dal sito:
http://www.moscati.it/Italiano/Ignazio.html
S.Ignazio di Loyola
fondatore della Compagnia di Gesù
Gaetano Iannaccone s.j.
INDICE:
Sua vita nel mondo — Conversione — Monserrato e Manresa — Gli Esercizi Spirituali
Alcalà, Salamanca, Parigi — Montmartre — Venezia e Roma — Una scuola per i poveri
Missioni vicine e lontane — Generale dei Gesuiti — La morte di un Santo
La liturgia così ci presenta S.Ignazio di Loyola nel giorno della sua festa (31 luglio): « Ferito all’assedio di Pamplona (1521) maturò nella lettura della vita di Cristo la decisione di passare dal servizio militare alla sequela del Signore. Fondò a Montmartre (Parigi) nel 1534 la Compagnia di Gesù (Gesuiti) per la maggior gloria di Dio e a servizio della Chiesa, in obbedienza totale al successore di Pietro.
La sua esperienza spirituale è espressa negli Esercizi spirituali da lui composti a Manresa (1523), che divennero una classica guida per l’itinerario spirituale. Promosse la catechesi e l’apostolato missionario ed ebbe tra i suoi discepoli Francesco Saverio ».
Sua vita nel mondo
Iñigo Lopez de Loyola – tale il suo nome originario, che egli cambiò in Ignazio dopo la sua conversione – nacque, ultimo di 13 figli, nel 1491, nel castello di Loyola, nella Terra dei Baschi della Spagna settentrionale. Ricevette l’educazione cavalleresca propria del suo ceto. NeI 1517 entrò a servizio del Viceré di Navarra. Amava l’avventura e infervorava la sua mente leggendo romanzi cavallereschi.
Quando nel 1521 scoppiò la guerra tra Francesco I di Francia e il giovane Imperatore di Spagna Carlo V, i Francesi entrarono in territorio spagnolo e marciarono alla conquista della città di Pamplona. Ignazio era lì a difenderla; ma il 20 maggio una palla di cannone nemico lo raggiunse, gli sfracellò la gamba destra e gli ferì anche la sinistra. Alla caduta del loro capitano i soldati spagnoli si arresero. I francesi raccolsero Ignazio e lo mandarono al suo castello a Loyola.
Arduo fu il compito del chirurgo nel riassettargli le gambe, e alla fine – temendo di restare zoppo – Ignazio si sottomise a un secondo intervento di « stiramento » della gamba. Ma tutte le cure e i tormenti non gli valsero a impedirgli di zoppicare per il resto della sua vita.
Conversione
Durante la lunga convalescenza cercò distrazione nella lettura dei suoi romanzi preferiti di cavalleria, ma per quanto si cercasse, non se ne trovò uno in tutto il castello! Gli furono invece dati due altri libri: la « Legenda aurea » di Jacopo da Varagine, cioè una raccolta di vite di santi; e la « Vita Christi » di Ludolfo di Sassonia. Cominciò a leggerli. La lettura della Passione del Signore lo commuoveva, mentre la lettura delle imprese dei santi lo entusiasmava.
Cominciò a chiedersi: « Perché non potrei fare anch’io quello che hanno fatto per il Signore uomini santi come Francesco d’Assisi e Domenico di Guzman? ».
La Grazia lo aveva finalmente raggiunto, ma le vanità terrene lo attiravano dalla loro parte. Fu un duro combattimento, il suo. Alla fine si raccomandò alla Vergine e, liberato dall’oppressione della carne, si arrese completamente a Dio.
Guarito, Ignazio lasciò Loyola e si diresse a Monserrato, nella Catalogna, al santuario della Madonna Nera. Qui volle trascorrere tutta la notte in preghiera. Al mattino depose la spada e il pugnale all’altare della Vergine, e al loro posto si fornì d’un bastone da pellegrino. Fece una lunga preparazione e una dettagliata confessione della sua vita al maestro dei novizi dei Benedettini, poi, cambiati i suoi abiti con il vestito grezzo del penitente, si diresse a Manresa, a meditare e far penitenza.
