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2 FEBBRAIO PRESENTAZIONE DEL SIGNORE (f) UFFICIO DELLE LETTURE

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2 FEBBRAIO PRESENTAZIONE DEL SIGNORE (f) UFFICIO DELLE LETTURE

INVITATORIO
V. Signore, apri le mie labbra
R. e la mia bocca proclami la tua lode.

Antifona
Venite, adoriamo il Signore,
il Dominatore, che viene nel suo tempio.

SALMO 94 Invito a lodare Dio
( Il Salmo 94 può essere sostituito dal salmo 99 o 66 o 23 )
Esortandovi a vicenda ogni giorno, finché dura « quest’oggi » (Eb 3,13).

Si enunzia e si ripete l’antifona.

Venite, applaudiamo al Signore, *
acclamiamo alla roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie, *
a lui acclamiamo con canti di gioia (Ant.).

Poiché grande Dio è il Signore, *
grande re sopra tutti gli dèi.
Nella sua mano sono gli abissi della terra, *
sono sue le vette dei monti.
Suo è il mare, egli l’ha fatto, *
le sue mani hanno plasmato la terra (Ant.).

Venite, prostràti adoriamo, *
in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati.
Egli è il nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo, *
il gregge che egli conduce (Ant.).

Ascoltate oggi la sua voce: †
« Non indurite il cuore, *
come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto,

dove mi tentarono i vostri padri: *
mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere (Ant.).

Per quarant’anni mi disgustai di quella generazione †
e dissi: Sono un popolo dal cuore traviato, *
non conoscono le mie vie;

perciò ho giurato nel mio sdegno: *
Non entreranno nel luogo del mio riposo » (Ant.).

Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen (Ant.).

Inno
Verbo, splendore del Padre,
nella pienezza dei tempi
tu sei disceso dal cielo,
per redimere il mondo.

Il tuo Vangelo di pace
ci liberi da ogni colpa,
infonda luce alle menti,
speranza ai nostri cuori.

Quando verrai come giudice,
fra gli splendori del cielo,
accoglici alla tua destra
nell’assemblea dei beati.

Sia lode al Cristo Signore,
al Padre e al Santo Spirito,
com’era nel principio,
ora e nei secoli eterni. Amen.

Oppure:
Legis sacrátæ sanctis cæremóniis
subiéctus omnis cálamo Mosáico
dignátur esse, qui regit perfúlgidos
in arce Patris órdines angélicos,
cælúmque, terram fundávi ac Mária.

Mater beáta carnis sub velámine
Deum ferébat úmeris castíssimis,
dúlcia strictis óscula sub lábiis
Deíque veri hominísque imprésserat
ori, iubénte quo sunt cuncta cóndita.

Hic lumen ardens géntium in óculis,
glória plebis Israélis gérminis;
pósitus hic est in ruínam scándali
et in salútem populórum ómnium,
donec secréta reveléntur córdium.

Glória Patri per imménsa sæcula,
sit tibi, Nate, decus et impérium,
honor, potéstas Sanctóque Spirítui:
sit Trinitáti salus indivídua
per infiníta sæculórum sæcula. Amen.

1^ Antifona
Egli sarà per molti in Israele
rovina o salvezza.

SALMO 2
Perché le genti congiurano *
perché invano cospirano i popoli?

Insorgono i re della terra †
e i principi congiurano insieme *
contro il Signore e contro il suo Messia:

«Spezziamo le loro catene, *
gettiamo via i loro legami».

Se ne ride chi abita i cieli, *
li schernisce dall’alto il Signore.

Egli parla loro con ira, *
li spaventa nel suo sdegno:
«Io l’ho costituito mio sovrano *
sul Sion mio santo monte».

Annunzierò il decreto del Signore. †
Egli mi ha detto: «Tu sei mio figlio, *
io oggi ti ho generato.

Chiedi a me, ti darò in possesso le genti *
e in dominio i confini della terra.
Le spezzerai con scettro di ferro, *
come vasi di argilla le frantumerai».

E ora, sovrani, siate saggi *
istruitevi, giudici della terra;
servite Dio con timore *
e con tremore esultate;

che non si sdegni *
e voi perdiate la via.
Improvvisa divampa la sua ira. *
Beato chi in lui si rifugia.

Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen.

1^ Antifona
Egli sarà per molti in Israele
rovina o salvezza.

2^ Antifona
Alzati e risplendi, Gerusalemme:
è giunta la tua luce,
viene su di te la gloria del Signore.

SALMO 18 A
I cieli narrano la gloria di Dio, *
e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento.
Il giorno al giorno ne affida il messaggio *
e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Non è linguaggio e non sono parole *
di cui non si oda il suono.
Per tutta la terra si diffonde la loro voce *
e ai confini del mondo la loro parola.

Là pose una tenda per il sole †
che esce come sposo dalla stanza nuziale, *
esulta come prode che percorre la via.

Egli sorge da un estremo del cielo †
e la sua corsa raggiunge l’altro estremo: *
nulla si sottrae al suo calore.

Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen.

2^ Antifona
Alzati e risplendi, Gerusalemme:
è giunta la tua luce,
viene su di te la gloria del Signore.

3^ Antifona
Godi e rallegrati, popolo di Dio:
viene il tuo re, mite e salvatore.

