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BENEDETTO XVI (la preghiera negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di san Paolo)

http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2012/documents/hf_ben-xvi_aud_20120314.html

BENEDETTO XVI (la preghiera negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di san Paolo)

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro

Mercoledì, 14 marzo 2012

Cari fratelli e sorelle,

con la Catechesi di oggi vorrei iniziare a parlare della preghiera negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di san Paolo. San Luca ci ha consegnato, come sappiamo, uno dei quattro Vangeli, dedicato alla vita terrena di Gesù, ma ci ha lasciato anche quello che è stato definito il primo libro sulla storia della Chiesa, cioè gli Atti degli Apostoli. In entrambi questi libri, uno degli elementi ricorrenti è proprio la preghiera, da quella di Gesù a quella di Maria, dei discepoli, delle donne e della comunità cristiana. Il cammino iniziale della Chiesa è ritmato anzitutto dall’azione dello Spirito Santo, che trasforma gli Apostoli in testimoni del Risorto sino all’effusione del sangue, e dalla rapida diffusione della Parola di Dio verso Oriente e Occidente. Tuttavia, prima che l’annuncio del Vangelo si diffonda, Luca riporta l’episodio dell’Ascensione del Risorto (cfr At 1,6-9). Ai discepoli il Signore consegna il programma della loro esistenza votata all’evangelizzazione e dice: «Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea, e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). A Gerusalemme gli Apostoli, rimasti in Undici per il tradimento di Giuda Iscariota, sono riuniti in casa per pregare, ed è proprio nella preghiera che aspettano il dono promesso da Cristo Risorto, lo Spirito Santo.
In questo contesto di attesa, tra l’Ascensione e la Pentecoste, san Luca menziona per l’ultima volta Maria, la Madre di Gesù, e i suoi familiari (v. 14). A Maria ha dedicato gli inizi del suo Vangelo, dall’annuncio dell’Angelo alla nascita e all’infanzia del Figlio di Dio fattosi uomo. Con Maria inizia la vita terrena di Gesù e con Maria iniziano anche i primi passi della Chiesa; in entrambi i momenti il clima è quello dell’ascolto di Dio, del raccoglimento. Oggi, pertanto, vorrei soffermarmi su questa presenza orante della Vergine nel gruppo dei discepoli che saranno la prima Chiesa nascente. Maria ha seguito con discrezione tutto il cammino di suo Figlio durante la vita pubblica fino ai piedi della croce, e ora continua a seguire, con una preghiera silenziosa, il cammino della Chiesa. Nell’Annunciazione, nella casa di Nazaret, Maria riceve l’Angelo di Dio, è attenta alle sue parole, le accoglie e risponde al progetto divino, manifestando la sua piena disponibilità: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua volontà» (cfr Lc 1,38). Maria, proprio per l’atteggiamento interiore di ascolto, è capace di leggere la propria storia, riconoscendo con umiltà che è il Signore ad agire. In visita alla parente Elisabetta, Ella prorompe in una preghiera di lode e di gioia, di celebrazione della grazia divina, che ha colmato il suo cuore e la sua vita, rendendola Madre del Signore (cfr Lc 1,46-55). Lode, ringraziamento, gioia: nel cantico del Magnificat, Maria non guarda solo a ciò che Dio ha operato in Lei, ma anche a ciò che ha compiuto e compie continuamente nella storia. Sant’Ambrogio, in un celebre commento al Magnificat, invita ad avere lo stesso spirito nella preghiera e scrive: «Sia in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio» (Expositio Evangelii secundum Lucam 2, 26: PL 15, 1561).
Anche nel Cenacolo, a Gerusalemme, nella «stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi» i discepoli di Gesù (cfr At 1,13), in un clima di ascolto e di preghiera, Ella è presente, prima che si spalanchino le porte ed essi inizino ad annunciare Cristo Signore a tutti i popoli, insegnando ad osservare tutto ciò che Egli aveva comandato (cfr Mt 28,19-20). Le tappe del cammino di Maria, dalla casa di Nazaret a quella di Gerusalemme, attraverso la Croce dove il Figlio le affida l’apostolo Giovanni, sono segnate dalla capacità di mantenere un perseverante clima di raccoglimento, per meditare ogni avvenimento nel silenzio del suo cuore, davanti a Dio (cfr Lc 2,19-51) e nella meditazione davanti a Dio anche comprenderne la volontà di Dio e divenire capaci di accettarla interiormente. La presenza della Madre di Dio con gli Undici, dopo l’Ascensione, non è allora una semplice annotazione storica di una cosa del passato, ma assume un significato di grande valore, perché con loro Ella condivide ciò che vi è di più prezioso: la memoria viva di Gesù, nella preghiera; condivide questa missione di Gesù: conservare la memoria di Gesù e così conservare la sua presenza.
