LA PASSIONE DI GESÙ CRISTO NELL’ANTICO TESTAMENTO
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LA PASSIONE DI GESÙ CRISTO NELL’ANTICO TESTAMENTO
(ho lasciato la grafica come è nel testo originale – più o meno – anche allunga un po’ il post)
(Seconda parte)
• L’agnello pasquale
• Il legno gettato nella fonte
• La verga di Mosè
• Il capro Azazel
• Il serpente di bronzo
• La corda rossa di Raab
Introduzione
Padre Marcello Spagnolo, passionista, nel l’introduzione del suo « Dall’Eden al Golgota », scrive : « Dio, da grande artista qual è, ha preso nelle mani il mondo, come il vasaio prende in mono un pezzo di creta; ha preso l’umanità, con tutta la sua storia, e sulla creta del mondo e nella storia dell’umanità ha tracciato i segni che ha voluto.
Inoltre ha parlato. Ha parlato per bocca dei suoi profeti.
Coi segni tracciati e con le parole dei profeti — il tutto consegnato nelle sacre scritture — Dio si è compiaciuto di abbozzare la trama delle cose future, specialmente di quelle riguardanti il suo Figliuolo ».
Nella trama delle cose future riguardanti il suo Figlio, Dio-Padre abbozzò, in modo particolare, tutto ciò che riguardava la passione e morte di Gesù.
Infatti nostro Signore, parlando della sua passione e morte, si appellava sempre alla sacra scrittura:
« Ecco che noi saliamo a Gerusalemme, e si adempirà tutto quanto fu scritto dai profeti intorno al Figlio dell’uomo » (1).
« Come si adempirebbero le Scritture, secondo le quali bisogna che avvenga così? », cioè la sua cattu ra nel Getsemani ( 2 ).
« O stolti e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno detto! Non doveva forse il Cristo patire tali cose e così entrare nella sua gloria? E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegava loro in tutte le Scritture le cose che si riferivano a lui » ( 3 ).
Per poter leggere nella Bibbia la storia an ticipata della passione e morte di Gesù Cristo si richiedono in noi tre disposizioni :
• credere che la sacra scrittura è un libro divino che ha per autore principale Dio;
• confessare che tutto è manifesto allo sguardo di Dio: il passato, il presente e il futuro;
• ritenere che nulla si opera nel mondo — sia di piccolo come di grande — che non sia voluto o permesso da Dio ( 4 ).
(1) Lc, XVIII, 31.
(2) Mt., XXVI, 54.
(3) Lc, XXIV, 25-27.
(4) Padre Marcello Spagnolo, o.c.
Con queste disposizioni interne, sostenute dalla preghiera, fatta prima, durante e dopo la lettura della Bibbia, la storia della passione e morte di Gesù in croce ci apparirà evidente in tutto il Vecchio Testamento.
Continuiamo in questa seconda lettura a vedere le figure bibliche della redenzione umana.
I. L’agnello pasquale
Dio aveva comandato agli israeliti molti sacrifici in suo onore; soprattutto il sacrificio quotidiano di due agnelli : « Ogni giorno, in perpetuo, sacrificherai sull’altare due agnelli d’un anno, uno la mattina ed uno la sera » ( 5 ).
Ma, una volta all’anno, Dio dispose che, a Pasqua, tutte le famiglie immolassero un agnello in memoria della loro liberazione dalla schiavitù dei faraoni d’Egitto. L’immolazione era fatta nell’atrio interno del tempio, dal capofamiglia.
(5) Esodo, XXIX, 38.
1. L’agnello pasquale, simbolo dell’Agnello divino
Gli israeliti vedevano in quell’agnello pasquale l’immagine del futuro Messia.
Il profeta Isaia lo vide e lo descrisse: «È stato menato a morte come una pecorella, come un agnel lo che non apre bocca » (6). « Manda, o Signore, l’Agnello dominatore della terra » (7).
San Giovanni Battista, additando Gesù alle turbe, esclamò: « Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo » ( 8 ).
Tutti i santi padri videro nell’agnello pasqua le degli ebrei raffigurato Gesù crocifisso.
