RISCOPERTA, RIPRISTINO E SVILUPPI DELLA PREGHIERA UNIVERSALE (Matias Augé)
dal sito:
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RISCOPERTA, RIPRISTINO E SVILUPPI DELLA PREGHIERA UNIVERSALE
Matias Augé
Scopo di queste pagine è illustrare come si è arrivati alla riscoperta dell’antica «preghiera dei fedeli»[1], chiamata anche preghiera «comune» o meglio ancora «universale», il suo recente ripristino nella liturgia romana e gli ulteriori sviluppi che essa ha conosciuto nei diversi documenti della Chiesa.
1. La riscoperta della «preghiera universale»
C’è un certo consenso tra gli autori per quanto riguarda l’esistenza nella messa romana dei primi sei secoli di una preghiera di supplica per intenzioni varie, collocata dopo la proclamazione del vangelo (e l’omelia) e prima dell’offertorio o preparazione dei doni. Questa preghiera sarebbe scomparsa a metà del secolo VI. Gli studiosi però non coincidono nel modo di spiegare le vicissitudini storiche di questo importante elemento eucologico.
Il problema della natura, struttura e funzione della preghiera universale nell’antica liturgia romana è stato discusso nel corso del secolo XX. Se ne sono occupati diversi studiosi[2]. Ci soffermiamo brevemente su due teorie che hanno meritato un’attenzione particolare, quella di B. Capelle[3] e quella di P. De Clerck[4].
Nella ricerca storica di B. Capelle, il punto di partenza è l’Apologia I di san Giustino, dell’anno 150 circa: la preghiera dei fedeli si fa dopo il vangelo e l’omelia, prima dell’offertorio; si prega «sia per noi stessi, sia per colui che sta per essere illuminato, sia per tutti gli altri, ovunque siano, al fine di essere degni di conoscere la verità, di meritare di essere riconosciuti nei fatti buoni cittadini e custodi dei comandamenti, e di essere ammessi all’eterna salvezza»[5]. In seguito abbiamo la testimonianza della Tradizione apostolica, n. 21 e di altri documenti nel corso dei secoli IV e V, fino a papa Felice III (483-492). Il suo successore, papa Gelasio I (492-496), avrebbe soppresso la preghiera dei fedeli dopo il vangelo, introducendo al suo posto una litania che si ispirava ai modelli greci, collocata però all’inizio della messa e costituita dalla supplica Kyrie eleison cantata dopo ogni invocazione; si tratta della cosiddetta Deprecatio Gelasii. È stato notato che i testi della Deprecatio lasciano più spazio alla menzione delle situazioni umane e delle disposizioni personali degli oranti. Finalmente, Gregorio Magno (590-604) avrebbe eliminato le varie intenzioni e lasciato solo il ritornello Kyrie eleison, più Christe eleison, come semplice acclamazione. L’adozione della Deprecatio Gelasii potrebbe spiegare la presenza, in alcuni formulari di messe dei più antichi Sacramentari (la raccolta di Verona e il Gelasiano antico), di una seconda orazione prima della preghiera sulle offerte; poteva infatti trattarsi di un’oratio post precem, preghiera sacerdotale che concludeva la Deprecatio.
Capelle nota, inoltre, che la preghiera dei fedeli non era un rito specificamente romano, ma lo si trovava dappertutto, in Occidente e in Oriente. Il parallelismo più impressionante, secondo lo studioso, è la preghiera dei fedeli dei libri II e VIII delle Costituzioni apostoliche, dove troviamo l’articolazione: pro… oremus… ut, che ricorda la struttura delle Orationes sollemnes del venerdì santo della liturgia romana, unica testimonianza della preghiera dei fedeli che sarebbe rimasta nel libri romani.
