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Omelia del card. Scola nella Domenica di Pasqua nella Risurrezione del Signore

http://www.zenit.org/article-30236?l=italian

« LA CHIESA, COMUNITÀ DI REDENTI GENERATA DALLA PASQUA »

Omelia del card. Scola nella Domenica di Pasqua nella Risurrezione del Signore

MILANO, domenica, 8 aprile 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata oggi dal cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, durante la Messa del giorno nella Pasqua di Risurrezione.
***
1. «Questo è il giorno che ha fatto il Signore; rallegriamoci e in esso esultiamo» (Sal 117): così, col ritornello del Salmo responsoriale, la Chiesa nostra Madre ci ha invitato alla gioia. Perché? Ce lo dirà con forza ineguagliabile un passaggio sconvolgente e paradossale del Prefazio: «beata mors, quae nodos mortis exsolvit», beata, cioè eternamente felice -la beatitudine, infatti, dice la felicità eterna, quella che non passerà più-, la morte [del nostro Redentore] perché ha sciolto per sempre i lacci della morte.
Come si può parlare di una morte beata? Da dove viene alla Chiesa, e quindi a ciascuno di noi, la certezza circa una tale possibilità? Come mai, dopo il giorno di Pasqua, i discepoli poterono ritornare sui tragici eventi del Venerdì Santo e scoprire in essi quanto annunciato dalle Scritture? Forse siamo così distratti dall’abitudine che non ci rendiamo conto della assoluta singolarità dell’avvenimento della Risurrezione, di come ogni cosa dipenda dalla verità del suo annuncio.
2.Per poter rispondere alle domande poste è necessario contemplare quanto accadde ai discepoli «nei quaranta giorni» dopo la Pasqua (cf. Lettura, At 1,3). Le letture bibliche appena ascoltate. mettono in evidenza la reale presenza di Gesù risorto dopo la morte, testimoniata in modo autorevole da coloro che l’hanno visto e incontrato. Le apparizioni del Crocifisso Risorto sono la porta di accesso alla sconvolgente novità della Pasqua.
È questo l’annuncio esplicito di Paolo: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e fu sepolto ed è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (Epistola, 1Cor 15,3-5).Paolo si considera apostolo in forza della medesima esperienza che egli condivide con gli altri apostoli: aver incontrato Gesù risorto vivo. In effetti è questa l’esperienza fondante e probante la verità dell’annuncio cristiano: l’evento è la morte redentrice di Gesù, certificata nel suo significato di salvezza dalla risurrezione. Lo mostrano le Scritture lette alla luce del fatto accertato delle apparizioni.
3. Anche l’inizio degli Atti degli Apostoli ci racconta di questo singolare momento in cui Gesù «si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove» (Lettura, At 1,3).
Che cosa fa il Signore Risorto dandosi a vedere dai Suoi? Li introduce nel rapporto nuovo inaugurato appunto dalla Sua Risurrezione. Infatti, «durante quaranta giorni» (Lettura, At 1,3) – il numero biblico indica sempre un tempo propedeutico: alla alleanza dopo il diluvio; alla rivelazione di Dio sul Sinai per Mosè, all’entrata nella Terra Promessa per il popolo, al ministero pubblico per Gesù, ecc. – il Risorto si accompagna a loro perché possano accertare la verità della nuova vita di Gesù e abituarsi, quindi, alla nuova modalità della Sua presenza; Gesù, inoltre, li istruisce sulle cose riguardanti il Regno di Dio, perché possano re-imparare alla luce della Risurrezione quello che avevano già da Lui ascoltato; il Risorto, infine, li prepara ad attendere il dono dello Spirito – «tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo» (Lettura, At 1,5) – che consente a tutti coloro che lo seguiranno di «aver parte» diretta con Lui.
Questi tre elementi – la novità della presenza del Risorto, la comprensione del disegno salvifico del Padre e il dono dello Spirito – descrivono l’esperienza del nuovo rapporto con Gesù. Non solo di quella dei primi, ma anche della nostra.
