https://combonianum.org/2019/11/27/i-domenica-di-avvento-a-commento/
I DOMENICA DI AVVENTO (A) COMMENTO
Una generazione che non si accorge di nulla
Don Angelo Casati
La venuta del Signore è come quella del ladro. L’accostamento è inquietante e, in qualche misura, sembra anche irriguardoso. Quasi dissacrante del volto del Signore. Ma, voi lo intuite, è solo per dire che la visita di Dio è, come afferma Gesù, nell’ora che non immaginiamo.
E così la vigilanza, la vigilanza cui siamo richiamati, proprio perché non sappiamo il giorno né l’ora, va distesa su tutta la vita. Non un istante su cui accendere l’attenzione. No, l’attenzione su tutta la vita: svegli, svegli e lucidi, su tutta la vita.
Perché la venuta, dice Gesù nella pagina di Matteo, sarà come ai tempi del diluvio. È interessante notare come l’evangelista Matteo, riferendosi al tempo del diluvio, non accenni, come invece fa il libro della Genesi, alla malvagità e alla violenza di quella generazione. Scrive il libro della Genesi: “La malvagità era grande sulla terra, ogni disegno concepito nel cuore non era altro che male, la terra per causa loro era piena di violenza”.
Ebbene la generazione del diluvio, nella redazione del vangelo di Matteo, non viene rimproverata per la sua malvagità e violenza. Fa cose, diremmo, normali, fa le cose che fanno tutti, le cose che appartengono al nostro vivere quotidiano: “Mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito”. Il rimprovero dunque non può essere evidentemente per queste cose, ma è per quello che segue. È scritto: “E non si accorsero di nulla, finché non venne il diluvio e inghiottì tutti”.
È una generazione che non si accorge di nulla. Che non ha attenzione e lucidità. È inghiottita dagli eventi. Rimproverata è questa indifferenza, questa incoscienza. Vivere, ma senza sospetto, senza discernimento. Senza interrogazione. Senza interrogazione profonda.
Vedete, noi siamo stati educati a guardarci dalla malvagità e dalla violenza. E non sempre ce ne siamo guardati. Non siamo stati educati invece, o lo siamo stati meno, a guardarci dal sonno dello spirito: “Svegliamoci” diceva oggi Paolo “dal sonno”, dall’indifferenza, dalla cecità. Di qui questo non accorgersi di nulla, questo non interrogarci sulle questioni fondamentali, questo essere trascinati dagli eventi, risucchiati dal trantran delle cose.
“Mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito”. E così anche le cose serie come mangiare e bere, prendere moglie e marito possono essere a tal punto idolatrate da occupare tutto il cuore, tutto il da fare della vita. Non c’è altro. Sommersi! Si fanno tante cose, – oggi più di ieri forse se ne fanno: pensate solo a quante se ne fanno fare ai bambini! – ma come per automatismo, come per una necessità sociale, per obbedienza, più o meno consapevole, alle mode del tempo. Ma rimanendone inghiottiti. Senza capire che cosa sta accadendo più in profondità, qual è il senso di tutto. Con l’esito – a volte devastante! – del non senso. Il non senso di tutto.
L’impressione che a volte se ne ricava è come quella di aver radunate tante cose, ma come pietre gettate. Gettate in un mucchio. Un conto sono le pietre gettate in un mucchio, un conto sono le pietre radunate in un edificio. Manca il disegno, manca l’architetto che vede il disegno, che raduna in un disegno.
Ci è chiesta una vigilanza: scoprire alla luce della parola di Dio la profondità della vita, la profondità degli avvenimenti e della storia. E non rimanere alla superficie. Alla superficie di ciò che sta accadendo. Questa nostra generazione si sta segnalando per una quantità di cose che conosce – sappiamo! – siamo gli uomini e le donne di una moltitudine di notizie, ma spesso facciamo cronaca. Non c’è sapienza di interpretazione.
Oggi le letture erano richiamo in molte direzioni. Io ne sfioro brevemente due.
La prima richiamata nella lettera dell’apostolo Paolo ai Romani: con l’invito a rivestirci di luce. Oggi sta diventando sempre più frequente il lamento, il piagnisteo sulla nequizia dei tempi. Non perdiamo ulteriormente tempo. Poniamo gesti che gettino semi per il futuro. Semi di luce. Germoglieranno. “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo”. Per questo veniamo qui la domenica: per cogliere più in profondità il senso che Gesù dava alla vita, il disegno che fa delle pietre un edificio. E farlo nostro.
Seconda indicazione sull’essere svegli, vigilanti: non guardare indietro. E, al contrario, come oggi ci invitava a fare il profeta Isaia, guardare in avanti, al progetto di Dio. Il progetto di Dio, diceva Isaia, va verso un disegno che racconta l’affluire al monte di Dio di tutti i popoli, verso un criterio che non è la soppressione dell’altro o di se stessi, ma la relazione con l’altro. Non marciamo, sembra ammonire il profeta, contro il disegno di Dio, marceremmo verso il nulla. Mettiamo le premesse, se siamo vigilanti, se siamo intelligenti, per un mondo in cui si forgeranno le spade in vomeri e le lance in falci e un popolo non sorga più contro un altro popolo e non ci si eserciti più – brutto esercizio! – nell’arte della guerra.
Il mondo da progettare, se siamo vigilanti e intelligenti, se siamo realmente credenti, dovrebbe essere un mondo in cui gli uomini non siano costretti a minacciarsi a vicenda, fino alla morte, per potere convivere. Perché non è con il gelo che noi schiudiamo i fiori – stolta illusione! – ma con il tepore, il tepore dolce che non violenta le gemme, ma le schiude alla loro bellezza. Così fa Dio, questo è il progetto di Dio, questo il progetto dei credenti, di quelli che veramente credono in Dio.