dal sito:
http://www.sanpaoloap.it/parrocchia/?q=omelia_tettamanzi
OMELIA del Card. DIONIGI TETTAMANZI nella BASILICA di S. PAOLO a MILANO
(Conversione di San Paolo – 25 gennaio 2009)
Carissimi,
saluto tutti nel nome del Signore Gesù, vi abbraccio: ciascuno di voi, con l’affetto del suo cuore.
Per la verità io avrei tantissimi saluti da rivolgere; allora faccio così: tutte le persone che sono state ricordate or ora da Don Mario io voglio risalutarle con un affetto più profondo, più intenso, più evangelico.
Vorrei in particolare oggi, essendo nella nostra diocesi la festa della Santa Famiglia, rivolgermi sì a tutta la grande famiglia della parrocchia di San Paolo, ma in particolare a tutte quante le famiglie. In un certo senso vorrei entrare nelle vostre case. In particolare in quelle case che sono segnate dalla fatica, dalla prova, dalla malattia, dal disagio, dalla paura, dalla solitudine e pregare perché ogni famiglia possa sentire, nei momenti più difficili, la presenza del Signore, la consolazione e il coraggio che vengono dal suo cuore paterno.
E dopo questo saluto io vi devo confessare la mia grande gioia di essere finalmente venuto in mezzo a voi in un’occasione davvero singolarissima; oggi celebriamo la conversione dell’Apostolo Paolo. E lo facciamo durante l’Anno Paolino e dunque in questo senso in un contesto particolarmente significativo per la nostra comunità parrocchiale.
Io ho sentito, delle tante iniziative che sono in atto, proprio per riuscire ad essere maggiormente conquistati dalla figura spirituale dell’apostolo, dal suo dinamismo missionario e poi conoscere anche l’insegnamento che è presente nelle sue lettere. Ecco, nello stesso tempo, in questo incontro nella festa della conversione dell’apostolo Paolo durante l’Anno Paolino, avviene anche il ricordo degli ottant’anni della vostra comunità.
Quando il vescovo viene in una comunità, soprattutto per la prima volta, ecco, è preso dalla curiosità, gli viene da chiedersi: ma com’è questa comunità cristiana.
Una risposta mi è stata data dal vostro Don Mario che mi ha mandato diversi fogli dove io ho trovato descritto il quadro molteplice della vostra comunità parrocchiale. Il quadro storico, come è nata, come si è sviluppata; il quadro sociale: com’è la popolazione con i suoi problemi, le sue speranze, le sue difficoltà, il suo sviluppo futuro. Poi soprattutto il quadro pastorale. Io ho tratto una conclusione. La conclusione mi trova di fronte a una comunità cristiana viva, vorrei dire anche una comunità cristiana giovane, perché 80 anni per la Chiesa sono davvero pochi, pochissimi, e allora l’augurio che mi viene da rivolgervi è che se la vostra comunità è viva, deve essere, deve diventare sempre più viva, se giovane, deve sapere mantenere e sviluppare l’autentica giovinezza, quella spirituale, quella del vangelo. Quella giovinezza che è il dono dello Spirito Santo dentro i nostri cuori.
Quello Spirito Santo che è stato invocato esattamente 50 anni fa, il 25 gennaio del 1959, quando Papa Giovanni XXIII su divina ispirazione, così dirà il successore Paolo VI, ha indetto per la Chiesa il Concilio Vaticano secondo. Ecco, non c’è nulla che possa in qualche modo impegnarci a tenere viva la nostra comunità, a renderla sempre più giovane, che il riferimento al Concilio e allo Spirito Santo, che è stato l’anima e il protagonista continuo di questo incontro della chiesa, nel momento storico che sta attraversando in questo nostro secolo passato e all’inizio di questo terzo millennio.
In questo senso allora noi vogliamo ascoltare la parola di Dio perché nella parola di Dio noi troviamo la forza illuminante e stimolante dello Spirito Santo.
Vorrei brevemente richiamare il senso della Conversione di San Paolo, non soltanto per lui che era persecutore di Cristo e dei cristiani, ma anche per noi: ricordando questo senso noi troveremo indicate le strade che dobbiamo seguire perché davvero la nostra comunità sia sempre più viva e sia sempre più giovane.
