GESÙ CRISTO: QUELL’INSAZIABILE SETE DI VERITÀ E DI BELLEZZA
http://www.vatican.va/jubilee_2000/magazine/documents/ju_mag_01121997_p-57_it.html
L’ANNO DI CRISTO: TESTIMONIANZE E IMMAGINI
GESÙ CRISTO: QUELL’INSAZIABILE SETE DI VERITÀ E DI BELLEZZA
George Weigel
Se Gesù Cristo è la risposta all’interrogativo insito in ogni vita umana – come Giovanni Paolo II ha così eloquentemente insegnato – allora qual è l’interrogativo che pone la mia vita e per il quale Gesù Cristo costituisce la risposta? La grande questione della mia vita – la grande questione di ogni vita – è la questione della salvezza. Siamo nati con una insaziabile sete di verità, di bontà e di bellezza. Ma dal momento in cui varchiamo le soglie dell’età adulta impariamo, spesso a nostre spese, che quella sete non può essere soddisfatta da questo mondo. E tuttavia la sete persiste. Amiamo e tuttavia aneliamo ad un amore totale. Comprendiamo e tuttavia vorremmo capire più a fondo. Di fronte alla bellezza restiamo sgomenti, ma ogni bellezza terrena svanisce. Pecchiamo, ci pentiamo, sperimentiamo il perdono: eppure vorremmo vivere una nuova vita, purificata dalla colpa. Tutto questo significa che cerchiamo la redenzione, una redenzione che ci trasformi al punto di diventare davvero « uomini nuovi ».
Gesù Cristo è per me, innanzitutto e al di sopra di tutto, il mio salvatore: il redentore del mondo, il redentore dell’uomo. Nella conversione a Cristo veramente nasciamo a nuova vita. Quando fui battezzato in Cristo il 29 aprile 1951, mi fu offerto il dono della salvezza: non per merito mio, ma per mezzo della vera grazia di Dio. E la grazia è un dono incessante. Nell’Eucarestia, nel Sacramento della Riconciliazione, nella vita sacramentale del matrimonio, sono costantemente conformato a Cristo che mi invita alla comunione con la SS. Trinità, nella quale solo troverò la pienezza di verità, bontà e bellezza – la redenzione – cui anelo.
La mia esperienza di Gesù Cristo vivo è stata, ed è, mediata per me attraverso la cultura: all’inizio, quando ero bambino, dalla cultura della famiglia, attraverso l’esempio dei miei genitori. Più tardi arrivai a conoscere meglio Cristo attraverso la cultura della parrocchia, della scuola e delle organizzazioni ecclesiali. Successivamente la mia conoscenza di Cristo fu approfondita con lo studio della teologia. Ma queste « mediazioni » culturali del Cristo vivente devono sempre condurre ad un incontro personale con il Signore – a quella che i nostri fratelli protestanti definiscono « l’esperienza personale di Gesù Cristo ». Questo incontro personale avviene nella preghiera, nei sacramenti, nelle tante e sorprendenti, talvolta inquietanti, spoglie in cui il Signore si presenta a me nel mondo degli uomini. In qualunque momento e ovunque lo incontri, tuttavia, è la Persona di Gesù Cristo che mi viene incontro in risposta a quell’interrogativo che è la mia vita.
Il Signore definisce se stesso via d’accesso; ciò significa per me che Gesù Cristo è il portale della Chiesa, suo corpo mistico. Configurarsi a Cristo nel Battesimo, nella Cresima e nella SS: Eucarestia non è un privilegio di pochi: è l’autentica incorporazione nella comunità, la comunione dei santi. « Assumere » Gesù Cristo equivale dunque ad « assumere » la Chiesa stessa.