Secondo De Clerck, che mette in discussione alcuni elementi della tesi di Capelle, nella liturgia romana esisteva certamente una preghiera, che egli chiama «universale», tra il vangelo e l’offertorio, rimasta fino al secolo VI, quando sarebbe sparita per la concorrenza della litania processionale che precedeva la messa. Il Kyrie, sorto però come pezzo autonomo, sarebbe divenuto l’acclamazione finale aggiuntiva della litania. Nei giorni nei quali non si celebrava la litania, tale acclamazione avrebbe conservato la sua naturale autonomia; scomparsa definitivamente la litania, il Kyrie avrebbe ricuperato stabilmente la sua indipendenza.
Sia la teoria di B. Capelle che quella di P. De Clerck, di cui abbiamo dato una brevissima sintesi, hanno dei punti deboli messi in rilievo da diversi autori e ripresi, recentemente, da V. Raffa, secondo cui la notizia sulla preghiera dei fedeli trovata nelle Apologie di Giustino e meno chiaramente nella Tradizione apostolica, ha una sua propria spiegazione. Al tempo di Giustino non esisteva ancora a Roma una preghiera eucaristica stabilizzata, capace di albergare anche le intercessioni. Il testo della Tradizione apostolica, a parte che ormai non è accettata da tutti la sua rappresentatività della tradizione romana, menziona una preghiera dei fedeli a proposito di una celebrazione che non si sa fino a che punto rifletta la prima parte della messa. Delle altre testimonianze citate non si può escludere che si riferiscano alle intercessioni del canone della messa[6]. Da parte sua, però, A. Nocent e altri autori affermano che la preghiera universale o dei fedeli e le intercessioni anaforiche sono due realtà molto differenti: la preghiera universale propone (enuncia) delle domande, mentre le intercessioni elencano le intenzioni per le quali si offre il sacrifico eucaristico. Le due preghiere quindi hanno potuto coesistere senza porre dei problemi particolari[7].
Per quanto riguarda la Deprecatio Gelasii, K. Gamber, che ne ha pubblicato i testi, A. Chavasse e altri hanno provato che essa non aveva come risposta il Kyrie, ma: Dicamus omnes: Domine exaudi et miserere, o anche: Praesta Domine praesta[8]. Ci sono altri elementi nella storia della preghiera universale sui quali gli autori divergono. Bastano però questi pochi segnalati per farsi carico della problematica.
Le prime manifestazioni in favore della restaurazione o ripristino della preghiera universale sono degli anni ’50 del secolo scorso[9], però è attorno al 1960 che gli studi di J.-B. Molin fanno delle proposte concrete al riguardo[10]. Le proposte del Molin poggiano sulla sopravvivenza della preghiera dei fedeli nelle cosiddette «prières du prône» medioevali. Agli inizi del secolo X, troviamo un invito rivolto al popolo, dopo il sermone delle domeniche e feste, a pregare per diverse intenzioni. Questo costume si è diffuso nel corso del Medioevo; lo troviamo attestato in parecchie diocesi di Francia, Inghilterra, Germania e anche d’Italia. Nei paesi di lingua francese, le suddette preghiere si chiamavano appunto «prières du prône» (prône: cancellata che separava il coro dalla nave). V. Raffa afferma però che nessuna prova esiste sul fatto che queste preghiere del sermone siano, almeno nell’ambito della messa, la continuazione presbiterale della preghiera universale antica della liturgia papale[11].
Come abbiamo visto, le opinioni degli studiosi sull’origine e gli sviluppi della preghiera dei fedeli non sempre combaciano. In ogni modo, c’è un certo consenso per quanto riguarda l’esistenza nella messa romana dei primi sei secoli di una preghiera per intenzioni varie. Il Concilio Vaticano II ha raccolto il desiderio espresso a più riprese da diversi studiosi ripristinando l’antica preghiera dei fedeli o preghiera universale. In un lungo e documentato studio, F. Dell’Oro afferma che in realtà il contesto nel quale è stato realizzato il ripristino di questa preghiera è fondamentalmente quello caratterizzato dallo sviluppo dell’Ordo missae romano in area franco-germanica e che pertanto corrisponde alla seconda fase dello sviluppo della preghiera dei fedeli, cioè quella che va dal secolo IX/X in poi[12].