L’ultimo accenno a Maria nei due scritti di san Luca è collocato nel giorno di sabato: il giorno del riposo di Dio dopo la Creazione, il giorno del silenzio dopo la Morte di Gesù e dell’attesa della sua Risurrezione. Ed è su questo episodio che si radica la tradizione di Santa Maria in Sabato. Tra l’Ascensione del Risorto e la prima Pentecoste cristiana, gli Apostoli e la Chiesa si radunano con Maria per attendere con Lei il dono dello Spirito Santo, senza il quale non si può diventare testimoni. Lei che l’ha già ricevuto per generare il Verbo incarnato, condivide con tutta la Chiesa l’attesa dello stesso dono, perché nel cuore di ogni credente «sia formato Cristo» (cfr Gal 4,19). Se non c’è Chiesa senza Pentecoste, non c’è neanche Pentecoste senza la Madre di Gesù, perché Lei ha vissuto in modo unico ciò che la Chiesa sperimenta ogni giorno sotto l’azione dello Spirito Santo. San Cromazio di Aquileia commenta così l’annotazione degli Atti degli Apostoli: «Si radunò dunque la Chiesa nella stanza al piano superiore insieme a Maria, la Madre di Gesù, e insieme ai suoi fratelli. Non si può dunque parlare di Chiesa se non è presente Maria, Madre del Signore… La Chiesa di Cristo è là dove viene predicata l’Incarnazione di Cristo dalla Vergine, e, dove predicano gli apostoli, che sono fratelli del Signore, là si ascolta il Vangelo » (Sermo 30,1: SC 164, 135).
Il Concilio Vaticano II ha voluto sottolineare in modo particolare questo legame che si manifesta visibilmente nel pregare insieme di Maria e degli Apostoli, nello stesso luogo, in attesa dello Spirito Santo. La Costituzione dogmatica Lumen gentium afferma: «Essendo piaciuto a Dio di non manifestare apertamente il mistero della salvezza umana prima di effondere lo Spirito promesso da Cristo, vediamo gli apostoli prima del giorno della Pentecoste “perseveranti d’un sol cuore nella preghiera con le donne e Maria madre di Gesù e i suoi fratelli” (At 1,14); e vediamo anche Maria implorare con le sue preghiere il dono dello Spirito che all’Annunciazione l’aveva presa sotto la sua ombra» (n. 59). Il posto privilegiato di Maria è la Chiesa, dove è «riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro…, figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità» (ibid., n. 53).
Venerare la Madre di Gesù nella Chiesa significa allora imparare da Lei ad essere comunità che prega: è questa una delle note essenziali della prima descrizione della comunità cristiana delineata negli Atti degli Apostoli (cfr 2,42). Spesso la preghiera è dettata da situazioni di difficoltà, da problemi personali che portano a rivolgersi al Signore per avere luce, conforto e aiuto. Maria invita ad aprire le dimensioni della preghiera, a rivolgersi a Dio non solamente nel bisogno e non solo per se stessi, ma in modo unanime, perseverante, fedele, con un «cuore solo e un’anima sola» (cfr At 4,32).
Cari amici, la vita umana attraversa diverse fasi di passaggio, spesso difficili e impegnative, che richiedono scelte inderogabili, rinunce e sacrifici. La Madre di Gesù è stata posta dal Signore in momenti decisivi della storia della salvezza e ha saputo rispondere sempre con piena disponibilità, frutto di un legame profondo con Dio maturato nella preghiera assidua e intensa. Tra il venerdì della Passione e la domenica della Risurrezione, a Lei è stato affidato il discepolo prediletto e con lui tutta la comunità dei discepoli (cfr Gv 19,26). Tra l’Ascensione e la Pentecoste, Ella si trova con e nella Chiesa in preghiera (cfr At 1,14). Madre di Dio e Madre della Chiesa, Maria esercita questa sua maternità sino alla fine della storia. Affidiamo a Lei ogni fase di passaggio della nostra esistenza personale ed ecclesiale, non ultima quella del nostro transito finale. Maria ci insegna la necessità della preghiera e ci indica come solo con un legame costante, intimo, pieno di amore con suo Figlio possiamo uscire dalla «nostra casa», da noi stessi, con coraggio, per raggiungere i confini del mondo e annunciare ovunque il Signore Gesù, Salvatore del mondo. Grazie.

