Archive pour mai, 2012

Tintoretto, Visitazione della Vergine Maria ad Elisabetta

Tintoretto, Visitazione della Vergine Maria ad Elisabetta dans immagini sacre visitazione_tintoretto

http://vivificat.wordpress.com/2012/05/30/visitazione-della-beata-vergine-maria/

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BENEDETTO XVI : CELEBRAZIONE MARIANA PER LA CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIO (2007)

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2007/may/documents/hf_ben-xvi_spe_20070531_mese-mariano_it.html

CELEBRAZIONE MARIANA PER LA CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIO

(VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA)

DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Grotta della Madonna di Lourdes nei Giardini Vaticani

Giovedì, 31 maggio 2007

Cari fratelli e sorelle!

con gioia mi unisco a voi al termine di questa veglia mariana, sempre suggestiva, con la quale si conclude in Vaticano il mese di maggio nella festa liturgica della Visitazione della Beata Vergine Maria. Saluto con fraterno affetto i Cardinali e i Vescovi presenti, e ringrazio l’Arciprete della Basilica, Mons. Angelo Comastri, che ha presieduto la celebrazione. Saluto i sacerdoti, le religiose e i religiosi, in particolare le monache del Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano; come pure le tante famiglie che prendono parte a questo rito. Meditando i misteri della luce del santo Rosario, siete saliti su questo colle ove avete rivissuto spiritualmente, nel racconto dell’evangelista Luca, l’esperienza di Maria, che da Nazaret di Galilea « si mise in viaggio verso la montagna » (Lc 1,39) per raggiungere il villaggio della Giudea dove abitava Elisabetta col marito Zaccaria.
Che cosa ha spinto Maria, giovane ragazza, ad affrontare quel viaggio? Che cosa, soprattutto, l’ha spinta a dimenticare se stessa, per spendere i primi tre mesi della sua gravidanza al servizio della cugina bisognosa di assistenza? La risposta sta scritta in un Salmo: « Corro per la via dei tuoi comandamenti, [Signore,] / perché hai dilatato il mio cuore » (Sal 118,32). Lo Spirito Santo, che rese presente il Figlio di Dio nella carne di Maria, dilatò il suo cuore alle dimensioni di quello di Dio e la spinse sulla via della carità. La Visitazione di Maria si comprende alla luce dell’evento che immediatamente precede nel racconto del Vangelo di Luca: l’annuncio dell’Angelo e il concepimento di Gesù ad opera dello Spirito Santo. Lo Spirito scese sulla Vergine, la potenza dell’Altissimo stese su di Lei la sua ombra (cfr Lc 1,35). Quello stesso Spirito la spinse ad « alzarsi » e a partire senza indugio (cfr Lc 1,39), per essere di aiuto all’anziana parente. Gesù ha appena incominciato a formarsi nel seno di Maria, ma il suo Spirito ha già riempito il cuore di Lei, così che la Madre inizia già a seguire il Figlio divino: sulla via che dalla Galilea conduce in Giudea è lo stesso Gesù a « spingere » Maria, infondendole lo slancio generoso di andare incontro al prossimo che ha bisogno, il coraggio di non mettere avanti le proprie legittime esigenze, le difficoltà, le preoccupazioni, i pericoli per la sua stessa vita. E’ Gesù che l’aiuta a superare tutto lasciandosi guidare dalla fede che opera mediante la carità (cfr Gal 5,6).
Meditando questo mistero, noi vediamo bene che cosa significhi che la carità cristiana è una virtù « teologale ». Vediamo che il cuore di Maria è visitato dalla grazia del Padre, è permeato dalla forza dello Spirito e spinto interiormente dal Figlio; vediamo cioè un cuore umano perfettamente inserito nel dinamismo della Santissima Trinità. Questo movimento è la carità, che in Maria è perfetta e diventa modello della carità della Chiesa, come manifestazione dell’amore trinitario (cfr Enc. Deus caritas est, 19). Ogni gesto di amore genuino, anche il più piccolo, contiene in sé una scintilla del mistero infinito di Dio: lo sguardo di attenzione al fratello, il farsi vicino a lui, la condivisione del suo bisogno, la cura delle sue ferite, la responsabilità per il suo futuro, tutto, fin nei minimi dettagli, diventa « teologale » quando è animato dallo Spirito di Cristo. Ci ottenga Maria il dono di saper amare come Lei ha saputo amare. A Maria affidiamo questa singolare porzione di Chiesa che vive e lavora in Vaticano; Le affidiamo la Curia Romana e le istituzioni ad essa collegate, perché lo Spirito di Cristo animi ogni compito ed ogni servizio. Ma da questo colle allarghiamo lo sguardo a Roma e al mondo intero, e preghiamo per tutti i cristiani, perché possano dire con san Paolo: « l’amore di Cristo ci spinge », e con l’aiuto di Maria sappiano diffondere nel mondo il dinamismo della carità.

