OMELIA NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO
Dal Vangelo secondo Matteo 16,13-19
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
La solennità di San Pietro e San Paolo ricorda due autentici pilastri della Chiesa e araldi coraggiosi del Vangelo i quali, provenendo da percorsi diversi, si sono riuniti nell’unica Chiesa di Cristo e subirono il martirio nella Città Eterna. Si tratta di una delle feste più antiche dell’anno liturgico inserita nel Calendario già nel IV secolo, come testimonia la “Depositio martyrum” (354). Attraverso il loro martirio, essi sono diventati fratelli; con la loro testimonianza essi costituiscono il fondamento della nostra fede nel Signore Gesù; insieme sono i fondatori della nuova Roma cristiana. Anche per questo la Chiesa Cattolica celebra la solennità degli Apostoli Pietro e Paolo come unica festa nello stesso giorno, il 29 giugno.
Secondo un’antica tradizione sulla via Ostiense nell’Urbe, a pochi metri della Basilica di san Paolo fuori le Mura, avvenne l’ultimo incontro tra Pietro e Paolo poi separati, per essere avviati al martirio. San Pietro venne condotto nell’antico circo neroniano, che all’epoca sorgeva dove ora è Piazza san Pietro, per essere crocifisso. San Paolo venne condotto “ad aquas salvias”, nell’attuale zona delle Tre Fontane, per essere decapitato.
Il Vangelo presenta la confessione di Pietro a Cesarea di Filippi, ove Simone figlio di Giovanni riconobbe in Gesù il Figlio di Dio e parimenti l’affidamento della Chiesa da parte di Gesù alla custodia premurosa di Pietro, su cui Gesù stesso fondò la sua Chiesa. Simone fu chiamato da Gesù mentre riassettava le reti sulle rive del mare di Galilea. Era un semplice pescatore che svolgeva il suo lavoro, talora molto pesante. Non appena il Giovane Rabbi di Nazareth lo chiamò a diventare pescatore di uomini e non di pesci, « subito lasciate le reti, lo seguì ». Fu il primo tra gli apostoli di Gesù a proclamare: « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente ». Non fu il pescatore di Galilea a proclamare di sua iniziativa questa verità, ma fu lo Spirito di Dio che, illuminandolo, gli fece pronunciare quelle parole. E Gesù lo sottolineò: «Né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli».
La fede professata da Simone costituì il fondamento della Chiesa. Gesù, infatti, scelse Pietro come il punto riferimento per la fede e la vita religiosa dei suoi discepoli. « Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa ». L’icona della pietra è una immagine utilizzata sia per indicare saldezza e stabilità sia per suggerire l’idea dell’edificio. I Salmi ricorrono spesso alla solidità della pietra per indicare il Signore come fondamento sicuro del suo popolo; su di lui Israele e ogni credente possono sempre contare. Il Signore è la pietra, la rupe, la roccia di difesa su cui il popolo si appoggia per vivere sicuro e per rimanere saldo nella fedeltà anche in mezzo a prove e pericoli.
Nel Vangelo di Matteo Gesù attribuisce a se stesso l’immagine della pietra che, scartata dai costruttori era diventata testata d’angolo (cfr. Mt 21, 42). Questa medesima icona Gesù la applica anche a Simone, figlio di Giovanni, al quale cambia il nome in « Kefa », cioè « pietra di fondazione » che assicura la solidità dell’edificio, roccia, sulla quale egli intende edificare la « sua » Chiesa: “su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. La Chiesa è di Cristo! Egli la custodisce con la potenza dello Spirito Santo, perché le forze del male non prevalgano. A Pietro affida il compito di essere segno visibile di unità nella fede e nella carità e il mandato di confermare i fratelli nella fede: « Io ho pregato per te che la tua fede non venga meno. Per cui conferma i tuoi fratelli. Tra gli apostoli, testimoni oculari della vita, delle parole e delle opere di Gesù, scelti e inviati da Lui per essere suoi testimoni e maestri nel suo nome, Pietro per volontà espressa di Cristo occupa un posto e un significato specialissimo. Gli apostoli riconobbero a Pietro il ministero della presidenza su tutti loro. Dopo che Gesù ascese al cielo, Pietro guidò la vita e le attività dei Dodici.
