I SANTI, SEGNI DI SPERANZA PER LA CHIESA E PER LA SOCIETÀ – DIONIGI TETTAMANZI, ARCIVESCOVO DI GENOVA (1999)
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I SANTI, SEGNI DI SPERANZA PER LA CHIESA E PER LA SOCIETÀ
OMELIA PER LA S. MESSA DELLA SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI (1999)
GENOVA, CATTEDRALE DI S. LORENZO, 1 NOVEMBRE 1999 -
X DIONIGI TETTAMANZI, ARCIVESCOVO DI GENOVA
Siamo oggi invitati dalla Chiesa a ricordare, a lodare ed a pregare tutti i Santi. Siamo invitati a condividere nell’intimo del nostro cuore – così come ci è possibile quaggiù – la gioia perfetta di cui i Santi sono colmati dal Signore e ad imitarli con umiltà e coraggio nel loro cammino di santità.
Apparve una moltitudine immensa
Per fare luce sul senso profondo della solennità che stiamo celebrando prendo spunto dal Sinodo dei Vescovi per l’Europa che si è concluso pochi giorni fa a Roma e dal suo Messaggio rivolto al popolo di Dio.
Nel considerare la Chiesa d’Europa alla fine del secondo millennio cristiano i Vescovi rilevano apertamente che essa sta registrando una condizione di fede veramente preoccupante. I Vescovi non si nascondono « la grave situazione di indifferenza religiosa di tanti europei, la presenza di molti che anche nel nostro Continente non conoscono ancora Gesù Cristo e la sua Chiesa e che ancora non sono battezzati, il secolarismo che contagia una larga fascia di cristiani che abitualmente pensano, decidono e vivono ‘come se Cristo non esistessé ». Ma qual è la conclusione dei Vescovi? E’ questa: « Non abbiate paura! ». Sì, queste situazioni « lungi dallo spegnere la nostra speranza, la rendono più umile e più capace di affidarsi solo a Dio. Dalla sua misericordia riceviamo la grazia e l’impegno della conversione ».
La speranza, dunque, è riposta in Dio e nel suo amore, in Gesù Cristo vivente nella sua Chiesa, nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita e che rinnova la faccia della terra. Questa speranza è una realtà, è certa e tutti possono scorgerne i segni. Tra questi viene ricordata, in particolare, la diffusa santità che fiorisce nella vita quotidiana delle nostre Chiese. Ecco le parole del Messaggio: « Segno di speranza è la santità di tanti uomini e donne del nostro tempo, non solo di quanti sono stati proclamati ufficialmente dalla Chiesa, ma anche di coloro che, con semplicità e nella quotidianità dell’esistenza, hanno vissuto con generosa dedizione la loro fedeltà al Vangelo ».
Proprio a questi ultimi santi è dedicata la solennità d’oggi. Non sono dunque lontani da noi, i santi. Ci sono vicini. Forse anche a noi, almeno qualche volta, è data la gioia di fare una scoperta sorprendente, proprio nelle persone più umili e più povere: più povere, sì, ma straordinariamente ricche di amore per Dio e per gli uomini. E’ certo che lo sguardo di Dio, al quale nulla può rimanere nascosto, è sempre compiaciuto di fronte alla santità che la sua onnipotente grazia fa germogliare nel cuore dei suoi figli.
Oggi gioiamo per questa moltitudine di santi, segni e fonte di speranza per la Chiesa e per la società. La grandiosa visione dell’Apocalisse, che l’evangelista Giovanni ci presenta usando un verbo al passato, è un fatto permanente nella storia: appartiene anche al nostro « oggi »: « Apparve – scrive – una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani » (Ap 7, 9).
Tra questi santi, l’Apocalisse ricorda, in particolare, i martiri. Alla domanda di uno dei vegliardi: « Quelli che sono vestititi di bianco, chi sono e donde vengono? » (Ap 7, 13), Giovanni interpella il Signore: « Signore mio, tu lo sai » (Ap 7, 14). Ed ecco la risposta: « Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello » (Ap 7, 14).
Proprio i martiri il Sinodo dei Vescovi ha voluto ricordare come « segno di speranza » e nello stesso tempo come appello ad una vita cristiana che non ha paura della croce, anzi del dono totale di sè: « Segno di speranza sono i tanti martiri, di tutte le confessioni cristiane, vissuti in questo secolo, sia nei Paesi dell’Ovest sia nei Paesi dell’Est, anche ai nostri giorni: la loro speranza è stata più forte della morte! Non possiamo né vogliamo dimenticare la loro testimonianza: è preziosissima e assolutamente necessaria per tutti noi, perché ci ricorda che senza la Croce non c’è salvezza e senza partecipazione all’amore di Cristo crocifisso che perdona non c’è vera vita cristiana ».
Ancora una volta, oggi nella solennità di tutti i Santi, il nostro sguardo è chiamato ad abbracciare non solo le Chiese dell’Est ma il mondo intero, a cominciare dalle Chiese dell’Africa e di Timor: veramente il fenomeno dei martiri non conosce né sosta né tramonto. Un Vescovo al Sinodo ha parlato anche di « martirio bianco » riferendosi ai cristiani dell’Ovest, i quali per vivere in modo coerente e generoso la loro fede subiscono una specie di linciaggio morale, culturale e sociale: incompresi, disprezzati, calunniati ed emarginati!