Vi ringrazio ancora per la vostra devota e calorosa partecipazione. Portate il mio saluto ai malati, agli anziani e a ciascuno dei vostri cari. A tutti imparto di cuore la mia Benedizione.

31 maggio: Visitazione della Beata vergine Maria – Dalle Omelie di san Carlo Borromeo.

http://www.certosini.info/lezion/Santi/31%20maggio%20visitazione%20della%20B%20V%20M.htm

31 MAGGIO – VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Dalle Omelie di san Carlo Borromeo.

Homilia 43. Mediolani 1747.t. 1,322-327.330-332.

Oggi la Vergine Maria valica i monti e arriva da Elisabetta per esserle di aiuto durante la gravidanza di lei. Infatti, appena la Vergine santissima fu piena di Dio, si dedicò con impegno totale alle opere di carità in esultante e fervida premura.
Talvolta anche noi siamo riempiti dallo Spirito Santo, quando egli ci ispira santi desideri che ci fanno concepire progetti di bene. Bisogna però correre subito a eseguirli, giacché sono tanti coloro che avvertono le mozioni dello Spirito Santo, ma per negligenza le lasciano illanguidire, sicché esse svaniscono del tutto.
Figli miei, veniamo subito ai fatti concreti finché il nostro cuore è infiammato e lo spirito ci arde di quel fuoco sacro, per tema che le preoccupazioni e i pensieri profani non spengano il fervore che lo Spirito di Dio ha suscitato nel nostro intimo.
Noi siamo a noi stessi il nostro peggior nemico, quando ci abbassiamo al punto da preferire di abitare nei bassifondi con bestie e serpenti, piuttosto che dimorare con Dio e gli angeli e salire sui monti con la santissima Vergine Madre di Dio. Perché sostiamo in questo infelice esilio terreno?
Perché indugiamo per via quando non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura. 1 ( Eb 13,14 ) A che scopo Cristo è morto e ha istituito i santissimi sacramenti? Essi non sono forse i gradini che ci permettono di salire sulla montagna spirituale?
Contemplate, figlie. figlie carissimi, le profondità della chiamata divina e con ogni cura vigilate sul cuore.2 ( Pro 4,23 )
Non posso far a meno di ammirare, fratelli, la somma umiltà di Maria. La grandezza inconcepibile dell’onore che è fatto alla Vergine non la esalta minimamente, ma al contrario la sua nuova dignità la rende ancora più umile.
Ed è normale, perché Maria deve alla sua umiltà di essere quello che è: Dio ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.3 ( Lc 1,48 )
Maria era vergine, divenne Madre di Dio, signora del cielo e regina degli angeli, eppure non sdegna di andare da Elisabetta per servirla, benché lei stessa sia incinta. Addirittura saluta la cugina per prima e rimane con lei circa tre mesi.
Pensate, fratelli, a tutti gli atti di umiltà che la Vergine dovette fare durante quel soggiorno! Benché il vangelo non scenda in particolari a questo proposito, senz’altro Maria fece tutto quello che ci si poteva aspettare dalla più umile delle vergini.
Maria si mette rapidamente in viaggio per recarsi da Elisabetta, non soltanto perché vuole essere di aiuto alla cugina, ma perché nel suo grembo Dio la spinge ad affrettarsi.
Il Figlio di Dio scende in terra per debellare il peccato, per estirparlo fin dalla radice nell’intento di riscattare gli uomini. Spinge Maria a recarsi da Elisabetta, perché ancora prima di nascere gli preme di redimere l’anima di Giovanni, vuole purificarla dal peccato originale e investirla di una grazia tale che nessun peccato grave possa sfigurarla finché vivrà.
Il profeta Isaia aveva predetto quel viaggio affrettato. Infatti, dopo aver parlato della nascita del Cristo Signore, dicendo: Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, 4.( Is 7,14 ) soggiunge: In fretta il bottino! Rapida la preda! Poiché.. prima che il bambino sappia dire babbo e mamma, le ricchezze di Damasco e le spoglie di Samaria saranno portate davanti al re di Assiria.5.( Is 8,3 ) Questo fare un buon bottino simboleggia la vittoria di Cristo che strappa la preda dalle fauci del demonio.
La salvezza degli uomini è ardentemente bramata da colui che viene a salvarli. Perché stupirsi allora che la Vergine Maria si metta in cammino alla svelta sotto l’impulso del Figlio che porta in seno? Egli aspira a santificare il figlio di Elisabetta la sterile, a lavarlo dal peccato originale e a riempirlo dì Spirito Santo.