SALMO 44
Effonde il mio cuore liete parole, †
io canto al re il mio poema. *
La mia lingua è stilo di scriba veloce.

Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, †
sulle tue labbra è diffusa la grazia, *
ti ha benedetto Dio per sempre.

Cingi, prode, la spada al tuo fianco, †
nello splendore della tua maestà ti arrida la sorte, *
avanza per la verità, la mitezza e la giustizia.

La tua destra ti mostri prodigi: †
le tue frecce acute
colpiscono al cuore i tuoi nemici; *
sotto di te cadono i popoli.

Il tuo trono, Dio, dura per sempre; *
è scettro giusto lo scettro del tuo regno.

Ami la giustizia e l’empietà detesti: †
Dio, il tuo Dio ti ha consacrato *
con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali.

Le tue vesti son tutte mirra, aloè e cassia, *
dai palazzi d’avorio ti allietano le cetre.
Figlie di re stanno tra le tue predilette; *
alla tua destra la regina in ori di Ofir.

Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio, *
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;
al re piacerà la tua bellezza. *
Egli è il tuo Signore: prostrati a lui.

Da Tiro vengono portando doni, *
i più ricchi del popolo cercano il tuo volto.

La figlia del re è tutta splendore, *
gemme e tessuto d’oro è il suo vestito.

E’ presentata al re in preziosi ricami; *
con lei le vergini compagne a te sono condotte;
guidate in gioia ed esultanza, *
entrano insieme nel palazzo regale.

Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli; *
li farai capi di tutta la terra.

Farò ricordare il tuo nome *
per tutte le generazioni,
e i popoli ti loderanno *
in eterno, per sempre.

Gloria al Padre e al Figlio *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre, *
nei secoli dei secoli. Amen.

3^ Antifona
Godi e rallegrati, popolo di Dio:
viene il tuo re, mite e salvatore.

Versetto
V. Meditiamo il tuo amore, o Dio,
R. nell’interno del tuo tempio.

Prima Lettura
Dal libro dell’Esodo 13, 1-3a. 11-16

Consacrazione del primogenito
In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Consacrami ogni primogenito, il primo parto di ogni madre tra gli Israeliti — di uomini o di animali —: esso appartiene a me».
Mosè disse al popolo: «Quando il Signore ti avrà fatto entrare nel paese del Cananeo, come ha giurato a te e ai tuoi padri, e te lo avrà dato in possesso, tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del bestiame, se di sesso maschile, appartiene al Signore.
Riscatterai ogni primo parto dell’asino mediante un capo di bestiame minuto; se non lo riscatti, gli fiaccherai il collo. Riscatterai ogni primo parto dell’uomo tra i tuoi figli. Quando tuo figlio domani ti chiederà: Che significa ciò?, tu gli risponderai: Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall’Egitto, dalla condizione servile. Poiché il faraone si ostinava a non lasciarci partire, il Signore ha ucciso ogni primogenito nel paese d’Egitto, i primogeniti degli uomini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo frutto del seno materno, se di sesso maschile, e riscatto ogni primogenito dei miei figli. Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un ornamento fra i tuoi occhi, per ricordare che con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall’Egitto».

Responsorio Cfr. Lc 2, 28
R. Adorna, o Sion, la stanza per le nozze, accogli Cristo tuo Signore. * Maria lo concepì vergine, lo partorì vergine; vergine dopo il parto, adorò colui che aveva generato.
V. Simeone prese il bambino tra le braccia e benedisse il Signore.
R. Maria lo concepì vergine, lo partorì vergine; vergine dopo il parto, adorò colui che aveva generato.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di san Sofronio, vescovo
(Disc. 3, sull’«Hypapante» 6, 7; PG 87, 3, 3291-3293)

Accogliamo la luce viva ed eterna
Noi tutti che celebriamo e veneriamo con intima partecipazione il mistero dell’incontro del Signore, corriamo e muoviamoci insieme in fervore di spirito incontro a lui. Nessuno se ne sottragga, nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola. Accresciamo anzi lo splendore dei ceri per significare il divino fulgore di lui che si sta avvicinando e grazie al quale ogni cosa risplende, dopo che l’abbondanza della luce eterna ha dissipato le tenebre della caligine. Ma le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell’anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo. Come infatti la Madre di Dio e Vergine intatta portò sulle braccia la vera luce e si avvicinò a coloro che giacevano nelle tenebre, così anche noi, illuminati dal suo chiarore e stringendo tra le mani la luce che risplende dinanzi e tutti, dobbiamo affrettarci verso colui che è la vera luce.
La luce venne nel mondo (cfr. Gv 1, 9) e, dissipate le tenebre che lo avvolgevano, lo illuminò. Ci visitò colui che sorge dall’alto (cfr. Lc 1, 78) e rifulse a quanti giacevano nelle tenebre. Per questo anche noi dobbiamo ora camminare stringendo le fiaccole e correre portando le luci. Così indicheremo che a noi rifulse la luce, e rappresenteremo lo splendore divino di cui siamo messaggeri. Per questo corriamo tutti incontro a Dio. Ecco il significato del mistero odierno.
La luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cfr. Gv 1, 9) è venuta. Tutti dunque, o fratelli, siamone illuminati, tutti brilliamo. Nessuno resti escluso da questo splendore, nessuno si ostini a rimanere immerso nel buio. Ma avanziamo tutti raggianti e illuminati verso di lui. Riceviamo esultanti nell’animo, col vecchio Simeone, la luce sfolgorante ed eterna. Innalziamo canti di ringraziamento al Padre della luce, che mandò la luce vera, e dissipò ogni tenebra, e rese noi tutti luminosi. La salvezza di Dio, infatti, preparata dinanzi a tutti i popoli e manifestata a gloria di noi, nuovo Israele, grazie a lui, la vedemmo anche noi e subito fummo liberati dall’antica e tenebrosa colpa, appunto come Simeone, veduto il Cristo, fu sciolto dai legami della vita presente.
Anche noi, abbracciando con la fede il Cristo che viene da Betlemme, divenimmo da pagani popolo di Dio. Egli, infatti, è la salvezza di Dio Padre. Vedemmo con gli occhi il Dio fatto carne. E proprio per aver visto il Dio presente fra noi ed averlo accolto con le braccia dello spirito, ci chiamiamo nuovo Israele. Noi onoriamo questa presenza nelle celebrazioni anniversarie, né sarà ormai possibile dimenticarcene.