Cominciò a digiunare e autoflagellarsi. Ma presto si accorse che queste mortificazioni non gli giovavano per la serenità dello spirito. Capì così le insidie dello spirito maligno e imparò a sue spese la necessità della direzione spirituale e l’importanza della « giusta misura » in tutte le cose. Si dette pure ad opere di carità per il popolo, insegnando le vie del Signore ai bambini e ai « rozzi ». Dalle sue vicissitudini a Manresa nasceranno i suoi famosi Esercizi Spirituali, che tanto bene hanno fatto e continuano a fare nella vita spirituale di milioni di persone.
Gli Esercizi Spirituali
Il libretto ignaziano che porta questo titolo fu ufficialmente approvato dalla Santa Sede soltanto nel 1548. Il cammino spirituale degli Esercizi viene fatto in quattro tappe, che vogliono aiutare l’esercitante a « vincere se stesso e mettere ordine nella propria vita, senza lasciarsi influenzare nelle sue scelte da passioni disordinate ».
Occorre anzitutto riconoscere « le deformità » della propria vita a causa del peccato, e mediante la meditazione delle verità eterne (morte, giudizio e dannazione eterna) scuotersi di dosso il giogo del peccato e rifarsi una nuova vita morale (Prima tappa).
Poi, mediante la contemplazione di Cristo, venuto al mondo per piantarvi il Regno di Dio mediante la potenza del suo Spirito, cercare come donarsi completamente a Lui, per condividerne la missione apostolica (Seconda tappa).
Per contrastare poi le insidie di Satana, che cerca d’impedire la realizzazione dei più belli e nobili ideali, è necessario « consolidarsi » nella decisione presa, contemplando Gesù che fu obbediente fino alla morte di Croce, per la gloria del Padre e la salvezza dei fratelli (Terza tappa).
Infine, la prospettiva della partecipazione alla gloria del Cristo Risorto riempie di gioia il cuore dell’esercitante, che esce dagli Esercizi radicalmente « trasformato ». Gli Esercizi terminano con una contemplazione caratteristica ignaziana per ottenere da Dio l’amore più puro e più ardente. Le ultime aspirazioni del cuore di chi esce dagli Esercizi sono: « Prendi tutto, o Signore… Dammi soltanto il tuo amore e la tua grazia: questo mi basta ».
E bene ricordare che gli Esercizi vanno fatti e non semplicemente letti. Senza una guida ci si troverebbe presto smarriti in un groviglio di strade senza sbocco!
Nota: Su questo argomento vedi anche: « Gli Esercizi Spirituali di S.Ignazio di Loyola », dello stesso autore.
Alcalà, Salamanca, Parigi
Per prepararsi al lavoro apostolico, Ignazio riprese ad Alcalà gli studi interrotti, cominciando dal latino, senza però smettere di dare gli Esercizi. L’inquisizione ne venne a conoscenza e, sospettando Ignazio di eresia, lo mise in prigione. Liberato, passò a Salamanca. Qui si ripeté il sospetto e, di conseguenza, la condanna al carcere. Gli fu ingiunto di non predicare gli Esercizi senza aver prima studiato teologia. Fu così che s’indusse a lasciare la Spagna e trasferirsi a Parigi.
Qui, presso il Collegio di Santa Barbara, condivise la stanza con altri due studenti: Francesco Saverio (spagnolo come lui) e Pietro Favre (proveniente dalla Savoia). Con Pietro si trovò subito in perfetta armonia di spirito, mentre col Saverio non fu facile intendersi, avendo questi molte ambizioni di guadagno e carriera.