L’abate Ruperto dice: « Gesù fece il suo ingresso in Gerusalemme il giorno dieci di Nisan. Per quel giorno era comandato ai capi dì famiglia d’Israele di prendere ciascuno e mettere da parte l’agnello che doveva servire per la Pasqua. E così Gesù Cristo osservò anche questo particolare, separandosi e mettendosi fin da quel giorno a disposizione dei suoi immolatori » (9′).
(6) Isaia, LIII, 7.
(7) Isaia, XVI, 1.
(8) Gv., I, 29.
(9) Presso Giacomo Finto, 1 V., t. III, 2.
Lo scrittore cristiano Lattanzio (sec. III-IV) scrive : « Quando i primogeniti degli egiziani in una notte perirono, i soli ebrei restarono incolumi nel segno del sangue. Non perche il sangue di un animale avesse in se tanta virtù, da dare la salute agli uomini, ma perché era immagine delle cose future. L’agnello candido e senza macchia era infatti Cristo, innocente, giusto e santo, il quale immolato dai giudei, è divenuto salute a quanti segnano la loro fronte col segno del sangue, col segno della croce, strumento del suo martirio » ( 10 ).
L’abate Ruperto dichiara : « L’agnello, che in figura di te (o Gesù) fu ucciso in Egitto, redense nel suo sangue quel popolo… o meglio, tu, o Signore, agnello dominatore, lo redimesti con redenzione figurativa, mediante l’immolazione dell’agnello; tu che ora hai redento noi a Dio, da te stesso nel tuo proprio sangue, ed in modo che il tuo sangue, sparso per noi, preso dal sacramento del battesimo, s’imprima in forma dì croce sulle nostre fronti » (11).
San Pietro apostolo afferma : « Vivete con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio; ben sapendo… che siete stati riscattati… col prezioso sangue di Cristo, dell’Agnello immacolato e incontaminato » ( 12 ).
San Paolo apostolo dice: « La nostra Pasqua — ossia il nostro agnello — Cristo, è stato immolato » (13).
2. Conclusione
Presso gli ebrei, l’agnello pasquale, dopo di essere stato sacrificio, doveva divenire cibo conviviale. Tutti dovevano mangiare a questo convito. Chi non avesse mangiato l’agnello, era anatematizzato, scomunicato.
(10) Divinarum Institutionum libri septem, I, IV, e. 26; ML, 6, 530.
(11) In Apocalypsìm, 1, IV, e. 5; ML, 169, 933.
(12) 1, I, 17-19.
(13) 1 Corinti, V, 7.
L’Agnello divino, dopo d’essersi immolato sulla croce per la nostra salvezza, volle trasformarsi in cibo nell’Eucaristia; comandò che ognuno di noi dovesse accostarsi a lui e mangiare di esso : « In verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell’uomo, e non berrete il suo sangue, non avrete la vita eterna. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell’ultimo giorno » (14).
Dunque mangiamo spesso la carne del divin Agnello, divenuto nostro cibo nell’Eucaristia, e saremo da Gesù risuscitati nell’ultimo giorno per partecipare, in oielo, della sua gloria.
II. Il legno gettato nella fonte
Narra la Bibbia: « Mosè condusse via Israele dal Mar Rosso, e giunse al deserto di Sur. Camminaro no tre giorni nel deserto senza trovare acqua. Poi vennero in Mara; ma non poterono bere di quell’acqua, perché era amara. Mosè pregò il Signore. Il Signore gli mostrò un certo legno, capace di far addolcire le acque. Mosè prese quel legno, lo gettò nella fontana, e le acque divennero dolci » ( 15 ).
(14) Gv., VI, 54-55.
(15) Esodo, XV, 22-25.
1. Quel legno era simbolo della croce di Gesù
I santi padri affermano che quel legno me raviglioso, indicato da Dio a Mosè, era tipo della santa croce di Gesù Cristo, la quale, col suo contatto, rende dolce ogni cosa.
Rabano Mauro scrive : « Che le acque amare al contatto del legno si addolciscano, è indizio che la amarezza delle genti doveva un giorno cambiarsi in dolcezza per virtù del legno della santa croce » ( 16 ).
L’abate Ruperto afferma: « Il legno che il Signore mostrò a Mosè, e che mostrava per sua grazia anche a noi, è il legno della santa e vivifica croce. Mettere il legno nelle acque amare per renderle dolci, è applicare il sacramento della passione del Signore alla lettera della legge. Il che quanto sia dolce, lo conosce solo chi meritò di sperimentarlo; chi bevve, egli lo sa» (17).