 

COME PAOLO – LA PREGHIERA DI OGNI MOMENTO

http://euntes.net/sanpaolo/preghiera.html

Mons. Juan Esquerda Bifet

COME PAOLO – LA PREGHIERA DI OGNI MOMENTO  

Vi affido al Signore e alla parola della sua grazia … » (Atti 20, 32). « Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male … Preghiamo Dio anche per la vostra perfezione … » (2 Cor. 13, 7-9).       Paolo trasforma la preoccupazione per gli altri in termini di preghiera o dialogo con Dio. Questo prova che la sua carità è vera e che la sua preghiera è autentica. La preoccupazione dell’apostolo è concentrata sui dettagli e sulle circostanze di tutte le persone, che sono suoi fratelli. Sente di essere legato alla vita degli altri come un’esigenza di Dio Amore. Ama i fratelli per se stessi. Ed ogni cosa diventa motivo di preghiera. La sua grande preoccupazione è che gli uomini realizzino se stessi, che arrivino, cioè, alla perfezione: che si rendano disponibili all’Amore. La vita dell’apostolo arde continuamente di questo inspiegabile zelo da cui fu preso senza averne alcun merito e soltanto per iniziativa di Dio. La vita di Paolo può essere riassunta dai momenti di preghiera: porta ogni cosa nel suo colloquio con il Padre. È inspiegabile per chi non sa pregare … né amare …     

Il modo migliore di mettersi in sintonia con gli altri è quello di scoprire in ogni cosa motivo di preghiera. In questo modo si ama in profondità e si sintonizza con gli altri. Questa preghiera ci spinge ad impegnarci per gli altri, a fare qualche cosa, ciò che è più opportuno. Richiede una continua ascesi nella dimenticanza di sé e nel porre gli interessi degli altri al di sopra dei propri. Si vive così la storia degli altri nell’ambito della storia della salvezza che ha il suo centro in Cristo. Ciò è segno che uno si è legato a Cristo fino a partecipare delle sue preoccupazioni e dei suoi ideali. Cristo visse sempre in dipendenza dagli altri. Per questo aveva bisogno e andava in cerca di momenti da dedicare esclusivamente al colloquio col Padre. E da questo colloquio, immediatamente, scaturisce la capacità di amare e di darsi. La capacità di donazione si misura e si accresce in proporzione della capacità di dialogare con Dio. Questa preghiera impegnata, di ogni giorno e di ogni momento, è parte integrante del ministero apostolico. A nessun apostolo viene in mente di farsi dispensare da questa preghiera. Sarebbe come un farsi dispensare dall’amare …    

LA PREGHIERA DI OGNI MOMENTO – (Atti 20, 32), (2 Cor. 13, 7-9).

http://euntes.net/sanpaolo/preghiera.html

LA PREGHIERA DI OGNI MOMENTO 

« Vi affido al Signore e alla parola della sua grazia … » (Atti 20, 32).
« Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male … Preghiamo Dio anche per la vostra perfezione … » (2 Cor. 13, 7-9).