Noi saremo simili a lui
Quanto abbiamo detto non ci deve affatto spaventare. Ci deve piuttosto affascinare. Non siamo rimandati alle nostre forze umane, così fragili e incostanti! Non siamo rimandati al nostro cuore, così povero di amore e tentato di infedeltà! E’ Dio stesso che ci conquista con la forza irresistibile del suo amore, penetra in ogni fibra del nostro essere, ci rinnova radicalmente: ci fa suoi veri figli e immette in noi un dinamismo incessante che ci conduce ad essere sempre più simili a lui, sino a condividerne la santità, la perfezione dell’amore. Certo, umanamente questo è incredibile e sconcertante. Ma questa è la realtà che la Parola di Dio inconfutabilmente ci svela e che la Chiesa oggi richiama alla nostra attenzione con le parole commosse ed estasiate di Giovanni: « Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!… Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è » ( 1 Giov 3, 1-2).
Sì, questa è la realtà. Ma come è facile il rischio di essere degli imperdonabili smemorati: Dio ci mette nel cuore una ricchezza senza confronti, mette nel cuore Se stesso; Dio facendoci suoi figli ci esalta secondo una misura sovraumana e ci impegna con la massima responsabilità possibile ad una creatura a vivere « in santità e giustizia » da veri figli di Dio. E noi tutto questo lo dimentichiamo senza problemi e perciò « viviamo come se non fossimo figli di Dio », o addirittura tutto questo lo rifiutiamo deturpando o cancellando con le nostre scelte e con i nostri comportamenti la dignità filiale che Dio, nostro Padre, ci ha donato nel suo amore, come principio e forza di una vita nuova: una vita consacrata alla preghiera e alla lode di Dio ed inscindibilmente alla carità e al servizio operoso verso il prossimo.
Beati i poveri in spirito…
Con la solennità di tutti i Santi la Chiesa intende risvegliarci: ci vuole riempire di fiducia di fronte a una santità che è sempre possibile, anzi doverosa, a tutti i figli di Dio e ci vuole spronare a fare nostro, con maggiore convinzione e decisione, il programma di vita cristiana che Gesù ha consegnato a tutti i suoi discepoli con il Discorso della Montagna, in particolare con le Beatitudini.
Già le abbiamo ascoltate, ad una ad una, con la proclamazione liturgica del Santo Vangelo. Chiediamo ora allo Spirito di Dio, fonte di ogni santità, che le incida nel nostro cuore: le incida in modo indelebile ed insieme le rafforzi in modo invincibile di fronte ad ogni pressione del mondo che vuole imporre una logica antievangelica di vita. Lo stesso Spirito Santo, sorgente di consolazione e di gaudio, le incida queste Beatitudini nel nostro cuore, aprendolo già ora a quella beatitudine che è riservata a quanti seguono Cristo con amore incondizionato e senza riserve.
Le vogliamo riascoltare, lasciandoci personalmente coinvolgere, così come le ha volute pronunciare per gli uomini del XX secolo Paolo VI a Nazaret il 5 gennaio 1964: « Beati noi se, poveri nello spirito, sappiamo liberarci dalla fallace fiducia nei beni economici e collocare i nostri primi desideri nei beni spirituali e religiosi; e abbiamo per i poveri riverenza ed amore, come fratelli ed immagini viventi del Cristo.
Beati noi se, formati alla dolcezza dei forti, sappiamo rinunciare alla potenza funesta dell’odio e della vendetta ed abbiamo la sapienza di preferire al timore che incutono le armi la generosità del perdono, l’accordo nella libertà e nel lavoro, la conquista della bontà e della pace.
Beati noi se non facciamo dell’egoismo il criterio direttivo della vita, e del piacere il suo scopo, ma sappiamo invece scoprire nella temperanza una fonte di energia, nel dolore uno strumento di redenzione e nel sacrificio la più alta grandezza.
Beati noi se preferiamo essere oppressi che oppressori, e se abbiamo sempre fame di una giustizia in continuo progresso.
Beati noi se, per il regno di Dio, sappiamo, nel tempo e oltre il tempo, perdonare e lottare, operare e servire, soffrire ed amare. Non saremo delusi in eterno.
Così ci sembra riudire, oggi, la sua voce.
Allora era più forte, più dolce, più tremenda: era divina.
Ma mentre cerchiamo di raccogliere qualche risonanza della parola del Maestro, ci sembra di diventare suoi discepoli e di acquistare, non senza ragione, nuova sapienza e nuovo coraggio ».
Così Paolo VI ha voluto rileggere anche per noi le Beatitudini evangeliche. Come si vede, i santi, ossia quanti vivono le Beatitudini di Cristo, sono veramente non solo segni di speranza, ma anche forza di speranza per la Chiesa e per la società: per una Chiesa splendente di bellezza spirituale e per una società rispettosa della dignità personale di ogni uomo.
Maria Santissima, che invochiamo « Regina di tutti i santi », ravvivi in noi la coscienza della nostra immeritata dignità di figli di Dio e ci doni di avere, non paura e stanchezza, ma fierezza e ardore nel nostro camminare « in santità e giustizia al cospetto di Dio per tutti i nostri giorni ».