OMELIA DI FRA ARTEMIO VÌTORES PER LA FESTA DEGLI INNOCENTI A BETLEMME
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OMELIA DI FRA ARTEMIO VÌTORES PER LA FESTA DEGLI INNOCENTI A BETLEMME
28 Dicembre 2010
Fratelli e sorelle: Siamo accanto al luogo tradizionale di “sepolcri degli Innocenti”. L’origine della festa dei “Bambini Innocenti”, uccisi a causa di Gesù dal cieco furore di Erode (cf. Mt 2,16-17), è molto antica. Compare già nel calendario cartaginese del IVº secolo e cent’anni più tardi a Roma nel Sacramentario Leoniano. Il Lezionario Armenio, composto verso la metà del Vº secolo, cita la celebrazione di questa festa a Betlemme. Nel VIº secolo, l’Anonimo Placentino, parla dei sepolcri degli Innocenti.
A Betlemme è nato il Bambino Gesù Qui, a Betlemme, nella Notte Santa, gli angeli annunciano esultanti ai pastori che è finita l’attesa. Il tempo si è adempiuto ed è arrivata la salvezza per tutti: “Oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia” (Lc 2, 11-12). Chi è questo Bambino? “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4), nato dalla Vergine Maria. “Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi…” (Gv 1, 14). La Parola eterna si è “abbreviata”, si è fatta piccola, si è fatta un Bambino, così piccolo che riposa in una mangiatoia. E’ Gesù, il Figlio di Maria, che contempliamo a Betlemme: “Qui, dalla Vergine Maria, è nato Gesù Cristo”. “L’abbiamo udito”, “l’abbiamo veduto con i nostri occhi”, l’abbiamo “contemplato”, “le nostri mani hanno toccato”. “Noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza … e queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta” (1Gv 1,1-4). Dio, diceva San Francesco, “si è fatto piccolo infante, aveva succhiato ad un seno umano” (2Cel 199). Lo chiamava, pieno di amore, “il Bimbo di Bethlem” (2Cel 86).
Oggi, a Betlemme, celebriamo la festa dei Santi Innocenti La Chiesa li chiama “i Santi Innocenti” e li qualifica come martiri, giacché i bambini (« infantes » o « innocentes ») di Betlemme e dei dintorni, rendono testimonianza a Cristo non con le Parole ma con il sangue, ricevendo così un vero battesimo di sangue. Sono venerati come martiri, nonostante non siano stati battezzati, perché sono stati uccisi “per Cristo”. Diceva San Bonaventura: “Gesù stesso è trucidato in ciascuno di loro” . Sono morti in solidarietà con il Cristo che ha detto: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Le vittime del sospettoso e sanguinario re Erode, strappati dalle braccia materne in tenerissima età, formano parte – insieme a santo Stefano e all’evangelista Giovanni – del corteo del re messiniaco. I “Bambini Innocenti” sono i testimoni, davanti agli uomini, di tutti i tempi, del Dio fatto Bambino, qui, a Betlemme. Quel Dio che – come abbiamo ascoltato nel Vangelo della Messa di Natale – “era nel mondo,… e il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,10-11). Lungo i secoli, nell’arte, nella poesia, nella pietà popolare sentimenti di tenerezza e di simpatia hanno avvolto questi Bambini. San Prudenzio li ricorda così: “Salute, o fiori dei martiri… Voi foste le prime vittime, il tenero gregge di agnelli immolati, e sullo stesso altare avete ricevuto la palma e la corona” . E la Liturgia Bizantina canta così: “Betlemme, non essere triste, ma sta’ di buon animo per l’uccisione dei santi bambini: poiché essi, come vittime perfette, sono stati offerti al Cristo Sovrano: per lui immolati, con lui regneranno” .