Paolo trasforma la preoccupazione per gli altri in termini di preghiera o dialogo con Dio. Questo prova che la sua carità è vera e che la sua preghiera è autentica. La preoccupazione dell’apostolo è concentrata sui dettagli e sulle circostanze di tutte le persone, che sono suoi fratelli. Sente di essere legato alla vita degli altri come un’esigenza di Dio Amore. Ama i fratelli per se stessi. Ed ogni cosa diventa motivo di preghiera. La sua grande preoccupazione è che gli uomini realizzino se stessi, che arrivino, cioè, alla perfezione: che si rendano disponibili all’Amore. La vita dell’apostolo arde continuamente di questo inspiegabile zelo da cui fu preso senza averne alcun merito e soltanto per iniziativa di Dio. La vita di Paolo può essere riassunta dai momenti di preghiera: porta ogni cosa nel suo colloquio con il Padre. È inspiegabile per chi non sa pregare … né amare …
Il modo migliore di mettersi in sintonia con gli altri è quello di scoprire in ogni cosa motivo di preghiera. In questo modo si ama in profondità e si sintonizza con gli altri. Questa preghiera ci spinge ad impegnarci per gli altri, a fare qualche cosa, ciò che è più opportuno. Richiede una continua ascesi nella dimenticanza di sé e nel porre gli interessi degli altri al di sopra dei propri. Si vive così la storia degli altri nell’ambito della storia della salvezza che ha il suo centro in Cristo. Ciò è segno che uno si è legato a Cristo fino a partecipare delle sue preoccupazioni e dei suoi ideali. Cristo visse sempre in dipendenza dagli altri. Per questo aveva bisogno e andava in cerca di momenti da dedicare esclusivamente al colloquio col Padre. E da questo colloquio, immediatamente, scaturisce la capacità di amare e di darsi. La capacità di donazione si misura e si accresce in proporzione della capacità di dialogare con Dio. Questa preghiera impegnata, di ogni giorno e di ogni momento, è parte integrante del ministero apostolico. A nessun apostolo viene in mente di farsi dispensare da questa preghiera. Sarebbe come un farsi dispensare dall’amare …

ST. PAUL PRAYER WARRIOR [San Paolo guerriero della preghiera]

http://www.stceciliacalgary.com/reflectionsOnStPaul/StPaul_insert6.htm

ANNO DI SAN PAOLO

ST. PAUL PRAYER WARRIOR

[San Paolo guerriero della preghiera]

(traduzione Google dall’inglese, ho provato, è comprensibile)