Cornelio A Lapide: « Che cosa viene significato dall’acqua amara se non l’amarezza delle avversità? Tale amarezza, allorché vi si getti dentro il legno della Croce, vale a dire, si consideri la passione del dolce Gesù, sembrerà nulla, messa al confronto con ciò che l’Uomo-Dio e Mediatore degli uomini Gesù Cristo, ha sofferto per noi » ( 18 ).
San Cirillo dice: «Se tu prendi tuo cibo e bevan da dal mistero della Croce, ti avvedrai come quel legno, che presso Mara diede in figura dolce sapore,
(16) Comment., In Esodo, 1. II; ML, 108, 76.
(17) In Esodo, 1. III; ML, 167, 655.
(18) Comment., In Esodo, h. 1.
2. Conclusione
Si disputa presso gli esegeti se quel legno, gettato da Mosè nelle acque, avesse naturalmente o no la virtù di rendere dolce l’amaro. Tutti però sono concordi nell’ammettere che la passione di Gesù ha per se stessa la pro prietà di addolcire le amarezze della vita. « È questa la gloria e la grazia della Croce, prefigurata nel legno di Mara » ( 20 ).
Il poeta Venanzio Fortunato cantava : « Dolce ferro e dolce legno reggono un dolce peso ».
San Paolo della croce, giovanetto, soleva abbeverarsi di fiele, di vero fiele, ogni venerdì; ed il fiele gli sembrava delizioso. Egli però faceva prima, quello che fece Mosè; vi gettava dentro un legno, il legno della Croce; pensava cioè a quel fiele che fu dato a bere a Gesù nella passione, e mandava giù i sorsi, tanto più dolci quanto più amari ( 21 ).
Cari lettori, imitiamo san Paolo della croce nel pensare alle pene di Gesù durante la sua passione e morte, e, a sua imitazione, trovere mo dolce ciò che umanamente è amaro.
(19) A Lapide.
(20) Sant’Agostino, ML, 34, 616.
(21) Padre Marcello Spagnolo c.p., o.c.
III. La verga di Mosè
Narra la Bibbia che gli amaleciti assalirono Israele in Rafidin. Mosè disse a Giosuè: « Scegliti degli uomini ed esci a combattere contro gli amaleciti. Domani io sarò sulla cima del colle, tenendo in mano la verga dì Dio » ( 22 ).
Giosuè eseguì l’ordine e combattè contro gli amaleciti, mentre Mosè, Aronne e Ur stavano in cima al colle. Ora, finché Mosè teneva le mani alzate, vinceva Israele; ma se le abbassava un poco, vinceva Amalec.
Si noti : Giosuè combatteva e vinceva ; ma la vittoria era legata intimamente all’opera di Mosè, che prestava sul colle con le baccia aperte, reggendo la verga di Dio.
1. La verga di Mosè, simbolo della croce di Gesù
La verga di Mosè era simbolo della Croce del Calvario : essa sconfisse l’inferno, restando sempre segnale di vittoria, visione terribile a tutti i nemici della nostra eterna salute.
(22) Esodo, XVII, 8 e ss.
San Cirillo scrive : « Mosè, nell’aprire le braccia rappresentava Colui che fu per noi crocifìsso. Si rendeva manifesta, sotto la figura, la virtù della realtà: come, mentre il servo apriva le braccia, cadeva Amalec, così, quando stese le mani il Signore, fu sbaragliato l’esercito di satana » ( 23 ).
In tutti i segni prodigiosi compiuti da Mosè, sempre, quantunque non sempre espressamente notato, Dio comanda di « prendere la verga, sollevare la verga, tendere la verga, percuotere con la verga ».
Cornelio A Lapide dice: « Sembra che Mosè alzasse e tendesse le mani unite insieme, in modo che una palma abbracciasse l’altra, quella con cui teneva la verga. Non avrebbe infatti potuto con una sola mano tenere a lungo sollevata in alto la verga, la quale, per essere verga di pastore, doveva essere abbastanza grande… La verga simboleggiava la croce di Cristo; ma in quanto strumento di vittoria, segnale di trionfo » ( 24 ).
