SOLO DIO SA COSA SAREBBE SUCCESSO SE NON CI FOSSE STATO IL VATICANO II
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SOLO DIO SA COSA SAREBBE SUCCESSO SE NON CI FOSSE STATO IL VATICANO II
Il cardinale Francis Arinze racconta della sua partecipazione al Concilio
di Sergio Mora
ROMA, lunedì, 22 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Era il padre conciliare più giovane quando partecipò alla quarta sessione del Concilio Vaticano II. Era stato appena nominato vescovo. Oggi il cardinale Francis Arinze, con 80 anni ben portati, assicura che il Vaticano II è stata una grazia per la Chiesa, senza la quale soltanto Dio può sapere come sarebbero andate le cose.
Nell’intervista esclusiva concessa a ZENIT, il Cardinale Arinze ha spiegato che la Gaudium et Spes e gli altri documenti conciliari sono degli strumenti che hanno permesso alla Chiesa di affrontare lo tsunami della secolarizzazione.
Lei è era il vescovo più giovane nel Concilio, vero?
Card. Arinze: Ho partecipato soltanto all’ultima delle quattro sessioni del Concilio Vaticano II, non appena consacrato vescovo nell’agosto del 1965. Per me è stato l’esordio, un qualcosa che non si dimentica, che colpisce. Sapevo che la Chiesa era universale, ma vedere quei duemila vescovi e più da ogni parte del mondo, grandi nomi come i cardinali Alfredo Ottaviani, Leon-Jospeh Suenens, Josef Frings, Bernard Jan Alfrink, Bernard Jan Doepfner, Giovanni Battista Montini e altri meno conosciuti. Chi poteva sapere allora che Karol Wojtyla o il giovane teologo Joseph Ratzinger sarebbero diventati Pontefici? Solo Dio lo sapeva.
Ero il più giovane, non avevo un gran che da dire, per me era importante ascoltare i maggiori, anche perché nella cultura africana il giovane non deve parlare quando lo fanno i più anziani.
Come valuta oggi il Vaticano II?
Card. Arinze: Il Concilio è stato un regalo di Dio a tutta la Chiesa, un patrimonio inesaurito, visto che dopo cinquant’anni non siamo stati capaci di capire tutto quello che ci ha detto.
Poco dopo il Concilio arrivò il 68, con la rivoluzione studentesca alla Sorbona e uno tsunami di secolarismo. Cosa sarebbe successo se questi fatti fossero avvenuti senza avere prima il Concilio Vaticano II?
Card. Arinze: Solo Dio sa cosa sarebbe successo. Possiamo forse intuirlo. Certo la Chiesa avrebbe avuto forte difficoltà a vivere con il mondo di oggi. La storia non si ferma, il mondo continua con quanto ha di positivo e negativo.
Quella ribellione del 68 ha toccato le università, ma anche i sacerdoti e i seminari, non ha risparmiato nessuno. E’ stata una prova dura, anche per i genitori perché i figli si ribellavano.
Il che modo il Concilio Vaticano II ha contribuito alla crescita della Chiesa?
Card. Arinze: Il Concilio Vaticano II ha fornito molti strumenti alla Chiesa per aiutarla ad affrontare e piuttosto incontrare il mondo d’oggi. Per guardare il mondo non come un nemico, ma come pellegrini che incontrano la vita. Come si vede nel documento conciliare Gaudium et Spes, la Chiesa vuole alimentare la speranza, vuole aiutare il mondo realizzare i progetti che hanno senso e valori. Noi non siamo del mondo ma stiamo nel mondo. La Basilica di san Pietro non è solo una sacrestia da riempire con i cristiani, i fedeli cattolici devono stare ovunque. La Chiesa deve incontrare il mondo di oggi, i popoli, le lingue, le usanze, siano o no in linea con il Vangelo. Deve incontrare anche le altre religioni, musulmane, buddiste, ecc. Il Concilio ci ha aiutato a trovare l’uomo e i giovani con le loro domande.
Quali sono le difficoltà per la realizzazione degli insegnamenti del Concilio?
Card. Arinze: La difficoltà maggiore è rappresentata dal fatto che molte persone non hanno letto né leggono i documenti del Concilio. Parlano perché ‘hanno sentito dire’ e credono al commento negativo di qualcuno, mentre la cosa che si dovrebbe fare è leggere i documenti del Concilio. Questo vale anche per me che ho partecipato all’ultima sessione quando la metà dei documenti erano già stati discussi e realizzati. Un altro grande ostacolo è rappresentato dai pregiudizi. Alcune persone hanno idee fisse, e esprimono un giudizio prima ancora di leggere i documenti. Così pur non conoscendo abbastanza il Concilio Vaticano II chiedono il Vaticano III, o IV.
