Archive pour août, 2010

Omelia sulla seconda lettura 1Cor 3,6 – 1 settembre 2010

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/13522.html

Omelia (03-09-2008) 
Eremo San Biagio

Commento su 1Cor 3,6

Dalla Parola del giorno
Io ho piantato, Apollo ha irrigato ma è Dio che ha fatto crescere.

Come vivere questa Parola?
Questa affermazione tanto importante è collocata da S. Paolo all’interno di un argomentare circa il suo servizio di apostolato. Anzitutto ha reso consapevoli i suoi destinatari di un loro modo d’essere che ha dell’infantilismo. No, non è l’infanzia evangelica, cioè la trasparenza dell’essere e dell’agire! Si tratta piuttosto di un modo di giudicare terra-terra, dettato dall’ego per cui nascono “invidia e discordia” dentro un orizzonte su cui più non splende il sole della verità evangelica.
È proprio la mentalità di Gesù che, al contrario, ti porta a fare sempre riferimento a Dio. Anche in ordine al servizio apostolico, S. Paolo sa molto bene che, se è stato lui a piantare il ‘seme’ della Parola e se il suo collaboratore Apollo ha portato a buon compimento l’opera apostolica ‘irrigando’ la mente e i cuori con ulteriori insegnamenti e provvide cure di ministero, sostanzialmente la vitalità del bene compiuto si deve a Dio. È lui che “fa crescere”!
Com’è bello quel tirarne le conseguenze: “Siamo infatti collaboratori di Dio e voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio” (v.9)!
È dal ricordo vivo di questa centralità operativa del Signore che viene a noi un costante operare il bene nella pace, con profondo e confidente rimanere nelle sue mani.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, apro gli occhi alla constatazione di tante stolte divisioni e polemiche che indeboliscono il cristianesimo a diversi livelli. E comprendo l’invito del profeta Ezechiele “formatevi uno spirito nuovo e un cuore nuovo […]. Convertitevi e vivrete” (Ez 18,31).

Signore, convertimi nel cuore e nello spirito alla continua novità del credere che sei tu il centro luminoso di tutto il bene che io stesso sono chiamato a compiere, ma insieme agli altri, come collaboratori tuoi e come campo dove tu fai crescere l’amore.

La parola di un testimone
Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi. Cristo non ha piedi, ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri. Cristo non ha labbra, ha soltanto le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini d’oggi. Cristo non ha mezzi, ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé.
Raoul Follerau 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 31 août, 2010 |Pas de commentaires »

Omelia per il 1 settembre 2010

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/13496.html

Omelia (03-09-2008) 
a cura dei Carmelitani

1) Preghiera

O Dio, nostro Padre,
unica fonte di ogni dono perfetto,
suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede,
perché si sviluppi in noi il germe del bene
e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura del Vangelo

Dal Vangelo secondo Luca 4,38-44
In quel tempo, Gesù uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.
Da molti uscivano demoni gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!” Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro. Egli però disse: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”.
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

