Archive pour janvier, 2011

Omelia (per il 1 febbraio 2011 (è il vangelo della XIII domenica del T.O.)

dal sito:

http://www.perfettaletizia.it/archivio/anno-B/XIII_tempo_ordinario.htm

Omelia

per il 1 febbraio 2011 (è il vangelo della XIII domenica del T.O.)

“Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi”, parole, queste, che vanno intese nel senso che Dio non ha posto nei viventi dei meccanismi appositi per farli morire, quasi godendo della beffa. I viventi certo muoiono, ma per un processo di deterioramento, non per la presenza di geni predisposti a farli morire, come qualcuno, già smentito, ha voluto dire. “In esse non c’è veleno di morte”, specifica il testo. Certo, c’è un equilibrio tra i viventi e ci sono processi di selezione nei quali entrano in gioco virus che colpiscono i deboli, ma questo non è per la morte del complesso dei viventi, ma per la vita, affinché rimanga rigogliosa nel tempo. La morte non regna sulla terra, ma vi regna la vita.
Quanto all’uomo, “per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo”, non è stata posta da Dio, poiché, invece “Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità”.
Coloro che appartengono al Maligno fanno l’esperienza della morte, poiché il Maligno è morte, produce morte. Chi vi appartiene è preso dalla morte, poiché sugli empi trionferanno gli abissi degli inferi, cioè gli abissi infernali (Cf. Is 66,24).
Ma, Dio è Dio della vita, promuove la vita, e non ha posto niente di nocivo per l’uomo nella creazione. Con il peccato originale l’uomo ha incontrato la fatica, il disagio, ma la ricerca di sopravanzare gli altri lo ha fatto cercatore e inventore di cose nocive, introducendo nella storia l’offesa e la conseguente difesa. L’uomo nei secoli è entrato in una spirale. Da una parte produrre mezzi per sopraffare, dall’altra fare l’altrettanto per difendersi. Una vera ricerca maniacale ha portato gli uomini alla realizzazione di armi sempre più micidiali e da incubo, fino alle armi atomiche, inconcepibili a sana mente umana, e qui non voglio parlare di malattia psichica, ma di delirio morale. La spirale offesa-difesa si è tanto avvolta che pare che non sia più possibile uscirne; eppure è possibile, ma solo attraverso una cultura della pace, che sia connessa con quella della vita, anzi attraverso una cultura della vita, perché la pace ne è una conseguenza. Chi parla di pace tra i popoli e nello stesso tempo fa la guerra alla vita nascente, non è affatto un uomo di pace, non possiede nessuna cultura della pace, non dovrebbe neppure pronunciare la parola pace.
La spirale offesa-difesa è un dramma dell’uomo peccatore, essa rimane, rimarrà, purtroppo, ma può essere ridimensionata, liberata dai livelli da incubo ai quali siamo giunti, attraverso il cambiamento dei cuori in Cristo: sola vera soluzione.
Quanta morte cerca l’uomo? Pensiamo alla ricerca dell’uomo di droghe, che rovinano mente, cuore e corpo. Pensiamo alla morte inflitta all’ambiente per uno sfruttamento forsennato delle sue risorse.
La morte l’abbiamo introdotta noi ascoltando e continuando ad ascoltare il Maligno; non dobbiamo, con una perfida giravolta mentale, darne la colpa a Dio. Dio è per la vita. Lo vediamo in Gesù. Non solo ci ha dato la vita dell’anima mediante la grazia, ma si è preoccupato della nostra salute. Il Vangelo ce ne parla in maniera dolcissima: Gesù che sana i malati quando vede la fede; e la fede si presenta connessa con l’amore. Giairo amava come buon papà la figliola dodicenne morente e poi immobile nella morte e questo amore gli spiana la strada a credere in Gesù. Così pure l’emorroissa crede perché sa amare. Crede perché non dubita che ci sia l’amore, e lo intravede in Gesù. Non dubita, l’Amore la guarirà. E’ timorosa, non può farsi vedere, la sua condizione la rende immonda. Se si fosse fatta vedere la folla che la conosceva sarebbe fuggita e nel suo pensiero forse anche Gesù. Ma pur sapendo questo, è mossa dalla fede e dall’amore. Crede in Gesù, perché crede nell’amore, nella bontà, nella vita, nella possibilità di vita che Gesù incarna e testimonia coi miracoli.