2. Il ripristino della «preghiera universale»
La Costituzione conciliare sulla liturgia così determina:
«Sia ripristinata dopo il vangelo e l’omelia, specialmente la domenica e le feste di precetto, la “preghiera comune” o “dei fedeli”, in modo che, con la partecipazione del popolo, si facciano preghiere per la santa Chiesa, per coloro che ci governano, per coloro che si trovano in varie necessità, per tutti gli uomini e per la salvezza di tutto il mondo» (SC 53).
La natura di questa orazione la si ricava dalla tradizione liturgica ed è fondata nel precetto paolino, a cui il testo conciliare rimanda:
«Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possano condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio» (1Tm 2,1-2).
Nelle successive redazioni, che furono oggetto dello studio dei padri conciliari fino alla promulgazione del testo di SC 53 (nelle due prime redazioni, n. 40), ci sono state alcune varianti significative. Nelle due prime redazione si prescriveva questa preghiera «saltem diebus dominicis et festis de praecepto»; nelle due ultime redazioni, invece, si dice: «praesertim diebus dominicis e festis de praecepto». Non si esclude, quindi, che la nostra preghiera possa essere recitata in ogni celebrazione con la partecipazione del popolo. Le altre varianti riguardano una migliore e più ampia esplicitazione, nelle ultime due redazioni, del contenuto di questa preghiera[13].
A pochi giorni di distanza dalla creazione del Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, è stato redatto un abbozzo di riforma generale della liturgia, che si ritrova sostanzialmente nella stesura definitiva del «Piano generale per la riforma liturgica», un fascicolo presentato a Paolo VI il 15 marzo 1964. Per quanto riguarda il Messale, vi troviamo la «Preghiera comune o dei fedeli». Questo era il titolo iniziale; poi, a evitare ambiguità (ogni preghiera liturgica «comune» è «dei fedeli»), fu cambiato in «universale», in riferimento alla natura di questa preghiera[14]. Notiamo però che, come vedremo più avanti, nei documenti posteriori la terminologia ha continuato a essere diversificata: preghiera comune, universale o dei fedeli[15].
Nove mesi dopo la promulgazione di SC, l’Istruzione della Sacra Congregazione dei Riti Inter Oecumenici (26.09.1964), preparata per incarico di Paolo VI dal Consilium, contiene, al n. 56, alcune norme pratiche e provvisorie per l’applicazione di SC 53. Tre anni dopo, l’Istruzione Eucharisticum Mysterium (25.05.1967) della Sacra Congregazione dei Riti e del Consilium stabilisce, al n. 28, che nelle messe domenicali e festive anticipate alla sera del giorno precedente si celebri la messa indicata nel calendario per la domenica o per il giorno festivo, «senza affatto omettere l’omelia e l’orazione dei fedeli».
Il Consilium pubblicò alcune norme corredate di modelli per la preparazione della preghiera universale. Stampate prima «pro manuscripto», il 13 gennaio 1965, nel fascicolo: De oratione communi seu fidelium. Eius natura, momentum ac structura. Criteria atque specimina ad experimentum Coetibus territorialibus Episcoporum proposita, di pp. 32; in seguito nel volume: De oratione communi seu fidelium. Natura, momentum ac structura. Criteria atque specimina Coetibus territorialibus Episcoporum proposita, Typis Polyglottis Vaticanis, Città del Vaticano 1966, pp. 102. Quest’ultima edizione si distingue da quella «pro manuscripto» soltanto per i 54 schemi disposti secondi i tempi liturgici. Scopo del sussidio era di educare le assemblee eucaristiche a questa nuova forma di preghiera introdotta nella liturgia della messa[16].