L’abate Wolpero afferma: « Veramente mirabile e gloriosa fu in quella cavalleria (il popolo d’Israele) la presenza della verga, con la quale Dio operò i prodigi e i segni della sua potenza. Non fu forse ben figurata in quella verga la croce di Cristo, unica speranza nostra, compendio della nostra salute? » ( 25 ).
(23) Questiones, In Ex., MG, 80, 259.
(24) In Exodum, h. 1.
(25) Comment., In antica Cant., 1. 1; ML, 195, 1061.
2. Conclusione
La Chiesa nei suoi uffici, nelle ordinazioni, nei sacramenti, nei misteri fa sempre precede
re il mirabile segno della croce. Niente di ratificato, niente di santo, se non sia confermato con la « prelibazione » della santa croce di Cristo.
In Mosè sul colle con le braccia alzate e con nelle mani la verga, è adombrata l’esaltazione della santa Croce, cioè Cristo sul Calvario, circondato di gloria e di maestà, con a lato la croce santa.
Sotto il monte Calvario: il correre precipitoso, confuso dei anemici di Cristo, cioè l’inferno con tutte le aberrazioni dell’idolatria, fremente e fuggente di frone al vessillo vincitore di Cristo.
Sulle schiere, miste nella spaventosa rotta le parole che la Chiesa canta in una delle sue belle antifone:
« Ecco la croce del Signore (di cui la verga di Mo sè fu un simbolo), fuggite davanti ad essa, o nemici tutti!
Il leone della tribù di Giuda, che è radice di David, ha vinto! ».
Cari lettori, non mettiamoci nel numero dei nemici della croce di Gesù; ma collochiamoci sotto di essa, come pulcini sotto le ali della chioccia, e saremo difesi da ogni pericolo, sem pre vincitori contro le battaglie di satana e dei suoi alleati.
IV. Il capro Azazel
Narra la Bibbia che Dio comandò a Mosè che il popolo d’Israele ogni anno doveva essere purificato dai peccati commessi nel corso dell’anno. Quel giorno era chiamato « il giorno delle espiazioni ».
In quel giorno venivano portati al sommo sacerdote due animali: un vitello ed un ariete per il sommo sacerdote ed il ceto sacerdotale e levitico; due capri ed un ariete per il popolo.
Il sommo pontefice si accostava all’altare, e dei due capri ne destinava uno a Dio e uno ad Azazel, cioè a satana. Il vitello e il capro destinati a Dio venivano immolati a Dio stesso in espiazione dei peccati dei sacerdoti.
Il « capro destinato ad Azazel » non veniva immolato. Esso veniva condotto davanti al sommo sacerdote, rappresentante del popolo. Questi imponeva le mani sul capo dell’animale, e a nome di tutto il popolo, faceva la confessione delle iniquità, delitti e peccati d’Israele, e li scaricava, imprecando, sul capo della bestia. Un uomo, a ciò preparato, prendeva con sé il capro, carico di tutti i peccati d’Israele, e lo menava nel deserto per consegnarlo ad Azazel, vale a dire a satana, padre del peccato.
Cancellati col sangue i peccati, portati per giunta lontano nel deserto, Israele si sentiva ormai libero dal peso opprimente. Si rallegrava e rendeva grazie a Dio ( 26 ).
(26) Levitico, XVI, 1-33.
1. Il capro AzazeI, figura di Gesù crocifisso
I santi padri e molti scrittori ecclesiastici affermano :
• che il sommo sacerdote, che entra nel sancta sanctorum, è Gesù che penetra nei cieli e si presenta al divin Padre per esercitare il suo eterno sacerdozio ;
• che il sangue del capro con cui si purifica il Santissimo, simboleggia il s-angue di Gesù, che muore innocente per purificare le nostre anime;
• che il bruciare delle vittime fuori degli alloggiamenti raffigura Gesù Cristo che consuma il suo sacrificio fuori della porta di Gerusalemme;.
• che il capro destinato ad AzazeI raffigura Gesù in quanto prende il posto dei peccatori, si carica dei peccati di tutto il mondo e li espia abbandonandosi alla potestà delle tenebre.
2. Alcune testimonianze
San Paolo apostolo, dice : « Se il sangue di capri…, sparso su quelli che sono immondi, li santifica rispettò al procurare la purità della carne; quanto più il sangue di Cristo… purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte » (27).
