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Il san Paolo di Tommaso d’Aquino : Un vaso ricolmo di sapienza

http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/cultura/2009/144q04a1.html

(L’Osservatore Romano 25 giugno 2009)

Il san Paolo di Tommaso d’Aquino

Un vaso ricolmo di sapienza

Presso l’Accademia San Tommaso d’Aquino in Vaticano si è svolto un convegno su san Tommaso lettore di san Paolo. Pubblichiamo la sintesi di una delle relazioni.

di Inos Biffi

Tommaso parte dalla definizione che di Paolo è data negli Atti degli apostoli, dov’è denominato « vaso di elezione » (9, 15), e dallo sviluppo di questa immagine ne disegna – in apertura al suo commento paolino – la figura spirituale.
« Il beato Paolo viene chiamato vaso di elezione, e quale vaso egli fosse risulta da ciò che si dice nel Siracide: « Come un vaso d’oro massiccio, ornato con ogni specie di pietre preziose » (50,9). Fu un vaso d’oro per lo splendore della sua sapienza. Perciò il beato Pietro gli rende testimonianza dicendo: « Come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto secondo la sapienza che gli è stata data »(i Pietro, 3 15) ».
« Egli fu inoltre saldo nella virtù della carità (…). Nella Lettera ai Romani, dice: « Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire ecc. potrà mai separarci dall’amore di Dio » (8, 38) ».
« E di che genere fosse questo vaso risulta da quanto esso elargiva: insegnò i misteri dell’eminentissima divinità che riguardano la sapienza, come appare da 1 Corinzi: « Tra i perfetti parliamo di sapienza »(2,6); elogiò inoltre altamente la carità, in 1 Corinzi, 13; insegnò agli uomini le varie virtù, come risulta da Colossesi, 3, 12: « Rivestitevi dunque come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine »".
Volgendo l’attenzione su quanto Paolo, quale « vaso » di elezione, contenesse, Tommaso premette il rilievo che, come « ci sono vasi di vino, vasi di olio e altri vasi diversi secondo il genere », così ci sono « uomini (…), riempiti divinamente con diverse grazie, come si dice in 1 Corinzi: « A uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro il linguaggio della scienza… »(12,8) ».
Ora, Paolo fu ripieno del liquido prezioso che è « il nome di Cristo, del quale nel Cantico dei Cantici si dice: « Profumo olezzante è il tuo nome »(1, 2) ». Perciò si dice « Egli è il vaso eletto per me affinché porti il mio nome ». E infatti si mostra tutto ripieno di questo nome, come si afferma nell’ Apocalisse: « Inciderò su di lui il mio nome (3,12) ».
E l’Angelico precisa: « Ricevette questo nome nella conoscenza dell’intelletto, secondo quanto si dice in 1 Corinzi: « Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo e questi crocifisso » (2,2). Inoltre ebbe questo nome nei suoi affetti, conformemente a Romani: « Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? » (8,35); e a 1 Corinzi: « Se qualcuno non ama il Signore, sia anatema » (16,22). Si tenne poi stretto a lui in tutto il suo modo di vivere. Per cui in Galati dichiara: « Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me » (2,20) ».
Ma Paolo non solo fu personalmente colmo del nome di Cristo, ma fu anche destinato a portare questo nome agli altri. « Era infatti necessario – scrive Tommaso – che il nome fosse portato perché si trovava lontano dagli uomini ». Quel nome « è lontano da noi a causa del peccato », « a causa dell’oscurità dell’intelletto ». Ora « il beato Paolo portò il nome di Cristo anzitutto nel corpo, imitando la sua condotta e la sua passione, secondo Galati « Difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo »(6,17); e poi nella sua bocca, e questo risalta dal fatto che nelle sue lettere nomina spessissimo Gesù Cristo: « Poiché la bocca parla della pienezza del cuore » come si asserisce in Matteo (12, 34) ».
In particolare, Paolo – paragonato dal Dottore Angelico alla colomba che recò all’arca del diluvio il ramoscello d’ulivo, simbolo della misericordia – « recò quel ramoscello alla Chiesa, allorché espresse in molti modi la sua virtù e il suo significato, mostrando la grazia e la misericordia di Cristo. Per cui in 1 Timoteo dice: « Appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità »(1,16) ».
E al riguardo l’Angelico annota: « Come tra le Scritture dell’Antico Testamento nella Chiesa si usano più frequentemente i Salmi di Davide, che dopo il peccato ottenne il perdono, così nel Nuovo Testamento si usano le lettere di Paolo, che ottenne il perdono, perché i peccatori siano innalzati verso la speranza ».
Per Tommaso le lettere di Paolo contengono soprattutto un messaggio di misericordia e di speranza, ed è la ragione per la quale la Chiesa le legge spesso. Ma egli aggiunge un’altra ragione ed è che nei Salmi e nelle Lettere paoline « è contenuta quasi l’intera dottrina della teologia – fere tota theologiae continetur doctrina ».
Paolo, inoltre, portò il nome di Cristo « non solo ai presenti, ma anche agli assenti e ai futuri, trasmettendo il senso della Scrittura », esattamente coincidente con il nome di Cristo.
È proprio « in questo ufficio consistente nel portare il nome di Dio » una triplice « eccellenza » di Paolo.
In primo luogo, un’eccellenza quanto alla « grazia dell’elezione ». Paolo è chiamato « vaso di elezione » – in virtù, quindi, di una scelta divina avvenuta « prima della creazione del mondo » (Efesini, 1, 4). In secondo luogo, un’eccellenza quanto « alla fedeltà »: « Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore » (2 Corinzi, 4, 5).
Infine, un’eccellenza singolare nella sua fatica apostolica: lui stesso in 1 Corinzi afferma: « Anzi ho faticato più di tutti loro ». Per questo viene espressamente definito « un vaso di elezione per me ».