Ignazio spesso gli ricordava la vanità delle cose terrene, secondo il detto evangelico: « Che cosa giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la sua stessa anima? ». Alla fine Saverio comprese: rinunciò a una sicura prebenda ecclesiastica, si mise alla scuola di Ignazio, con lui fondò la Compagnia, e divenne poi il grande apostolo dell’India e dell’Oriente.
Montmartre
Ignazio aveva un segreto progetto, che presto comunicò ai suoi due amici: consacrarsi all’apostolato nella terra del Signore, la Palestina, e se ciò non fosse possibile, offrirsi al Santo Padre perché disponesse di loro a suo piacimento. L’idea piacque, e a loro si unirono altri quattro studenti: Diego Laynez, Simone Rodrigues, Alfonso Salmeròn e Nicola Bobadilla.
Decisero di formare un gruppo di « Compagni di Gesù ». Il 15 agosto 1534 salirono alla Cappella di Montmartre per consacrarsi a Dio. Il Favre, ch’era già sacerdote, celebrò la S.Messa, durante la quale tutti promisero con voto di realizzare in castità e povertà quanto intendevano fare. Quel giorno, possiamo dire, nacque la Compagnia di Gesù.
Venezia e Roma
Terminati gli studi e ordinati sacerdoti, si diedero appuntamento a Venezia, in attesa della partenza per l’Oriente. Purtroppo, proprio in quel 1537 si riaccese la guerra tra la « Serenissima » e il vicino Oriente, e la partenza fu rimandata « sine die ». Misero allora in atto la seconda parte del voto: andare a Roma e offrirsi come « preti rinnovati » al Papa.
Ignazio, Laynez e Favre precedettero gli altri. Alle porte di Roma accadde un fatto straordinario, a cui Ignazio annesse sempre grande valore. Entrati a pregare in una Cappella detta La Storta, Ignazio ebbe una visione, in cui contemplò Gesù che portava la Croce con Dio Padre al suo fianco. « Voglio che ci serviate », disse Gesù. il Padre aggiunse: « Vi sarò propizio a Roma »; e Ignazio fu posto a fianco di Gesù.
Usciti dalla preghiera, Ignazio disse ai compagni: « Non so che cosa ci attende a Roma, se la persecuzione o la morte ». E narrò loro la visione. A Roma il Papa li accolse bene, si fece dar prova della saldezza della loro fede e dottrina cattolica e dette loro il permesso di predicare e celebrare i sacramenti.
Ignazio ricordava spesso al Papa il voto di andare in Terra santa. Ma un giorno il Papa stesso gli disse: « Roma può essere benissimo la vostra Gerusalemme, visto il bene che fate e il grave bisogno della città ». Queste parole misero fine al sogno di Ignazio.
Una scuola per i poveri
I Compagni si dispersero per varie città e insegnavano ai « rudi », alla povera gente, le verità basilari della fede. A quei tempi molti ragazzi crescevano senza istruzione per mancanza di mezzi, per cui Ignazio fece apporre un avviso dove egli abitava: « Scuola gratuita ».
Una « novità » che gli darà non poche seccature, da parte di altri « interessati » al guadagno. Fu l’inizio d’una serie interminabile di Scuole e Collegi che copriranno l’italia e l’Europa e daranno lustro alla cosiddetta « Scuola dei Gesuiti ».
Missioni vicine e lontane
A Roma e nelle altre città i Compagni insegnavano, predicavano, si prendevano cura degli ortani, dei poveri, dei malati negli ospedali. Ignazio pensò anche a recuperare uomini e donne dalla prostituzione.
All’estero, Ignazio si preoccupava molto per l’eresia in Germania. Vi mandò il Favre, che vi spese le migliori energie, fino a morire sulla breccia dopo pochi anni. Vi mandò pure un uomo coltissimo e zelante, il Canisio, che tenne fronte al luteranesimo, riuscendo a salvare metà della Germania dall’invadente eresia.