Da segnalare ancora che nel sussidio: Cantus, qui in Missali Romano desiderantur, iuxta instructionem ad exsecutionem Constitutionis de sacra liturgia recte ordinandam et iuxta ritum concelebrationis, Typis Polyglottis Vaticanis, Città del Vaticano 1965, pubblicato dalla Sacra Congregazione dei Riti e dal Consilium, ed entrato in vigore il 7 marzo 1965, sono proposti alcuni toni per il canto della preghiera dei fedeli[17].
Aggiungiamo ancora che il gruppo di esperti del Consilium, incaricato della revisione delle litanie dei santi, notava che l’ultima parte delle litanie dei santi corrispondeva alla preghiera universale. Si proponeva, quindi, che nelle messe in cui si dicono le litanie, l’ultima parte delle stesse tenga il posto della preghiera universale, presentando intenzioni che riguardino sia il bene della Chiesa e del mondo, sia le persone e le cose per le quali si compie il rito, cioè i battezzati nella veglia pasquale, gli ordinandi, la chiesa o l’altare che vengono dedicati, ecc.[18].
Nel primo schema della cosiddetta «messa normativa», si diceva che la preghiera dei fedeli era un elemento strutturale e stabile della celebrazione, da non omettersi «in nessuna celebrazione, neppure nei giorni feriali e, in forma opportunamente adattata, neppure nelle messe private»[19].
Come si sa, la messa normativa è stata presentata e celebrata «ad experimentum» nel corso del Sinodo dei vescovi del 1967. Dopo questa dimostrazione, sono stati rivolti ai padri sinodali alcuni quesiti su questa messa. Nelle risposte dei padri, troviamo la seguente osservazione un po’ particolare sull’argomento di cui ci occupiamo:
«2. Osservazioni sulla liturgia della parola:
e) La preghiera universale non sembra necessaria in tutte le messe; si potrebbe fare dopo la comunione»[20].
La proposta non ha avuto un seguito.
3. La «preghiera universale» nelle diverse edizioni del Missale Romanum promulgato da Paolo VI
Con la Costituzione apostolica Missale Romanum di Paolo VI (03.04.1969) viene promulgato il nuovo Messale, introdotto dall’IGMR, dove, sotto il nuovo titolo «La preghiera universale» (Oratio universalis), i nn. 45-47 ne determinano natura, struttura e caratteristiche. Anzitutto la natura teologica:
«Nella preghiera universale, o preghiera dei fedeli, il popolo, esercitando la sua funzione sacerdotale, prega per tutti gli uomini». Si afferma poi che «è conveniente che nelle messe, con partecipazione di popolo, vi sia normalmente questa preghiera». In seguito, viene indicata la successione delle intenzioni: per le necessità della Chiesa; per i governanti e la salvezza di tutto il mondo; per quelli che si trovano in difficoltà; per la comunità locale. Le tre prime intenzioni le abbiamo trovate indicate in SC 53; ad esse si associa ora l’intenzione per la comunità locale con l’aggiunta che, in determinate celebrazioni (confermazione, matrimonio, esequie…), la successione delle intenzioni può venire adattata alla circostanza[21]. Finalmente, riprendendo e completando quanto aveva deciso Inter Oecumenici, viene determinata la struttura celebrativa: il sacerdote che presiede la celebrazione guida la preghiera, invitando, con una breve e adeguata monizione, i fedeli a pregare, e la conclude con un’apposita orazione. Le varie intenzioni sono proposte da un diacono o da un cantore o da qualche altra persona. L’assemblea esprime la sua preghiera con un’invocazione comune o pure pregando in silenzio.
In Appendice, il Missale contiene alcuni schemi o formulari (specimina) per la preghiera universale: due formulari generali, otto per i diversi tempi dell’anno liturgico (dall’Avvento al tempo ordinario), e uno per le messe dei defunti.
