Archive pour la catégorie 'POEMI'

AMA IL SILENZIO Michel Hubaut, ofm.

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Biblioteca /Spiritualità

AMA IL SILENZIO

Michel Hubaut, ofm.

Ama il silenzio,
è il tuo maestro,
vai alla sua scuola.
Ti insegnerà a guardare l’icona di Gesù Cristo,
e a mettere a fuoco lo sguardo del cuore
sul volto di Dio
che ti rivela il tuo volto, e quello di ogni uomo.

Ama il silenzio,
è il tuo maestro,
vai alla sua scuola.
Ti insegnerà a guardare il volto sfigurato di Gesù Cristo,
e a mettere a fuoco lo sguardo del cuore
sul volto di Dio che ti guarda
nello sguardo dell’uomo affamato, o torturato. 

Ama il silenzio,
è il tuo maestro,
vai alla sua scuola.
Ti insegnerà a guardare il volto trasfigurato di Gesù Cristo,
e a cogliere nel cuore della creazione
i riflessi del Creatore,
per vedere nello spessore delle cose,
la loro vera dimensione interiore,
e negli umili gesti di ogni creatura
le tracce della Sua bontà. 

Ama il silenzio,
è il tuo maestro,
vai alla sua scuola.
Ti insegnerà a guardare il volto umano e divino
di Colui che è sorgente e termine
della nostra storia.
Ti insegnerà a vedere spiragli di luce
nel mare delle nostre difficoltà,
i germi dell’eterno nel nostro breve presente,
e il divenire nascosto di ogni vivente.

Ama il silenzio,
è il tuo maestro,
vai alla sua scuola.
Ti insegnerà a guardare il vero volto
di Dio e dell’uomo,
ti darà lo sguardo interiore della fede,
che insegna a guardare gli uomini,
le loro gioie, e le loro sofferenze,
le loro disperazioni, e le loro speranze,
tutti i piccoli e grandi avvenimenti della vita,
con gli occhi di Gesù Cristo.

 

Publié dans:MEDITAZIONI, POEMI |on 2 juin, 2015 |Pas de commentaires »

LA SHOAH E LA MEMORIA: IL VIOLINISTA DI AUSCHWITZ

http://www.la-shoah-e-la-memoria.it/mostre/poesie.htm

LA SHOAH E LA MEMORIA
(poesie composte nei lager, o successivamente dai sopravvissuti)

IL VIOLINISTA DI AUSCHWITZ

A Jack-Yaacov Strumsa
– superstite di Salonicco

Ogni mattino
anche quando per caso
non c’è stato nessun incubo
quando non mi son destato
in un sudore freddo,
quando non mi sono alzato nello spavento,
nel terrore delle SS.
Proprio ogni mattino.

Mi domando
dove andrò oggi?
Mi vesto, bevo il tè,
avvio l’auto
e parto ?
per dove?

Il motore ronza sommesso
i luoghi scorrono via veloci
il viale, i semafori
la strada s’inerpica,
su per la collina,
il cancello aperto.
Ogni mattino
Yad Va’Shem ?
il Memoriale dell’Olocausto.

Lo stesso borbottio
le stesse voci
le stesse note
la stessa musica
la marcia
la piccola città in fiamme.
La musica guida la mia auto,
mi trascina come una calamita
come un cavo
come la catena di un argano
a Yad Va’Shem.

La Tenda della Memoria
il Lume Perpetuo
candele
la Sala dei Nomi
foto, occhi,
denti, dentiere d’oro, capelli umani.
Qui stanno le camere a gas,
i forni,
i crematori
e gli ebrei in informi abiti a strisce
che spostano corpi.
Donne nude che cercano invano
di celare la loro vergogna
sul ciglio della fossa comune.
Mancano soltanto
il fetore, il fumo e la musica.

Cosa significano il rumore,
la cadenza dei passi
“Links, sinistra, sinistra…!”
La frusta, gli spari,
“Il lavoro rende liberi”
sull’arco sopra il cancello.
E tutt’intorno
mura, cani, e filo spinato;
elenchi di nomi e di numeri
e c’è una mano ? Yad, mani.
Nella parata, chi viene, chi va
da dove, per dove?

Là io suonavo il violino,
fui selezionato
per l’orchestra
che ogni giorno accompagnava, con la musica,
gli ebrei spinti
nelle camere a gas
sull’orlo dell’abisso ?
al luogo da cui nessuno fa ritorno,
nessuno torna indietro
è soltanto rimosso, cadavere
per gli inceneritori.

Non v’è più bisogno di correre
nessun motivo di terrore
ma quella melodia echeggia ancora nella mia testa.

E così arriverò
qui, oggi ieri
domani,
davanti alla foto dei suonatori:
un’orchestra che guida
la processione infinita di quelli che camminano
nella Valle dell’Ombra della Morte.