(27) Ebrei, IX, 13-14.
Lo stesso apostolo osserva: «La legge mosaica costituisce sacerdoti uomini soggetti ad ogni debolezza; Gesù, no. Egli non è un uomo semplice, un uomo soggetto a debolezze. Egli è il figlio che è perfetto in eterno. E tale era il sommo sacerdote che a noi con veniva, santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori, elevato al di sopra dei cieli » ( 28 ).
Sempre il medesimo apostolo: « I corpi delle vittime, il cui sangue, portato nel santuario, si offre dal sacerdote per i peccati, sono bruciati fuori del campo. Perciò anche Gesù, per santificare col suo sangue il popolo, soffrì fuori della porta » ( 29 ), « portando la sua confusione » ( 30 ), cioè la croce che è oggetto di disprezzo ai superbi figli del tempio e della città deicida;, strumento invece ammirabile di sapienza e di virtù per ogni cristiano vero.
Il profeta Isaia confessa : « Noi tutti, a guisa di pe corelle smarrite, ci eravamo sviati, ciascuno aveva declinato per la sua strada e il Signore fece ricade re su di lui (Gesù Cristo) le iniquità di tutti » ( 31 ).
San Pietro apostolo predicava : « Egli stesso, Gesù, ha portato i nostri peccati nel suo corpo sopra del legno » ( 32 )- « Cristo è morto per i nostri peccati, egli giusto per gli ingiusti » ( 33 ).
San Giovanni evangelista esclama: « Voi sapete che egli (Gesù) è apparso per togliere i nostri peccati; mentre in lui non c’è peccato » ( 34 ).
(28) Ebrei, VII, 28 e ss.
(29) Ebrei, XIII, 11, e ss.
(30) Ebrei, XIII, 13.
(31) Isaia, LIII, 6.
(32) 1 Pietro, II, 24.
(33) 1 Pietro, III, 18.
(34) 1 Gv., III, 5.
3. Conclusione
Padre Marco Sales, commentando il passo dei due capri che Israele offriva l’uno a Dio e l’altro ad Azazel per espiare i suoi peccati, dice : « Questi due capri non formavano che un solo sacrifìcio per i peccati: il primo, che era immolato, espiava i peccati; il secondo, che era mandato nel deserto, portava lungi dal popolo di Dio i peccati ».
Ora la diversa sorte dei due capri rappresentava un diverso aspetto del sacrificio di Gesù, per merito del quale si cancellano i peccati degli uomini.
Nella sua passione e morte Gesù è offerto a Dio Padre, al quale ci riconcilia mediante l’effusione del suo sangue innocentissimo. E nella stessa passione Egli è dato quasi in balìa di satana, onde scontasse quanto vi era di satanico nei peccati che aveva preso sopra di sé;, per cui giustamente, al principio della stessa passione, Gesù potè dire, rivolto ai ministri di satana: « Questa è l’ora vostra e la potenza delle tenebre » ( 35 ), cioè: Questo è il tempo nel quale a voi e al principe delle tenebre è permesso di fare tutto quello che vorrete contro di me.
Compiuta l’espiazione e portati lontano dal capro nel deserto i peccati del popolo, Israele tripudiava e ringraziava la misericordia di Dio.
Con quanta maggior ragione dovremmo rallegrarci noi cristiani e ringraziare Gesù che ha voluto prendere sopra di sé tutti i nostri peccati, espiarli e restituire a noi il diritto della figliolanza divina.
All’Agnello immacolato, al Dio crocifisso sia dato da noi tutti il dovuto onore e gloria.
(35) Lc, XXII, 53.
V. Il serpente di bronzo
Narra la Bibbia che il popolo israelita, mentre s’in camminava verso il mar Rosso, il golfo elanitico, giunto ad Edom, seppe che il principe di questo paese non gli concedeva il passaggio attraverso il proprio territorio.
Allora Israele cercò di procedere attorno ad Edom. Il cammino però si allungò di molto ed il popolo, stanco del cammino e della fatica, cominciò a mormorare contro Dio e il suo servo Mosè : « Perché ci facesti venir via dall’Egitto per farci morire nel deserto? Non c’è pane, non c’è acqua, e questo cibo insipido (la manna caduta dal cielo, la quale conteneva ogni sapore) ci nausea ».