L’episodio dell’emorroissa va letto bene per non cadere nella sciocchezza di dire che la guarigione avvenne per un fluido che uscì da Gesù. Due sono i tempi della guarigione dell’emorroissa. Il primo per aver toccato il mantello, il secondo per le parole di Gesù. Il primo momento si attua per la sua fede in Dio e il suo concepire come taumaturgico il toccare il mantello del Messia e il flusso di sangue si ferma in conseguenza di una forza che è uscita da Gesù. Qui bisogna fare attenzione. Gesù avverte che una forza è uscita da lui, non per una percezione fisica, ma per la conoscenza intellettuale, che, in quanto Dio, ha comunicato alla sua umanità; tanti lo toccavano in quel momento, e umanamente era impossibile, per di più, rilevare il toccare il mantello. Ma Gesù, Uomo-Dio, è un’unità personale nell’unica Persona, così la persona divina comunicava alla natura umana il fatto. Sapeva anche dell’emorroissa, la sua domanda finalizzata a sapere chi lo avesse toccato è rivolta unicamente a far sì che la persona esca allo scoperto, si presenti. Ed è qui che Gesù con la sua parola sancisce la guarigione: “Figlia la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”. Si potrebbe obiettare: “Non era già stata guarita la donna?”. Ma c’è una dinamica da valutare. C’è un primo momento della guarigione, ed è quello rivolto a sottrarre la donna dallo stato di essere immonda. Questo primo momento le permise di acquisire la possibilità, secondo la legge di Mosè, di avvicinare Gesù e quindi di ricevere la parola di Gesù. La parola della guarigione: quella ancora mancava. La parola che dava alla donna la piena percezione che il dono le era stato dato con piena libertà; non l’aveva carpito di nascosto. La parola sancì la guarigione, poiché la guarigione avuta sarebbe stata una cosa monca, che non avrebbe raggiunto pienamente il cuore di quella donna. 
Dio è per la vita; è la Vita. I cristiani sono promotori di vita, vita dei corpi e delle anime mediane la grazia, per questo sono promotori di pace. Chi serve la vita serve la pace. La colletta per la Chiesa di Gerusalemme, per la quale Paolo si impegnò totalmente, era solo per la sussistenza materiale di quella comunità. I termini coi quali Paolo la condusse furono quelli della solidarietà e dell’uguaglianza intesa come scambio di beni, da una parte beni materiali dati dalla carità, che edifica i cuori, dall’altra dalla carità, che dona la preghiera, la umile e accesa preghiera dei poveri.
La colletta ebbe successo, ed è ovviamente il modello di ogni giornata per il sostentamento delle missioni nelle varie parti del mondo; che è il modello della questua domenicale nelle chiese; che è il modello per la raccolta di offerte per la Caritas o altre opere. Ma l’azione della Chiesa non si esaurisce nelle elemosine, nelle collette, ma si esercita nella giustizia sociale. Il mondo futuro che i cristiani vogliono attuare non è fatto di ricchi che fanno l’elemosina ai poveri, ma è fatto di giustizia, di diritto al lavoro, di giusta partecipazione ai beni prodotti. La terra è ancora piena di gravissimi egoismi, di tanti ingiusti accaparramenti, ma può veder trionfare il bene, perché gli uomini hanno sempre a disposizione la novità di Cristo. C’è chi ha detto che le rivoluzioni sono il motore della storia, ma va detto che c’è rivoluzione e rivoluzione; c’è la rivoluzione che porta alla violenza e all’imbarbarimento; c’è la rivoluzione che porta alla pace e alla civiltà. Quest’ultima è quella portata da Cristo. E’ una rivoluzione che non si consuma con un colpo di mano, con un gruppo di audaci, di violenti, ma che avanza ogni giorno, lentamente, con la preghiera, con il sacrificio, fino a trionfare su tutta la terra. Gli uomini sognano ancora rivoluzioni, e rivoluzioni che siano dei travolgimenti. Quella del regno dei cieli è invece quieta, progressiva, pacifica, amante dei dritti dell’uomo. E’ fatta di esempio, di pace, di concordia. La rivoluzione che viene da Cristo spezza l’avvitarsi forsennato dell’aggressione-difesa, attraverso la fiducia in Dio e nella possibilità di riscatto degli uomini. Come dimensionare la spirale? Come renderla ragionevole, non delirante? Come ridurla, almeno al massimo, poiché, purtroppo, i peccati sono inevitabili data la libertà dell’uomo, le aggressioni? Si parte dal poco. Si parte dalle nostre relazioni interpersonali. Si parte accettando di non reagire all’insulto, alla provocazione, certo facendo valere i nostri diritti, ma mai cedendo al rancore, al risentimento. Si parte vivendo il Vangelo. Si parte modellando il proprio cuore su quello di Cristo, che fu capace di donarsi tutto, fino all’ultima stilla di sangue. Si parte non mettendo strati d’amianto, cioè di egoismo, che arrestano le temperature altissime dello Spirito Santo che riceviamo nella Comunione Eucaristica, anche quando non ne abbiamo la percezione sensibile e ci pare che nel nostro cuore regni l’aridità; e pian piano, vivendo in tal modo, senza quasi accorgercene, poiché la grazia lavora in modo segreto nei cuori (Cf. Gc 5,7), si giungerà alla grande primavera della civiltà dell’amore. Amen. Ave Maria. Vieni, Signore Gesù.