Nella seconda edizione tipica del Missale Romanum, apparsa il 26 marzo 1975, i numeri dell’IGMR che a noi interessano non hanno subito dei cambiamenti. Non così nella terza edizione tipica del Missale Romanum del 2002/2008, in cui l’Institutio è stata notevolmente modificata: i nn. 69-71 dell’IGMR, corrispondenti ai nn. 45-47 delle due edizioni anteriori, sono stati arricchiti con alcuni significativi elementi. Sul piano teologico, si aggiunge che con questa preghiera, «il popolo risponde in certo modo (quodammodo respondet) alla parola di Dio accolta con fede». Sul contenuto delle intenzioni, si dice che «siano sobrie, formulate con una sapiente libertà e con poche parole, ed esprimano le intenzioni di tutta la comunità». Per quanto concerne la struttura celebrativa, si precisa che il sacerdote guida la preghiera «dalla sede» e che le intenzioni si leggono «dall’ambone o da altro luogo conveniente». Altra novità della terza edizione del Missale è che nell’Appendice I si offrono alcuni toni gregoriani da adoperare nel canto della preghiera dei fedeli, particolarmente per l’invito e per l’acclamazione.
Notiamo che l’OLM del 1981, nelle premesse, aveva già interpretato la preghiera universale come una sorta di «risposta» alla parola di Dio proclamata: «Nella preghiera universale l’assemblea dei fedeli, alla luce della parola di Dio, alla quale in un certo modo risponde (quodammodo respondet), prega…» (OLM 30). L’IGMR della terza edizione tipica del Missale non ha fatto altro che riproporre quanto scritto nel suddetto OLM.
Alla fine di questo percorso, la novità più significativa è che per la prima volta i documenti ufficiali, l’OLM del 1981 e l’ultima edizione dell’IGMR sopra citati, fanno riferimento alla preghiera universale interpretata come «risposta» alla parola di Dio proclamata. Negli studi del settore e nella prassi pastorale, tale tendenza era emersa da tempo. Già nel 1964, A. Nocent, dopo aver ricordato lo svolgimento dell’azione liturgica descritto da Giustino (ascolto della parola di Dio, risposta dei partecipanti, omelia, preghiera comune dell’assemblea), affermava che la preghiera comune è «il frutto e l’esito dell’attività dinamica della parola di Dio proclamata e accolta. Essa è un zampillio di vita, un effetto dell’attuale presenza del Signore che oggi ha parlato e a cui si risponde con la preghiera»[22]. Lo stesso autore, vent’anni circa dopo, indicherà come prima caratteristica della preghiera universale il «mantenere il legame con le letture»[23]. L’opinione del Nocent è stata accolta da altri autori e ha avuto un certo esito nella prassi pastorale nonché, come abbiamo detto sopra, nei documenti ufficiali.
Nel 1983, P. De Clerck, coerentemente con quanto aveva affermato nei suoi studi precedenti, prese una posizione critica al riguardo della tendenza a concepire la preghiera universale come «risposta» alla Parola proclamata[24]. Secondo lo studioso, il problema sta nel sapere se la preghiera universale è la chiusura o meno della liturgia della Parola. Le testimonianze di Giustino e della Tradizione apostolica la presentano, piuttosto, come inizio della liturgia eucaristica. Secondo questi documenti, dopo il lavacro battesimale, i neofiti sono condotti «nel luogo in cui ci riuniamo per pregare in comune con fervore» (Giustino) e sono ammessi a pregare «insieme con i fedeli» (Tradizione apostolica). Il De Clerck rileva che questo è il significato originario della «preghiera dei fedeli», almeno in Oriente: quando i catecumeni sono stati congedati, i fedeli (che qui significa: coloro che hanno ricevuto il battesimo) rivolgono al Signore la loro preghiera. Se la distinzione tra la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica è chiarificatrice, e quindi opportuna, non serve però farne due blocchi distinti. In questo modo si renderebbe più difficile il movimento d’insieme che deve caratterizzare la celebrazione eucaristica.