Responsorio Cfr. Ez 43, 4. 5; Lc 2, 22
R. La gloria del Signore entrò nel tempio per la porta che guarda a oriente, * ed ecco la gloria riempiva il santuario.
V. I suoi genitori portarono il bambino Gesù al tempio:
R. ed ecco la gloria riempiva il santuario.

Inno TE DEUM
Noi ti lodiamo, Dio *
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, *
tutta la terra ti adora.

A te cantano gli angeli *
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo *
il Signore Dio dell’universo.

I cieli e la terra *
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;

le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio, *
e lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria, *
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *
per la salvezza dell’uomo.

Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. *
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.

Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria *
nell’assemblea dei santi.

[*] Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.

Degnati oggi, Signore, *
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.

Pietà di noi, Signore, *
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, *
non saremo confusi in eterno.

[*] Quest’ultima parte dell’inno si può omettere.

Orazione
Dio onnipotente ed eterno guarda i tuoi fedeli riuniti nella festa della Presentazione al tempio del tuo unico Figlio fatto uomo, e concedi anche a noi di essere presentati a te pienamente rinnovati nello spirito. Per il nostro Signore.

R. Amen.
Benediciamo il Signore.
R. Rendiamo grazie a Dio.

SOLENNITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA – UFFICIO DELLE LETTURE – 24 GIUGNO 2013

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UFFICIO DELLE LETTURE – 24 GIUGNO  2013

SOLENNITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Prima Lettura
Dal libro del profeta Geremia 1, 4-10. 17-19

Vocazione del profeta
Mi fu rivolta la parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni».
Risposi: «Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane».
Ma il Signore mi disse: «Non dire: Sono giovane,
ma và da coloro a cui ti manderò
e annunzia ciò che io ti ordinerò.
Non temerli,
perché io sono con te per proteggerti».
Oracolo del Signore.
Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca
e il Signore mi disse:
«Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca.
Ecco, oggi ti costituisco
sopra i popoli e sopra i regni
per sradicare e demolire,
per distruggere e abbattere,
per edificare e piantare».
Tu, dunque, cingiti i fianchi,
alzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti alla loro vista,
altrimenti ti farò temere davanti a loro.
Ed ecco oggi io faccio di te
come una fortezza,
come un muro di bronzo
contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese.
Ti muoveranno guerra ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti».

Responsorio   Cfr. Ger 1, 5. 9. 10
R. Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, io ti avevo consacrato; * ti ho stabilito profeta delle nazioni.
V. Ecco, ho messo le mie parole sulla bocca; oggi ti ho costituito sopra i popoli e sopra i regni;
R. ti ho stabilito profeta delle nazioni.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 293, 1-3; PL 38, 1327-1328)

Voce di chi grida nel deserto
La Chiesa festeggia la natività di Giovanni, attribuendole un particolare carattere sacro. Di nessun santo, infatti, noi celebriamo solennemente il giorno natalizio; celebriamo invece quello di Giovanni e quello di Cristo. Giovanni però nasce da una donna avanzata in età e già sfiorita. Cristo nasce da una giovinetta vergine. Il padre non presta fede all’annunzio sulla nascita futura di Giovanni e diventa muto. La Vergine crede che Cristo nascerà da lei e lo concepisce nella fede.
Sembra che Giovanni sia posto come un confine fra due Testamenti, l’Antico e il Nuovo. Infatti che egli sia, in certo qual modo, un limite lo dichiara lo stesso Signore quando afferma: «La Legge e i Profeti fino a Giovanni» (Lc 16, 16). Rappresenta dunque in sé la parte dell’Antico e l’annunzio del Nuovo. Infatti, per quanto riguarda l’Antico, nasce da due vecchi. Per quanto riguarda il Nuovo, viene proclamato profeta già nel grembo della madre. Prima ancora di nascere, Giovanni esultò nel seno della madre all’arrivo di Maria. Già da allora aveva avuto la nomina, prima di venire alla luce. Viene indicato già di chi sarà precursore, prima ancora di essere da lui visto. Questi sono fatti divini che sorpassano i limiti della pochezza umana. Infine nasce, riceve il nome, si scioglie la lingua del padre. Basta riferire l’accaduto per spiegare l’immagine della realtà.
Zaccaria tace e perde la voce fino alla nascita di Giovanni, precursore del Signore, e solo allora riacquista la parola. Che cosa significa il silenzio di Zaccaria se non la profezia non ben definita, e prima della predicazione di Cristo ancora oscura? Si fa manifesta alla sua venuta. Diventa chiara quando sta per arrivare il preannunziato. Il dischiudersi della favella di Zaccaria alla nascita di Giovanni è lo stesso che lo scindersi del velo nella passione di Cristo. Se Giovanni avesse annunziato se stesso non avrebbe aperto la bocca a Zaccaria. Si scioglie la lingua perché nasce la voce. Infatti a Giovanni, che preannunziava il Signore, fu chiesto: «Chi sei tu?» (Gv 1, 19). E rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1, 23). Voce è Giovanni, mentre del Signore si dice: «In principio era il Verbo» (Gv 1, 1). Giovanni è voce per un po’ di tempo; Cristo invece è il Verbo eterno fin dal principio.