Chiediamoci: si può ancora sostenere che una simile forma di esperienza, l’esperienza cristiana, sia ragionevole? La sua rivendicazione della verità poggia su solide basi? Pensiamo, ad esempio, alla obiezione di quanti, a partire dalle strabilianti scoperte della scienza, sostengono che tutto è solo Natura (“naturalismo biologico”). Ebbene noi possiamo, come credenti, accettare tutti i risultati comprovati delle scienze naturali – sottolineo tutti i risultati, non tutte le loro interpretazioni e non ogni loro uso – integrandoli con l’esistenza di un Dio Creatore e Redentore dell’universo. Non sono pochi gli scienziati credenti a testimoniarlo.
Qualcuno di loro ha coniato l’espressione “naturalismo teista” (Peacocke). L’esperienza cristiana è ragionevole anche per il sofisticato uomo del terzo millennio.
4. Il racconto evangelico approfondisce poi la natura dell’esperienza cristiana a partire dal rapporto con il Crocifisso Risorto, vivo in mezzo a noi.
Maria di Magdala è la prima a cui il Risorto si manifesta. Il fatto, del tutto sorprendente – ci si aspetterebbe che apparisse prima agli apostoli – è la registrazione di quello che davvero è avvenuto (nessun “falsificatore” avrebbe fatto una scelta così clamorosamente “scorretta”).
Con grande delicatezza ci viene indicato che il riconoscimento di Gesù Risorto è primariamente una questione di conoscenza amorosa. «Donna, perché piangi? Chi cerchi? (…) Signore se l’hai portato via tu… Maria!… Maestro» (Vangelo, Gv 20,15-16).
L’identificazione del Risorto chiede, tuttavia, a Maria un cambiamento: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli» (Vangelo, Gv 20,17). Non si può riconoscere il Risorto senza cambiare. Ecco perché, come ci ha ricordato il Santo Padre nell’omelia della Messa Crismale, «resta chiaro che la conformazione a Cristo» – che esige cambiamento personale e comunitario -«è il presupposto e la base di ogni rinnovamento» nella Chiesa, dell’autentica missione.
Le apparizioni di Gesù, a cominciare da quelle a Maria di Magdala, hanno lo scopo di abituare i discepoli alla sua nuova condizione divino-umana. Essa è riconoscibile nella Chiesa, sacramento universale di salvezza (cfr. LG 48) a partire dalla tracce del Risorto nella vita della comunità cristiana. Ne sono frutti: il perdono, la pace, la letizia, la carità – «per l’oppressione del misero ed il gemito del povero… Io risorgerò» (ci ha fatto pregare la Chiesa nel Sabato Santo) (Ufficio delle Letture, Ant. 5)» -, la missione fino alla consegna della propria vita nel martirio.
Così il Risorto si dà a vedere perché al riconoscimento segua il lieto annuncio che la vita nuova è accessibile a tutti gli uomini e le donne di tutti i tempi. Le apparizioni del Risorto hanno come scopo di testimoniare la verità della risurrezione del Salvatore. Infatti, Maria rende testimonianza dicendo: «Ho visto il Signore» (Gv 20,18).
5. Veramente oggi con la liturgia ambrosiana possiamo esclamare: «O mysterium gratia plenum, O ineffabile divini muneris sacramentum, O sollemnitatum omnium honoranda sollemnitas» O mistero ricco di grazia, O ineffabile sacramento del dono divino. O festa che dà origine a tutte le feste (Prefazio). Poiché oggi è il giorno della liberazione, il giorno in cui la morte beata del Signore ci ha donato per sempre la grazia della libertà.
La libertà, infatti, è lo splendore della Pasqua che brilla sul volto degli uomini che Lo riconoscono. Ormai niente più, neanche il rumore sordo della morte che accompagna quotidianamente la nostra esistenza, può farci schiavi. Siamo stati acquistati a caro prezzo: il sangue dell’Agnello immolato, dell’Autore della vita. Noi uomini e donne del nostro tempo siamo così assetati di libertà! Al di là di tutte le contraddizioni e fragilità di noi cristiani, la Chiesa, comunità di redenti generata dalla Pasqua, è veramente la dimora della libertà, perché attraverso la testimonianza dei cristiani è possibile scoprire che «Dio – come ha scritto von Balthasar – non è una fortezza rinchiusa che noi con le nostre macchine da guerra (ascesi, introspezione mistica, ecc.) dobbiamo espugnare, è invece una casa piena di porte aperte, attraverso le quali noi siamo invitati ad entrare».
Buona Pasqua di risurrezione!