3) Riflessione

• Il vangelo di oggi narra quattro fatti diversi: la guarigione della suocera di Pietro (Lc 4,38-39), la guarigione di molti malati (Lc 4, 40-41), la preghiera di Gesù in un luogo deserto (Lc 4,42) e la sua insistenza nella missione (Lc 4,43-44). Con piccole differenze Luca segue ed adatta le informazioni tratte dal vangelo di Marco.
• Luca 4,38-39: Gesù ridona la vita, per il servizio. Dopo aver partecipato alla celebrazione del sabato, nella sinagoga, Gesù entra in casa di Pietro e guarisce sua suocera. La guarigione fa sì che lei si ponga immediatamente in piedi. Recuperata la salute e la dignità, si mette al servizio della gente. Gesù non solo guarisce, ma guarisce in modo tale che la persona si mette al servizio della vita.
• Luca 4,40-41: Gesù accoglie e guarisce gli emarginati. Verso sera, con lo spuntare della prima stella nel cielo, terminato il sabato, Gesù accoglie e guarisce i malati ed i posseduti che la gente gli porta. Malati e posseduti erano le persone più emarginate in quell’epoca. Loro non avevano a chi far ricorso. Erano alla mercede della carità pubblica. Inoltre, la religione le considerava impure. Loro non potevano prendere parte alla comunità. Era come se Dio le rifiutasse e le escludesse. Gesù le accoglie e le guarisce imponendo le mani su ciascuno. Così è chiaro in cosa consiste la Buona Notizia di Dio e ciò che vuole fare nella vita delle persone: accogliere gli emarginati e gli esclusi ed integrarli nella convivenza.
“Da molti uscivano demoni gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!” Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.” In quel tempo, il titolo di Figlio di Dio non aveva ancora la densità e la profondità che ha oggi per noi. Gesù non lasciava parlare i demoni. Non voleva una propaganda facile dettata da espulsioni spettacolari.
• Luca 4,42a: Rimanere uniti al Padre per mezzo della preghiera. “Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.” Qui Gesù appare pregando. Compie uno sforzo enorme per avere a disposizione tempo e luogo adatti alla preghiera. Si reca in un luogo deserto per poter stare da solo con Dio. Molte volte, i vangeli ci parlano della preghiera di Gesù, nel silenzio (Lc 3,21-22; 4,1-2.3-12; 5,15-16; 6,12; 9,18; 10,21; 5,16; 9,18; 11,1; 9,28;23,34; Mt 14,22-23; 26,38; Gv 11,41-42; 17,1-26; Mc 1,35; Lc 3,21-22). Attraverso la preghiera lui mantiene viva la coscienza della sua missione.
• Luca 4,42b-44: Mantenere viva la coscienza della propria missione e non pensare al risultato. Gesù diventa conosciuto. La gente lo segue e non vuole che se ne vada. Gesù non risponde a questa richiesta e dice: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”. Gesù aveva ben chiara la sua missione. Non si ferma al risultato già ottenuto, ma vuole mantenere ben viva la coscienza della sua missione. E’ la missione ricevuta dal Padre che l’orienta quando prende decisioni. Per questo sono stato mandato! E qui nel testo questa coscienza così viva spunta quale frutto della preghiera.

4) Per un confronto personale

• Gesù passava molto tempo a pregare e a stare solo con il Padre, e cercava questo tempo. Io dedico tempo alla preghiera e a stare solo/a con Dio?
• Gesù aveva una chiara coscienza della sua missione. Ed io, cristiano/a ho coscienza di avere qualche missione o vivo senza missione?

5) Preghiera finale

L’anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome. (Sal 32) 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 31 août, 2010 |Pas de commentaires »

Guglielmo di Saint-Thierry: « Uscì e si recò in un luogo deserto »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100901

Mercoledì della XXII settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Lc 4,38-44
Meditazione del giorno
Guglielmo di Saint-Thierry (circa 1085-1148), monaco benedettino poi cistercense
Orazioni meditative

« Uscì e si recò in un luogo deserto »

        O tu che sei il mio rifugio e la mia fortezza, guidami, come un tempo il tuo servo Mosè, nel cuore del deserto, dove arde nel fuoco il roveto senza consumarsi (cf. Es 3), dove l’anima, pervasa dal fuoco dello Spirito Santo, diviene ardente, senza consumarsi, ma purificandosi. Dove non si può dimorare, e dove si può andare avanti soltanto dopo aver sciolto i legami degli intralci carnali, dove Colui che è, senza dubbio non si lascia vedere così come è, dove tuttavia lo si sente dire : « Io sono colui che sono ! ». Là, occorre ancora coprirsi il volto per non guardare il Signore faccia a faccia (1 R 19, 13), ma ci si deve esercitare a prestare ascolto, nell’umiltà dell’ubbidienza, per distinguere ciò che Dio dice nel profondo del cuore.