Ognuno di noi almeno una volta nella nostra vita ha lottato con la preghiera. Anche gli Apostoli si rivolse a Gesù e disse. « Signore, insegnaci a pregare ». Lc. 11:01 . Gesù risponde con la preghiera che è universale per tutti i cristiani, la preghiera del Signore, o, come noi, come cattolici conosciamo, il Padre Nostro. Come leggiamo attraverso le lettere di St. Paul e dei suoi viaggi missionari registrate negli Atti degli Apostoli vediamo il filo costante della preghiera che attraversa le pagine della Sacra Scrittura. Siamo tutti chiamati alla preghiera. E ‘la linfa vitale del nostro rapporto con Gesù. Senza la preghiera diventiamo spiritualmente impoverito e soggetto alle tentazioni del mondo, la carne e il diavolo. St. Paul ci può insegnare tanto per quanto riguarda la preghiera come la sua vita è stato catturato in Cristo, e quindi tutto quello che faceva e diceva era in risposta a questa profonda relazione con Gesù che è stata alimentata dalla preghiera. Uno dei miei preferiti conti di St. Paul in preghiera può essere trovato in Atti 16: 25 . Paolo e Sila sono stati picchiati e imprigionati in seguito alla liberazione di una giovane donna da uno spirito di divinazione. Leggiamo che, « a mezzanotte, mentre Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio come i loro compagni prigionieri ascoltavano, un forte terremoto ha scosso improvvisamente il posto. » Mettiti in questa situazione e fare la domanda. Avrei, dopo essere stato flagellato e picchiato, gettato in una prigione puzzolente, incatenato da catene, essere lodando Dio con la preghiera, cantavano inni? O dovrei essere pieno di autocommiserazione, la rabbia per essere stato ingiustamente imprigionato o dire: « Dio non ti importa di me? » St. Paul e Sila ci danno un esempio di fede e di fiducia assoluta in Dio, non importa quali siano le circostanze che si trovano dentro il risultato è che non solo sono liberati dal carcere, ma il carceriere e tutta la sua famiglia sono convertiti e battezzati che notte stessa. St. Paul in tutta le sue lettere prega incessantemente e intercede per le Chiese che ha stabilito durante i suoi viaggi missionari. Egli è veramente un guerriero preghiera, un intercessore straordinario. Basta leggere Efesini 3:14-21 . « Ecco perché mi inginocchio davanti al Padre da cui ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome, e io prego che egli concederà doni in linea con la ricchezza della sua gloria egli rafforzerà interiormente attraverso il lavoro di. il suo Spirito. maggio Cristo abiti nei vostri cuori per mezzo della fede, e può la carità è la radice e il fondamento della tua vita. Così sarete in grado di cogliere appieno, con tutti i santi, l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo , e l’esperienza questo amore che sorpassa ogni conoscenza, in modo che si può raggiungere la pienezza di Dio stesso. A colui che ora potenza che già opera in noi, può fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, a lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli. Amen.  » Si inginocchia davanti al Padre pregare non solo con la sua mente e le labbra, ma con tutto il corpo. Egli prega che Dio concederà a noi i doni di cui abbiamo bisogno per servirlo in modo efficace. Egli prega che saremo rafforzati dallo Spirito Santo. Egli prega che saremo fedeli e pieno di amore per l’altro e per conoscere l’amore che Dio ha per ciascuno di noi. Poi, nella gioia alza la sua voce, dando gloria a Dio e concludendo con le Amen. L’affermazione di fede, credo. Durante i restanti mesi di quest’anno dedicate a St. Paul, apriamo nuovamente la Bibbia e preghiera leggiamo queste parole sacre e preghiere di St. Paul in modo che anche noi possiamo essere rafforzati nella fede e crescere nell’amore per Cristo e la sua Chiesa.

Peter Thompson.

St. Paul, prega per noi.

St. Paul and Prayer

dal sito:

http://www.yearofsaintpaul.com/paul-and-prayer.html

St. Paul and Prayer 

We can see from St. Paul’s letters that prayer was an important part of his life. He prayed because God was the center of his universe. “For from him and through him and for him are all things. To him be glory forever. Amen.” (Romans 11:36) “Pray without ceasing,” he told the Thessalonians, “In all circumstances give thanks, for this is the will of God for you in Christ Jesus.” (1 Thessalonians 5:17–18)

Paul addresses his prayer to God the Father, in the name of Jesus, and by the power of the Holy Spirit: “In the same way, the Spirit too comes to the aid of our weakness; for we do not know how to pray as we ought, but the Spirit itself intercedes with inexpressible groanings.” (Romans 8:26) Paul rarely prays for worldly things like health, prosperity, or healing. These things don’t last. He says that “we look not to what is seen but to what is unseen; for what is seen is transitory, but what is unseen is eternal.” (2 Corinthians 4:18)

Ephesians offers a good summary of Pauline prayer,

“. . . that Christ may dwell in your hearts through faith; that you, rooted and grounded in love, may have strength to comprehend with all the holy ones what is the breadth and length and height and depth, and to know the love of Christ that surpasses knowledge, so that you may be filled with all the fullness of God.” (Ephesians 3:17–19)

LA PREGHIERA INCESSANTE (1 Tess 5, 17).

dal sito:

http://www.esarcato.it/archivio_testi/omiletica/01_omelia_1tess517.html

ARCIVESCOVADO PER LE CHIESE ORTODOSSE
(Esarcato del Patriardato Ecumenico, Decanato per l’Italia)

Omelia pronunciata in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Sanremo, 21 gennaio 2008

LA PREGHIERA INCESSANTE (1 Tess 5, 17).

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo

La preghiera è un elemento comune a tutte le religioni del mondo. In essa l’uomo si pone in rapporto con la trascendenza nel modo che più gli è consueto, ovvero con la parola e attraverso la relazione personale. Sebbene vi siano differenti tipi di preghiera, tuttavia risulta difficile pensare che essa, anche se solo considerata sotto il profilo dell’atteggiamento psicologico, non si configuri come un dialogo personale tra l’uomo e la divinità.