Questo episodio ci spinge a considerare l’immenso amore che Dio ci porta; non dobbiamo, infatti, mai perdere un’occasione per farne memoria, figli carissimi.
Il Signore, ancora racchiuso nel grembo della Vergine, si affretta per poter mostrare la sua misericordia a Giovanni.
In questo modo, che non deve stupirci, ci fa capire come Dio si connota per una misericordia sempre pronta a perdona re. Somma bontà per essenza, egli ha sommo desiderio di comunicarsi e diffondersi in ciascuno di noi.
Ancora nel grembo materno, Giovanni riconosce il Figlio di Dio che viene e lo santifica. Cristo comincia con l’illuminare la mente di lui, poi ne infiamma il volere con l’ardore della carità. Giovanni esulta allora di gioia in seno a Elisabetta.
Va sottolineato che il bambino manifesta il suo sentimento alla presenza della maestà divina non soltanto con la gioia del cuore, ma anche con un movimento del corpo. Infatti, l’amore con cui lo Spirito Santo lo infuoca, si estende pure alle potenze inferiori dell’anima e si comunica nella forma di una gioia fisica, tanto che Giovanni avrebbe potuto ripetere con il profeta: Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente.6.( Sal 83,3 )
L’esempio di Giovanni ci insegna a onorare Dio con una bontà ardente, che non sia soltanto interiore ma esteriore, giacché l’amore per Dio non può rimanere inoperoso. Il trasalimento del Precursore ci rammenta l’immensità dei beni che abbiamo ricevuto da Dio.
Giovanni è santificato prima di nascere nel seno materno, e il demonio non possederà mai la sua anima, perché il Battista non offenderà mai Dio con una colpa grave. Questo non è certo il nostro caso. Beati, tuttavia, quelli che si consacrano al culto di Dio fin dall’infanzia e cosi gli offrono, come sacrificio quanto mai gradito, il fiore della vita, primizia dei frutti che porteranno.
Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamo a gran voce: « Benedetta tu fra le donne,,  e benedetto il frutto del tuo grembo! ».7.( Lc 1,42 )
Tu sei benedetta fra tutte le donne, perché benedetto è colui che tu porti. Solitamente, la nobiltà del frutto proviene dalla nobiltà dell’albero, ma tu, o Maria, sei nobilitata dal frutto delle tue viscere. Eva aveva avvelenato l’universo a.causa di un frutto mortifero; tu invece arrechi la salvezza al mondo intero.
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 8 ( Lc 1,43.) e E’ mai possibile che la regina degli angeli e la Madre di Dio voglia visitare la sua serva meschina, questa donnetta?
Fate vostre a doppio titolo queste parole di Elisabetta, figli carissimi, e rivolgetele non alla Madre di Dio ma a Dio stesso, perché egli viene doppiamente a noi: viene per noi e viene grazie a noi, che siamo i suoi ministri e i suoi inviati.
Il Figlio glorioso di Dio, Cristo stesso, viene a noi nel santissimo sacramento dell’Eucaristia. Se sapessimo entrare in estasi davanti a tale mistero!
Quando Gesù si avvicinò a Pietro, questi gridò: Signore, allontanati da me che sono un peccatore. 9( Lc 5,8 ) Anche il centurione esclamò: Signore, io non son degno che tu entri sotto
il mio tetto. 10( Mt 8,8 ) Ciò nonostante, Cristo salì sulla barca dell’Apostolo ed entrò nella casa dell’ufficiale.
Che vi rimane da dire, figli miei, quando il Signore viene nella vostra anima e nel vostro corpo e si fa per voi banchetto spirituale? Senza dubbio esclamerete: A che debbo che venga a me?
Quale è il mio merito, dato che seppi soltanto fare il male e nulla di buono? Com’è possibile che tu venga a nutrire me povero peccatore, per unirmi a te? Perché tu vieni verso di me non soltanto per tramite dei tuoi ministri, non soltanto con la tua grazia, ma con il dono di tutto te stesso.
Com’è possibile che tu, Dio, Re del cielo e della terra, possa volerti unire a me, che sono cenere, polvere e indegno peccatore? lo, che ti offendo ogni giorno e ti provoco di continuo?
L’unica spiegazione sta nel tuo amore infinito. Fu l’amore a guidarti dal cielo in terra e ti spinse a soffrire e a morire per me.

