GIOVANNI PAOLO II – AVILA 1.11.1982: CENTENARIO DELLA MORTE DI SANTA TERESA DI GESÙ -
VIAGGIO APOSTOLICO IN SPAGNA
SANTA MESSA PER IL IV CENTENARIO DELLA MORTE DI SANTA TERESA DI GESÙ – (MEMORIA 15 OTTOBRE)
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Solennità di Tutti i Santi
Avila, 1° novembre 1982
Venerabili fratelli nell’Episcopato,
cari fratelli e sorelle.
1. “Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza; / implorai e venne in me lo spirito della sapienza. / . . . L’amai più della salute e della bellezza, / . . . Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni; / nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile. / Godetti di tutti questi beni, perché la sapienza li guida” (Sap 7, 7.10-12).
Sono venuto oggi ad Avila per adorare la Sapienza di Dio. Lo faccio mentre si conclude questo IV Centenario della morte di santa Teresa di Gesù, che fu figlia singolarmente prediletta della Sapienza divina. Voglio adorare la Sapienza di Dio, insieme con il Pastore di questa diocesi, con tutti i Vescovi di Spagna, con le Autorità di Avila e di Alba de Tormes presieduta dalle loro Maestà e dai membri del Governo, con tanti figli e figlie della Santa e con tutto il Popolo di Dio qui riunito, in questa festa di Tutti i Santi.
Teresa di Gesù e il ruscello che guida alla sorgente, è lo splendore che conduce alla luce. E la sua luce è Cristo, il “Maestro della Sapienza” (cf. S. Teresa, Cammino di Perfezione, 21, 4), il “libro vivente” in cui apprese le verità (cf. S. Teresa, Vita, 26, 5); è quella “luce del cielo”, lo Spirito della Sapienza, che lei invocava perché parlasse al suo posto e guidasse la sua penna (cf. S. Teresa, Castello Interiore, IV, 1, 1; V, 1, 1 y 4, 11). Uniamo le nostre voci al suo eterno canto delle misericordie divine (cf. Sal 88 [89], 2; cf. S. Teresa, Vita, 14, 10-12), per ringraziare quel Dio che è “la Sapienza stessa” (S. Teresa, Cammino di Perfezione, 22, 6).
2. E mi dà gioia poterlo fare in questa Avila di santa Teresa, che la vide nascere e che conserva i ricordi più toccanti della vergine di Castiglia. Una città celebre per le sue mura e le sue torri, per le sue Chiese e i suoi monasteri. Che, nel suo complesso architettonico, evoca plasticamente il castello interiore e luminoso che è l’anima del giusto, nel cui centro Dio ha la sua dimora (cf. S. Teresa, Castello Interiore, I, 1, 1.3). Un’immagine della città di Dio, con le sue porte e le sue mura, illuminata dalla luce dell’Agnello (cf. Ap 21, 11-14.23).
Tutto, in questa città, conserva il ricordo della sua figlia prediletta. “La Santa”, luogo della sua nascita e casa avita; la parrocchia dove fu battezzata; la Cattedrale, con l’immagine della Vergine della Carità, che accolse la sua precoce consacrazione (cf. S. Teresa, Vita, 1, 7); l’Incarnazione, che accolse la sua vocazione religiosa nella quale raggiunse il culmine della propria esperienza mistica; san Giuseppe, prima colombaia teresiana, da cui Teresa partì come una “vagabonda di Dio”, a spargere le sue fondazioni per tutta la Spagna.
Inoltre, qui desidero rafforzare ancora di più i miei vincoli di devozione con i Santi del Carmelo che in questa terra sono nati, Teresa di Gesù e Giovanni della Croce. In loro non solo ammiro e venero i maestri spirituali della mia vita interiore, ma anche due fari luminosi della Chiesa in Spagna, che con la loro dottrina spirituale hanno illuminato i sentieri della mia patria, la Polonia, da quando, all’inizio del XVII secolo, giunsero a Cracovia i primi figli del Carmelo Teresiano.
La provvidenziale circostanza, offertami dalla conclusione del IV Centenario della morte di santa Teresa, mi ha consentito di compiere questo viaggio, come desideravo da tanto tempo.
3. Desidero ripetere in questa occasione le parole che scrissi all’inizio di questo anno centenario: “Santa Teresa di Gesù è viva, la sua voce risuona ancor oggi nella Chiesa” (Giovanni Paolo II, Virtutis Exemplum, 2, die 14 oct. 1981: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV, 2 [1981] 428). Le celebrazioni dell’anno giubilare, qui in Spagna e nel mondo intero, hanno confermato le mie previsioni.