Il Signore, adirato per le mormorazioni e le ingratitudini del suo popolo, mandò contro Israele serpenti dal morso velenoso.
Vedendo le piaghe che quei serpenti producevano e come molti ne morivano, vennero a Mosè e dissero: « Abbiamo peccato parlando male contro il Signore e te. Prega Iddio che allontani da noi questi serpenti ».
Mosè pregò ;, e il Signore gli disse : « Fa’ un serpente di bronzo e mettilo come segnale: chi, colpito dalla piaga, guarderà a quello, vivrà ».
Mosè obbedì. Fece fare un serpente di bronzo : lo mise come segnale : e guardandolo, i percossi dalla piaga risanavano ( 36 ).
(36) Numeri, XXI, 1-9. 30.
1. Il serpente, simbolo del Crocifisso
Che cosa significava quel serpente di bronzo? Significava Gesù Cristo sull’alto della croce.
Nostro Signore un giorno disse : « Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così è necessario che sia innalzato il Figlio dell’uomo; affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna » (37).
San Massimo, afferma: « Il serpente morde, con morso letale, gli israeliti; il serpente, li sana. Il peccato da morte agli uomini; il peccato — cioè l’Innocenza che assume su di sé i peccati — restituisce la la vita » ( 38 ).
Sant’Agostino si domanda: « Chi è il serpente esaltato? È la morte del Signore in croce. Dal serpente venne la morte, perciò nell’effigie del serpente è figurata la morte. Il morso dei serpenti è. letale, la morte del Signore è vitale » ( 39 ).
Dice lo Spirito Santo: « Chi guardava, non per ciò che vedeva era salvo, ma per te, che sei il Salvatore di tutti » ( 40 ).
Un giorno Gesù Cristo, ponendo se stesso di fronte al serpente, disse : « È necessario che il Figlio dell’uomo sia levato in alto, affinchè tutti quelli che guardano a lui, vivano ».
San Cirillo alessandrino esclama : « Guarderemo il Cristo se rettamente intenderemo il suo mistero e fermamente vi crederemo » ( 41 ).
(37) Gv., Ili, 14.
(38) Omelìa, XLIX; ML, 57, 340.
(39) Trattato, In Gv., ML, 35, 1439.
(40) Sapienza, XVI, 7.
(41) In Rum. liber., ML, 69, 639.
Sant’Agostino osserva : « Come coloro che miravano il serpente non morivano per i morsi dei serpenti, così quelli che mirano con fede la morte di Cristo, vengono guariti dai morsi dei peccati. Quelli però (gli israeliti) guarivano dalla morte per una vita temporale, Gesù invece dice: perche abbiano la vita eterna. Questa è infatti la differenza tra l’immagine e la realtà: l’immagine conferiva la vita temporale, la realtà conferisce la vita eterna » ( 42 ).
2. Conclusione
Qual è la conclusione?
Ce la da sant’Ambrogio: « Frequentiamo il Calvario per guardare il Cristo che pende dalla croce per la salvezza del mondo, giacché questo è salutare » ( 43 ).
Sant’Agostino aggiunge: « Per guarire dal peccato miriamo, o fratelli, Cristo crocifisso » ( 44 ).
San Bernardo (Pseudo) ci esorta: « Ogni qualvolta ci sentiamo feriti dalla tentazione, corriamo alla Croce, accostiamoci a quel trono, una volta ignominioso ed ora sommamente glorioso, e, fissando con fede, speranza e amore il piissimo Liberatore, chiediamo, per la morte del nostro santissimo Serpente, che provocò la morte dell’antico serpente, di essere liberati dai mostri dei serpenti, e lo saremo » ( 45 ).
(42) Trattato, In Gv., I, s.c.
(43) De XLII mansionibus filiorum Israel;
ML, 17, 35.(44) In Gv., I.
(45) Vitis mystica, e. XLV; ML, 184, 730.
VI. La corda rossa di Raab
La sacra scrittura narra questo fatto: Raab, donna di Gerico, fu l’unica donna, che, insieme ai suoi, scampò all’eccidio, allorché questa città cadde nelle mani di Giosuè.
Giosuè, prima di entrare nel paese di Gerico, mandò due dei suoi, perché esplorassero il territorio. Costoro andarono a Gerico, ove dimorava Raab, e Raab li accolse in casa sua e li pose in salvo dalle insidie del principe di Gerico.