Abbiamo ascoltato dalle parole stesse dell’apostolo com’è avvenuta la sua conversione. Ecco potremmo dire come d’improvviso Dio è entrato nella sua vita, d’improvviso è entrato con tutta la potenza che è propria di Dio, ma allo stesso tempo con tutta la straordinaria dolcezza che Dio sa avere nei confronti di ogni creatura, e Paolo è stato conquistato dalla potenza e dalla dolcezza del Signore e cosi si è sentito abbandonato oramai a Dio e ai sui disegni.
Ecco questo è stato il momento più decisivo dell’intera esistenza dell’apostolo Paolo, momento nel quale si è sentito rapito per così dire dal Signore Gesù, conquistato dalla sua forza, dal suo fascino e si è consegnato totalmente perché il Signore potesse rivelare per mezzo di lui il miracolo della salvezza per tutte le genti.
Carissimi anche per noi c’è questo momento della conversione quando magari senza accorgerci, ad un certo punto sentiamo in qualche modo che Dio entra nella nostra vita, si rivela a noi, si comunica a noi e ci fa capire che il senso vero e pieno della nostra esistenza, il tesoro più prezioso della nostra vita è proprio lui il Signore Gesù.
Questo è il momento importante per tutti e per ciascuno di noi perché soltanto se noi ci lasciamo prendere dal Signore e allo stesso tempo ci consegniamo a lui, allora veramente cambia tutta quanta la nostra vita nelle grandi scelte ma anche delle scelte più piccole e più semplici, più umili, quelle che fanno parte della nostra vita quotidiana.
E cos’è successo quando Paolo è stato conquistato da Cristo e lui si è consegnato al Signore Gesù?
Non ha iniziato un cammino individuale, ma il Signore Gesù l’ha rimandato ad Anania, l’ha rimandato alla comunità cristiana perché soltanto dentro la comunità cristiana si può conoscere più a fondo il Signore Gesù, si può capire maggiormente la sua forza, il fascino il suo amore, si può in una maniera più generosa dedicarsi a lui, consegnare a lui la nostra esistenza.
Ecco questo Anania che prende per mano Saulo diventato oramai di Cristo e lo introduce nella vita cristiana e nella missione che il Signore gli riserva, ecco questo Anania è il segno della comunità cristiana che deve riunirsi e deve stare profondamente in armonia con gli altri proprio per aiutare ogni cristiano a esser sempre più cristiano.
E questo Anania diventa il segno di chi nella comunità è una guida autorevole per gli altri; sto pensando ai sacerdoti, sto pensando ai catechisti e alle catechiste, sto pensando ai diversi operatori pastorali, sto pensando ai vari educatori; ecco sto pensando ai genitori, agli adulti, a tutti coloro che hanno una responsabilità in particolare su voi, carissimi bambini, ragazzi, adolescenti. Ecco tutte queste persone sono e devono essere una guida per gli altri; questo è molto importante perché soltanto se ci sono questi adulti che sanno guidare gli altri sulla strada del Signore, allora la comunità cristiana potrà raggiungere lo scopo per cui il Signore l’ha voluta: l’ha voluta perché attraverso la comunità cristiana ogni uomo e ogni donna possano incontrarsi con Cristo, l’unico, universale, necessario, Salvatore degli uomini e del mondo.
Ma una volta che Paolo è stato conquistato da Cristo, è stato aiutato e guidato da Anania nel percorrere la strada di una conoscenza più luminosa e più affascinante di Cristo, ha capito che Cristo aveva un disegno su di lui, aveva una missione da affidagli e noi sappiamo qual è stata la missione dell’apostolo: quella di annunciare il Vangelo, anzi Gesù Cristo che è il Vangelo vivente, Lui morto e risorto a tutti, sì a tutti, non soltanto ai giudei nelle sinagoghe come incomincerà agli inizi, ma a tutti, anche ai lontani, anche ai pagani.
Ecco Paolo è il grande apostolo, Paolo è il grande missionario della Chiesa delle origini. Bellissima questa missione, ma questa missione non è soltanto di Paolo; è di ogni credente e di ogni discepolo del Signore. Anche noi abbiamo ascoltato le parole dell’evangelista Marco quando è stato proclamato il vangelo: “andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura”.