Dopo aver annunciato il Vangelo a Gerusalemme, Pietro andò ad Antiochia e poi a Roma. Roma era il centro del mondo allora conosciuto. Situarsi a Roma fu un modo per esprimere l’universalità del vangelo di Gesù e di incoraggiare la diffusione del cristianesimo in tutto il mondo. Ci sono testimonianze assai antiche secondo le quali i Vescovi di tutto il mondo si sono sentiti legati alla tradizione romana cristiana. L’impronta di Pietro ha dato alla Chiesa di Roma il ruolo di essere riferimento per tutte le altre Chiese, garanzia di autenticità e di unità cattolica della fede e della vita di tutti i cristiani. Pietro è testimone, fondamento e pietra ferma e forte della fede di tutti i credenti: è la roccia su cui Gesù edificò la sua Chiesa, il fondamento dell’unità nella comunità di fede dei credenti.
Accanto alla figura di Pietro si staglia quella altrettanto gigantesca di Paolo che per amore di Gesù il Signore e per la sua causa ha affrontato ogni sorta di disagio: persecuzioni, percosse, lapidazioni, naufragi, pericoli da ogni parte, digiuni, freddo e nudità (cfr. 2 Cor 11, 24-29). La Chiesa unisce oggi “in gioiosa fraternità i due santi apostoli: Pietro, che per primo confessò la fede nel Cristo, Paolo, che illuminò le profondità del mistero; il pescatore di Galilea, che costituì la prima comunità con i giusti di Israele, il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti”. Scrisse sant’Agostino: “Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch’essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, tuttavia, erano una cosa sola in Cristo”.
Dell’apostolo Paolo si conosce molto, ma non la data della sua nascita; si ritiene, tuttavia che essa sia avvenuta tra l’anno 5 e il 10 dopo Cristo. Gli Atti degli Apostoli narrano che il giovane Saulo di Tarso fu tra coloro che lapidarono Stefano; infatti faceva la guardia ai mantelli dei lapidatori. In seguito fu zelante nel combattere la giovane comunità cristiana per la cui persecuzione si fece addirittura autorizzare. Egli non fu discepolo di Gesù, non l’aveva né ascoltato parlare né visto compiere guarigioni, ma il suo ministero instancabile ebbe inizio con l’incontro con il Signore risorto sulla via di Damasco. Il Vangelo predicato da Anania gli aprì il cuore e gli occhi. Da quel primo incontro iniziò una vita nuova a totale servizio del Vangelo. Paolo predicò, prima agli ebrei e poi ai pagani, fondando molte comunità.
Dalle sue 13 lettere traspare il fascino e la bellezza di una vita completamente consegnata a Cristo, un annuncio potente di salvezza universale destinata a tutti coloro che si lasciano amare dalla misericordia e dalla tenerezza di Dio Padre.
Nella lettera indirizzata al discepolo Timoteo è contenuto « il testamento spirituale » dell’Apostolo delle Genti, l’unico passo che si riferisce a lui stesso. Egli intravede ormai vicina l’offerta della sua vita a quel Cristo che ha amato immensamente e anche la modalità in cui questa avverrà: il martirio. “E’ giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno”. Con tale ammissione Paolo afferma di essere rimasto un credente nonostante le avversità della vita, e fa vedere che la perseveranza nella fede non è mai scontata per nessuno.
Cari Amici
La festa degli Apostoli Pietro e Paolo è insieme una grata memoria dei grandi testimoni di Gesù Cristo e una solenne confessione in favore della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. La Chiesa da sempre li ha voluti ricordare assieme, quasi a voler comporre in unità la loro testimonianza. San Pietro e san Paolo, con le loro diverse ricchezze, con il loro personale carisma, hanno edificato un’unica Chiesa. Facciamo nostro l’invito di sant’Agostino: “Celebriamo questo giorno di festa, consacrato per noi dal sangue degli apostoli; amiamone la fede, la vita, le fatiche, le sofferenze, la testimonianza e la predicazione.” (dai Discorsi)
C’è una provocazione anche per noi nel brano di vangelo. La domanda di Gesù arriva oggi fino a me: “Tu chi dici che io sia?”. Come a dire: Cosa pensi di me? In che rapporto stai con me? Per te io chi sono? Che senso ha la mia presenza nella tua vita? Cosa immetto nella tua vita? Queste domande devono arrivare ai nostri orecchi con la stessa forza e passione con cui uscirono dalle labbra del Maestro, deve ferire, deve aprire un varco nelle nostre piccole sicurezze, provocare un ripensamento della fede e suscitare la conversione. Ma sono domande alle quali siamo chiamati a rispondere personalmente con la vita. Non possiamo più rifugiarci dietro ad opinioni di altri. Gesù vuole la nostra risposta personale. La Sua domanda esigente ci scuote, ci assedia perché possiamo liberare il nostro cuore dalle ombre che ci impediscono di esprimere dal profondo una consapevolezza di intima e personale relazione con Lui. Dobbiamo prendere posizione personalmente nei suoi confronti. Se siamo cristiani dobbiamo impegnarci sempre più a conoscere e amare Cristo Gesù e in pari tempo portarne l’insegnamento sulle strade degli uomini e della storia e a testimoniarlo con coerenza, audacia e coraggio. Come gli apostoli Pietro e Paolo tutti i battezzati sono chiamati alla testimonianza. Per questo come Pietro e Paolo siamo chiamati a vivere un rapporto di amore con Cristo.