Più recentemente, V. Raffa, pur considerando la preghiera universale come conclusione naturale della liturgia della Parola, afferma che può essere considerata anche come «cerniera» fra le due parti della messa. Infatti, la parola di Dio ha sempre un carattere universalistico e quindi orienta a interessarsi della situazione dei bisogni dell’intera famiglia umana. L’Eucaristia, poi, è il sacrificio offerto dalla Chiesa per tutti gli uomini[25].
4. Conclusioni
Ci siamo limitati a illustrare in modo sintetico le origini, il ripristino e gli ulteriori sviluppi della preghiera universale o dei fedeli della messa. Abbiamo visto che le origini e primi sviluppi storici della nostra preghiera sono interpretati in modi alquanto diversi dagli autori. Il suo ripristino, auspicato da molti, è stato deciso dal Vaticano II. A. Bugnini ha scritto al riguardo:
«L’orazione comune è la “perla preziosa” che la restaurazione liturgica restituisce al “santo popolo di Dio”, secondo formulari già in uso, o stabiliti dalla competente autorità»[26].
Dall’insieme della documentazione liturgica si deduce una certa evoluzione terminologica che testimonia il desiderio di far sì che anche i termini contribuiscano a individuare meglio questo particolare tipo di preghiera. Senza arrivare a una terminologia unitaria, negli ultimi documenti – noi abbiamo citato solo i principali – prevale l’espressione «preghiera universale», da sola o anche abbinata a quella di «preghiera dei fedeli»[27].
Per quanto concerne la natura teologica della preghiera universale, bisogna attendere la pubblicazione del Missale Romanum del 1970 con l’Institutio che lo precede. Nelle sue diverse edizioni, l’IGMR, come anche le premesse all’OLM, hanno messo in rilievo due caratteristiche principali della preghiera universale: si tratta di una preghiera in cui il popolo esercita la sua funzione sacerdotale e, inoltre, risponde in certo modo alla parola di Dio accolta con fede. La preghiera universale è preghiera del popolo sacerdotale, cioè riservata a coloro che hanno ricevuto il Battesimo e l’unzione dello Spirito Santo e fanno parte perciò del popolo che in Cristo ha accesso al Padre e partecipa della sua mediazione. L’esercizio di questa funzione sacerdotale ha una manifestazione concreta, non unica naturalmente, in questo particolare momento della celebrazione. In una simile prospettiva acquisterebbe tutto il suo valore e significato la terminologia «preghiera dei fedeli»[28].
La preghiera universale è supplica a Dio, non quindi adorazione, rendimento di grazie, e meno ancora predica o catechesi. In essa si chiedono a Dio beni soprattutto universali, pur non essendo esclusa l’intercessione per l’assemblea celebrante. Perciò giustamente F. Dell’Oro afferma che una delle condizioni necessarie alla maturazione armoniosa della preghiera universale è oggi lo studio teologico della preghiera di domanda[29].
A. Catella, nel contesto di alcune linee storiche concernenti il sorgere e l’evolversi della celebrazione delle tempora nella liturgia romana (non escluso il Vaticano II), ha presentato la proposta dell’Orazionale edizione CEI confrontandola con la tradizione e facendo di questa innovazione postconciliare una lettura «moderna» alla quale dovrebbero essere opportunamente iniziati gli utenti dell’«Orazionale per la preghiera dei fedeli»[30].
Nei diversi Ordines, pubblicati dopo il Vaticano II, la preghiera dei fedeli non è un elemento eucologico esclusivo della messa, ma è prevista anche nella celebrazione dei sacramenti, nel rito della professione religiosa, nel rito delle esequie, nella celebrazione della Liturgia delle Ore, ecc.