VII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO – UFFICIO DELLE LETTURE -LUNEDÌ -(molto San Paolo)

http://www.maranatha.it/Ore/ord/LetLun/07LUNpage.htm

VII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO – LUNEDÌ -(molto San Paolo)

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dalle «Omelie sull’Ecclesiaste» di san Gregorio di Nissa, vescovo
(Om. 5; PG 44, 683-686)

Il saggio ha gli occhi in fronte
Se l’anima solleverà gli occhi verso il suo capo, che è Cristo, come dichiara Paolo, dovrà ritenersi felice per la potenziata acutezza della sua vista, perché terrà fissi gli occhi là dove non vi è l’oscurità del male.
Il grande apostolo Paolo, e altri grandi come lui, avevano «gli occhi in fronte» e così pure tutti coloro che vivono, che si muovono e sono in Cristo.
Colui che si trova nella luce non vede tenebre, così colui che ha il suo occhio fisso in Cristo, non può contemplare che splendore. Con l’espressione «occhi in fronte», dunque, intendiamo la mira puntata sul principio di tutto, su Cristo, virtù assoluta e perfetta in ogni sua parte, e quindi sulla verità, sulla giustizia, sull’integrità; su ogni forma di bene. Il saggio dunque ha gli occhi in fronte, ma lo stolto cammina nel buio (Qo 2, 14). Chi non pone la lucerna sul candelabro, ma sotto il letto, fa sì che per lui la luce divenga tenebra. Quanti si dilettano di realtà perenni e di valori autentici sono ritenuti sciocchi da chi non ha la vera sapienza. E` in questo senso che Paolo si diceva stolto per Cristo. Egli nella sua santità e sapienza non si occupava di nessuna di quelle vanità, da cui noi spesso siamo posseduti interamente. Dice infatti: Noi stolti a causa di Cristo (1 Cor 4, 10) come per dire: Noi siamo ciechi di fronte a tutte quelle cose che riguardano la caducità della vita, perché fissiamo l’occhio verso le cose di lassù. Per questo egli era un senza tetto, non aveva una sua mensa, era povero, errabondo, nudo, provato dalla fame e dalla sete.
Chi non lo avrebbe ritenuto un miserabile, vedendolo in catene, percosso o oltraggiato? Egli era un naufrago trascinato dai flutti in alto mare e portato da un luogo all’altro, incatenato. Però, benché apparisse tale agli uomini, non distolse mai i suoi occhi da Cristo, ma li tenne sempre rivolti al capo dicendo: «Chi ci separerà dalla carità che è in Cristo Gesù? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?«» (cfr. Rm 8, 35). Vale a dire: Chi mi strapperà gli occhi dalla testa? Chi mi costringerà a guardare ciò che è vile e spregevole?
Anche a noi comanda di fare altrettanto quando prescrive di gustare le cose di lassù (cfr. Col 3, 1-2) cioè di tenere gli occhi sul capo, vale a dire su Cristo.

Responsorio   Cfr. Sal 122, 2; Gv 8, 12
R. Ecco, come gli occhi dei servi sono rivolti alla mano dei padroni. * I nostri occhi al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi.
V. Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.
R. I nostri occhi al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi.

COMMENTO ESEGETICO DELLE LETTURE BIBLICHE DELLA II DOMENICA DI QUARESIMA

http://www.donbosco-torino.it/ita/Domenica/03-annoC/annoC/09-10/03-Quaresima-C_10/Omelie/02-Domenica-FM.html

TEMPO DI QUARESMIA -  ANNO LITURGICO C   / 2a Domenica di quaresima

COMMENTO ESEGETICO DELLE LETTURE BIBLICHE   

Introduzione:
La Prima lettura delle cinque domeniche di Quaresima disegna un percorso lungo l’intera storia biblica, dalla creazione ai patriarchi a Davide ai profeti. Questo itinerario biblico, che sarà ripercorso nella grande Veglia pasquale, tende alla Pasqua di Cristo, piena rivelazione e compimento del disegno salvifico di Dio. La Seconda lettura e i brani del Vangelo propongono a loro volta un itinerario cristologico. Nella seconda domenica di Quaresima il vangelo della Trasfigurazione ci fa contemplare in anticipo il mistero della morte e della glorificazione di Gesù.
1a LETTURA:  Dio stipula l’alleanza con Abramo fedele (Gn 15,5-12.17-18)
Salmo Responsoriale : (Sal 26) Rit. Il Signore è mia luce e mia salvezza
2a LETTURA:   Cristo ci configurerà al suo corpo glorioso (Fil 3,17-4,1)
Canto al Vangelo:  Lode e onore a te, Signore Gesù
VANGELO: Mentre Gesù pregava, il suo volto cambiò d’aspetto (Lc 9,28b-36)
Commento esegetico

