LA SPERANZA (anche Paolo)
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LA SPERANZA (anche Paolo)
Dopo la fede dovremmo fare qualche accenno alla seconda virtù teologale (cioè che ha Dio per oggetto diretto): la speranza, ossia il desiderio di giungere a Dio, di possederLo eternamente; la confidenza e fiducia che, nella Sua bontà e misericordia, Egli ci trarrà a sé, dopo questa breve e faticosa prova terrena. Se possiamo esprimerci così, la speranza teologale è la fede che si fa desiderio e quasi pregustazione delle realtà future. La speranza è “attesa” di quella eredità che Dio ha preparato per noi suoi figli, attesa dei beni escatologici. S. Paolo scrive (1 Cor. 2, 9): <Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano>. E S. Giovanni (1 Giov. 3, 2): <Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarò manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come Egli è>.
La speranza ha, perciò, come oggetto ciò che non si vede, ma che noi, tuttavia, come dice S. Paolo, “attendiamo con perseveranza” (Rm. 8, 25), sapendo dalla fede che esso procurerà una felicità immensa. La speranza teologale è un dono gratuito di Dio, un cammino gioioso, pur tra le inevitabili prove della vita, verso la luce e l’amore eterno. La speranza è talmente essenziale a noi cristiani, alla nostra identità specifica che, a differenza dei pagani di ogni tempo, possiamo essere definiti come coloro che “hanno speranza”.
Detto questo è facile dedurre la funzione essenziale di questa virtù teologale nella nostra vita cristiana e spirituale, specialmente in questo tempo di appiattimento materialistico e di crisi esistenziali tra giovani ed anziani. La speranza genera, infatti, una ricca varietà di comportamenti indispensabili allo sviluppo della vita divina in noi, cioè alla santità. Vediamone qualcuno:
n La fiducia
Non in noi stessi, ma nella promessa divina, cui ci affidiamo totalmente, superando ogni dubbio ed incertezza, ogni preoccupazione, ogni paura, ogni angoscia. Persino e soprattutto, la paura di fronte alla morte. Il cristiano dotato di speranza è una persona perennemente serena e che diffonde serenità attorno a sé, come avveniva in modo stupendo nei santi. S. Francesco: “Iacta super Dominum curam tuam, et ipse te enutriet; non dabit in aeternum fluctuationem iusto” (Getta sul Signore il tuo affanno ed egli ti darà sostegno, mai permetterà che il giusto vacilli).
n La pazienza
Come quella dell’agricoltore, il quale “aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra” (Giac. 5, 8). Pazienza necessaria a tutti, specialmente in certe circostanze dolorose della vita. Pensiamo a certe lunghe e strazianti malattie, a certi travagli familiari, a certi rovesci di fortuna e chi più ne ha, più ne metta, dato che nella vita la croce, prima o poi, in un modo o nell’altro, non manca a nessuno. Persino l’inferno, se ci fosse speranza di uscirne, non sarebbe più inferno…
n Il coraggio
E quanto ce ne vuole per affrontare le battaglie della vita! Il coraggio anche, di testimoniare sempre il Vangelo, anche quando costa…
n La gioia
La speranza teologale è ben più di una ipotesi nebulosa, per cui talvolta si sente gente che dice: “Mah, speriamo che dopo la morte ci sia qualcosa…” con una espressione titubante e quasi rassegnata che non sia così… La speranza cristiana è gioiosa certezza della gloria futura e ci fa vivere la vita nel tempo come radiosa vigilia di un giorno senza tramonto nel trionfo di Cristo Risorto, che ci attende nella Sua gloria.
Sentiamo l’apostolo Pietro: <Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella Sua grande misericordia Egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, PER UNA SPERANZA VIVA, in un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce… Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere per un po’ di tempo afflitti da varie prove…> (1 Pt. 1, 3 segg.). Il cristiano e la gioia sono tutt’uno, perché nessuno più di un vero cristiano ha una certezza più grandiosa e più sicura.