31 MAGGIO – VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA : UFFICIO DELLE LETTURE

31 MAGGIO – VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (f)

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dal Cantico dei cantici 2, 8-14; 8, 6-7

La visita del Diletto
Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
Ora parla il mio diletto e mi dice:
«Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
Perché, ecco, l’inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n’è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro.
Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come gli inferi è la gelosia:
le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l’amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio».

Seconda Lettura
Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote
(Lib. 1, 4; CCL 122, 25-26, 30)

Maria magnifica il Signore che opera in lei
«L’anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1, 46). Con queste parole Maria per prima cosa proclama i doni speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali Dio non cessò di provvedere al genere umano per l’eternità.
Magnifica il Signore l’anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà.
Esulta in Dio suo salvatore, lo spirito di colui che solo si diletta nel ricordo del suo creatore dal quale spera la salvezza eterna.
Queste parole, che stanno bene sulle labbra di tutte le anime perfette, erano adatte soprattutto alla beata Madre di Dio. Per un privilegio unico essa ardeva d’amore spirituale per colui della cui concezione corporale ella si rallegrava. A buon diritto ella poté esultare più di tutti gli altri santi di gioia straordinaria in Gesù suo salvatore. Sapeva infatti che l’autore eterno della salvezza, sarebbe nato dalla sua carne, con una nascita temporale e in quanto unica e medesima persona, sarebbe stato nello stesso tempo suo figlio e suo Signore.
«Cose grandi ha fatto a me l’onnipotente e santo è il suo nome».
Niente dunque viene dai suoi meriti, dal momento che ella riferisce tutta la sua grandezza al dono di lui, il quale essendo essenzialmente potente e grande, è solito rendere forti e grandi i suoi fedeli da piccoli e deboli quali sono. Bene poi aggiunse: «E Santo è il suo nome», per avvertire gli ascoltatori, anzi per insegnare a tutti coloro ai quali sarebbero arrivate le sue parole ad aver fiducia nel suo nome e a invocarlo. Così essi pure avrebbero potuto godere della santità eterna e della vera salvezza, secondo il detto profetico: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3, 5).
Infatti è questo stesso il nome di cui sopra si dice: «Ed esultò il mio spirito in Dio, mio salvatore».
Perciò nella santa Chiesa è invalsa la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l’inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina. Così la memoria abituale dell’incarnazione del Signore accende di amore i fedeli, e la meditazione frequente degli esempi di sua Madre, li conferma saldamente nella virtù. Ed è parso bene che ciò avvenisse di sera, perché la nostra mente stanca e distratta in tante cose, con il sopraggiungere del tempo del riposo si concentrasse tutta in se medesima.

