LA MUSICA EBRAICA
LA MUSICA EBRAICA
Dell’antica musica ebraica non ci sono pervenuti né esempi di melodie notate, né opere di teoria musicale; gli unici reperti sono costituiti da pochi strumenti musicali rinvenuti nel corso di scavi archeologici in Palestina, Mesopotamia (Ur) ed Egitto. Va osservato che, rispetto a Babilonia ed Egitto, Israele non conobbe musici e danzatori professionisti: la musica suonata, cantata e danzata era patrimonio di tutti. Conformemente al divieto ebraico di produrre immagini, manca totalmente la documentazione iconografica disponibile, per esempio, attraverso il complesso di pitture vascolari e tombali tipiche di Babilonia e dell’Egitto. Le testimonianze più importanti, sebbene disorganiche, sono offerte dalla Bibbia, che menziona diverse pratiche di culto connesse alla musica e alla danza e contiene veri e propri canti (Cantica del Mar Rosso, Esodo 15,1 e seguenti; Lamento di Davide, II Samuele 1,19-27; Canto di Debora, Giudici 5 e altri; Salmi).
Gli strumenti e le testimonianze bibliche Le notizie più ampie concernono gli strumenti musicali. Il primo accenno è in Genesi 4, 21: Yuval è definito « padre di tutti i suonatori di lira (kinnor) e di flauto (‘ugâb) ». I libri successivi ci presentano una classificazione degli strumenti in tre categorie, connesse ad altrettante classi sociali: i corni e le trombe, riservati ai sacerdoti; gli strumenti a corda, lire, arpe e salteri, suonati dai leviti, i funzionari addetti al servizio del Tempio; zufoli e flauti ad ancia, in uso presso il popolo. A questi tre gruppi si aggiungono alcuni idiofoni, come campane (pa’amon) e cimbali di bronzo (zilzal), utilizzati al Tempio, e tamburi (tof), generalmente legati alle danze e a complessi femminili (Esodo 15, 20; Giudici 11, 34). Fra tutti spicca lo shofar, corno di ariete, simbolicamente legato al sacrificio di Isacco, l’unico ancor oggi in uso nelle sinagoghe, poiché dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme (70 d.C.) gli altri strumenti non sono più suonati in segno di lutto. Il suo suono peculiare, fortemente evocativo di forze soprannaturali, fa da sfondo alla rivelazione divina sul Sinai (Esodo 19, 16-19), alla caduta delle mura di Gerico (Giosuè 6, 4-5, 20), alla processione dell’Arca dell’alleanza (II Samuele 6, 15) e alla battaglia di Gedeone (Giudici 7, 16 segg.). Per quanto riguarda gli altri strumenti a fiato, popolari, si conoscono tre nomi: ugav per il periodo nomade, halil per l’epoca del Re e dei Profeti, abuv per il periodo talmudico. Benché l’ebraico moderno usi i termini halil per indicare il flauto e abuv per l’oboe, una suddivisione degli strumenti antichi in strumenti ad ancia e a imboccatura diretta non è precisabile. Gli strumenti più frequentemente nominati nella Bibbia sono il kinnor, lira trapezoidale, e il nebel, arpa arcuata, entrambi di origine assira, che divennero i principali strumenti in uso al Tempio di Gerusalemme durante il periodo dei Re, dal 1030 circa a.C. È questa l’epoca d’oro della musica ebraica, sotto Davide (re dal 1004 circa al 966 a.C.) e suo figlio Salomone (966-926 a.C.). Il culto, ormai centralizzato al Tempio di Gerusalemme, era solennizzato da esecuzioni vocali, affidate a grandiosi complessi corali e strumentali. Il Talmud riporta, come strumentazione tipica, un gruppo di 12 strumenti: 9 lire, 2 arpe e un cimbalo. L’organizzazione era rigorosa; l’istruzione dei musicisti avveniva nell’acccademia annessa al Tempio e la tradizione musicale si tramandava all’interno delle famiglie levitiche, assicurando così la continuità. In I Cronache 25 vengono elencati in dettaglio gli addetti al servizio musicale: 288 musicisti, suddivisi in 24 gruppi di 12 membri ciascuno. È questa l’epoca dei Salmi (in ebraico tehillim, « canti di lode »), 70 dei quali sono attribuiti al re Davide. Negli stessi anni si sviluppò la preghiera individuale, tefillàh, di benedizione e supplica, come complemento al culto ufficiale del Tempio.
Il canto sinagogale Il declino del Tempio salomonico condusse alla progressiva scomparsa delle orchestre e all’utilizzazione esclusiva della voce umana. Tale processo si affermò irreversibilmente dopo la distruzione del Tempio per opera di Nabucodonosor e il conseguente esilio babilonese (587-538 a.C.), durante il quale l’eliminazione degli strumenti dal culto si identificò spiritualmente con il lutto per la caduta di Gerusalemme. Privati del Tempio e dei rituali sacrificali, gli Ebrei si concentrarono sulla preghiera e sulla lettura e lo studio della Bibbia, elementi primari del nuovo culto sinagogale, basati sugli insegnamenti di Ezra e Neemia. Le sinagoghe, modesti luoghi di riunione, progredirono ancora durante l’epoca del Secondo Tempio: al momento della distruzione di tale edificio a opera dell’imperatore romano Tito (70 d.C.), nella sola Gerusalemme si contavano circa 400 sinagoghe e l’ordinamento liturgico era ormai consolidato. L’elemento musicale è inscindibile dalla preghiera ebraica, ma anche dalla lettura e dallo studio dei testi sacri. Esso si è sviluppato in due forme primarie: la salmodia e la cantillazione nella lettura biblica.
La salmodia e la cantillazione La salmodia è strettamente legata alla struttura poetica e sintattica dei salmi, caratterizzata da due parti (emistichi) parallele per ogni versetto. L’intonazione melodica è organizzata intorno a una nota centrale ripetuta, con brevi fioriture (ornamentazioni) all’inizio, al centro e alla fine del versetto; tale procedimento si adatta facilmente alla lunghezza variabile dei versetti stessi. L’esecuzione era antifonale (canto eseguito all’inizio o alla fine di ciascun salmo) o responsoriale (ritornello corale in risposta al versetto intonato dal celebrante). Tale forma di cantilena venne adottata, oltre che per i Salmi, per altre parti liriche della Bibbia, quali i Proverbi. Passata, con i Salmi stessi, nella liturgia dei primi cristiani, essa costituisce il principale anello di congiunzione con il canto gregoriano e una delle premesse fondamentali della musica occidentale. La cantillazione (o lectio biblica) è l’altra forma primaria, anche se di datazione più tarda, della musica ebraica. Essa consiste nella lettura intonata del Pentateuco e delle altre parti in prosa della Bibbia. È guidata da appositi accenti (teamim) apposti sopra o sotto il testo, che iniziarono a essere indicati intorno al 500 d.C. e completati nell’895 per opera dei Massoreti, nella fissazione definitiva del testo biblico: insieme ai teamim, vennero anche aggiunti i segni che indicano le vocali. I teamim indicano sia la punteggiatura, sia le formule melodiche e sono quindi indissolubilmente legati alla sintassi e al significato del testo; non indicano né l’altezza, né la durata dei suoni e dopo la diaspora si creò una grande varietà di interpretazioni legate alle tradizioni locali, pur su basi concettuali comuni e inalterate.