DOMENICA 13 MARZO 2011 – I DI QUARESIMA

DOMENICA 13 MARZO 2011 – I DI QUARESIMA

MESSA DEL GIORNO LINK:

http://www.maranatha.it/Festiv2/quaresA/QuarA1Page.htm

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura   Rm 5, 12-19 (forma breve: Rm 5, 12.17-19)
Dove ha abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
[ Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato.... ]
Fino alla Legge infatti c’era il peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la Legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato a somiglianza della trasgressione di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire.
Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo tutti morirono, molto di più la grazia di Dio, e il dono concesso in grazia del solo uomo Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti. E nel caso del dono non è come nel caso di quel solo che ha peccato: il giudizio infatti viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione. [ Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. ]

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal «Commento sui salmi» di sant’Agostino, vescovo
(Sal 60, 2-3; CCL 39, 766)

In Cristo siamo stati tentati e in lui abbiamo vinto il diavolo
«Ascolta, o Dio, il mio grido, sii attento alla mia preghiera» (Sal 60, 1). Chi è colui che parla? Sembrerebbe una persona sola. Ma osserva bene se si tratta davvero di una persona sola. Dice infatti: «Dai confini della terra io t’invoco; mentre il mio cuore è angosciato» (Sal 60, 2).
Dunque non si tratta già di un solo individuo: ma, in tanto sembra uno, in quanto uno solo è Cristo, di cui noi tutti siamo membra. Una persona sola, infatti, come potrebbe gridare dai confini della terra? Dai confini della terra non grida se non quella eredità, di cui fu detto al Figlio stesso: «Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra» (Sal 2, 8).
Dunque, è questo possesso di Cristo, quest’eredità di Cristo, questo corpo di Cristo, quest’unica Chiesa di Cristo, quest’unità, che noi tutti formiamo e siamo, che grida dai confini della terra.
E che cosa grida? Quanto ho detto sopra: «Ascolta, o Dio, il mio grido, sii attento alla mia preghiera; dai confini della terra io t’invoco». Cioè, quanto ho gridato a te, l’ho gridato dai confini della terra: ossia da ogni luogo.
Ma, perché ho gridato questo? Perché il mio cuore è in angoscia. Mostra di trovarsi fra tutte le genti, su tutta la terra non in grande gloria, ma in mezzo a grandi prove.
Infatti la nostra vita in questo pellegrinaggio non può essere esente da prove e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può conoscere se stesso, se non è tentato, né può essere coronato senza aver vinto, né può vincere senza combattere; ma il combattimento suppone un nemico, una prova.
Pertanto si trova in angoscia colui che grida dai confini della terra, ma tuttavia non viene abbandonato. Poiché il Signore volle prefigurare noi, che siamo il suo corpo mistico, nelle vicende del suo corpo reale, nel quale egli morì, risuscitò e salì al cielo. In tal modo anche le membra possono sperare di giungere là dove il Capo le ha precedute.
Dunque egli ci ha come trasfigurati in sé, quando volle essere tentato da Satana. Leggevamo ora nel vangelo che il Signore Gesù era tentato dal diavolo nel deserto. Precisamente Cristo fu tentato dal diavolo, ma in Cristo eri tentato anche tu. Perché Cristo prese da te la sua carne, ma da sé la tua salvezza, da te la morte, da sé la tua vita, da te l’umiliazione, da sé la tua gloria, dunque prese da te la sua tentazione, da sé la tua vittoria.
Se siamo stati tentati in lui, sarà proprio in lui che vinceremo il diavolo. Tu fermi la tua attenzione al fatto che Cristo fu tentato; perché non consideri che egli ha anche vinto? Fosti tu ad essere tentato in lui, ma riconosci anche che in lui tu sei vincitore. Egli avrebbe potuto tener lontano da sé il diavolo; ma, se non si fosse lasciato tentare, non ti avrebbe insegnato a vincere, quando sei tentato.