Nulla è più antitetico e contro testimoniante alla vita cristiana che il pessimismo, la malinconia, la musoneria, la sfiducia…Un cristiano triste – è stato detto – è un triste cristiano…Basterebbe ricordare, tra i tantissimi testi biblici a questo riguardo, ciò che esclama S. Paolo: <Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione> (2 Cor. 7, 4).
n La preghiera
Sarebbe impossibile pregare, se non avessimo almeno un briciolo di speranza. Anche le preghiere che nascono dai cuori più provati, già nell’Antico Testamento (vedasi Giobbe 3 o qualche salmo), manifestano la fiducia di un intervento di Dio, attendono ansiosamente una Sua risposta. Naturalmente più cresce la fiducia, la speranza, più la preghiera aumenta la sua efficacia, come dimostrano molti episodi evangelici.
n La speranza cristiana genera anche opere d’amore.
Anche in situazioni umane disperate (carcerati, incurabili, pazzi, moribondi ecc.) il cristiano spera contro ogni speranza, ancorandosi in Dio ed agendo in conseguenza. Perciò anche le strutture della società terrena possono essere toccate dalla novità e dalla forza della speranza cristiana.
L’elenco degli atteggiamenti umani e cristiani sostenuti dalla virtù teologale della speranza potrebbe continuare, ma anche solo i pochi accenni fatti sono sufficienti a persuaderci che grande forza questa virtù costituisca per la nostra vita cristiana. Facendoci tendere con forza alla realtà futura, ai beni che non passano, la speranza teologale rende sciolto e deciso il nostro cammino verso l’Amore, verso la santità.
Essa aumenta le nostre energie, il nostro slancio nel fare il bene. Se nel mondo si fanno spesso sforzi disperati, si affrontano lotte e fatiche di ogni genere per raggiungere risultati materiali (e come tali mai totalmente soddisfacenti), quanto più noi cristiani, sorretti dalla certezza dell’intervento di Dio e della vittoria finale, potremo impegnarci in cose belle e sante, anche quando trascendono le nostre deboli forze…I Santi, uomini e donne della speranza, ci sono splendidi esempi in materia: basti pensare cosa è riuscita ad operare quella piccola donna rugosa che fu M. Teresa, a livello mondiale, e come lei e prima di lei, un D. Bosco, un D. Orione, un Cottolengo e mille altri. E cosa riusciremmo ad operare noi, nel nostro piccolo, se ci nutrissimo di più di speranza. Non presuntuosi, perché ben sappiamo che tutto dipende da Dio e senza di Lui non possiamo fare nulla di buono; ma neppure scoraggiati e, tanto meno, disperati. Il vero cristiano non si preoccupa troppo delle avversità terrene, ma cammina deciso e spedito verso i beni futuri. Non si disinteressa delle cose della terra, ma neppure vi ci si lascia invischiare e trattenere. Nessuno è impegnato come lui, ma nello stesso tempo libero come lui, perché il suo cuore è colmo di fiducia in Dio e il suo sguardo spazia su orizzonti che trascendono la scena del mondo presente.
Sappiamo anche che nei gradi più alti la speranza cristiana diventa spirito d’abbandono in Dio. Ci sentiamo come piccoli bambini nelle Sue braccia di Padre, ci lasciamo portare da Lui dovunque a Lui piaccia, diventiamo strumenti docili del Suo amore.
E’ “la piccola via” praticata ed insegnata dalla piccola Santa di Lisieux, Teresina del Bambin Gesù, che ha condotto verso i vertici dell’amore e dell’offerta di sé, centinaia di migliaia di anime. E su questa via si vive amando e si muore cantando. Per questo S. Francesco, giullare di Dio, era solito ripetere: <E’ tanto il bene che mi aspetto, che ogni pena mi è diletto!>, e così esortava i suoi frati: <Abbiamo promesso grandi cose, maggiori sono state promesse a noi; osserviamo quelle e aspiriamo a queste. Il piacere è breve, la pena eterna; piccola la sofferenza, infinita la gloria>. E vivendo con questa incrollabile speranza, morì cantando. Scrive di lui il suo primo biografo, fra Tommaso da Celano: <Sentendo che l’ora della morte era ormai imminente, chiamò a sé due dei suoi frati e figli prediletti, perché a piena voce cantassero le lodi al Signore con animo gioioso per l’approssimarsi della morte, anzi della vera vita>.
E’ quello che auguro a me e a voi, perché possiamo tutti cooperare a ridare speranza e certezza ad un mondo sbandato e demotivato e spesso disperato e deluso dinanzi ai suoi idoli materialistici, perché soltanto il nostro Dio è il Dio della speranza, in Cristo Gesù morto e risorto per noi!