Sì, ora sono un nonno
dai capelli bianchi;
rimane ben poco di me
ma i miei tratti somigliano ancora,
un po’, al violinista, a me,
là sulla foto
di Auschwitz.

E può accadere
che un visitatore di Yad Va’Shem mi osservi,
fissi la parete, e resti sorpreso.
Come se vedesse qualcuno
al di là di uno spartiacque ?
un’apparizione che, per lui,
appartiene all’altro mondo;
che, per me, è
quel mondo che fu.

Mattino dopo mattino
giorno dopo giorno
arriverò qui,
con quella musica che mi perseguita,
a quelle immagini sulla parete
a quel fetore nelle narici
che solo io posso avvertire.

Questo è il mio luogo, gli appartengo.
Non sono una “statua vivente”:
son vivo.
Di questo monumento
sono una parte.
Questo Yad Va’Shem ?
Mano e Nome ?
e corpo:
il mio.

Moshé Liba

 

Publié dans:EBRAISMO, EBRAISMO: SHOAH, POEMI |on 15 octobre, 2014 |Pas de commentaires »

Teshuva! Il ritorno!

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/21839.html

Omelia (09-03-2011)

padre Mimmo Castiglione

Teshuva! Il ritorno!

Tempo propizio per operare carità,
per esercitare le pratiche della pietà,
che bisogna fare in ogni caso, sempre e comunque,
anche se inquinate di vanagloria ed interesse privato,
o fatte per esaurire bisogni ed incertezze,
o per essere apprezzati e scansare spregio.
E poi col tempo purificarle, allenando volontà.

Compiere il bene senza aspettarsi ricambio.
E non per essere ammirati. Solo da Dio gratificati.
Per esser figli dello stesso Padre.
Vivere onestamente anche per sé stessi.
Per sentirsi soddisfatti, per dirsi d’esserci stati.

Pregare non per avvisare il Genitore o per costringerlo ad intervenire,
ma per consegnarsi fiduciosi a chi si prende cura,
per stabilire relazione e fare comunione.

Digiunare perché lo Sposo ch’era vicino è stato tolto.
Bisogna ricordare. Mai dimenticare. E rinunciare a qualcosa.
Perché si possa servirlo ancora incontrandolo nell’indigente.

Fare elemosina perché siano cancellati molti peccati.
E sia partecipato, anche poco, dando sollievo al bisognoso.

Ancora abbandonarsi al Provvido
perché intervenga dando ricompensa: il regno e la salvezza.

Nella buona e bella notizia di oggi,
Gesù invita i suoi discepoli a vivere nella verità
e senza ipocrisia le opere buone,
in particolare la preghiera, il digiuno e l’elemosina.

Vivere le opere di pietà perfezionando il modo e le finalità,
facendo un salto di qualità, con dedizione, attenti a Dio,
con una giustizia superiore. Senza retribuzione. Senza pubblicità.
In segreto. Senza ostentazione. Autenticità della religione.

Liberi dalla preoccupazione di non riuscire ad essere i primi della classe.
Liberi dall’ansia di dimostrare d’essere buoni e bravi.

Fare l’elemosina per condividere e non per vanagloria.
Pregare perché ne abbiamo bisogno e non per ostentare.
Digiunare per mantenerci sobri e non per dimagrire.

Mi ascolto. Penso a quante volte ho strumentalizzato queste opere,
praticandole per essere ammirato dagli altri, per ottenere consenso e stima.
Quale ricompensa aspettarmi?! Altro che segreto!
Ho fatto sfoggio, non superando la giustizia degli ipocriti,
che ho sempre giudicato con disprezzo.

PREGHIERA

Benedetto Gesù maestro, che m’indichi il volto del Padre nell’indigente,
e m’insegni a rendergli il vero culto nel servizio ai bisognosi.

Pietà di me o Padre, incapace di scorgere il tuo volto nel povero,
nell’orfano e nella vedova, nell’oppresso e nel forestiero,
nel debole e nel perseguitato, nell’afflitto e nell’abbandonato,
nel disperato e nell’emarginato, nel misero e nel peccatore.
Egoista rivolgo il mio sguardo altrove, quasi sempre al cielo,
illudendomi di vederti, e dove invece incontro solo aria, la mia vanità.

Educami tu o Dio compassionevole e buono alla gratuità.

Abbi pietà di me, per tutte quelle volte che ho pregato,
digiunato e fatto l’elemosina (del mio superfluo)
per propiziarmi la tua benevolenza,
per tenerti a bada e carpire i tuoi favori.

Pietà di me o Dio, ho fatto di te il faraone d’Egitto:
un esattore di tangenti da temere ed un tiranno di cui avere paura.

Possa la consapevolezza della fragilità della mia condizione umana,
farmi prendere coscienza del tuo essere diverso da me,
e riconoscere che tu sei fatto di un’altra pasta,
della quale non posso astenermi facendone beneficenza.

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