Rosario: Quinto mistero glorioso. L’incoronazione di Maria regina

Rosario: Quinto mistero glorioso. L’incoronazione di Maria regina dans immagini sacre assunta

http://gpcentofanti.wordpress.com/2011/02/11/rosario-meditato-11/

Publié dans:immagini sacre |on 30 mai, 2012 |Pas de commentaires »

Camminate secondo lo Spirito: Siete stati chiamati a libertà (Gal 5,13)

http://www.spiritosanto.org/mensile/327/page1.htm

Camminate secondo lo Spirito

di Padre Ubaldo Terrinoni, OFM Capp., biblista

1. Siete stati chiamati a libertà (Gal 5,13)

 L’apostolo Paolo si rivolge alle comunità cristiane della Galazia con tono appassionato e preoccupato, perché alcuni giudaizzanti hanno determinato confusione e smarrimento tra i cristiani, insegnando che la fede in Cristo da sola non basta per ricevere lo Spirito e conseguire la salvezza messianica, ma sono necessarie anche la circoncisione e la pratica di alcune prescrizioni giudaiche. L’apostolo reagisce con vigore e con eloquenza magistrale e dichiara che la salvezza deriva dalla fede e soltanto dalla fede in Gesù Cristo.
 Il cristiano pertanto è pienamente libero dalla legge ebraica ed è destinato a vivere nella libertà. Di qui la sua vigorosa affermazione: «Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà» (Gal 5,13). E chi mai chiama? È Dio! Dio dunque non costituisce affatto un limite alla libertà dell’uomo. Al contrario, Egli è la fonte prima, l’origine, la sorgente della vera libertà. Dio è libero e desidera vivamente che lo seguiamo da persone libere. Egli ama la nostra libertà più di quanto l’amiamo noi stessi.
 Ma, attenzione, la cultura moderna grida all’uomo della strada: «Tu sei libero, tu puoi fare quello che vuoi; nulla e nessuno al di fuori e al di sopra di te; tu sei « il dio » di te stesso; sei unicamente tu l’arbitro delle tue scelte; disponi di te e delle tue potenzialità come vuoi, non devi render conto a nessuno». Purtroppo, questa cattiva scuola ha illuso, disorientato e tradito innumerevoli giovani e ha moltiplicato suicidi, depressioni e alienazioni.
 L’Apostolo è più prudente e più saggio: si limita ad affermare che l’uomo « è chiamato a libertà »; il che vuol dire che la libertà è un dono e una conquista. È un dono, perché Cristo ha messo in ognuno di noi nel giorno del battesimo il germe della libertà, ma questo piccolo « seme » ha bisogno di una conquista, cioè ha bisogno della nostra collaborazione per crescere ed espandersi e così farci risultare pienamente liberi. Sussiste dunque l’impegno quotidiano di collaborare con Cristo per destituire del potere schiavizzante ogni eventuale « faraone » che pretendesse annidarsi dentro di noi e gestirci a suo piacimento. Del resto si sa che non c’è vera libertà senza esercizio di liberazione: liberare la vita, lo spirito, il cuore… dagli idoli muti e schiavizzanti per presentarci realmente da persone libere.
 Dunque, liberarci da qualcosa o da qualcuno per passare ad altro rapporto. Si notino le due preposizioni: « da… per… ». Così, il popolo di Dio, che è schiavo del potente faraone d’Egitto, si libera dalla pesante schiavitù per passare alla signoria di Dio. Sì, Dio e non l’uomo è la vera misura della qualità della libertà dell’uomo. Infatti, quando Mosè ed Aronne si presentano dal faraone per la richiesta della libertà del popolo, avanzano una precisa richiesta: «Così dice il Signore, il Dio d’Israele: Lascia libero il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto!» (Es 5,1). Il popolo deve essere libero per Dio. Ciò che qualifica la vera libertà è l’appartenenza al Signore. È veramente libero soltanto chi coltiva quotidianamente la propria appartenenza a Lui.