Teresa di Gesù, prima donna a divenire Dottore della Chiesa universale, si è fatta parola viva riguardo a Dio, ha invitato all’amicizia con Cristo, ha aperto nuove vie di fedeltà e di servizio alla santa Madre Chiesa. So che è giunta al cuore di Vescovi e sacerdoti, per rinnovare in loro desideri di sapienza e di santità, per essere “luce della sua Chiesa” (cf. S. Teresa, Castello Interiore, V, 1, 7). Ha esortato i religiosi e le religiose a “osservare i consigli evangelici con ogni possibile perfezione” (cf. S. Teresa, Cammino, 1,2), per essere “servi dell’amore” (S. Teresa, Vita, 11, 1).
Ha illuminato l’esperienza dei laici cristiani con la sua dottrina sull’orazione e sulla carità, via universale di santità; perché l’orazione, come la vita cristiana, non consiste “nel molto pensare, ma nel molto amare”, e “tutte le anime sono capaci di amare” (cf. S. Teresa, Castello Interiore, IV, 1, 7 et Fondazioni, 5, 2).
La sua voce è risuonata oltre i confini della Chiesa cattolica, suscitando simpatie a livello ecumenico, e allacciando ponti di dialogo con i tesori di spiritualità di altre culture religiose. Mi dà gioia, soprattutto, sapere che la parola di santa Teresa è stata accolta con entusiasmo dai giovani. Essi hanno fatto propria questa suggestiva consegna teresiana, che io voglio offrire come messaggio alla gioventù spagnola: “in questi tempi sono necessari forti amici di Dio” (S. Teresa, Vita, 15, 5).
Per tutto ciò voglio esprimere la mia gratitudine all’Episcopato Spagnolo, che ha promosso questo evento ecclesiale di rinnovamento. Sono altresì grato per l’impegno profuso dalla Giunta nazionale del Centenario e dalle delegazioni diocesane. A tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione degli obiettivi del Centenario, vada la gratitudine del Papa, che è ringraziamento a nome della Chiesa.
4. Le parole del Salmo responsoriale richiamano alla memoria la grande impresa fondazionale di santa Teresa: “Beato chi abita la tua casa: / sempre canta le tue lodi! / . . . Per me un giorno nei tuoi atri / è più che mille altrove / . . . il Signore concede grazia e gloria, / non rifiuta il bene / . . . beato l’uomo che in te confida” (Sal 83 [84], 5, 11-13).
Qui ad Avila, con la fondazione del monastero di san Giuseppe, a cui sono seguite le sue altre 16 fondazioni, si è compiuto un disegno di Dio per la vita della Chiesa. Teresa di Gesù fu lo strumento provvidenziale, la depositaria di un nuovo carisma di vita contemplativa, che avrebbe prodotto tanti frutti.
Ogni monastero di Carmelitane Scalze deve essere “un piccolo angolo di Dio”, “dimora” della sua gloria e “paradiso delle sue delizie” (cf. S. Teresa, Vita, 32, 11; 35, 12). Deve essere un’oasi di vita contemplativa, un “colombaio della Vergine Signora nostra” (cf. S. Teresa, Fondazioni, 4, 5). Vi si deve vivere nella pienezza il mistero della Chiesa, che è sposa di Cristo, con il tono austero e gioioso caratteristico del retaggio teresiano. Lì il servizio apostolico in favore del Corpo Mistico, secondo i desideri e le indicazioni della Madre Fondatrice, deve potersi concretare sempre in una esperienza di immolazione e di unità: “tutte insieme si offrono a Dio in sacrificio” (S. Teresa, Vita, 39,10). Attraverso la fedeltà alle esigenze della vita contemplativa, ricordata recentemente nella mia lettera alle Carmelitane Scalze (cf. Giovanni Paolo II, Epistula Sanctimonialibus Carmelitis Discalceatis, IV expleto saeculo ab obitu Sanctae Theresiae a Iesu, die 31 maii 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V, 2 [1982] 2361 ss), saranno sempre l’onore della Sposa di Cristo, nella Chiesa universale e nelle Chiese particolari in cui sono presenti come santuari di orazione.
E lo stesso vale per i figli di santa Teresa, i Carmelitani Scalzi, eredi del suo spirito contemplativo e apostolico, custodi degli aneliti missionari della Madre Fondatrice. Possano le celebrazioni del Centenario infondere anche a voi dei propositi di fedeltà nel cammino dell’orazione, e di fecondo apostolato nella Chiesa, perché si mantenga sempre vivo il messaggio di santa Teresa di Gesù e di san Giovanni della Croce.