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù Fil 2,5ss (Diocesi di Milano)

dal sito:

http://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/C_D_V/CDV_2008_12.pdf

DIOCESI DI MILANO

preghiera corale per le vocazioni

per il primo giovedì del mese di dicembre

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù Fil 2,5ss

Introduzione alla preghiera

Dicembre è il mese in cui contempliamo il mistero della nascita di Gesù. Dio sceglie di rendere visibile il suo amore nella storia degli uomini facendosi uomo: “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini”. Questo abbassarsi si esprime nella vita di Gesù nel mettersi al servizio, nell’amare fino alla fine, nel dare la vita per amore. Paolo invita ogni cristiano a coltivare questo stesso atteggiamento di Gesù: “abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Questa è la radice del nostro essere cristiani, questa è la radice di ogni vocazione.

Invocazione

Signore Gesù, vorrei amare fino alla fine!
Signore Gesù, ti guardo mentre ti decidi per me,
e la tua scelta è chiara: è amore fino alla fine.
fino all’umile servizio del fratello,
fino al perdono, fino a rimetterci,
fino a offrirti tutto, a dare la vita per ogni uomo,
anche per me, anche per i miei fratelli.
Signore Gesù, ti guardo mentre mi dai l’esempio:
colmami del tuo Spirito, che mi dia luce
per conoscere la volontà del Padre
e forza per compierla: solo così troverò la gioia.
Signore Gesù, ti guardo mentre vai fino in fondo:
tu mi ami da sempre, comunque e per sempre;
tu mi inviti, mi chiami alla felicità più grande;
tu mi mostri che ogni fatica è per la gioia,
ogni sofferenza trova una consolazione,
ogni notte è vinta dall’alba di un nuovo giorno,
ogni croce porta alla risurrezione.
Signore Gesù, che di continuo
poni il tuo sguardo d’amore su di me,
fammi forte: io vorrei somigliarti.
Vorrei imparare da te
ad amare fino alla fine. Amen.

dalla lettera di S.Paolo apostolo ai Filippesi (Fil 2,1-11)

1 Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, 2 rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. 3 Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, 4 senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri. 5 Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, 6 il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8 umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11 e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

Riflessione

Paolo scrive ai cristiani di Filippi dal carcere (probabilmente imprigionato ad Efeso). La comunità è sottoposta ad attacchi esterni che mettono in pericolo la fede: Paolo invita a rimanere saldi nella fede anche a costo di soffrire a causa del Vangelo. La comunità è in pericolo anche da contrapposizioni interne alla comunità stessa. Qui Paolo usa un tono accorato quasi di supplica, richiamando i vincoli di comunione che lo legano alla comunità di Filippi, per invitarli a una vita di COMUNIONE che sappia superare gli egoismi e le rivalità interne. Paolo invita all’UMILTÁ. Solo rapporti personali basati su un’alta stima reciproca (“ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso”) possono rompere le catene della rivalità e della vanagloria. L’umiltà di cui parla Paolo la si può solo imparare da Cristo cercando di coltivare in sé “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Gesù risulta così colui che fonda la propria identità di cristiano. La stessa logica di umiltà e obbedienza che ha caratterizzato tutta la storia di Gesù di Nazareth deve diventare sempre più la logica di vita dei cristiani. È una progressiva assimilazione del cuore del discepolo a quello del Maestro. Per questo il cristiano è invitato a contemplare il mistero della kènosi di Dio: il suo abbassamento, il suo spogliarsi di ogni regalità divina, il suo farsi simile all’uomo e diventare servo fino a morire in croce! Essere cristiani vuol dire far propria questa logica di vita, entrando così dentro la dinamica della Pasqua di Cristo: all’abbassamento di Cristo corrisponde il conferimento da parte del Padre della signoria su tutto l’universo.