PRIMA LETTURA (GN 15,5-12.17-18).
Una delle tappe più importanti della storia biblica è l’alleanza con Abramo. Preceduta dall’alleanza con Noè e approfondita dal patto del Sinai, essa prefigura e prepara la nuova ed eterna alleanza realizzata per mezzo del sacrificio di Cristo.
Con la chiamata di Abramo (Gn 12,1-9) Dio inizia una fase nuova della storia della salvezza. Essa è accompagnata da una « benedizione »: « in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra ». La promessa della discendenza (« Farò di te un grande popolo ») si completa con una seconda promessa: « Tutto il paese che tu vedi lo darò a te e alla tua discendenza per sempre » (13,15). Rispondendo ad Abramo, che si lamenta di non avere figli, il Signore gli assicura un erede: « Guarda in cielo e conta le stelle… Tale sarà la tua discendenza » (v. 5): il dono di Dio è totalmente gratuito e supera le sue attese. Abramo « credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia » (v. 6): la fede di Abramo nella parola di Dio ne fa un modello sia per gli ebrei (cf. Sir 50,20) sia per i cristiani (cf. Gal 3; Rm 4; Eb 11,8-19). E, poiché egli chiede: « Come potrò sapere che avrò il possesso [della terra promessa]? », il Signore risponde con un solenne giuramento all’interno di una visione simbolica (vv. 7-19), che drammatizza l’alleanza tra Dio e il patriarca.
Nel c. 17 della Genesi si legge una nuova versione dell’alleanza. Apparendo ad Abramo, il Signore gli dice: « Ecco, la mia alleanza è con te e sarai padre di una moltitudine di popoli… Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te ». Segno dell’alleanza sarà la circoncisione, che distinguerà la stirpe di Abramo dai popoli vicini.
Paolo interpreta la vicenda del patriarca dal punto di vista cristiano: figli di Abramo sono « quelli che camminano sulle orme della fede del nostro padre Abramo » (Rm 4,12), « il quale è padre di tutti noi… che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù nostro Signore » (Rm 4,12.16.24; cf. Gal 3,7). Così, l’alleanza con Abramo non riguarda solamente Israele « secondo la carne » (cf. 1 Cor 10,18), ma « tutto l’Israele di Dio » (cf. Gal 6,16).

LA SECONDA LETTURA (FIL 3,17-4,1)
è un preannuncio della Pasqua di risurrezione. Paolo sta polemizzando con predicatori cristiani giudaizzanti, i quali vogliono imporre la circoncisione ai gentili che hanno abbracciato la fede. Alla « giustizia derivante dalla Legge » egli contrappone la « giustizia che viene da Dio, basata sulla fede » e, a questo riguardo, ricorda la propria conversione. In questo senso invita tutti a seguire il suo esempio (« fatevi… miei imitatori »; cf. 3,17; 1 Cor 4,16; 11,1). Molti, invece, « si comportano da nemici della croce di Cristo ». L’Apostolo non sta parlando di non credenti, bensì di coloro che la « rendono vana » con l’esigere la circoncisione e l’osservanza della Torà. Più volte egli ha messo in guardia da questo errore; ora ripete il suo monito « con le lacrime agli occhi ». Rincarando la dose, aggiunge che i falsi maestri hanno per dio « il ventre », con riferimento probabilmente alle osservanze alimentari giudaiche (cf. Rm 14,1ss), ma potrebbe anche alludere a licenze sessuali (« si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi »). In ogni caso, i nemici della croce di Cristo « non pensano che alle cose della terra »; la loro sorte finale sarà « la perdizione » eterna.
In contrasto con tale atteggiamento, Paolo indirizza gli sguardi al futuro ultimo, che sotto un certo aspetto è già presente per i credenti: « La nostra cittadinanza… è nei cieli », la dimora di Dio, che un giorno sarà anche la nostra « dimora eterna » (Fil 3,14; cf. 2 Cor 5,1). Veri cittadini della città terrena (cf. Fil 1,27), nello stesso tempo i cristiani appartengono a quella celeste e, di conseguenza, si considerano « stranieri e pellegrini » in questo mondo (cf. 1 Pt 2,11; Eb 11,13). La tensione verso la patria celeste si manifesta nell’attesa della Parusìa, quando il Signore Gesù dal cielo come salvatore. Allora Cristo risorto, « primizia di coloro che sono morti » (1 Cor 15,20), porterà con sé quanti gli appartengono (cf. 1 Ts 4,14-17) e « trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso » (1 Cor 15,51-53; Rm 8,23). « In virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose » (cf. 1 Cor 15,25-26), egli ci farà pienamente partecipi della sua risurrezione.