Prima però di lasciarli partire, Raab disse ai nunzi: «Promettetemi nel nome del Signore, che la stessa misericordia da me usata verso di voi, voi la userete verso la casa di mio padre, e mi darete un segnale sicuro che salverete mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e tutto ciò che loro appartiene, e ci scamperete dalla morte ».
Gli esploratori lo promisero e le diedero il segnale richiesto: « Mettete alla finestra una corda di color rosso vivo. Ciò sarà condizione indispensabile. Saremo esenti da ogni responsabilità, se non metterete alla finestra il segno di questa cordicella scarlatta » ( 46 ).
Tale segno era ordinato a far distinguere agli israeliani la casa di Raab dalle altre.
(46) Giosuè, II, 18.
1. Il color rosso simbolo del Crocifìsso
Molti Padri, in quell’umile segno convenzionale color di sangue, vedono simboleggiata la passione di Gesù, e nella casa di Raab, la Chiesa, conservatrice di quel sangue incorruttibile.
Sant’Ambrogio: « Sollevando in alto i segni della fede, i vessilli della passione del Signore, legò il ros so alla finestra, perche fiorisse l’immagine di quel sangue che doveva redimere il mondo » ( 47 ).
Sant’Agostino: « A Raab fu detto che mettesse lo scarlatto alla finestra, vale a dire che avesse in fron te il segno del sangue di Gesù Cristo. Si salvò e simboleggiò la Chiesa delle nazioni » ( 48 ).
San Giovanni Crisostomo: « Raab è figura della Chiesa, la quale, impaniata una volta nella fornicazione dei demoni (ossia nell’idolatria), ha ora ricevuto gli esploratori di Cristo, i santi apostoli, mandati non da Gesù, figlio di Nave, ma da Gesù, il vero Salvatore » ( 49 ).
Origene, parlando del segnale rosso, afferma : « È il segnale di Cristo, segno di redenzione nella casa di Raab, ossia nella Chiesa » ( 50 ).
(47) A Lapide, h. 1.
(48) De poenitentia, omelia VII; MG, 49, 330.
(49) A Lapide, h. 1.
(50) Omelia IV, A Lapide, h. 1.
Strabone Walfrido scrive: « Raab pose la porpora nella sua casa, per salvarsi nell’eccidio della città. La porpora portava espressa in sé la forma del sangue. Conosceva bene essa che per nessuno vi è salute se non nel sangue di Cristo… Viene impartito il comando : » Si salveranno tutti quelli che saranno trovati nella tua casa… ». Dunque chi vuoi salvarsi venga in questa casa, dove il sangue di Cristo è posto in segno di redenzione » ( 51 ).
2. Conclusione
Qual è la conclusione?
Ce la da Cornelio A Lapide: « Raab conobbe — parte per i miracoli ed i prodigi, parte per divina illuminazione — che gli idoli dei cananei erano falsi; che solo il Dio degli ebrei era l’unico e vero Dio. Credette in lui. sperò, amò, e, pentita dei propri peccati, ne domandò perdono. Perciò fu giustificata… Vogliamo cercare la causa meritoria di tanti beni impartiti ad una peccatrice? Noi troveremo questa causa nella passione del futuro Redentore: la Passione simboleggiata nella corda dal color rosso- sangue ».
Necessarie sono la fede, le buone opere e la promessa. Ma senza la passione di Gesù, nulla vale. Raab ebbe grande fede nel vero Dio; acolse, con grade carità, gli esploratori; ebbe da essi la promessa della salvezza. Ma non dovette dimenticare — sotto pena di morte — di mettere il rosso alla finestra.
Cari lettori, ciò che valse per Raab peccatrice, vale per tutti i redenti.
Teniamo scolpito nella mente il pensiero di san Fulgenzio di Ruspe : « La fune purpurea simboleggiava il mistero del sangue di Cristo.
Chiunque, col divino aiuto, custodisce la sua fede e confessa contro i pagani e gli eretici, di essere stato redento dal sangue di Gesù Cristo, appende tale fune alla finestra della sua casa » ( 52 ).
(51) Glossa ordinaria, h. 1.
(52) De remissione peccaiorum, ì. 1; ML, 65, 545.