Immagine e descrizione (p.Antonio Genziani, Sacramentino)

In questo mosaico, che si trova nella cappella della nunziatura di Damasco, riconosciamo lo stile inconfondibile di Marko Ivan Rupnik. Troviamo alla nostra sinistra, Paolo in ginocchio che “si apre” verso Cristo, quasi uscisse dal suo mantello come da un grosso guscio, con un occhio già liberato e con le squame in mano. La sua mano sinistra indica decisamente Cristo, tutta la vita di Paolo si consumerà nel gesto di indicare il Signore. Osserviamo un Cristo risorto che ha in sé i segni della passione ed impone la sua destra su Paolo, consacrandolo suo discepolo, suo apostolo. L’altra mano di Cristo è abbassata e girata in modo da far vedere la ferita dei chiodi. Paolo si presenta a Cristo con le squame nelle mani e con il suo mantello, ora i suoi occhi hanno visto la verità, il mantello rappresenta la sua vecchia identità che sta perabbandonare, per accogliere la nuova, offerta da Cristo risorto. È l’inizio di una grande avventura d’amore con il Signore e la partecipazione a questo amore, è dono dello Spirito Santo, come è ben evidenziato nei colori intensi e forti dello sfondo. Paolo lo afferma apertamente: solo nello Spirito Santo si può dire che Gesù Cristo è Signore.

Testimonianza

IN PRIGIONE, PER CRISTO di Francois-Xavier Nguyen Van Thuan (1928-2002),
Arcivescovo vietnamita imprigionato dal regime comunista dal 1975 al 1988.

Gesù ,ieri pomeriggio, festa di Maria Assunta, sono stato arrestato. Trasportato durante la notte da Saigon fino a Nhatrang, quattrocentocinquanta chilometri di distanza in mezzo a due poliziotti, ho cominciato l’esperienza di una vita di carcerato. Tanti sentimenti confusi nella mia testa: tristezza, paura, tensione, il mio cuore lacerato per essere allontanato dal mio popolo. Umiliato, ricordo le parole della Sacra Scrittura: « È stato annoverato tra i malfattori» (Lc 22,37). Ho attraversato in macchina le mie tre diocesi, Saigon, Phanthìet, Nhatrang: con tanto amore verso i miei fedeli, ma nessuno di loro sa che il loro Pastore sta passando, la prima tappa della sua Via Crucis. Ma in questo mare di estrema amarezza, mi sento più che mai libero. Non ho niente con me, neanche un soldo, eccetto il mio rosario e la compagnia di Gesù e Maria. Sulla strada della prigionia ho pregato: « Tu sei il mio Dio e il mio tutto ». Gesù, ormai posso dire come san Paolo: «Io Francesco, a causa di Cristo, ora sono in prigione» (Ef 3,1). Nel buio della notte in mezzo a questo oceano di ansietà, d’incubo, piano piano mi risveglio: « Devo affrontare la realtà ». «Sono in prigione, se aspetto il momento opportuno per fare qualcosa di veramente grande, quante volte nella vita mi si presenteranno simili occasioni? No, afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario». Gesù, io non aspetterò, vivo il momento presente, colmandolo di amore. La linea retta è fatta di milioni dì piccoli punti uniti uno all’altro. Anche la mia vita è fatta di milioni di secondi e di minuti uniti uno all’altro. Dispongo perfettamente ogni singolo punto e la linea sarà retta. Vivo con perfezione ogni minuto e la vita sarà santa. Il cammino della speranza è lastricato di piccoli passi di speranza. La vita di speranza è fatta di brevi minuti di speranza. Come tu, Gesù, che hai fatto sempre ciò che piace al Padre tuo. Ogni minuto voglio dirti: Gesù, ti amo, la mia vita è sempre una « nuova ed eterna alleanza » con te. Ogni minuto voglio cantare con tutta la Chiesa: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