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Don Bosco con orchestra (foto)

Don Bosco con orchestra (foto) dans immagini sacre

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mercoledì, 12 novembre 2008 – e nel ’900 San Paolo si fa poesia

quante cose ancora non conosco! dal sito:

http://graciete.splinder.com/post/19028967/e-nel-900-san-paolo-si-fa-poesia

mercoledì, 12 novembre 2008 – e nel ’900 San Paolo si fa poesia

Convegno a Milano 12 – 13 novembre 2008

Il punto sugli influssi dell’Apostolo delle genti sulla letteratura italiana: accanto ai legami già noti con Dante, Leopardi o Manzoni, altre e insospettate relazioni lo legano anche ai poeti contemporanei.

In un modo in cui solo la poe­sia può comunicare, oltre un silenzio di secoli, san Paolo parla ancora ai poeti di oggi. Un tema affascinante che, nell’anno dedicato a san Paolo, un nutrito gruppo di studiosi affronterà oggi e domani, presso la sacrestia del Bramante in Santa Maria delle Grazie, col convegno « Paolo di Tar­so. Architetto della speranza tra letteratura e teologia », organizza­to dalla Società San Paolo, in col­laborazione con il centro cultura­le Alle Grazie di Milano, per capi­re come la meditazione dell’Apo­stolo delle genti possa aver lascia­to un segno in autori importanti, dal Medioevo ai giorni nostri. Un’i­dea di Francesca D’Alessandro del­l’Università Cattolica di Milano, che è riuscita a realizzarla entro l’anno paolino con l’aiuto di un al­tro docente della Cattolica, Clau­dio Scarpati, e di Giuseppe Trapa­ni, giovane studioso di teologia che lavora alla redazione del periodi­co Jesus.
Il tema è, naturalmente, vastissimo: si va dal percorso di Dante e di Caterina da Siena sul­le orme di Paolo e della sua misti­ca (seguiti da Bortolo Martinelli e Maria Grazia Bianco), alla tensio­ne verso l’indicibile che Giacomo Leopardi affida alla parola poeti­ca (che illustra Elena Landoni), fi­no alla scoperta del lato teologico di Alessandro Manzoni (che è la sfida di Giuseppe Langella). E si arriva ai poeti del Novecento, tra cui alcuni possono essere ‘per affinità naturale’ vicini a Paolo, perché nel loro percorso letterario hanno sempre dato grande spazio alla spiritualità.
È il caso di Mario Luzi, di cui parlerà padre Gianni Festa, docente della facoltà Teolo­gica dell’Emilia Romagna, usando l’epistolario dell’apostolo come u­na sorta di chiave per entrare nel percorso poetico di Luzi da una porta inconsueta. Ricordando che il poeta ha sempre avuto come ‘in­terlocutore privilegiato’ il ‘con­vertito damasceno’, al punto da dedicargli due saggi, Glossolalia e profezia e Sul discorso paolino (che andrebbero riletti con attenzione), Gianni Festa propone di dividere l’opera di Luzi in tre grandi ‘ mo­vimenti’ corrispondenti ai tre te­mi centrali delle Epistole paoline: ‘carità’, ‘verbo’, e ‘ Resurrezio­ne’. Così, se dalla prima raccolta poetica del 1935, La barca, fino a un libro di svolta come Nel mag­ma, Luzi « esprime il cuore del messaggio evangelico» che aveva visto incarnato nella figura esem­plare della madre, a partire pro­prio da Nel magma abbandona le certezze della giovinezza per en­trare nel mondo, e quindi « interrogarsi sul significato della poesia e sul ruolo della parola nella vita dell’uomo». Il tentativo di rispon­dere a questa domanda immer­gendosi nella realtà, come verbum nel mondo, è alla base di libri co­me Su fondamenti invisibili e Al fuoco della controversia, e corri­sponde alla ‘ fase purgatoriale’ della poesia di Luzi. Superata infi­ne da un terzo tempo che Festa de­finisce ‘ paradisiaco’: è la poesia della speranza, della luce, che trionfa in Dottrina dell’estremo principiante del 2004 in cui Luzi appare «immerso paolinamente nell’onda viva della creazione».