San Tommasoi D’aquino : I gradi della carità

dal sito:

http://www.preticattolici.it/Teologia%20spirituale.htm#I_GRADI_DELLA_CARITÀ_

I GRADI DELLA CARITÀ

San Tommaso d’ Aquino – Somma Teologica

«Di per sé ed essenzialmente, la perfezione della vita cristiana consiste nella carità: in maniera principale nell’amore di Dio, e in maniera secondaria nell’amore del prossimo… Ora, l’amore di Dio e del prossimo non sono comandati secondo una certa misura, così da lasciare il di più come consiglio; e ciò risulta dalla stessa formulazione del precetto che mira alla perfezione: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore”… oppure “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Ciascuno ama se stesso in grado massimo. E questo perché “il fine del precetto è la carità” (1 Tm 1, 5).

«La carità dei viatori può aumentare. Infatti noi siamo considerati «viatori” (uiatores) per il fatto che tendiamo verso Dio, fine ultimo della nostra beatitudine. Ora, in questa nostra via tanto più avanziamo, quanto più ci avviciniamo a Dio, al quale ci si avvicina non con i passi del corpo, ma con gli affetti dell’anima. Ma è la carità stessa a compiere questo avvicinamento, perché con essa l’anima si unisce a Dio. Perciò la carità dei viatori ha per sua natura di poter aumentare:
poiché se non potesse aumentare, questo cammino progressivo che caratterizza la nostra vita non esisterebbe più. Ecco perché l’Apostolo dà alla carità il nome di via, là dove dice: “vi mostrerò una via ancora più eccellente”». «Così la carità non cresce in maniera attuale con qualsiasi atto, ma qualsiasi atto di carità predispone all’aumento di essa, in quanto l’uomo da un atto di carità viene reso più pronto ad agire nuovamente in tal senso. E col crescere di questa attitudine, prorompe finalmente in un atto più fervente di carità, col quale si sforza di assicurarne lo sviluppo; e allora la carità cresce in maniera attuale»
«L’aumento spirituale della carità da un certo punto di vista si può paragonare alla crescita materiale di un uomo. Ora, sebbene questa si possa sezionare in molte parti, ha tuttavia determinate sezioni in base ai determinati atti e compiti che l’uomo raggiunge nel suo sviluppo: si ha, cioè, l’età infantile, prima che raggiunga l’uso della ragione; si distingue poi un secondo stato quando comincia a parlare e a usare la ragione; e finalmente si ha un terzo stato, che è quello della pubertà, quando incomincia a poter generare; e di qui fino a che raggiunge la perfezione.
Allo stesso modo si distinguono pure diversi gradi nella carità, in base ai vari compiti che l’uomo è portato ad affrontare con l’aumento di essa. Infatti da principio l’uomo ha il compito principale di allontanarsi dal peccato e di resistere alle sue concupiscenze, che muovono in senso contrario alla carità. E questo appartiene ai debuttanti nei quali la carità va nutrita e sostenuta perché non perisca. — Segue poi, come secondo compito, lo sforzo di procedere o avanzare nel bene. E questo compito appartiene ai proficienti, che tendono principalmente a irrobustire e ad accrescere in se stessi la carità. — Il terzo finalmente consiste soprattutto nel tendere all’adesione e alla fruizione di Dio. E questo appartiene ai perfetti, i quali «desiderano andarsene ed essere con Cristo” (Fil 1, 23). Del resto anche nel moto fisico vediamo che la prima cosa è l’abbandono del termine di partenza; la seconda è l’avvicinamento al termine d’arrivo; e la terza è la quiete nel termine raggiunto».
«Lo Spirito è dato ai debuttanti all’origine della giustificazione…, nel bagno del rinnovamento…, nel privilegio dell’adozione… (Esso viene dato anche) ai proficienti per plasmare la loro intelligenza…, per fortificare la loro volontà…, per sostenere il loro agire… (E dato inoltre) ai perfetti: come privilegio della libertà…, come vincolo dell’unità…, come pegno dell’eredità. »