E le critiche?
Card. Arinze: Ci sono alcuni che leggono i documenti per cercare di confermare la loro ideologia. Se c’é una riga che non sembra essere vicina alle loro aspirazioni, lasciano subito, e non vogliono leggere più per paura di vedere le loro tesi messe in discussione. Leggere con la mente aperta i sedici documenti del Concilio genera una visione positiva e gioiosa.
Oggi a cinquanta anni del Concilio c’é più maturazione? Si riesce a capire meglio?
Card. Arinze: Sì è possibile, sempre che la persona guardi al Concilio senza pregiudizi, e non abbia paura di scoprire ciò che si è veramente detto. La persona che legge i documenti del Concilio capisce che la Chiesa è divina e umana, con elementi divini che mai falliscono ed elementi umani che possono venire meno. Non pretendiamo che il Vaticano II abbia risolto tutti i problemi dell’umanità. Un bel giorno ci sarà anche un Vaticano III, non bisogna pensare che sia una Chiesa nuova, diversa da quella preconciliare. E’ la stessa Chiesa che progredisce pel capire il Vangelo e testimoniare Gesù.
Eminenza, lei non ha l’impressione che a volte chi chiede un Vaticano III in fondo vuole un’altra Chiesa?
Card. Arinze: Non possiamo non sospettare questo, anche se dobbiamo credere che questa persona sia onesta. Vorrei chiedere a questa persona: ‘Ha letto e digerito il Vaticano II? O c’é qualche altra cosa che tu vuoi e come il Vaticano II non lo ha detto pensi a un Vaticano III? Non possiamo avere un Concilio ogni settimana. C’è anche il Sinodo dei Vescovi che si tiene circa ogni tre anni.
Ci sono cose che neanche un Concilio può cambiare?
Card. Arinze: Sì, per esempio i dieci comandamenti.
Cosa immagina per il futuro?
Card. Arinze: Il Concilio ha aiutato la Chiesa a porsi davanti alla realtà del mondo di oggi. Dobbiamo trovare in Cristo la chiave per testimoniare. Non siamo noi a inventare la Chiesa, ma Gesù, e il Concilio ci aiuta in diversi modi anche a incontrare l’altro cristiano che non è cattolico. L’altro credente e il non credente. Questa apertura è preziosissima, senza per questo dubitare mai nella nostra fede. Chi dubita della fede in Cristo ha perso l’identità cristiana, come un cittadino che ha perso il senso del suo paese, non può essere ambasciatore.
In che modo il Concilio ha guardato a Maria?
Card. Arinze: Il Concilio ci ha orientato benissimo su come capire meglio la Madre di Dio, Maria Santissima, nel contesto di tutta la Chiesa e nel contesto di Cristo. Come Madre di Cristo e figura della Chiesa. Per questo il Concilio non ha voluto discutere su una mariologia separata dalla ecclesiologia. E ha chiarito che non siamo noi a fare grande Maria, ma è stato Dio a fare grandi cose per Lei. La devozione mariana riconosce questa grandezza già esistente.
Un cristiano che non venera Maria Santissima deve essere invitato a leggere il capitolo VIII della Lumen Gentium, e se questo non basta, può leggere Matteo e Luca nei primi due capitoli del Vangelo, o anche il capitolo XIX di Giovanni.
Al Sinodo si è parlato molto della confessione come strumento di nuova evangelizzazione
Card. Arinze: Come possiamo testimoniare o predicare Gesù se non ci siamo convertiti? Lui ci invita: “Convertitevi e credete al Vangelo”, e ci ha detto se non fate penitenza non vi salverete. La confessione non è facoltativa. E’ il grande sacramento del popolo di Dio per la riconciliazione e la pace.
Andare a confessarsi davanti a Dio non è come farlo in un tribunale nel quale l’imputato nega tutte le accuse, dice che non era presente lì quel giorno. La confessione significa ammettere: “per colpa mia”. Non per colpa del governo o di mia suocera. Chi accetta di essere colpevole accetta di cambiare vita, poi va a casa con la pace interiore.
A volte chi non vuole confessarsi va dallo psichiatra o dallo psicoanalista, paga una bella somma, e non si porta il perdono.