2. Camminate secondo lo Spirito
 L’Apostolo suggerisce anche una « via » sicura per non cedere a tendenze deviazionistiche: «Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne» (Gal 5,16). Si comprende facilmente che l’apostolo vuole evidenziare che la potenza dello Spirito è ben più forte di quella della carne. «Il credente – afferma il cardinal Albert Vanhoye – ha una possibilità effettiva di liberarsi dal male, perché lo Spirito Santo è più forte della carne». Sappiamo per esperienza che le insidie quotidiane del male sono senza numero, sono sempre delle imboscate pericolose e subdole. Anzi, l’uomo si trova di continuo fra due potenti calamite in contrapposizione: «La carne ha desideri contrari alla Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; questi, infatti, si oppongono fra loro» (5,17).
 E tuttavia è possibile la vittoria! Perché lo Spirito è in ognuno di noi; è nella nostra anima e anche nel nostro corpo come precisa Paolo: «Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi?» (1Cor 6,19). Dunque egli abita in noi (Rm 8,9) e non sta inattivo, non è presenza passiva, inerte. Al contrario, ci lavora febbrilmente per trasformarci in sua « dimora » sempre più splendida, eliminando anche le più piccole ombre del male.
 Anzi, poco più oltre, nello stesso capitolo ai Galati, l’Apostolo passa a distinguere gli esiti, cioè i differenti risultati di chi si affida alle tendenze della carne e di chi si affida alle tendenze dello Spirito. Per primi, Paolo parla di «opere della carne» (vv. 19-21), per i secondi invece di «frutto dello Spirito» (vv. 22-23). Sono « opere » perché restano all’esterno dell’uomo e non contribuiscono affatto a farlo crescere, a maturarlo, ad arricchirlo; anzi, per molti aspetti l’uomo viene danneggiato e come bloccato, congelato nelle sue potenzialità.
 L’azione delle Spirito viene qualificata come « frutto », perché corrisponde alle profonde e più autentiche tendenze dell’uomo e conferisce un concreto apporto alla sua maturazione e alla formazione di una personalità robusta e sicura. E mentre nel contesto delle « opere » il denominatore comune è l’egoismo, nel contesto del « frutto » invece è l’amore; l’amore che diventa fonte di pace, di gioia e di libertà. Sì, l’amore non può esistere senza libertà; l’amore è l’espressione più bella e più perfetta di libertà; «dilige et fac quod vis» scrive Sant’Agostino («ama e fa’ quel che vuoi»), ama ed eccoti libero.

Opera dello Spirito Santo: www.spiritosanto.org

Publié dans:Lettera ai Galati |on 30 mai, 2012 |Pas de commentaires »

Parole di vita, Editoriale su Rm 11,28-29

13/05/12 Parole di vita – Rivista bimestrale dell’Associazione Biblica Italiana

www.paroledivita.it/pagina_stampa.asp?id=681 1/1

Parole di vita 5 (set/ott 2006)

EDITORIALE

di Luca Mazzinghi

«Quanto al vangelo, essi sono nemici a causa vostra; quanto all’elezione, essi sono amati a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,28-29).