Chi invece nell’ultima parte della sua vita non è riuscito a raggiun­gere una tale pienezza paradisia­ca è Carlo Betocchi, di cui ha stu­diato la ‘prospettiva della salvez­za’ Maria Chiara Tarsi, dell’Uni­versità Cattolica di Milano, so­prattutto nell’ultima produzione, a partire dalle Ultimissime (1968­1973), scoprendole come «la sof­ferta espressione di una crisi reli­giosa destinata a rimanere dram­maticamente irrisolta». Proprio il poeta che aveva fondato la rivista cattolica Il Frontespizio, negli ulti­mi anni aveva visto diventare pro­blematica, tormentata, la propria fede. Tarsi cita alcune poesie, co­me Ma si è già nel Vangelo quando e Ne’ miei panni, tratte da Poesie del sabato (1980), in cui alcuni ver­si molto intensi ben testimoniano questo tormento: «Il Vangelo ci in­segue / come il veltro la preda a­gognata » e «Tant’è. La mia fede, che non è fede, / è condita di quel coraggio di roccia / che ne fa mas­so, veemente d’esistere» . Ma da questa sofferenza nata dal senso di smarrimento in un mondo cie­co, e dal fortissimo bisogno di non perdere la propria fede, nasce a sua volta «un sentimento di carità che coinvolge tutti gli esseri», e che può apparire come un’affinità, anche se non direttamen­te affermata, con la caritas che domina il discorso paolino.
Più sorprendente ancora il dialogo con san Paolo in un altro poeta ‘di pen­siero’, di solito me­no letto da un pun­to di vista spiritua­le,   Vittorio Sereni.
Affronta questo tema Francesca D’Alessandro, proponendo una ‘lettura in chiave paolina’ di al­cuni versi di Sereni in cui «emer­gono linee tematiche riconducibi­li ai motivi e agli archetipi della spi­ritualità di matrice paolina». An­che in Sereni, come già per Festa in Luzi, si individua il «dipanarsi del filo della speranza» : è una ‘di­sposizione spirituale’ simile a quella descritta da Paolo con l’im­magine del «gemere interiormen­te aspettando». Un’attesa di un’al­tra vita, oltre quella del corpo fisi­co, «intesa come trasformazione dalla deperibilità della materia terre­stre, all’incorrutti­bilità del movi­mento e della lu­ce», che san Paolo esprime nella Pri­ma lettera ai Corin­zi e che D’Alessan­dro rileva soprat­tutto ne Gli strumenti umani e in Stella variabile. Pur senza alcun ‘abito dottrinale’, per D’Alessan­dro Sereni appare alla ricerca di u­na «ragione ultima dell’umano sperare», di quella verità «che pos­sa dare senso al viaggio di ogni uo­mo sulla terra» . È una speranza plasmata dalla fede, e viene e­spressa dalle immagini più tipiche di Sereni, come nelle poesie La speranza appunto, e La spiaggia, che chiude Gli strumenti umani:
«I morti non è quel che di giorno / in giorno va sprecato, ma quelle / toppe d’inesistenza, calce o cene­re / pronte a farsi movimento e lu­ce». Versi sorprendentemente vi­cini alla prospettiva paolina «di non venire spogliati dal peso del corpo, ma sopravvestiti e assorbi­ti dalla vita».
I primi autori che seguirono le orme della sua mistica furono l’Alighieri e santa Caterina da Siena.

di Bianca Garavelli, tratto da [Avvenire] 12 novembre 2008

Omelia per il 31 gennaio 2011

 dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/11787.html

Omelia (04-02-2008)
 
Messa Meditazione

Gesù ci libera

Lettura
I discepoli « giungono all’altra riva » e si trovano in territorio pagano. Il Vangelo di Marco rompe qui, per la prima volta, i confini etnici nei quali, sino ad ora, ha operato Gesù.