        Intanto, Signore, nascondimi nel segreto della tua tenda (Sal 27, 5) nel giorno della sventura ; nascondimi nel segreto del tuo volto, lontano dalla rissa delle lingue (Sal 31, 21) ; perché il tuo giogo così dolce e il tuo carico così leggero (Mt 11, 30), me li hai imposti tu. E quando mi fai sentire quanto il tuo servizio sia lontano da quello del secolo, con la tua voce tenera e dolce mi chiedi se è più gradevole servire te, il Dio vivente, o gli dei stranieri. Allora, adoro quella mano che pesa su di me e ti dico : « Mi hanno dominato così a lungo, i padroni diversi da te ! Voglio appartenere solo a te, perché il tuo braccio mi solleva ! »

Card: Luigi Tettamanzi: Omelia per la Conversione di San Paolo (25 gennaio 2009)

dal sito:

http://www.sanpaoloap.it/parrocchia/?q=omelia_tettamanzi

OMELIA del Card. DIONIGI TETTAMANZI nella BASILICA di S. PAOLO a MILANO

(Conversione di San Paolo – 25 gennaio 2009)

Carissimi,

saluto tutti nel nome del Signore Gesù, vi abbraccio: ciascuno di voi, con l’affetto del suo cuore.
Per la verità io avrei tantissimi saluti da rivolgere; allora faccio così: tutte le persone che sono state ricordate or ora da Don Mario io voglio risalutarle con un affetto più profondo, più intenso, più evangelico.
Vorrei in particolare oggi, essendo nella nostra diocesi la festa della Santa Famiglia, rivolgermi sì a tutta la grande famiglia della parrocchia di San Paolo, ma in particolare a tutte quante le famiglie. In un certo senso vorrei entrare nelle vostre case. In particolare in quelle case che sono segnate dalla fatica, dalla prova, dalla malattia, dal disagio, dalla paura, dalla solitudine e pregare perché ogni famiglia possa sentire, nei momenti più difficili, la presenza del Signore, la consolazione e il coraggio che vengono dal suo cuore paterno.
E dopo questo saluto io vi devo confessare la mia grande gioia di essere finalmente venuto in mezzo a voi in un’occasione davvero singolarissima; oggi celebriamo la conversione dell’Apostolo Paolo. E lo facciamo durante l’Anno Paolino e dunque in questo senso in un contesto particolarmente significativo per la nostra comunità parrocchiale.
Io ho sentito, delle tante iniziative che sono in atto, proprio per riuscire ad essere maggiormente conquistati dalla figura spirituale dell’apostolo, dal suo dinamismo missionario e poi conoscere anche l’insegnamento che è presente nelle sue lettere. Ecco, nello stesso tempo, in questo incontro nella festa della conversione dell’apostolo Paolo durante l’Anno Paolino, avviene anche il ricordo degli ottant’anni della vostra comunità.
Quando il vescovo viene in una comunità, soprattutto per la prima volta, ecco, è preso dalla curiosità, gli viene da chiedersi: ma com’è questa comunità cristiana.
Una risposta mi è stata data dal vostro Don Mario che mi ha mandato diversi fogli dove io ho trovato descritto il quadro molteplice della vostra comunità parrocchiale. Il quadro storico, come è nata, come si è sviluppata; il quadro sociale: com’è la popolazione con i suoi problemi, le sue speranze, le sue difficoltà, il suo sviluppo futuro. Poi soprattutto il quadro pastorale. Io ho tratto una conclusione. La conclusione mi trova di fronte a una comunità cristiana viva, vorrei dire anche una comunità cristiana giovane, perché 80 anni per la Chiesa sono davvero pochi, pochissimi, e allora l’augurio che mi viene da rivolgervi è che se la vostra comunità è viva, deve essere, deve diventare sempre più viva, se giovane, deve sapere mantenere e sviluppare l’autentica giovinezza, quella spirituale, quella del vangelo. Quella giovinezza che è il dono dello Spirito Santo dentro i nostri cuori.
Quello Spirito Santo che è stato invocato esattamente 50 anni fa, il 25 gennaio del 1959, quando Papa Giovanni XXIII su divina ispirazione, così dirà il successore Paolo VI, ha indetto per la Chiesa il Concilio Vaticano secondo. Ecco, non c’è nulla che possa in qualche modo impegnarci a tenere viva la nostra comunità, a renderla sempre più giovane, che il riferimento al Concilio e allo Spirito Santo, che è stato l’anima e il protagonista continuo di questo incontro della chiesa, nel momento storico che sta attraversando in questo nostro secolo passato e all’inizio di questo terzo millennio.
In questo senso allora noi vogliamo ascoltare la parola di Dio perché nella parola di Dio noi troviamo la forza illuminante e stimolante dello Spirito Santo.
Vorrei brevemente richiamare il senso della Conversione di San Paolo, non soltanto per lui che era persecutore di Cristo e dei cristiani, ma anche per noi: ricordando questo senso noi troveremo indicate le strade che dobbiamo seguire perché davvero la nostra comunità sia sempre più viva e sia sempre più giovane.
Abbiamo ascoltato dalle parole stesse dell’apostolo com’è avvenuta la sua conversione. Ecco potremmo dire come d’improvviso Dio è entrato nella sua vita, d’improvviso è entrato con tutta la potenza che è propria di Dio, ma allo stesso tempo con tutta la straordinaria dolcezza che Dio sa avere nei confronti di ogni creatura, e Paolo è stato conquistato dalla potenza e dalla dolcezza del Signore e cosi si è sentito abbandonato oramai a Dio e ai sui disegni.
Ecco questo è stato il momento più decisivo dell’intera esistenza dell’apostolo Paolo, momento nel quale si è sentito rapito per così dire dal Signore Gesù, conquistato dalla sua forza, dal suo fascino e si è consegnato totalmente perché il Signore potesse rivelare per mezzo di lui il miracolo della salvezza per tutte le genti.
Carissimi anche per noi c’è questo momento della conversione quando magari senza accorgerci, ad un certo punto sentiamo in qualche modo che Dio entra nella nostra vita, si rivela a noi, si comunica a noi e ci fa capire che il senso vero e pieno della nostra esistenza, il tesoro più prezioso della nostra vita è proprio lui il Signore Gesù.
Questo è il momento importante per tutti e per ciascuno di noi perché soltanto se noi ci lasciamo prendere dal Signore e allo stesso tempo ci consegniamo a lui, allora veramente cambia tutta quanta la nostra vita nelle grandi scelte ma anche delle scelte più piccole e più semplici, più umili, quelle che fanno parte della nostra vita quotidiana.
E cos’è successo quando Paolo è stato conquistato da Cristo e lui si è consegnato al Signore Gesù?
Non ha iniziato un cammino individuale, ma il Signore Gesù l’ha rimandato ad Anania, l’ha rimandato alla comunità cristiana perché soltanto dentro la comunità cristiana si può conoscere più a fondo il Signore Gesù, si può capire maggiormente la sua forza, il fascino il suo amore, si può in una maniera più generosa dedicarsi a lui, consegnare a lui la nostra esistenza.
Ecco questo Anania che prende per mano Saulo diventato oramai di Cristo e lo introduce nella vita cristiana e nella missione che il Signore gli riserva, ecco questo Anania è il segno della comunità cristiana che deve riunirsi e deve stare profondamente in armonia con gli altri proprio per aiutare ogni cristiano a esser sempre più cristiano.
E questo Anania diventa il segno di chi nella comunità è una guida autorevole per gli altri; sto pensando ai sacerdoti, sto pensando ai catechisti e alle catechiste, sto pensando ai diversi operatori pastorali, sto pensando ai vari educatori; ecco sto pensando ai genitori, agli adulti, a tutti coloro che hanno una responsabilità in particolare su voi, carissimi bambini, ragazzi, adolescenti. Ecco tutte queste persone sono e devono essere una guida per gli altri; questo è molto importante perché soltanto se ci sono questi adulti che sanno guidare gli altri sulla strada del Signore, allora la comunità cristiana potrà raggiungere lo scopo per cui il Signore l’ha voluta: l’ha voluta perché attraverso la comunità cristiana ogni uomo e ogni donna possano incontrarsi con Cristo, l’unico, universale, necessario, Salvatore degli uomini e del mondo.
Ma una volta che Paolo è stato conquistato da Cristo, è stato aiutato e guidato da Anania nel percorrere la strada di una conoscenza più luminosa e più affascinante di Cristo, ha capito che Cristo aveva un disegno su di lui, aveva una missione da affidagli e noi sappiamo qual è stata la missione dell’apostolo: quella di annunciare il Vangelo, anzi Gesù Cristo che è il Vangelo vivente, Lui morto e risorto a tutti, sì a tutti, non soltanto ai giudei nelle sinagoghe come incomincerà agli inizi, ma a tutti, anche ai lontani, anche ai pagani.
Ecco Paolo è il grande apostolo, Paolo è il grande missionario della Chiesa delle origini. Bellissima questa missione, ma questa missione non è soltanto di Paolo; è di ogni credente e di ogni discepolo del Signore. Anche noi abbiamo ascoltato le parole dell’evangelista Marco quando è stato proclamato il vangelo: “andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura”.
Carissimi, invito ciascuno di noi a entrare nell’intimo del proprio cuore e, se sa fare silenzio e sa mettersi di fronte al Signore, riascolterà queste parole rivolte proprio a lui, della sua persona, della sua vita, delle doti che il Signore gli ha dato, dei problemi che affronta; tutti quanti siamo chiamati ad andare dappertutto e a predicare il Vangelo che libera e salva, ad ogni creatura. Tutti siamo missionari, tutti dobbiamo essere missionari. Io penso che voi ricorderete che per tre anni la nostra Chiesa ambrosiana è stata invitata a questo slancio missionario, ad aprirsi, ad andare dappertutto a portare il Vangelo che a noi è stato donato. Perché se un dono viene dal Signore questo dono non è soltanto per ciascuno di noi, ma chiede di essere condiviso anche dagli altri. Allora per tre anni abbiamo continuato a ripetere queste parole di Gesù agli apostoli “mi sarete testimoni”.
Queste stesse parole le vogliamo riascoltare proprio per riprendere con più energia, con più slancio, il nostro impegno di testimoniare agli altri con la parola e con la vita il Vangelo che noi abbiamo e continuiamo a ricevere. E in questi ultimi tre anni abbiamo guardato in una maniera particolare alla famiglia; sì non c’è famiglia cristiana che non sia anche una famiglia missionaria, per questo abbiamo chiesto per un anno “Famiglia ascolta la parola di Dio” e poi ancora “Famiglia comunica la tua fede” e poi in quest’ultimo anno “Famiglia diventa anima del mondo”.
Sì! Io prego durante quest’Eucaristia perché tutte le famiglie che mi ascoltano possano davvero riprendere questo slancio missionario, ascoltando con maggiore attenzione la parola del Signore, comunicando la fede che hanno ricevuto come eredità preziosa che ci è stata donata da quanti ci hanno preceduto nella fede, perché diventi un dono anche per gli altri e poi soprattutto essere anima del mondo.
In particolare il mondo che è afflitto da tante forme di povertà, di ingiustizia, di contrapposizione, di lacerazione, di violenza e di morte; ecco di fronte alle tante fragilità che incontriamo anche nei rapporti quotidiani con gli altri, noi dobbiamo essere anima, anima nel senso che dobbiamo riuscire, – così, con i nostri gesti di attenzione, di sensibilità nei riguardi degli altri, di servizio, di dedizione, di carità concreta – ecco, dobbiamo riuscire a far capire che davvero il Signore è grande nell’amore e questo amore lo vuole donare a tutti e vuole servirsi di tutti e di ciascuno di noi come degli strumenti vivi, come degli strumenti autentici e generosi.
E infine vorrei ricordarvi che san Paolo nel compiere la sua missione ha incontrato tante difficoltà, persino la persecuzione e il martirio. Ma la cosa più entusiasmante nel leggere le sue lettere e quindi nel raccogliere la sua testimonianza, è che in mezzo a queste difficoltà, a queste persecuzioni non ha avuto paura; non ne è rimasto sconcertato, non ha fuggito l’indicazione che gli ha dato il Signore di essere suo apostolo e suo missionario. Anche in mezzo alle difficoltà ha sempre sentito la presenza confortante del Signore; anzi anche in mezzo alle difficoltà ha saputo vivere nell’intimo del suo cuore una grande gioia; la gioia di sentirsi aiutato, sostenuto, incoraggiato dal Signore, vera e unica fonte di autentica gioia per il cuore umano.
Rivolgendomi allora a tutti voi vi dico: siate missionari senza paura, anche se incontrate delle fatiche, delle difficoltà, delle incomprensioni, dei rifiuti. Anche in questa situazione non dimenticate “Dio è vicino” “Dio è in mezzo a voi” e il vostro cuore può essere ricolmato del suo amore e quando è ricolmato di questo amore, il vostro cuore sarà nella gioia.
Io spesso chiedo per me, – e quest’oggi vorrei che questa richiesta fosse condivisa da tutti noi – di saper essere contento, e di sentire una delle grazie più belle, più grandi che il Signore mi dona, quando mi chiede di saper soffrire qualche cosa per amore del Vangelo e per amore di Cristo.
Coraggio carissimi, non abbiamo paura di nessuna difficoltà, di nessuna fatica, di nessuna incomprensione. Se annunciamo con le parole e con i fatti il Vangelo di Cristo abbiamo diritto ad essere inondati dalla gioia del Signore.
Il vostro Arcivescovo
Card. Dionigi Tettamanzi

Publié dans:c.CARDINALI, Card. Tettamanzi |on 31 août, 2010 |Pas de commentaires »

Omelia sulla seconda lettura per il 31 agosto : su 1Cor 2,10.16

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/13521.html

Omelia (02-09-2008) 
Eremo San Biagio

Commento su 1Cor 2,10.16

Dalla Parola del giorno
Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato.”

Come vivere questa Parola?
Quando ci imbattiamo nella parola ‘mondo’ nella Sacra Scrittura, è bene ricordarci il duplice significato. C’è il ‘mondo’ infinitamente amato da Dio, tanto che il Padre ha mandato il Figlio perché lo salvasse. C’è però anche il ‘mondo’ sinonimo di mondanità, cioè di un modo di concepire la vita del tutto terreno e materialista. Davvero tanto limitante e soffocante!
S. Paolo ci rassicura e incoraggia dicendo, invece, che ci è stato dato lo Spirito di Dio: quella divina energia di vita, di luce e di amore che capovolge la visione del mondo, della storia, di tutto. È in forza di questo Spirito Santo, effuso nel nostro cuore dal Battesimo e confermato in noi dalla Cresima, che possiamo comprendere rettamente il senso spirituale dell’esistenza. No, non siamo stati gettati a caso in questa vita, perché tutto è dono.
E la ‘competenza’ di Dio (se posso esprimermi così) è quella di far sì che tutto, alla resa dei conti, cooperi al bene di quelli che credono e amano Dio: un Dio che è AMORE. Allora davvero, al di là di ciò che appare, tutto è dono finalizzato, nella corsa di questi nostri giorni mortali, alla vita che non finirà.

Oggi, nella mia pausa contemplativa, cerco di cogliere in me quelle ‘pieghe di spirito mondano’ che si celano a volte nel mio modo di pensare: Perché Dio permette questo? Non è meglio fare i furbi e accumulare roba e soldi che servire Dio e gli uomini? La vita passa presto, me la voglio godere con ogni mezzo e in ogni modo. Chi pensa a sé fa per tre! Ecc. Consegno al Signore questo spirito mondano che mi allontana dalla verità e prego:

Concedimi il tuo Spirito, Signore, perché io sia servo tuo e del tuo Regno che è anzitutto giustizia e poi amore pace e gioia nello Spirito Santo.

La voce di un fondatore
Con la gioia nel cuore, la memoria nostra si affissi su di Lui e si sprigioni in un nuovo canto: che la nostra vita diventi nuova, perché il canto della vita è la vita stessa. Che diventi nuova, tutti i giorni nuova, che si rinnovi. Perché questo è il frutto della certezza della Sua misericordia, della certezza che la Sua potenza è più grande della nostra debolezza. Certi del Dio con noi.
Luigi Giussani 