La mia relazione personale con Gesù Cristo, il redentore, implica dunque un impegno nei confronti della sua Chiesa. È questa la mia prima comunità, fedele e vincolante. In primo luogo sono un cittadino, un intellettuale ed anche un marito e un padre, sono un membro del Corpo di Cristo e qui risiede il locus più profondo del mio vincolo. Ma proprio perché incorporarsi a Cristo non è un privilegio privato, l’incorporazione nella comunione della sua Chiesa non è un viaggio nelle catacombe. Ed è proprio in quanto membro della Chiesa che io posso essere quel genere di marito, di padre, di cittadino, di pensatore e di scrittore che devo essere. Proprio perché esiste la Chiesa, non per se stessa ma per l’evangelizzazione del mondo, la mia appartenenza alla Chiesa non è un patrimonio da nascondere, ma un dono da elargire al servizio di coloro che il Signore ha posto al mio fianco come compagni di vita.
Tutto questo potrebbe apparire facile, ma di fatto non lo è. Assumere Gesù Cristo significa intraprendere con il Signore il cammino della Croce. Vuol dire imparare, giorno dopo giorno, che la realizzazione di sé si compie solo attraverso l’abbandono di sé. E’ imparare, andando controcorrente rispetto alla cultura contemporanea, che il dono di sé, non l’ « auto-stima », rappresenta la verità della vita. Vuol dire, in ultima analisi, apprendere che il mistero pasquale di morte e resurrezione non è semplicemente qualcosa che avvenne duemila anni fa; esso è piuttosto l’autentica dimensione della realtà così come fu creata, redenta e santificata da Dio.
La cristianità non può essere – a mio avviso – definita in modo appropriato come un sub-strato di quel fenomeno umano universale che chiamiamo « religione ». « Religione » così come la si intende nella cultura odierna (con la sua recente apertura alla « spiritualità ») è l’uomo alla ricerca di Dio. La cristianità è Dio in cerca dell’uomo. O, per definirla più correttamente con Hans von Balthasar, «La religione è il mondo in viaggio verso Dio. La Cristianità è Dio in viaggio verso il mondo, e coloro che credono in Lui che seguono la stessa direzione».
Questa verità viene a bussare prepotentemente alle nostre porte proprio a Natale. È la stessa che gli angeli annunciarono ai pastori nelle campagne sopra Betlemme: Dio, per raggiungere il mondo, si era fatto uomo così da poter entrare pienamente nel dolore del mondo per trasformarlo in gioia. È questo il viaggio che i pastori sono invitati a intraprendere: andare a trovare Dio, non nello splendore di un corteo angelico nei cieli, ma « avvolto in fasce che giaceva in una mangiatoia ».
Approssimarsi al Natale coi pastori è dunque riconoscere che Gesù Cristo è anche, e sempre, uno scandalo. Il Verbo Incarnato, per mezzo del quale tutte le cose sono state create, sottomette se stesso e la sua libertà ad un vincolo di natura umana. Tale mistero sarà più profondo, come lo scandalo di Cristo, fra Natale e la Settimana Santa: poiché il fanciullo di Betlemme diventerà un segno di contraddizione per un mondo che lo rifiuterà, lo insulterà ed infine lo ucciderà.
Ma quel mistero, quello scandalo che è Gesù Cristo non finisce con la sua morte. Poiché il figlio di Dio continua il suo viaggio verso quella parte del « mondo » dove il mondo non è mai stato: il regno dei morti che attendono la redenzione: Ed è qui che il sacrificio totale del Figlio è riscattato dal padre nella Resurrezione di Gesù che, come Cristo Risorto, manda il suo Spirito così che tutti noi possiamo condividere la vita nuova che è il frutto della sua morte salvifica. Non si tratta semplicemente di uno dei tanti esempi di religione come Gesù Cristo non è solo uno dei tanti uomini santi. Questa è la verità del mondo o la più folle fra le umane rivendicazioni.
(CENNI BIOGRAFICI – George Weigel è Docente presso l’Ethics and Public Policy Center di Washington, D.C. Fra le sue opere più signficative: The Final Revolution and the Collapse and Soul of the World: Notes on the Future of Public Catholicism. Attualmente sta lavorando ad una biografia di Giovanni Paolo II, che sarà pubblicata nell’ottobre del prossimo anno.)