5. Le parole di san Paolo, ascoltate nella seconda lettura di questa Eucaristia, ci guidano alla sorgente profonda della preghiera cristiana, da cui scaturiscono l’esperienza di Dio e il messaggio ecclesiale di santa Teresa. Abbiamo ricevuto “uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo « Abbà, Padre! » . . . E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rm 8, 15.17).
La dottrina di Teresa di Gesù è in perfetta sintonia con questa teologia dell’orazione che propone san Paolo, l’apostolo con il quale si identificava tanto profondamente. Seguendo il Maestro dell’orazione in perfetta consonanza con i Padri della Chiesa, ha voluto insegnare i segreti della preghiera, commentando l’orazione del “Padre nostro”.
Nella prima parola, “Padre”, la Santa scopre la pienezza che Gesù Cristo, maestro e modello di preghiera, ci affida (cf. S. Teresa, Cammino, 26, 10; 27, 1.2). Nell’orazione filiale del cristiano si trova la possibilità di stabilire un dialogo con la Trinità che dimora nell’anima di chi vive in grazia, come la Santa tante volte sperimentò (cf. Gv 14, 23; cf. S. Teresa, Castello Interiore, VII, 1, 6); “troverete sempre, tra il Padre e il Figlio, lo Spirito Santo. Egli infiammi la vostra volontà e . . . ve la incateni lui con il suo vivissimo amore. (S. Teresa, Cammino, 27, 7). È questa la dignità filiale dei cristiani: poter invocare Dio come Padre, lasciarsi condurre dallo Spirito, per essere pienamente figli di Dio.
6. Per mezzo dell’orazione, Teresa ha cercato e trovato Cristo. Lo ha cercato nelle parole del Vangelo, che fin dalla sua giovinezza “colpivano profondamente il suo cuore” (S. Teresa, Vita, 3, 5); lo ha trovato “tenendolo presente dentro di sé” (cf. Ivi. 4, 7); ha imparato a rivolgere a lui con amore lo sguardo nelle immagini del Signore di cui era tanto devota (cf. Ivi. 7, 2; 22, 4); con la Bibbia dei poveri – le immagini – e la Bibbia del cuore – la meditazione della parola – ha potuto rivivere interiormente le scene del Vangelo e accostarsi al Signore in grandissima intimità.
Quante volte santa Teresa ha meditato i passi del Vangelo che riportano le parole di Gesù a qualche donna! Quanta gioiosa libertà interiore le ha dato, in un tempo di accentuato antifemminismo, l’atteggiamento condiscendente di Gesù nei confronti della Maddalena, di Marta e Maria di Betania, della Cananea e della Samaritana, le figure femminili che la Santa tante volte ricorda nei suoi scritti! Non v’è dubbio che da questa prospettiva evangelica è stato possibile a Teresa difendere la dignità della donna e la sua possibilità di un conveniente servizio nella Chiesa: “Signore, quando eravate su questa terra, lungi d’aver le donne in dispregio, avete anzi cercato di favorirle con grande benevolenza” (S. Teresa, Vita, autografo di El Escorial, 3, 7).
L’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo di Sicar, che abbiamo ricordato nel Vangelo, è significativo. Il Signore promette alla Samaritana l’acqua viva: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi l’acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4, 13-14).
Tra le donne sante della storia della Chiesa, Teresa di Gesù è indubbiamente colei che ha risposto a Cristo con il cuore più fervido: Dammi di quest’acqua! Lei stessa ce lo conferma quando ricorda i suoi primi incontri col Cristo del Vangelo: “Quante volte mi sono ricordata dell’acqua viva di cui parlò il Signore alla Samaritana! Sono molto devota di quell’episodio evangelico” (S. Teresa, Vita, 30, 19). Teresa di Gesù, come una nuova Samaritana, invita adesso tutti ad avvicinarsi a Cristo, che è sorgente d’acqua viva.
Cristo Gesù, il Redentore dell’uomo, è stato il modello di Teresa. In lui la Santa trovò la maestà della sua divinità e la condiscendenza della sua umanità: “Importantissimo per noi uomini, finché siamo quaggiù, è rappresentarci il Signore sotto figura di uomo” (Ivi. 22, 9); vedeva che pur essendo Dio era un Uomo, che non si stupisce delle debolezze degli uomini. Che orizzonti di familiarità con Dio ci svela Teresa nell’Umanità di Cristo! Con che precisione afferma la fede della Chiesa in Cristo vero Dio e vero Uomo! Come ne sperimenta la vicinanza, “nostro compagno nel santissimo Sacramento” (cf. S. Teresa, Vita, 22, 6).