Oggi è anche un giorno di preoccupazione Ai sentimenti di gioia, in questa festa è sempre unita l’indignazione per la violenza con cui essi furono strappati dalle braccia delle loro madri e consegnati alla morte. Erode sentì che le fondamenta del suo palazzo traballavano, smossi dalla nascita di quel misterioso rivale che veniva a prendere il suo scettro. E reagì con l’ira, volendo distruggere tutto e tutti. In Erode possiamo vedere la figura di Satana, colui che dominava le creature, fin dal peccato originale. Ma, all’improvviso, Dio prende la forma dell’uomo, viene allevato nel grembo di una donna, si nutre dal seni di una donna, si rifugia nel suo grembo. Il seno della donna è il centro della lotta tra Dio e Satana, da quando il Signore dice all’antico serpente: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la sua stirpe e la sua stirpe, questa ti schiaccerà la testa” (Gen 3,15). Ogni volta che viene concepito un bambino, si attualizza l’alleanza tra Dio e gli uomini; ogni volta che un bambino è concepito traballano le fondamenta del palazzo di Erode. Anche oggi Erode continua a celebrare il Natale combattendo la discendenza della donna, promovendo leggi inique per distruggere il bambino innocente. E questo è molto grave. Ricordiamo le parole del Signore: “Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 18,10).
Ogni bambino ha bisogno del nostro amore I Bambini Innocenti uccisi dal crudele Erode (Mt 2,13-18) sono stati testimoni di Cristo, martiri di Dio, e per questo li onoriamo. Non basta onorarli. “In queste feste di Natale, della Vita e dell’Amore – diceva Benedetto XVI – vi chiedo un ricordo nella nostra preghiera, il 28 di dicembre di un modo speciale, per i bambini che non hanno potuto adempiere il progetto di Dio che Dio ha pensato per loro, perché gli fu tolto, con violenza, prima della sua nascita”. Oggi, qui, accanto al Sepolcro degli Innocenti, preghiamo per i bambini che l’Erode di ogni parte del mondo non si stanca di eliminare. Pensiamo di un modo speciale a tanti bambini “no-nati”, vittime della piaga dell’aborto. Tutti amati da Dio, perché “il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli” (Mt 18,14). Supplichiamo il Signore per tutti i bambini del mondo: per i bambini che non hanno conosciuto l’amore dei suoi genitori, per coloro dei bambini che non hanno casa, per i bambini che sono usati come strumenti di violenza o di altre malvagità. Chiediamo a Gesù che ci insegni a riconoscerlo nei più piccoli e nei più poveri di questo mondo. Oggi, al vedere il sorriso di questo Bambino di Betlemme comprendiamo più che mai le parole di Gesù: “Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me” (Lc 9,48).
Farsi bambino come Gesù Bambino Come potremmo riuscire nel nostro impegno? Dio per noi si è fatto Bambino. Oggi – ci dice quel Dio che si è fatto Bambino – non potete più aver paura di me, ormai potete soltanto amarmi. E’ quello che diceva, nel sec. III, Origene: “A che mi serve dire soltanto che Gesù è venuto nella carne presa da Maria, se io non mostro che è venuto in questa mia carne?” . E per questo Francesco – come ci racconta un suo biografo – a ogni Natale “si faceva bambino col Bambino” (2Cel 35). Quali sono le caratteristiche di Gesù il Dio-Bambino? E’ molto fragile, protetto soltanto dalle braccia di sua Madre; Gesù è povero: “quando vedi un povero, vedi lo specchio del Signore e della sua Madre”, diceva Francesco, il “Poverello” ai suoi frati. Egli non aveva casa: “Non c’era posto per loro nell’albergo (Lc 2, 7). E’ “il Principe della Pace” (Is 9,5), e annuncia, per mezzo dei suoi angeli “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Dio ama!” (Lc 2,14). Gesù stesso ha detto che soltanto i “piccoli” e i “puri di cuore” possono comprendere le meraviglie di Dio e Dio stesso (Mt 11,25), perché “chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà” (Lc 18,17). Soltanto così potremmo pensare agli umili, ai poveri, ai perseguitati, ai semplici e ai buoni di questo mondo, che sono abbandonati. Un ultimo consiglio: Non conservare per te solo la grazia che hai ricevuto! Comunica agli altri il tuo incontro col Dio Bambino a Natale e sii testimone del suo Amore! Accadrà un grande miracolo, come successe con Francesco: “per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria” (1Cel 86).