Preghiera responsoriale

Sollecitati dalla Parola e dalla testimonianza ascoltata rivolgiamo al Signore le nostre preghiere:
contemplare la tua nascita in una mangiatoia, così come adorarti nell’eucarestia:
- apra il nostro cuore allo stupore del tuo farti piccolo per amore
rendici persone umili che sappiano riconoscere la propria piccolezza:
-perché possiamo così affidare tutta la nostra vita a te.
converti i nostri cuori dall’egoismo e dalle rivalità
- perché le nostre comunità siano sempre più luoghi di comunione
donaci la fortezza, dono del tuo Spirito,
-perché possiamo perseverare nella fede anche nelle difficoltà della vita
riempi il nostro cuore di pace e serenità
- perché possiamo testimoniare con la gioia di essere cristiani
non manchino mai nella Chiesa persone che con la loro vita
-ci testimonino il fascino della loro specifica vocazione

Preghiera finale

«HO SCELTO GESÙ» (di Francois-Xavier Nguyen Van Thuan)

Signore Gesù,sul sentiero della speranza,
da duemila anni,
il tuo amore, come un’onda,ha avvolto tanti pellegrini.
Essi ti hanno amato dì un amore palpitante,
con i loro pensieri, le loro parole, le loro azioni.
Ti hanno amato con un cuore
più forte della tentazione,
più forte della sofferenza e anche della morte.
Essi sono stati nel mondo la tua parola.
La loro vita è stata una rivoluzione
che ha rinnovato il volto della Chiesa.
Contemplando, fin dalla mia infanzia,
questi fulgidi modelli,
ho concepito un sogno:
offrirti la mia intera vita,
l’unica mia vita che sto vivendo,
per un ideale eterno e inalterabile.
Ho deciso!
Se compio la tua volontà
tu realizzerai questo ideale
ed io mi lancerò
in questa meravigliosa avventura.
Ti ho scelto,
e non ho mai provato rimpianti…
Il tuo amore sarà là
a inondare il mio cuore
d’amore per tutti.
La mia felicità sarà totale…
È per questo che io ripeto:
Ti ho scelto.
Non voglio che te
e la tua gloria.
Amen.

Nella residenza obbligatoria
a Giang-xà (Nord Vièt Nam),
19 marzo 1980,
Solennità di san Giuseppe

Diocesi di Milano: Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù

dal sito:

http://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/C_D_V/CDV_2008_12.pdf

DIOCESI DI MILANO

preghiera corale per le vocazioni per il primo giovedì del mese di dicembre

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù

Introduzione alla preghiera

Dicembre è il mese in cui contempliamo il mistero della nascita di Gesù. Dio sceglie di rendere visibile il suo amore nella storia degli uomini facendosi uomo: “spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini”. Questo abbassarsi si esprime nella vita di Gesù nel mettersi al servizio, nell’amare fino alla fine, nel dare la vita per amore. Paolo invita ogni cristiano a coltivare questo stesso atteggiamento di Gesù: “abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Questa è la radice del nostro essere cristiani, questa è la radice di ogni vocazione.
Invocazione

Signore Gesù, vorrei amare fino alla fine!
Signore Gesù, ti guardo mentre ti decidi per me,
e la tua scelta è chiara: è amore fino alla fine.
fino all’umile servizio del fratello,
fino al perdono, fino a rimetterci,
fino a offrirti tutto, a dare la vita per ogni uomo,
anche per me, anche per i miei fratelli.
Signore Gesù, ti guardo mentre mi dai l’esempio:
colmami del tuo Spirito, che mi dia luce
per conoscere la volontà del Padre
e forza per compierla: solo così troverò la gioia.
Signore Gesù, ti guardo mentre vai fino in fondo:
tu mi ami da sempre, comunque e per sempre;
tu mi inviti, mi chiami alla felicità più grande;
tu mi mostri che ogni fatica è per la gioia,
ogni sofferenza trova una consolazione,
ogni notte è vinta dall’alba di un nuovo giorno,
ogni croce porta alla risurrezione.
Signore Gesù, che di continuo
poni il tuo sguardo d’amore su di me,
fammi forte: io vorrei somigliarti.
Vorrei imparare da te
ad amare fino alla fine. Amen.