Partendo dal mistero dell’Umanità santissima, che è porta, via e luce, è giunta fino al mistero della santissima Trinità (cf. Ivi. VII, 1, 6), fonte e mèta della vita dell’uomo, “specchio nel quale la nostra immagine è pure impressa” (Ivi. 2, 8). E dall’altezza del mistero di Dio ha compreso il valore dell’uomo, la sua dignità, la sua vocazione di infinito.
7. Avvicinarsi al mistero di Dio, a Gesù, “tenere presente . . . Gesù Cristo” (Ivi. 4, 8), riassume tutta la sua orazione. Questo è un incontro personale con colui che è l’unica via per andare al Padre (cf. S. Teresa, Castello Interiore, VI, 7, 6). Teresa reagì contro i libri che proponevano la contemplazione come un vago immergersi nella divinità (cf. S. Teresa, Vita, 22, 1), o come un “non pensare a nulla” (cf. S. Teresa, Castello Interiore, IV, 3, 6), scorgendo in questo il pericolo di rinchiudersi in se stessi, di allontanarsi da Gesù dal quale “ci vengono tutti i beni” (cf. S. Teresa, Vita, 22, 4). È per questo che grida: “abbandonare l’Umanità di Cristo . . . no, no, non lo posso sopportare!” (Ivi. 22, 1). Questo grido vale anche ai nostri giorni contro alcuni metodi di orazione che non si ispirano al Vangelo e che in pratica tendono a prescindere da Cristo, a vantaggio di un vuoto mentale che nel cristianesimo non ha senso. Ogni modo di orazione è valido in quanto si ispira a Cristo e conduce a Cristo, la Via, la Verità e la Vita (cf. Gv 14, 6). È ben vero che il Cristo dell’orazione teresiana va oltre ogni immaginazione corporea e qualsiasi rappresentazione figurativa (cf. S. Teresa, Vita, 9, 6); è Cristo risorto, vivo e presente, che trascende i limiti di spazio e di tempo perché è insieme Dio e uomo (cf. S. Teresa, Vita, 27, 7-8). Ma allo stesso tempo è Gesù Cristo, figlio della Vergine, che ci sta vicino e ci aiuta (cf. Ivi. 27, 4).
Cristo attraversa il cammino dell’orazione teresiana da un estremo all’altro, dai primi passi fino al vertice della perfetta unione con Dio. Cristo è la porta per la quale l’anima accede allo stato mistico (cf. Ivi. 10, 1). Cristo la introduce nel mistero trinitario (cf. Ivi. 27, 2-9). La sua presenza nello sviluppo del “rapporto amichevole”, che è l’orazione, è obbligata e necessaria: è lui che lo genera e lo fa esistere, è lui che ne è anche l’oggetto. È il “libro vivente”, Parola del Padre (cf. Ivi. 26, 5).
L’uomo impara a stare in profondo silenzio, quando Cristo gli insegna interiormente “senza strepito di parole” (cf. S. Teresa, Cammino, 25, 2); si vuota di sé “guardando il Crocifisso” (cf. S. Teresa, Castello Interiore, VII, 4, 9). La contemplazione teresiana non è ricerca di nascoste virtualità soggettive per mezzo di raffinate tecniche di purificazione interiore, ma aprirsi in umiltà a Cristo e al suo Corpo Mistico che è la Chiesa.
8. Nel mio ministero pastorale ho affermato con insistenza i valori religiosi dell’uomo, col quale Cristo stesso si è identificato (cf. Gaudium et Spes, 22); quell’uomo che è il cammino stesso della Chiesa, e pertanto determina la sua sollecitudine e il suo amore, perché ogni uomo raggiunga la pienezza della sua vocazione (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 13. 14. 18).
Santa Teresa di Gesù ci dà un insegnamento molto chiaro sull’immenso valore dell’uomo: “Gesù mio! – esclama in una bella preghiera – come è grande l’amore che portate ai figli degli uomini, se il miglior servizio che vi si possa rendere è abbandonare voi per attendere ad essi e al loro profitto!