Il Papa Paolo VI scrisse: « Il mondo dopo avere dimenticato e negato Gesù, lo cerca … È una strana sinfonia di nostalgici che sospirano a Cristo perduto; di pensosi che intravedono qualche evanescenza di Cristo; di generosi che da Lui imparano il vero amore al prossimo; di sofferenti che sentono la simpatia per l’uomo dei dolori; di delusi che cercano una parola ferma, una pace sicura; di onesti che riconoscono la saggezza del vero Maestro; di convertiti che infine confidano la loro avventura spirituale e dicono la loro felicità per averlo trovato. L’ansia di trovare Cristo si insinua anche in un mondo avvinto nel materialismo, ma che non vuole soffocare”.
Il ministero di Pietro si perpetua nel Vescovo di Roma. Egli, in quanto successore del beato Pietro e vescovo di Roma “è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 880).
Oggi è il giorno
- per ringraziare Dio per la persona e il ministero del Papa.
- per ravvivare e suscitare in noi l’apprezzamento effettivo ed affettivo per lui e per il suo eminente magistero mediato da un linguaggio semplice, diretto e accessibile a tutti.
- per pensare al ruolo insostituibile e arduo del Papa per tutta la Chiesa e per ogni cristiano cattolico.
Il Papa è garanzia di unità della fede di tutti i cristiani, di tutti i Vescovi e tutte le chiese diocesane. Al riguardo giova sempre ricordare che «la Chiesa universale non può essere concepita come la somma delle Chiese particolari né come una federazione di Chiese particolari. Essa non è il risultato della loro comunione, ma, nel suo essenziale mistero, è una realtà ontologicamente e temporalmente previa ad ogni singola Chiesa particolare. Infatti, ontologicamente, la Chiesa-mistero, la Chiesa una e unica secondo i Padri precede la creazione e partorisce le Chiese particolari come figlie, si esprime in esse, è madre e non prodotto delle Chiese particolari». (Communionis notio, 9)
I cristiani cattolici sanno bene che se sono in comunione amorevole e fedele con il Successore di Pietro, con la sua persona e con la dottrina riguardante la fede e la morale, vivono la stessa fede degli Apostoli che inizia nel Cristo stesso. Questa è la certezza di sapere che la nostra fede è vera, che siamo veri discepoli di Gesù. Accogliamo di cuore e vivere fedelmente tutto ciò che il Papa insegna in materia di fede e di morale. La nostra fede deve essere personale, certo: ma anche ecclesiale, apostolica e in comunione affettiva ed effettiva con il Papa.
In questo giorno un ricordo speciale è dedicato a Papa Francesco per il suo ministero e per tutte le sue nobili intenzioni. In ogni occasione egli chiede di pregare per il suo ministero apostolico. Oggi noi lo faremo in modo più intenso e corale. Ma affidiamo al Principe dei Pastori anche l’amato Pontefice emerito Benedetto XVI per il gran bene che ha compiuto nei suoi circa 8 anni del suo ministero petrino.
Cooperiamo, altresì in questo giorno alla colletta, detta obolo di San Pietro, perché il Santo Padre possa continuare ad aiutare e sovvenire i più bisognosi del mondo.
O Dio, che allieti la tua Chiesa
con la solennità dei santi Pietro e Paolo,
fa’ che la tua Chiesa segua sempre
l’insegnamento degli apostoli
dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede.