copiosi sono i favori che Dio vi ha concesso. Per questo molto mi rallegro sapendo quanto le vostre anime siano belle e liete per la grazia e i doni spirituali che hanno ricevuto. Ma ancora maggiore è la mia gioia sentendo nascere in me una viva speranza di salvezza nel vedere con quanta generosità la sorgente divina abbia effuso su di voi il suo Spirito. Davvero splendido lo spettacolo che avete offerto alla mia vista!
Persuaso di essermi avvantaggiato, molto nella via santa del Signore parlando con voi, mi sento spinto ad amarvi più della mia stessa vita, anche perché vedo in voi grande fede e carità per la speranza della vita divina.
Per l’amore che vi porto voglio mettervi a parte di quanto ho avuto, sicuro di ricevere beneficio dal servizio che vi rendo. Vi scrivo dunque alcune cose perché la vostra fede arrivi ad essere conoscenza perfetta.
Tre sono le grandi realtà rivelate dal Signore: la speranza della vita, inizio e fine della nostra fede; la salvezza, inizio e fine del piano di Dio; il suo desiderio di farci felici, pegno e promessa di tutti i suoi interventi salvifici.
Il Signore ci ha fatto capire, per mezzo dei profeti, le cose passate e presenti, e ci ha messo in grado di gustare le primizie delle cose future. E poiché vediamo ciascuna di esse realizzarsi proprio come ha detto, dobbiamo procedere sempre più sulla via del santo timore di Dio.
Per parte mia vi voglio indicare alcune cose che giovino al vostro bene già al presente. Vi parlo però non come maestro, ma come fratello.
I tempi sono cattivi e spadroneggia il Maligno con la sua attività diabolica. Badiamo perciò a noi stessi e ricerchiamo accuratamente i voleri del Signore. Timore e pazienza devono essere il sostegno della nostra fede, longanimità e continenza le nostre alleate nella lotta. Se praticheremo queste virtù e ci comporteremo come si conviene dinanzi al Signore, avremo la sapienza, l’intelletto, la scienza e la conoscenza. Queste sono le cose che Dio vuole da noi. Il Signore infatti ci ha insegnato per mezzo di tutti i profeti che egli non ha bisogno di sacrifici, né di olocausti, né di offerte. Che m’importa, dice, dei vostri sacrifici senza numero? Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Non presentatevi nemmeno davanti a me per essere visti. Infatti chi ha mai richiesto tali cose dalle vostre mani? Non osate più calpestare i miei atri. Se mi offrirete fior di farina, sarà vano; l’incenso è un abominio per me. I vostri noviluni e i vostri sabati non li posso sopportare (cfr. Is 1, 11-13).