VANGELO (LC 9,28B-36).
La trasfigurazione di Gesù sul monte rivela la sua identità, confermando la confessione messianica di Pietro, e anticipa la gloria della risurrezione e quella che si manifesterà nel suo ritorno glorioso.
Luca ne precisa il contesto: Gesù è in preghiera. Ha preso con sé tre discepoli che gli sono particolarmente vicini (cf. 8,51). Il suo aspetto, come trasformato, e le vesti sfolgoranti sono quelli di un essere celeste, o a diretto contatto con Dio (cf. Es 34,29s: Mosè nella tenda del convegno). Accanto a Gesù compaiono due personaggi: Mosè ed Elia – che rappresentano la Legge e i Profeti – i quali conversano con lui. Tema del dialogo, precisa Luca, è « il suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme ». Esso certamente consiste nella morte, ma si concluderà con l’ingresso di Gesù « nel suo regno » (23,42). Benché « oppressi dal sonno », come accadrà nel giardino degli ulivi (22,45), a un certo punto i tre testimoni si destano e « videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui ». Galvanizzato dall’esperienza, ma non senza ingenuità, Pietro propone di erigere tre tende o capanne, com’è uso nella festa di Sukkôt (cf. Lv 23,39-43).
Sopraggiunge una vera e propria teofania: la presenza misteriosa di Dio si manifesta nella « nube » (cf. Es 24,18) e – come al battesimo (3,22) – si fa udire la sua « voce », che indica in Gesù « il mio figlio, l’eletto ». Il primo titolo ha una risonanza messianica (cf. Sal 2,7); il secondo richiama la figura isaiana del « servo di JHWH » (cf. Is 42,1; 49,7). Ingiungendo ai discepoli: « Ascoltatelo! », la voce di Dio conferma quanto Gesù ha detto di sé, ma altresì quanto ha insegnato e continuerà a insegnare loro. La straordinaria esperienza ha termine. Fedeli al precedente ordine di Gesù (9,21), i tre testimoni della sua gloria « in quei giorni non raccontarono nulla a nessuno di ciò che avevano visto ».

 D. FRANCESCO MOSETTO sdb

UFFICIO DELLE LETTURE 14 GENNAIO 2013

UFFICIO DELLE LETTURE 14 GENNAIO 2013

PRIMA LETTURA         

Dal libro del Siracide 1, 1-18
Il mistero della sapienza divina

Ogni sapienza viene dal Signore
ed è sempre con lui.
La sabbia del mare, le gocce della pioggia
e i giorni del mondo chi potrà contarli?
L’altezza del cielo, l’estensione della terra,
la profondità dell’abisso chi potrà esplorarle?
Prima di ogni cosa fu creata la sapienza
e la saggia prudenza è da sempre.
A chi fu rivelata la radice della sapienza?
Chi conosce i suoi disegni?
Uno solo è sapiente, molto terribile,
seduto sopra il trono.
Il Signore ha creato la sapienza;
l’ha vista e l’ha misurata,
l’ha diffusa su tutte le sue opere,
su ogni mortale, secondo la sua generosità,
l’ha elargita a quanti lo amano.
Il timore del Signore è gloria e vanto,
gioia e corona di esultanza.
Il timore del Signore allieta il cuore
e dà contentezza, gioia e lunga vita.
Per chi teme il Signore andrà bene alla fine,
sarà benedetto nel giorno della sua morte.
Principio della sapienza è temere il Signore;
essa fu creata con i fedeli nel seno materno.
Tra gli uomini essa ha posto il nido,
fondamento perenne;
resterà fedelmente con i loro discendenti.
Pienezza della sapienza è temere il Signore;
essa inebria di frutti i propri devoti.
Tutta la loro casa riempirà di cose desiderabili,
i magazzini dei suoi frutti.
Corona della sapienza è il timore del Signore;
fa fiorire la pace e la salute.
Dio ha visto e misurato la sapienza;
ha fatto piovere la scienza e il lume dell’intelligenza;
ha esaltato la gloria di quanti la possiedono.
Radice della sapienza è temere il Signore;
i suoi rami sono lunga vita.

RESPONSORIO         Sir 1, 5. 7. 8. 1

R. A chi è rivelata la radice della sapienza? Chi conosce i suoi disegni? Il Signore l’ha diffusa su ogni vivente, * e la dona a quanti lo amano.
V. Ogni sapienza viene dal Signore: è sempre con lui
R. e la dona a quanti lo amano.

SECONDA LETTURA         

Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa
(Capp. 59, 2 – 60, 4; 61, 3; Funk 1, 135-141)
Il Verbo di Dio che abita i cieli altissimi è fonte di sapienza