In tal modo vi si viene a possedere più interamente . . . Chi non ama il prossimo non ama voi, avendo voi, Signor mio, dimostrato il vostro amore per i figlioli di Adamo con tutta l’effusione del vostro sangue” (S. Teresa, Esclamazioni, 2, 2). Amore di Dio e amore del prossimo, uniti inscindibilmente: sono la radice soprannaturale della carità che è l’amore a Dio, con la manifestazione concreta dell’amore verso il prossimo, “il segno più certo” che amiamo Dio (cf. S. Teresa, Castello Interiore, V, 3, 8).
9. Il fulcro della vita di Teresa, proiezione del suo amore per Cristo e del suo desiderare la salvezza degli uomini, fu la Chiesa. Teresa di Gesù “sentì la Chiesa” in quanto membro del Corpo Mistico.
I tristi avvenimenti che colpirono la Chiesa del suo tempo, furono come progressive ferite, che suscitarono ondate di fedeltà e di servizio. Soffrì profondamente la divisione tra i cristiani come una lacerazione del suo stesso cuore. Rispose efficacemente con un movimento di rinnovamento perché si mantenesse splendente il volto della Chiesa santa. Gli orizzonti del suo amore e della sua orazione andarono allargandosi man mano che acquistava consapevolezza dell’espansione missionaria della Chiesa cattolica; con lo sguardo e il cuore fissi su Roma, il centro della cattolicità, con un affetto filiale verso “il Padre Santo”, come lei chiama il Papa, che la spinse anche a tenere una corrispondenza epistolare con il mio predecessore, il Papa Pio V. Ci commuove leggere la confessione di fede con cui conclude il libro delle “Mansioni”: “Mi sottometto in tutto a ciò che insegna la santa Chiesa Cattolica Romana. Questi i sentimenti in cui ora vivo, e nei quali protesto e prometto di voler vivere e morire” (Ivi., Epilogo, 4).
Ad Avila divampò quel fuoco di amore ecclesiale che illuminava e infervorava teologi e missionari. L’iniziò l’originale servizio di Teresa alla Chiesa del suo tempo; in un momento lacerato da riforme e controriforme, scelse la via radicale di seguire Cristo, per edificare la Chiesa con pietre vive di santità; levò lo stendardo degli ideali cristiani per incitare i capitani della Chiesa. E ad Alba de Tormes, al termine di un’intensa giornata di viaggi fondazionali, Teresa di Gesù, la vera cristiana e la sposa che desiderava vedere presto lo Sposo, esclama: “Grazie . . . Dio mio . . ., per avermi fatto figlia della tua santa Chiesa Cattolica” (Dichiarazione di Maria di S. Francesco: Biblioteca Mistica Carmelitana, 19, pp. 62-63). O, come ricorda un’altra testimonianza: “Sia benedetto Dio . . . perché sono figlia della Chiesa” (Dichiarazione di Maria dell’Incarnazione: ibid. 18, p. 89). Sono figlia della Chiesa! Ecco il titolo d’onore e d’impegno che la Santa ci ha lasciato per amare la Chiesa, per servirla con generosità!
10. Cari fratelli e sorelle, abbiamo ricordato la figura luminosa e sempre attuale di Teresa di Gesù, la figlia singolarmente amata della divina Sapienza, la vagabonda di Dio, la Riformatrice del Carmelo, gloria della Spagna, e luce della santa Chiesa, onore delle donne cristiane, egregia presenza nella cultura universale.
E lei vuole continuare a camminare con la Chiesa fino alla fine dei tempi, lei che nel suo letto di morte diceva: “E ora di camminare”. La sua figura coraggiosa di donna in cammino, ci suggerisce l’immagine della Chiesa, Sposa di Cristo, che procede nel tempo, già all’alba del terzo millennio della sua storia.
Teresa di Gesù, che ben conobbe quali difficoltà si incontrino nel cammino, ci invita a camminare portando Dio nel cuore. Per indirizzare la nostra rotta e rinforzare la nostra speranza ci trasmette il compito che fu il segreto della sua vita e della sua missione: “fissiamo gli occhi in Cristo nostro bene” (cf. S. Teresa, Castello Interiore, I, 2, 11), per spalancargli le porte del cuore di tutti gli uomini. Così il Cristo luminoso di Teresa di Gesù sarà nella sua Chiesa, “Redentore dell’uomo, centro del cosmo e della storia”.
Gli occhi in Cristo! (cf. S. Teresa, Cammino, 2, 1; Castello Interiore, VII, 4, 8; cf. Eb 12, 2).
Perché nella strada della Chiesa, come nelle strade di Teresa che partirono da questa città di Avila, Cristo sia “Via, Verità e Vita” (cf. Gv 14, 5; S. Teresa, Castello Interiore, VI, 7, 6). Così sia.