Meditazione
L’episodio del vangelo di Marco che abbiamo ascoltato oggi può presentare alcune difficoltà di comprensione. Il tutto si svolge in territorio pagano e questo sta ad indicarci che nessuno è escluso dal messaggio di salvezza e dall’opera redentrice di Cristo. Quel mondo è tutto « invasato » dal male: non si tratta, infatti, di un singolo demonio, ma di una « legione », un numero sterminato, che ha ridotto il malcapitato, che ne è posseduto, a vivere come un morto nei sepolcri. È interessante la dichiarazione che il demonio fa urlando, prostrato ai piedi di Gesù: «Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Ancora una volta, i demoni lo riconoscono come Figlio del Dio altissimo. Chiedono poi in particolare di non essere scacciati da quella regione o almeno che possano trasferirsi in un branco di porci, che sono al pascolo in un monte vicino. Viene da pensare che esistano luoghi prediletti da satana, che abbia i suoi inferni anche nel mondo, lì dove il male dilaga, dove è accettato e vissuto come stile di vita, dove nessuno gli è contrario, dove può prendervi stabile dimora. Sono spiriti immondi e quindi l’abitare nei porci potrebbe essere loro di sollievo rispetto all’essere relegati nel loro inferno. La loro presenza è sempre e comunque devastante anche nei confronti di quegli animali, i quali, infatti, precipitano in mare. I mandriani avvertono i padroni dell’accaduto, ma questi più che considerare l’intervento salvifico e prodigioso operato da Gesù, calcolano il grave danno economico subito e lo invitano ad uscire dal loro territorio. Capita ancora oggi che l’interesse per le cose di questo mondo, per quanto misere possano apparire, prevalga su quello per lo stesso Cristo. Al desiderio dell’indemoniato guarito di stare con Gesù, il Signore risponde inviandolo in missione. Egli diventa apostolo perché è in grado di raccontare ciò che il Signore gli ha fatto. Il vangelo è la buona notizia di quanto Gesù ha fatto per noi. L’evangelizzazione non è tanto un’esposizione di dottrina o di idee, ma un racconto di fatti, una narrazione di quanto il Signore ha operato per noi.

Preghiera
Signore Gesù, libera il mio cuore e la mia vita da tutto quello che mi impedisce un cammino di libertà e di luce, liberami dai demoni che mi spingono a fare il male.

Agire
Dedicherò un momento di preghiera di fronte a Cristo Eucaristia o ad un’immagine sacra, per riflettere sulle cose che mi ostacolano nel vivere più generosamente il Vangelo di Cristo, e chiederò a Dio la forza di abbandonarle.

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 31 janvier, 2011 |Pas de commentaires »

Papa Paolo VI; festa della Conversione di San Paolo 1978 : Opporre il bene all’offensiva del male

dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/audiences/1978/documents/hf_p-vi_aud_19780125_it.html

PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì 25 gennaio 1978

[FESTA DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO]