Per quanto riguarda la Liturgia delle Ore, De Clerck, dopo aver notato che la storia esaustiva sulla tipologia della preghiera universale non può limitarsi solo alla messa, afferma che dovrebbe avere uguale attenzione per le preghiere litaniche dell’Ufficio divino. Lo studioso aggiunge che si tratta di una questione abbastanza «embrouillé»[31]. Le attuali preci delle lodi e dei vespri sono formulate in modo diverso della preghiera universale della messa: quelle delle lodi sono principalmente dirette a dedicare a Dio la giornata che inizia, invocando (da qui il nome di «invocazioni») il suo aiuto e la sua benedizione sulle occupazioni che la riempiranno e sulle persone che si incontreranno. Le preci dei vespri sono soprattutto «intercessioni» per le necessità di tutto il popolo di Dio; l’ultima intercessione è sempre per i defunti[32].
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[1] Le sigle più frequentemente ricorrenti sono: IGMR = Institutio generalis Missalis Romani (diverse edizioni); OLM = Ordo lectionum Missae, Editio typica altera (21.01.1981); SC = Sacrosanctum Concilium (4.12.1963); CEI = Conferenza episcopale italiana.
[2] Una bibliografia abbondante e una sintesi delle diverse opinioni si trova in V. Raffa, Liturgia eucaristica. Mistagogia della messa: dalla storia e dalla teologia alla pastorale pratica, CLV-Ed. Liturgiche, Roma 2003, pp. 348-374 (nuova edizione ampiamente riveduta e aggiornata secondo l’editio typica tertia del Messale Romano).
[3] Cf. B. Capelle, Le Kyrie de la messe et le pape Gélase, in «Revue bénédictine» 46 (1934) 126-144; Id., Le pape Gélase et la messe romaine, in «Revue d’histoire ecclésiastique» 35 (1939) 22-34; Id., L’œuvre liturgique de S. Gélase, in «Journal of Theological Studies» 52 (1951) 129-144; Id., Innocent Ier et le canon de la messe, in «Recherches de Théologie ancienne et médiévale» 19 (1952) 5-16; Id., L’intercession dans la messe romaine, in «Revue bénédictine» 65 (1955) 181-191; tutti questi studi si possono trovare riuniti in Id., Travaux liturgiques de doctrine et d’histoire, vol. 2, Abbaye di Mont César, Louvain 1962.
[4] Cf. P. De Clerck, La «prière universelle» dans les liturgies anciennes. Témoignages patristiques et textes liturgiques, Aschendorf, Münster Westf. 1977. Un’ampia sintesi di questa importante opera si trova in F. Dell’Oro, La «preghiera universale» nelle liturgie latine antiche, in «Rivista Liturgica» 67 (1980) 683-726. Si veda anche P. De Clerck, Prière universelle et appropriation de la Parole, in «La Maison-Dieu» 153 (1983) 113-131; Id., Les prières d’intercession. Les rapports entre Orient et Occident, in «La Maison-Dieu» 183/184 (1990) 171-189.
[5] Apologia I, 65,1, in Giustino, Apologie, a cura di G. Girgenti, Rusconi, Milano 1995, p. 167, cf. anche 67,5.
[6] Cf. Raffa, Liturgia eucaristica, cit., pp. 352-368.
[7] Cf. A. Nocent, La prière commune des fidèles, in «Nouvelle Revue Théologique» 86 (1964) 948-964 (qui p. 963).
[8] Cf. A. Chavasse, A Rome, au tournant du Ve siècle, additions et remaniements dans l’Ordinaire de la Messe, in «Ecclesia Orans» 5 (1988) 25-44.
[9] Cf. B. Opfermann, Um die Erneuerung des Fürbittengebetes in der Messfeier, in «Bibel und Liturgie» 18 (1951) 243-248; P.-M. Gy, Signification pastorale des prières du prône, in «La Maison-Dieu» 30 (1952) 125-136.