Omelia per il 31 agosto 2010

dal sito:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/10541.html

Omelia (04-09-2007) 
mons. Vincenzo Paglia

Gesù cacciato da Nazareth, si dirige verso Cafarnao, una cittadina molto viva. Ed è proprio qui, in una città, che Gesù compie il miracolo della guarigione di un uomo posseduto da uno spirito cattivo. Mentre Gesù si trovava nella sinagoga a insegnare, un uomo posseduto da «uno spirito cattivo» cominciò a gridare: «Basta! che abbiamo a che fare con tè?». Gesù intervenne con autorità e comandò a questo spirito di abbandonare quell’uomo. E questi prontamente lo lasciò. Tutti, scrive Luca, provarono spavento e si chiedevano chi fosse costui che parlava in modo così autorevole al punto da scacciare persino gli spiriti cattivi e immondi. Noi non sappiamo bene cosa intendesse la narrazione evangelica quando parlava di questi spiriti; essi comunque erano capaci di entrare nella vita dell’uomo fino a turbarne le funzioni fisiche e psichiche. Ma se pensiamo alle distorsioni, alle angosce che tante volte sono prodotte nelle nostre città, credo che non andiamo lontano dalla comprensione di questo brano evangelico. Gli spiriti cattivi di cui parla il vangelo non sono allora spiriti strani, ignoti; li conosciamo bene e forse sono un poco presenti in tutti noi. Si tratta dello spirito di indifferenza, di maldicenza, di amore solo per se stessi, di paura di essere messi da parte, di paura di non contare affettivamente per qualcuno; dello spirito di prevaricazione sugli altri; dello spirito di diffidenza che ci porta all’angoscia e alla violenza; dello spirito di egoismo che ci spinge a tirare avanti senza impicciarci degli altri; dello spirito dell’odio e della vendetta piccola o grande. E quanti altri spiriti «cattivi», immondi, girano tra noi e rovinano la nostra vita e i rapporti con gli altri, rendendoci spesso più soli e più tristi! Come cacciare questi spiriti? Come allontanarli dalla nostra e dalla vita degli altri? Il vangelo ci dice che i poteri straordinari, quelli appunto cui anche gli spiriti immondi obbediscono, sono dati dalla fede, dalla parola del vangelo e dall’amicizia con Gesù. Tante volte invece si vanno a cercare poteri e terapie in tante altre direzioni. La vera autorità che riesce a guarire tanti cuori, che riesce a risolvere tante situazioni umane è quella dell’amicizia, della vicinanza affettuosa di Gesù. E questa l’autorità che Gesù esercitava verso tutti e che ha chiesto di esercitare anche ai suoi discepoli. 

Publié dans:OMELIE, PREDICHE E ☻☻☻ |on 30 août, 2010 |Pas de commentaires »

San [Padre] Pio di Pietrelcina: « Esci da costui ! »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100831

Martedì della XXII settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Lc 4,31-37
Meditazione del giorno
San [Padre] Pio di Pietrelcina (1887-1968), cappuccino
Ep 3, 626 et 570 ; CE 34

« Esci da costui ! »

Le tentazioni non devono spaventarti; per mezzo loro Dio vuole provare e fortificare la tua anima, e ti dà allo stesso tempo la forza per vincerle. Fino ad oggi la tua vita è stata quella di un bambino; ormai il Signore vuole trattarti da adulto. Ora le prove dell’adulto sono ben superiori a quelle del bambino, e questo spiega perché, all’inizio, sei tutta turbata. Ma la vita della tua anima ritroverà presto la calma, che non tarderà. Abbi ancora un po’ di pazienza, e tutto andrà per il meglio.

Lascia dunque perdere questi vani timori. Ricordati che non è il suggerimento del Maligno a fare la colpa, bensì il consenso dato a questi suggerimenti. Solo una volontà libera è capace di fare il bene e il male. Ma quando la volontà geme sotto la prova inflitta dal Tentatore, e quando non vuole ciò che egli le propone, questa non è una colpa, bensì una virtù.

Guardati dal cadere nell’agitazione lottando contro le tentazioni; questo infatti servirebbe solo a fortificarle. Occorre trattarle con il disprezzo e non occuparsene. Volgi il tuo pensiero verso Gesù crocifisso, e con il suo corpo deposto fra le tue braccia,  di’: “Ecco la mia speranza, la sorgente della mia gioia! Mi afferro a te con tutto il mio essere, e non ti lascerò, se non mi avrai messo al sicuro”.

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