Opporre il bene all’offensiva del male

OGGI LA CHIESA celebra la conversione di San Paolo, avvenimento decisivo per il cristianesimo, e che confermò la vocazione universale della nuova religione, che nata in un paese determinato e nell’ambito della tradizione ebraica, ebbe nel nuovo Apostolo il missionario che più degli altri comprese e predicò il Vangelo per tutti gli uomini. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza Egli l’ha data nei tempi stabiliti, « e di essa io (è San Paolo che attesta di sé, nella prima lettera a Timoteo, [1Tim. 2, 5-7]), io – egli scrive – sono stato fatto banditore e apostolo, dico la verità, non mentisco, dottore delle genti nella fede e nella verità ». Vada all’Apostolo Paolo, oggi, il nostro riverente e amoroso saluto, associato al pensiero che oggi pure la pietà della Chiesa rivolge al grande e non ancora soddisfatto desiderio apostolico della piena ricomposizione dell’unità fra i Cristiani, nell’orazione e nella speranza, che l’aspirazione, fatta più ardente e più plausibile dall’ecumenismo contemporaneo, celebrata nei nostri cuori e, Dio voglia, in quelli dei Fratelli tuttora da noi separati, sia coronata da felice successo.
A San Paolo noi domanderemo poi una sua parola che conforti i nostri animi, turbati da tante vicende della vita attuale nel mondo, le quali scuotono la nostra fiducia nel pacifico progresso della pace nel mondo. Tutti siamo addolorati da una triste recrudescenza della violenza privata, ma organizzata nella società odierna, la quale traduce in fenomeni di incivile disordine l’insicurezza, che la travaglia e che un dominante pluralismo morale e politico, contraffazione della libertà, sembra coonestare. Per di più difficoltà economico-sociali si diffondono con effetti negativi molto pesanti, e lasciano intravvedere situazioni anche peggiori, così che desiderii folli di godimento superfluo e timori paralizzanti la normalità del lavoro si diffondono creando una psicologia di sfiducia, che inaridisce l’attività produttiva e suggerisce rimedi vani e disordinati. E come accade, un male ne genera un altro, e spesso peggiore. Tutti siamo preoccupati. Il peggio, si dice, è senza fondo; e una tentazione di pessimismo si diffonde e paralizza tante energie, che pure sono state suscitate con tanta lungimiranza di un avvenire migliore.
 Il quadro è noto a tutti e incombe con la sua ombra su questo momento della nostra civiltà e si proietta sulla storia del domani.
Ecco allora il nostro rimedio, attinto appunto dal tesoro dell’insegnamento dell’Apostolo Paolo. Egli lo presenta nella sua lettera ai Romani là dove, dopo di averli esortati con suggerimenti vibranti in varie direzioni della vita morale, quale deve derivare da persone illuminate dalla fede e sorrette dalla grazia, egli riassume la sua esortazione in questa ben nota sentenza: « Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male ».[Rom. 12. 21] Quanto semplice sembra la parola dell’Apostolo, e sembra che valga la pena fissarla nella memoria. Intanto notiamo: la dottrina apostolica è interiore, e tende a modificare la facile mentalità di chi cede al disgusto e al turbamento delle condizioni esteriori, in cui si svolge la nostra vita. Siamo in un mondo non solo avverso per tanti motivi fisici e materiali alla nostra esistenza, ma altresì nemico per le difficoltà del suo ordinamento sociale, o meglio per il disordine dei fattori che gli impediscono d’essere ordinato, vale a dire ragionevole e giusto. Noi avvertiamo questa malizia che rende difficile e talora insopportabile la convivenza sociale: che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo lasciare che il male ci vinca, cioè ci domini e ci assorba nelle sue spirali che farebbero cattivi anche noi? Questo è il processo della vendetta, che accresce il male e non lo guarisce. Ovvero dobbiamo cedere al pessimismo e alla pigrizia e abbandonarci ad una vile rassegnazione? Ciò non è cristiano. Il cristiano è paziente, ma non abulico, non indifferente. L’atteggiamento suggerito dall’Apostolo è quello d’una reazione positiva; cioè egli c’insegna a opporre la resistenza del bene all’offesa del male; c’insegna a moltiplicare lo sforzo dell’amore per riparare e vincere i danni del disordine morale; c’insegna a fare stimolo a maggiore virtù e a più operante attività per il nostro cuore dell’esperienza del male incontrato sul nostro cammino. Così San Paolo. Così i Santi. E così sia di tutti noi!

Con la nostra Benedizione Apostolica.

Publié dans:FESTE DI SAN PAOLO, PAPA PAOLO VI |on 30 janvier, 2011 |Pas de commentaires »

buona notte e buona domenica

buona notte e buona domenica dans immagini...buona notte...e allium_ampeloprasum_1d05

Allium ampeloprasum

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Publié dans:immagini...buona notte...e |on 30 janvier, 2011 |Pas de commentaires »

Le Beatitudini

Le Beatitudini dans immagini sacre le_beatitudini

http://pcallisto.blogspot.com/2009_09_01_archive.html

Publié dans:immagini sacre |on 29 janvier, 2011 |Pas de commentaires »
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