dalla lettera di S.Paolo apostolo ai Filippesi (Fil 2,1-11)

1 Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, 2 rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. 3 Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, 4 senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri. 5 Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, 6 il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7 ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8 umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 9 Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 10 perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si
pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11 e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

Riflessione
Paolo scrive ai cristiani di Filippi dal carcere (probabilmente imprigionato ad Efeso). La comunità è sottoposta ad attacchi esterni che mettono in pericolo la fede: Paolo invita a rimanere saldi nella fede anche a costo di soffrire a causa del Vangelo. La comunità è in pericolo anche da contrapposizioni interne alla comunità stessa. Qui Paolo usa un tono accorato quasi di supplica, richiamando i vincoli di comunione che lo legano alla comunità di Filippi, per invitarli a una vita di COMUNIONE che sappia superare gli egoismi e le rivalità interne. Paolo invita all’UMILTÁ. Solo rapporti personali basati su un’alta stima reciproca (“ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso”) possono rompere le catene della rivalità e della vanagloria. L’umiltà di cui parla Paolo la si può solo imparare da Cristo cercando di coltivare in sé “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Gesù risulta così colui che fonda la propria identità di cristiano. La stessa logica di umiltà e obbedienza che ha caratterizzato tutta la storia di Gesù di Nazareth deve diventare sempre più la logica di vita dei cristiani. È una progressiva assimilazione del cuore del discepolo a quello del Maestro. Per questo il cristiano è invitato a contemplare il mistero della kènosi di Dio: il suo abbassamento, il suo spogliarsi di ogni regalità divina, il suo farsi simile all’uomo e diventare servo fino a morire in croce! Essere cristiani vuol dire far propria questa logica di vita, entrando così dentro la dinamica della Pasqua di Cristo: all’abbassamento di Cristo corrisponde il conferimento da parte del Padre della signoria su tutto l’universo. in questo mosaico, che si trova nella cappella della nunziatura di Damasco, riconosciamo lo stile inconfondibile di Marko Ivan Rupnik. Troviamo alla nostra sinistra, Paolo in ginocchio che “si apre” verso Cristo, quasi uscisse dal suo mantello come da un grosso guscio, con un occhio già liberato e con le squame in mano. La sua mano sinistra indica decisamente Cristo, tutta la vita di Paolo si consumerà nel gesto di indicare il Signore. Osserviamo un Cristo risorto che ha in sé i segni della passione ed impone la sua destra su Paolo, consacrandolo suo discepolo, suo apostolo. L’altra mano di Cristo è abbassata e girata in modo da far vedere la ferita dei chiodi. Paolo si presenta a Cristo con le squame nelle mani e con il suo mantello, ora i suoi occhi hanno visto la verità, il mantello rappresenta la sua vecchia identità che sta perabbandonare, per accogliere la nuova, offerta da Cristo risorto. È l’inizio di una grande avventura d’amore con il Signore e la partecipazione a questo amore, è dono dello Spirito Santo, come è ben evidenziato nei colori intensi e forti dello sfondo. Paolo lo afferma apertamente: solo nello Spirito Santo si può dire che Gesù Cristo è Signore.

Testimonianza

IN PRIGIONE, PER CRISTO di Francois-Xavier Nguyen Van Thuan (1928-2002),
Arcivescovo vietnamita imprigionato dal regime comunista dal 1975 al 1988.