San Tommaso d’ Aquino – Somma Teologica

SABATO 6 GIUGNO 2009 – IX SETTIMANA DEL T.O.

SABATO 6 GIUGNO 2009 – IX SETTIMANA DEL T.O.

S. NORBERTO VESCOVO (mf)

UFFICIO DELLE LETTURE

SECONDA LETTURA

Dalla «Esposizione su Giovanni» di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa

(Cap. 14, lect. 2)
La via per giungere alla vera vita

    La via è Cristo, e perciò dice: «Io sono la via» (Gv 14,6). Il che è pienamente giustificato, infatti «per mezzo di lui possiamo presentarci al Padre» (Ef 2,18).
    E siccome questa via conduce alla meta, aggiunge: «Sono la verità e la vita»; e così egli è al tempo stesso via e meta. Via secondo l’umanità, meta secondo la divinità. Dunque, in quanto uomo, dice: «Io sono la via»; in quanto Dio aggiunge: «La verità e la vita». Con queste due parole è indicato molto bene il traguardo di questa via.
    Il punto d’arrivo di questa via infatti è la fine del desiderio umano. Ora l’uomo desidera due cose principalmente: in primo luogo quella conoscenza della verità che è propria della sua natura. In secondo luogo la permanenza nell’essere, proprietà questa comune a tutte le cose. In Cristo si trova l’una e l’altra. Egli è la via per arrivare alla conoscenza della verità, anzi è la stessa verità: Guidami, Signore, nella verità e camminerò nella tua via (cfr. Sal 85,11).
    Similmente egli è la via per giungere alla vita, anzi, egli stesso è la vita: «Mi hai fatto conoscere il sentiero della vita» (Sal 15,11 volg.).
    E perciò ha designato la fine di questa via come verità e vita. Entrambe sono state applicate a Cristo più sopra.
    Innanzitutto egli è la vita: si dice infatti «in lui era la vita», e poi che egli è la verità, perché «era la luce degli uomini» (Gv 1,4). E la luce è la verità. Se dunque cerchi per dove passare, accogli Cristo perché egli è la via: «Questa è la strada, percorretela» (Is 30,21). Dice Agostino: «Cammina attraverso l’uomo e giungerai a Dio». È meglio zoppicare sulla via, che camminare a forte andatura fuori strada. Chi zoppica sulla strada, anche se avanza poco, si avvicina tuttavia al termine. Chi invece cammina fuori strada, quanto più velocemente corre, tanto più si allontana dalla meta.
    Se cerchi dove andare, segui Cristo, perché egli è la verità, alla quale desideriamo arrivare: «La mia bocca proclama la verità» (Pro 8,7). Se cerchi dove fermarti, stai con Cristo, perché egli è la vita: Chi trova me, trova la vita e attingerà la salvezza dal Signore (cfr. Pro 8,35).
    Segui dunque Cristo se vuoi essere sicuro. Non potrai smarrirti, perché egli è la via. Perciò coloro che seguono lui non camminano per luoghi impraticabili, ma per la via giusta. Parimenti non può esservi errore, perché egli è la verità ed insegna tutta la verità. Dice infatti: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto al mondo, per rendere testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Infine non può esservi confusione, perché egli è la vita e dà la vita. Dice infatti: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).

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