Queste parole si trovano a conclusione della lunga riflessione che Paolo dedica a Israele in Rm 9-11 e hanno come soggetto proprio il popolo ebraico, al quale Paolo si vanta di appartenere. L’Apostolo legge la situazione con molto realismo: tra i credenti in Cristo e gli israeliti che in lui non hanno creduto c’è senza dubbio un rapporto negativo; ma si tratta di una situazione transitoria. A un livello più profondo, infatti, esiste una relazione di amore che  non può essere cancellata, perché proviene da Dio stesso. «Questi tre capitoli della lettera ai Romani costituiscono la riflessione più approfondita, in tutto il Nuovo Testamento, sulla situazione degli ebrei che non credono in Gesù. In essi Paolo esprime il suo pensiero nel modo più maturo» (PONTIFIC IA COMMISSIONE BIBLICA , Il popolo ebraico e le sue Scritture nella Bibbia cristiana, § 79). Commentando il brano di Rm 9,1-5, F. Rossi De Gasperis ci ricorda il malessere della Chiesa nel parlare di ebrei e cristiani insieme. Allo stesso tempo ci invita ad abbandonare l’idea di un Paolo anti-giudaico che in realtà vede una grande continuità tra i due Testamenti e non concepisce affatto la Chiesa cristiana come una alternativa a Israele. Il testo di Rm 9,6-29 (commentato da L. Sembrano) ci ricorda come la Scrittura sia la base
fondamentale delle argomentazioni di Paolo; proprio la Scrittura, che in questo passo Paolo utilizza in abbondanza, come del resto in tutto il testo di Rm 9-11, attesta come Dio non sia infedele verso il suo popolo, anche quando Israele è caduto nell’infedeltà.  In Rm 9,30-10,21 il tono diviene decisamente polemico. L’articolo di M. Marcheselli ci mostra come Paolo insista sull’idea che la salvezza (la giustizia, nel linguaggio paolino) non può venire dalla legge mosaica, ma solo dalla fede in Cristo. Sta qui per Paolo la radice
dell’indurimento di Israele. Eppure Dio continua ad avere un progetto di salvezza su Israele, com’è chiaro nella sezione che segue – Rm 11,1-10 – commentata da L. Fanin: Dio non ha affatto rifiutato il suo popolo, e, in ogni caso, non lo ha rifiutato per sempre. In questo atteggiamento divino sta il «mistero» di Israele.
Il paragone dell’olivo buono e dell’olivastro contenuto in Rm 11,11-24 (testo presentato da S. Carbone) ci fa comprendere, alla luce di una rilettura attenta delle Scritture, la vittoria della misericordia di Dio e il suo progetto positivo anche nei confronti dell’Israele incredulo: «Allora tutto Israele sarà salvato» (Rm 11,26).
Così si chiude la riflessione paolina sul mistero del popolo ebraico e della sua non accoglienza del messaggio del vangelo; invece di parole di condanna, Paolo annuncia il disegno di salvezza che Dio ha disposto per il popolo dell’alleanza e ricorda ai cristiani provenienti dal paganesimo che essi non devono mai scordare di essere «olivastri» che per sua misericordia Dio ha innestato sull’olivo scelto da Dio, Israele (Rm 11,17-18).
Proseguono anche in questo numero le rubriche dedicate al modo in cui Paolo rilegge le Scritture (L. Mazzinghi), alle riletture della lettera ai Romani nella Riforma con il commento di K. Barth (A. Maffeis), alle schede per i gruppi di ascolto (G. Benzi) e per la catechesi biblica, qui dedicata alla tematica della «elezione»

(A. Fontana).

Publié dans:Lettera ai Romani |on 30 mai, 2012 |Pas de commentaires »
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