    Gesù Cristo, Figlio diletto di Dio, ci ha chiamati dalle tenebre alla luce, dall’ignoranza alla conoscenza del suo nome glorioso; perché possiamo operare nel suo nome, che è all’origine di ogni cosa creata.
    Per mezzo suo il creatore di tutte le cose conservi intatto il numero dei suoi eletti, che si trovano ovunque per il mondo. Ascolti la preghiera e la supplica che ora noi di cuore gli innalziamo:
    Tu hai aperto gli occhi del nostro cuore perché conoscessimo te solo, Altissimo, che abiti nei cieli altissimi, Santo tra i santi. Tu abbatti l’arroganza dei presuntuosi, disperdi i disegni dei popoli, esalti gli umili e abbatti i superbi, doni la ricchezza e la povertà, uccidi e fai vivere, benefattore unico degli spiriti e Dio di ogni carne (cfr. Is 57, 15; 13, 1; Sal 32, 10, ecc.).
    Tu scruti gli abissi, conosci le azioni degli uomini, aiuti quanti sono in pericolo, sei la salvezza di chi è senza speranza, il creatore e il vigile pastore di ogni spirito. Tu dai incremento alle nazioni della terra e tra tutte scegli coloro che ti amano per mezzo del tuo Figlio diletto Gesù Cristo, per opera del quale ci hai istruiti, santificati, onorati.
    Ti preghiamo, o Signore, sii nostro aiuto e sostegno. Libera quelli tra noi che si trovano nella tribolazione, abbi pietà degli umili, rialza i caduti, vieni incontro ai bisognosi, guarisci i malati, riconduci i traviati al tuo popolo. Sazia chi ha fame, libera i nostri prigionieri, solleva i deboli, da’ coraggio a quelli che sono abbattuti.
    Tutti i popoli conoscano che tu sei il Dio unico, che Gesù Cristo è tuo Figlio, e noi «tuo popolo e gregge del tuo pascolo» (Sal 78, 13).
    Tu con la tua azione ci hai manifestato il perenne ordinamento del mondo. Tu, o Signore, hai creato la terra e resti fedele per tutte le generazioni. Sei giusto nei giudizi, ammirabile nella fortezza, incomparabile nello splendore, sapiente nella creazione e provvido nella sua conservazione, buono in tutto ciò che vediamo e fedele verso coloro che confidano in te, o Dio benigno e misericordioso. Perdona a noi iniquità e ingiustizie, mancanze e negligenze.
    Non tener conto di ogni peccato dei tuoi servi e delle tue serve, ma purificaci nella purezza della tua verità e guida i nostri passi, perché camminiamo nella pietà, nella giustizia e nella semplicità del cuore, e facciamo ciò che è buono e accetto davanti a te e a quelli che ci guidano.
    O Signore e Dio nostro fa’ brillare il tuo volto su di noi perché possiamo godere dei tuoi beni nella pace, siamo protetti dalla tua mano potente, liberati da ogni peccato con la forza del tuo braccio eccelso, e salvati da coloro che ci odiano ingiustamente.
    Dona la concordia e la pace a noi e a tutti gli abitanti della terra, come le hai date ai nostri padri, quando ti invocavano piamente nella fede e nella verità. Tu solo, o Signore, puoi concederci questi benefici e doni più grandi ancora.
    Noi ti lodiamo e ti benediciamo per Gesù Cristo, sommo sacerdote e avvocato delle nostre anime. Per mezzo di lui salgano a te l’onore e la gloria ora, per tutte le generazioni e nei secoli dei secoli. Amen.

commento alla prima lettura, Brano biblico: 1Re 17,10-16 La farina e l’olio

http://www.qumran2.net/parolenuove/commenti.php?mostra_id=16590

commento alla prima lettura, Brano biblico: 1Re 17,10-16 La farina e l’olio

don Marco Pratesi 

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (08/11/2009)

Brano biblico: 1Re 17,10-16  

« Non ci sarà rugiada né pioggia in questi anni, se non alla mia parola » (17,1): sono parole di Elia al re Acab che, spinto dalla moglie Gezabele, ha organizzato in Israele il culto di Baal (= »Signore »), Dio siro-fenicio e cananeo della tempesta e quindi della fertilità (cf. 16,32-33). Il senso del gesto di Elia è chiaro: vediamo chi ha davvero in mano la pioggia, la fertilità, la vita! Siamo dunque in tempo di siccità e carestia. Per mettersi al sicuro, Elia si rifugia presso il torrente Cherith (cf. 17,2-6), ma quando anch’esso secca, riceve l’ordine di andare fuori da Israele, in Fenicia: qui Dio ha dato disposizione per il suo sostentamento. A chi? A una vedova, che a malapena riesce a provvedere a sé e al figlio. Scelta singolare! La vedova, pagana, è invitata a un atto di fede nella parola del Signore (che evidentemente le è stata rivolta prima) e del suo profeta (che ora le chiede da mangiare e da bere). Deve pensare prima all’uomo di Dio e solo dopo a sé e al figlio. Mentre il popolo di Dio non si fida del suo Signore e si affida a déi stranieri, questa donna straniera si fida del Signore e rischia tutto sulla parola del profeta (in analogo senso universalistico Gesù richiamerà questo passo, provocando una reazione di rigetto, cf. Lc 4,25-26). L’atto di fede produce il suo effetto, ma notiamo: la vedova non si trova in casa una montagna di farina né un orcio traboccante d’olio. Le rimane sempre e solo quel pugno di farina e quel po’ di olio, che però non si esauriscono. Ella – con lei il profeta – dipende momento per momento dalla provvidenza di Dio, senza potersi mai sentire garantita dal possesso di un’abbondante scorta.
L’idolatria produce sterilità, la fede vita, anche in situazioni difficili. Che cosa mi assicura la vita? A chi mi affido per sfuggire alla morte? Su questo si gioca la partita della vedova, di Elia, di Acab e di ogni uomo. Occorre imparare a fidarsi, a dipendere, non solo da Dio ma anche, in subordine a lui, dagli uomini. Esiste una dipendenza dagli uomini che è idolatria, ne esiste una che è fraternità. Se doveva operare un miracolo, Elia non avrebbe potuto provvedere da sé al proprio sostentamento? Ma gli uomini di Dio non fanno miracoli a proprio vantaggio. Egli deve dipendere dalla vedova e dal suo atto di fede e di amore. E per quale motivo Dio deve andare a chiedere aiuto proprio a una vedova nullatenente piuttosto che a un ricco? Ella deve imparare a fidarsi di Dio e della sua parola, di cui il profeta è portatore, dando così una severa lezione a Israele, che invece va a cercarsi Baal come protettore. La vera fecondità, la vitalità piena, si dà solo nel dono, che si esprime prima di tutto attraverso la fiducia accordata al Signore; e che si concretizza a sua volta nell’accettazione della dipendenza dagli altri come strumenti della cura di Dio, e nella disponibilità a essere di quella medesima cura strumento per gli altri.

