sul tema: La Fortezza (1Cor; 2Cor; Fil; Ef;)
questo pomeriggio, leggendo, un po’ a caso, le lettere di Paolo, ho trovato questo passo: <«Le lettere - si dice - sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la parola dimessa» (2Cor 10, 10).> le parole di Paolo mi hanno colpito, ho sentito una emozione fino alle lacrime leggendo quello che scrive Paolo, ho trovato questo commento, dal sito:
http://www.upcm.it/caritasbondanello/documenti/la_fortezza.pdf
LA FORTEZZA
Paolo, quando parla di fortezza, ha in mente, prima di tutto una convinzione che gli deriva dall’Antico Testamento: il Forte per ccellenza è il Signore (cf. 2Ts 1, 9; Ef 1, 19; Col 1, 11). Egli, poi, comunica il suo Spirito di fortezza all’uomo, ma non nel modo in cui egli si aspetterebbe. La forza che Dio comunica passa attraverso l’esperienza umana della debolezza. Paolo presenta il tema della fortezza soprattutto in 1Cor, in connessione con la sua teologia della croce:
La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. […] E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini. Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù.
(1Cor 1, 18. 22-30a)
La croce, nella sua debolezza, si dimostra più forte della potenza umana. Paolo fa osservare ai destinatari della sua lettera che questo vale non solo in relazione al Signore Gesù, ma anche all’interno della stessa comunità ecclesiale. L’elezione e la chiamata da parte di Dio, da un punto di vista umano, non possono essere considerate altro che « stoltezza », dal momento che non sono ancorate sulle « cose che sono ». Eppure, proprio per questa ragione, vanno ad invalidare e ad annullare questa logica, per il fatto che la debolezza dei membri della comunità cristiana confonde i presunti « forti » del mondo. I primi ad essere deboli, secondo la logica del mondo sono proprio gli apostoli. Paolo, in una lettera riporta una voce circolante nei suoi riguardi: «Le lettere – si dice – sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la parola dimessa» (2Cor 10, 10). Egli non si dimostra risentito per questa diceria, ma la accentua e vi ironizza sopra: gli apostoli sono deboli, mentre è la comunità cristiana ad essere forte (cf. 1Cor 10, 22)! Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo schiaffeggiati, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi.
(2Cor 4, 9-13)
Paolo, proprio perché conosce la sua debolezza, può constatare quello che la grazia ha operato in lui. La forza che lo ha animato e ancora lo anima non è una sua dote naturale, ma è un dono dello Spirito:
Ho imparato a bastare a me stesso in ogni occasione; ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; sono iniziato a tutto, in ogni maniera: alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza.
(Fil 4, 11-13)
La fortezza, che è dono dello Spirito, ha soprattutto un effetto: la fede che opera per mezzo della carità (cf. Gal 5, 6). Il credente, raggiunto da questo dono, è anche invitato a coltivarlo, mediante alcuni atteggiamenti concreti:
Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. […] Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi.
(Ef 6, 10-11. 13-18)