NeI 1540 fu fatta richiesta al Papa, da parte del re del Portogallo, di mandare missionari in India. All’ambasciatore interessato, il Papa rispose: « Rivolgetevi a Ignazio ». E Ignazio sacrificò il suo figlio più caro, Francesco Saverio, segno del suo ardore di salvare tutti.
Generale dei Gesuiti
Approvata la Compagnia di Gesù da Paolo III il 27 settembre 1540, si pensò subito all’elezione del Generale. Saverio lasciò il suo voto in iscritto prima di salpare per l’india. Tutti, eccetto Ignazio, votarono per il Fondatore. Dietro le reiterate insistenze di tutti i compagni, Ignazio finalmente accettò l’incarico, che per comune decisione, doveva essere a vita!
Primo suo compito fu quello di scrivere le Costituzioni del nuovo Ordine, il cui nome era – e doveva rimanere – « Compagnia di Gesù », il cui spirito animatore doveva essere quello degli Esercizi spirituali: la maggior gloria di Dio (AMDG: « Ad maiorem Dei gloriam ») e il maggior servizio delle anime.
Quanto alla parte pratica riguardante la vita religiosa, ignazio non ebbe fretta, volendo egli stesso imparare dall’esperienza. E così la parola « fine » non arrivò mai, pensando sempre a qualche novità da aggiungere o cambiare. Le Costituzioni furono perciò pubblicate postume, e senza conclusione.
Il nuovo stile libero di vita religiosa non piacque a tutti nella chiesa. Lo stesso Cardinale Carafa, cofondatore dei Teatini (insieme a S.Gaetano Thiene) ripeteva: « Ma che religiosi siete se non avete neppure il canto e la preghiera corale’? ». E fatto papa col nome di Paolo IV, si astenne dall’intervenire finché visse Ignazio. Poi introdusse la preghiera corale anche tra i Gesuiti. La quale però fu tolta dal suo successore, e si tornò allo stile voluto da Ignazio.
La morte di un Santo
Ignazio soffriva da tempo di gravi disturbi all’apparato digerente, ma i medici non diagnosticarono mai l’origine del suo malessere. Solo dopo la sua morte gli furono scoperti tre grossi calcoli nel fegato. Eppure il santo non smise mai di lavorare, nonostante i laucinanti dolori.
Quando finalmente fu costretto a letto, ridotto in fin di vita, chiese gli ultimi sacramenti. Chiesto il parere del medico curante, il segretario P.Polanco disse a Ignazio di non esserci urgenza.
L’ultima notte, Ignazio, sentendo approssimarsi la fine, pregò il Polanco di recarsi dal S.Padre (Paolo IV) e chiedergli la benedizione « in articulo mortis « . Di nuovo il Polanco si consultò col medico, che rispose la morte non essere imminente. E tutto fu rimandato al giorno dopo.
Ma all’alba del nuovo giorno, 31 luglio 1556, Ignazio entrò in agonia. Polanco, avvisato, si affrettò al palazzo del Papa, che dette di cuore la sua benedizione per il morente. Polanco tornò di corsa a casa, ma quando vi giunse Ignazio era già spirato.
La notizia si sparse subito per tutta Roma: « E’ morto il santo! », si ripeteva ovunque. Sì, Ignazio era morto da santo, nel dolore e nella solitudine, abbandonato al volere totale del suo Dio, secondo le parole della sua preghiera di offerta: « Prendi, o Signore, e accetta tutta la mia libertà, la memoria, l’intelletto e ogni mia volontà… »
L’offerta era stata davvero totale fino a quest’ultimo, in cui non nessuno dei suoi figli era accanto al suo letto, eccetto il religioso che lo aveva vegliato per la notte.
Ignazio fu canonizzato il 12 marzo del 1622 insieme a S.Francesco Saverio, S.Filippo Neri, S.Teresa d’Avila e S.Isidoro il contadino. Di lui fu detto: « Aveva il cuore più grande del mondo ».