9 NOVEMBRE: DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE (f), UFFICIO DELLE LETTURE

http://www.maranatha.it/Ore/solenfeste/1109letPage.htm

9 NOVEMBRE: DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE (f)

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla prima lettera di san Pietro, apostolo 2, 1-17

L’edificio spirituale fatto di pietre vive
Carissimi, deposta ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie, e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: se davvero avete già gustato come è buono il Signore (Sal 33, 9). Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo. Si legge infatti nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chi crede in essa non resterà confuso (Is 28,16).
Onore dunque a voi che credete; ma per gli increduli la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra angolare, sasso d’inciampo e pietra di scandalo (Sal 117, 22; Is 8, 14).
Loro v’inciampano perché non credono alla parola; a questo sono stati destinati, Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce (Es 19, 6; Is 43, 20.21); voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia (Os 1,9.6).
Carissimi, io vi esorto, come stranieri e pellegrini, ad astenervi dai desideri della carne che fanno guerra all’anima. La vostra condotta tra i pagani sia irreprensibile, perché mentre vi calunniano come malfattori, al vedere le vostre buone opere, giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio.
State sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore: sia al re come sovrano, sia ai governatori come ai suoi inviati per punire i malfattori e premiare i buoni. Perché questa è la volontà di Dio: che, operando il bene, voi chiudiate la bocca all’ignoranza degli stolti. Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di Dio.
Onorate tutti, amate i vostri fratelli, temete Dio, onorate il re.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di san Cesario di Arles, vescovo
(Disc. 229, 1-3; CCL 104,905-908)

Con il battesimo siamo tutti diventati tempio di Dio
Con gioia e letizia celebriamo oggi, fratelli carissimi, il giorno natalizio di questa chiesa: ma il tempio vivo e vero di Dio dobbiamo esserlo noi. Questo è vero senza dubbio. Tuttavia i popoli cristiani usano celebrare la solennità della chiesa matrice, poiché sanno che è proprio in essa che sono rinati spiritualmente.
Per la prima nascita noi eravamo coppe dell’ira di Dio; la seconda nascita ci ha resi calici del suo amore misericordioso. La prima nascita ci ha portati alla morte; la seconda ci ha richiamati alla vita. Prima del battesimo tutti noi eravamo, o carissimi, tempio del diavolo. Dopo il battesimo abbiamo meritato di diventare tempio di Cristo. Se rifletteremo un po’ più attentamente sulla salvezza della nostra anima, non avremo difficoltà a comprendere che siamo il vero e vivo tempio di Dio. «Dio non dimora in templi costruiti dalle mani dell’uomo» (At 17, 24), o in case fatte di legno e di pietra, ma soprattutto nell’anima creata a sua immagine per mano dello stesso Autore delle cose. Il grande apostolo Paolo ha detto: «Santo è il tempio di Dio che siete voi» (1 Cor 3, 17). Poiché Cristo con la sua venuta ha cacciato il diavolo dal nostro cuore per prepararsi un tempio dentro di noi, cerchiamo di fare, col suo aiuto, quanto è in nostro potere, perché questo tempio non abbia a subire alcun danno per le nostre cattive azioni. Chiunque si comporta male, fa ingiuria a Cristo. Prima che Cristo ci redimesse, come ho già detto, noi eravamo abitazione del diavolo. In seguito abbiamo meritato di diventare la casa di Dio, solo perché egli si è degnato di fare di noi la sua dimora.
Se dunque, o carissimi, vogliamo celebrare con gioia il giorno natalizio della nostra chiesa, non dobbiamo distruggere con le nostre opere cattive il tempio vivente di Dio. Parlerò in modo che tutti mi possano comprendere: tutte le volte che veniamo in chiesa, riordiniamo le nostre anime così come vorremmo trovare il tempio di Dio. Vuoi trovare una basilica tutta splendente? Non macchiare la tua anima con le sozzure del peccato. Se tu vuoi che la basilica sia piena di luce, ricordati che, anche Dio vuole che nella tua anima non vi siano tenebre. Fa’ piuttosto in modo che in essa, come dice il Signore, risplenda la luce, delle opere buone, perché sia glorificato colui che sta nei cieli. Come tu entri in questa chiesa, così Dio vuole entrare nella tua anima. Lo ha affermato egli stesso quando ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò (cfr. Lv 26, 11.12).

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