Gesù,ieri pomeriggio, festa di Maria Assunta,sono stato arrestato.
Trasportato durante la notte da Saigon fino a Nhatrang, quattrocentocinquanta chilometri di distanza in mezzo a due poliziotti, ho cominciato l’esperienza di una vita di carcerato. Tanti sentimenti confusi nella mia testa: tristezza, paura, tensione, il mio cuore lacerato per essere allontanato dal mio popolo. Umiliato, ricordo le parole della Sacra Scrittura: « È stato annoverato tra i malfattori» (Lc 22,37). Ho attraversato in macchina le mie tre diocesi, Saigon, Phanthìet, Nhatrang: con tanto amore verso i miei fedeli, ma nessuno di loro sa che il loro Pastore sta passando, la prima tappa della sua Via Crucis. Ma in questo mare di estrema amarezza, mi sento più che mai libero. Non ho niente con me, neanche un soldo, eccetto il mio rosario e la compagnia di Gesù e Maria. Sulla strada della prigionia ho pregato: « Tu sei il mio Dio e il mio tutto ». Gesù, ormai posso dire come san Paolo: «Io Francesco, a causa di Cristo, ora sono in prigione» (Ef 3,1). Nel buio della notte in mezzo a questo oceano di ansietà, d’incubo, piano piano mi risveglio: « Devo affrontare la realtà ». «Sono in prigione, se aspetto il momento opportuno per fare qualcosa di veramente grande, quante volte nella vita mi si presenteranno simili occasioni? No, afferro le occasioni che si presentano ogni giorno, per compiere azioni ordinarie in un modo straordinario». Gesù, io non aspetterò, vivo il momento presente, colmandolo di amore. La linea retta è fatta di milioni dì piccoli punti uniti uno all’altro. Anche la mia vita è fatta di milioni di secondi e di minuti uniti uno all’altro. Dispongo perfettamente ogni singolo punto e la linea sarà retta. Vivo con perfezione ogni minuto e la vita sarà santa. Il cammino della speranza è lastricato di piccoli passi di speranza. La vita di speranza è fatta di brevi minuti di speranza. Come tu, Gesù, che hai fatto sempre ciò che piace al Padre tuo. Ogni minuto
voglio dirti: Gesù, ti amo, la mia vita è sempre una « nuova ed eterna alleanza » con te. Ogni minuto voglio cantare con tutta la Chiesa: Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

Preghiera responsoriale

Sollecitati dalla Parola e dalla testimonianza ascoltata rivolgiamo al Signore le nostre preghiere:

contemplare la tua nascita in una mangiatoia, così come adorarti nell’eucarestia:
- apra il nostro cuore allo stupore del tuo farti piccolo per amore
rendici persone umili che sappiano riconoscere la propria piccolezza:
-perché possiamo così affidare tutta la nostra vita a te.
converti i nostri cuori dall’egoismo e dalle rivalità
- perché le nostre comunità siano sempre più luoghi di comunione
donaci la fortezza, dono del tuo Spirito,
-perché possiamo perseverare nella fede anche nelle difficoltà della vita
riempi il nostro cuore di pace e serenità
- perché possiamo testimoniare con la gioia di essere cristiani
non manchino mai nella Chiesa persone che con la loro vita
-ci testimonino il fascino della loro specifica vocazione

Preghiera finale

«HO SCELTO GESÙ» (di Francois-Xavier Nguyen Van Thuan)

Signore Gesù,sul sentiero della speranza,
da duemila anni,
il tuo amore, come un’onda,ha avvolto tanti pellegrini.
Essi ti hanno amato dì un amore palpitante,
con i loro pensieri, le loro parole, le loro azioni.
Ti hanno amato con un cuore
più forte della tentazione,
più forte della sofferenza e anche della morte.
Essi sono stati nel mondo la tua parola.
La loro vita è stata una rivoluzione
che ha rinnovato il volto della Chiesa.
Contemplando, fin dalla mia infanzia,
questi fulgidi modelli,
ho concepito un sogno:
offrirti la mia intera vita,
l’unica mia vita che sto vivendo,
per un ideale eterno e inalterabile.
Ho deciso!
Se compio la tua volontà
tu realizzerai questo ideale
ed io mi lancerò
in questa meravigliosa avventura.
Ti ho scelto,
e non ho mai provato rimpianti…
Il tuo amore sarà là
a inondare il mio cuore
d’amore per tutti.
La mia felicità sarà totale…
È per questo che io ripeto:
Ti ho scelto.
Non voglio che te
e la tua gloria.
Amen.

Nella residenza obbligatoria
a Giang-xà (Nord Vièt Nam),
19 marzo 1980,
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