[10] Cf. J.-B. Molin, L’«oratio fidelium», ses survivances, in «Ephemerides Liturgicae» 73 (1959) 310-317; Id., Comment redonner pleine valeur aux prières du prône, in «Paroisse et liturgie» 42 (1960) 285-300; Id., Enquêtes historiques, in J.-B. Molin – T. Maertens , Pour un renouveau des prières du prônes, Apostolat liturgique, Bruges 1961, pp. 11-44; Id., Les prières du prône en Italie, in «Ephemerides Liturgicae» 76 (1962) 39-42; Id., L’«oratio communis fidelium» au moyen âge en Occident du X au XV siècle, in Miscellanea liturgica in onore si S.E. il Cardinale Giacomo Lercaro, vol. 2, Desclée, Roma 1967, pp. 313-468.
[11] Cf. Raffa, Liturgia eucaristica, cit., p. 367 in nota.
[12] Cf. F. Dell’Oro, La preghiera dei fedeli: tradizione o innovazione?, in «Rivista Liturgica» 74 (1987) 9-70.
[13] Cf. F. Gil Hellín (ed.), Constitutio de Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium (Concilii Vaticani II Synopsis), LEV, Città del Vaticano 2003, pp. 158-159.
[14] Cf. A. Bugnini, La riforma liturgica (1948-1975). Nuova edizione riveduta e arricchita di note e di supplementi per una lettura analitica, CLV-Ed. Liturgiche 1997, p. 77.
[15] Raffa preferisce la denominazione «preghiera dei fedeli», più idonea a distinguere questo genere da quello della preghiera presidenziale, la quale potrebbe definirsi, a un titolo più particolare, preghiera universale e comune in quanto viene formulata dal presidente a nome di tutti e della comunità presente. Cf. Raffa, Liturgia eucaristica, cit., pp. 369-370.
[16] Cf. Bugnini, La riforma liturgica, cit., pp. 126 e 253.
[17] Cf. ibid., p. 131.
[18] Cf. ibid., p. 326.
[19] Cf. ibid., p. 341.
[20] Cf. ibid., p. 351.
[21] La problematica che riguarda le messe per gruppi particolari è stata affrontata dal Consilium nel 1968. Tra le proposte vi troviamo la seguente: «c) Preghiera dei fedeli: può essere adattata, ma non manchino mai le intenzioni universali» (Bugnini, La riforma liturgica, cit., p. 427).
[22] Nocent, La prière commune des fidèles, cit., p. 950.
[23] A. Nocent, Storia della celebrazione dell’Eucaristia, in Anàmnesis 3/2, Marietti, Casale M. 1983, p. 222.
[24] Cf. De Clerck, Prière universelle et appropriation, cit., pp. 113-131.
[25] Cf. Raffa, Liturgia eucaristica, cit., pp. 370-371.
[26] Bugnini, La riforma liturgica, cit., pp. 805.
[27] Più documentazione la si può trovare nello studio di M. Sodi, La preghiera universale o dei fedeli nella normativa dei libri liturgici, in «Rivista Liturgica» 74 (1987) 82-102.
[28] Cf. P. Sorci, Significato teologico della preghiera dei fedeli, in «Rivista Liturgica» 74 (1987) 71-81.
[29] Cf. Dell’Oro, La «preghiera universale» nelle liturgie latine, cit., p. 726.
[30] Cf. A. Catella, Preghiera dei fedeli e le Quattro Tempora, in «Rivista Liturgica» 74 (1987) 114-123.
[31] Cf. De Clerck, La «prière universelle» dans les liturgies, cit., p. 269.
[32] V. Raffa, Preghiera dei fedeli – Invocazioni – Intercessioni, in «Rivista Liturgica» 74 (1987) 124-141, dopo una concisa descrizione della natura, importanza e struttura della «preghiera dei fedeli» nella messa e delle «invocazioni» alle lodi e delle «intercessioni» ai vespri nella Liturgia delle Ore, sottolinea gli elementi che sono in comune e quelli che sono propri a ciascuno, sia nel contesto del libro liturgico in cui sono inseriti e sia – anzi principalmente – nella stessa azione liturgica. Conclude con alcune «osservazioni pratiche» degne di attenzione e di intelligente valutazione.