Carissimi, invito ciascuno di noi a entrare nell’intimo del proprio cuore e, se sa fare silenzio e sa mettersi di fronte al Signore, riascolterà queste parole rivolte proprio a lui, della sua persona, della sua vita, delle doti che il Signore gli ha dato, dei problemi che affronta; tutti quanti siamo chiamati ad andare dappertutto e a predicare il Vangelo che libera e salva, ad ogni creatura. Tutti siamo missionari, tutti dobbiamo essere missionari. Io penso che voi ricorderete che per tre anni la nostra Chiesa ambrosiana è stata invitata a questo slancio missionario, ad aprirsi, ad andare dappertutto a portare il Vangelo che a noi è stato donato. Perché se un dono viene dal Signore questo dono non è soltanto per ciascuno di noi, ma chiede di essere condiviso anche dagli altri. Allora per tre anni abbiamo continuato a ripetere queste parole di Gesù agli apostoli “mi sarete testimoni”.
Queste stesse parole le vogliamo riascoltare proprio per riprendere con più energia, con più slancio, il nostro impegno di testimoniare agli altri con la parola e con la vita il Vangelo che noi abbiamo e continuiamo a ricevere. E in questi ultimi tre anni abbiamo guardato in una maniera particolare alla famiglia; sì non c’è famiglia cristiana che non sia anche una famiglia missionaria, per questo abbiamo chiesto per un anno “Famiglia ascolta la parola di Dio” e poi ancora “Famiglia comunica la tua fede” e poi in quest’ultimo anno “Famiglia diventa anima del mondo”.
Sì! Io prego durante quest’Eucaristia perché tutte le famiglie che mi ascoltano possano davvero riprendere questo slancio missionario, ascoltando con maggiore attenzione la parola del Signore, comunicando la fede che hanno ricevuto come eredità preziosa che ci è stata donata da quanti ci hanno preceduto nella fede, perché diventi un dono anche per gli altri e poi soprattutto essere anima del mondo.
In particolare il mondo che è afflitto da tante forme di povertà, di ingiustizia, di contrapposizione, di lacerazione, di violenza e di morte; ecco di fronte alle tante fragilità che incontriamo anche nei rapporti quotidiani con gli altri, noi dobbiamo essere anima, anima nel senso che dobbiamo riuscire, – così, con i nostri gesti di attenzione, di sensibilità nei riguardi degli altri, di servizio, di dedizione, di carità concreta – ecco, dobbiamo riuscire a far capire che davvero il Signore è grande nell’amore e questo amore lo vuole donare a tutti e vuole servirsi di tutti e di ciascuno di noi come degli strumenti vivi, come degli strumenti autentici e generosi.
E infine vorrei ricordarvi che san Paolo nel compiere la sua missione ha incontrato tante difficoltà, persino la persecuzione e il martirio. Ma la cosa più entusiasmante nel leggere le sue lettere e quindi nel raccogliere la sua testimonianza, è che in mezzo a queste difficoltà, a queste persecuzioni non ha avuto paura; non ne è rimasto sconcertato, non ha fuggito l’indicazione che gli ha dato il Signore di essere suo apostolo e suo missionario. Anche in mezzo alle difficoltà ha sempre sentito la presenza confortante del Signore; anzi anche in mezzo alle difficoltà ha saputo vivere nell’intimo del suo cuore una grande gioia; la gioia di sentirsi aiutato, sostenuto, incoraggiato dal Signore, vera e unica fonte di autentica gioia per il cuore umano.
Rivolgendomi allora a tutti voi vi dico: siate missionari senza paura, anche se incontrate delle fatiche, delle difficoltà, delle incomprensioni, dei rifiuti. Anche in questa situazione non dimenticate “Dio è vicino” “Dio è in mezzo a voi” e il vostro cuore può essere ricolmato del suo amore e quando è ricolmato di questo amore, il vostro cuore sarà nella gioia.
Io spesso chiedo per me, – e quest’oggi vorrei che questa richiesta fosse condivisa da tutti noi – di saper essere contento, e di sentire una delle grazie più belle, più grandi che il Signore mi dona, quando mi chiede di saper soffrire qualche cosa per amore del Vangelo e per amore di Cristo.
Coraggio carissimi, non abbiamo paura di nessuna difficoltà, di nessuna fatica, di nessuna incomprensione. Se annunciamo con le parole e con i fatti il Vangelo di Cristo abbiamo diritto ad essere inondati dalla gioia del Signore.
Il vostro Arcivescovo
Card. Dionigi Tettamanzi