La Scrittura riporta le origini della preghiera alle generazioni successive ad Adamo, quindi ai primordi comuni a tutta l’umanità: insieme al sacrificio essa compare come mezzo per ristabilire la comunione con Dio, perduta dal Progenitore. Il primo sacrificio, ci viene presentato in due forme: «Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta» (Gen 4, 3-5). La preghiera comparve solo in seguito, con il figlio di Set: «Anche a Set nacque un figlio, che egli chiamò Enos. Allora si cominciò ad invocare il nome del Signore» (Gen 4, 26). Il sacrificio e l’invocazione del nome del Signore, componente essenziale di ogni forma di preghiera, costituiscono dunque lo schema del culto religioso primordiale, schema che costituirà nondimeno il fondamento del culto vetero-testamentario.

Per i cristiani ogni legge, ogni narrazione, ogni parola di saggezza e ogni profezia dell’Antico Testamento è destinata a trovare il suo pieno senso soltanto in relazione al progetto di Dio, nascosto sin dalla fondazione del mondo, che si è rivelato con l’incarnazione del suo Verbo, cioè con l’avvento del Messia. Così dobbiamo pensare che anche il culto veterotestamentario abbia trovato la sua piena realizzazione nel culto istituito da Gesù Cristo. La preghiera, che è parola rivolta a Dio, trova il suo più alto compimento nel Verbo di Dio fattosi carne e vissuto tra noi. Gesù rivela infatti all’umanità, nell’orazione dominica, la piena verità sul nome di Dio, che l’umanità ha invocato sotto varie forme sin dai tempi di Enos. Il nome di Dio è Padre, «sia santificato il tuo nome», il nome di Dio è Figlio, «venga il tuo regno», il nome di Dio è Spirito Santo «sia fatta la tua volontà». Gesù rivela in sé il volto di Dio e nella distinzione delle Tre persone, attraverso la distinzione di tre nomi personali, il nome del Dio Tre volte Santo, contemplato da Isaia nella dossologia angelica (Is 6, 1-3).

Le due forme del culto primordiale, sacrificio e preghiera, trovano nondimeno la loro verità e unità nel Corpo di Cristo, cioè nella vita sacramentale della Chiesa di Cristo. Nella Cena mistica si uniscono il sacrificio incruento e spirituale e il sacrificio della lode, che si riassume nell’invocazione epicletica allo Spirito Santo, affinché rinnovi, nei Doni dell’offerta, l’unità della vita divina con la vita umana, unità che il Cristo Dio sancì in modo indelebile nella sua Incarnazione. Nel Corpo di Cristo sacrificio e preghiera unificano realmente a Dio, o, secondo un termine caro all’ascetica e alla teologia orientali, deificano. Il sacramento dell’Eucaristia unisce a Dio l’uomo che è stato riscattato al Regno attraverso il battesimo; l’Eucaristia rende perfetto cittadino del Regno, colui che è stato fatto degno di esserlo e preparato con il battesimo, che lo ha purificato da ciò che non era degno di entrare nel Regno. La preghiera, sacrificio di lode, si unisce al Supremo Sacramento nel rendere il cristiano membro cosciente del Regno, portando alla luce della coscienza la Grazia che in esso si dà in modo misterioso. È dunque compito della preghiera portare a coscienza l’unità della nostra natura con la natura divina, preparandola e ringraziando per essa, elevando la nostra consapevolezza alla ricchezza misteriosa che è trasmessa in noi dal sacrificio eucaristico, poiché «il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza. Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce. Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce» (Lc 8, 15-17). Le parole di S. Paolo ai Tessalonicesi, «pregate incessantemente» (I Tess 5, 17), che abbiamo messo al centro della meditazione in questo incontro ecumenico, assumono tutto il loro significato se considerate come rivelative del ruolo che l’uomo deve avere, con il suo verbo interiore orante, nell’economia che il Verbo di Dio ha preparato per noi. Il Verbo di Dio infatti agisce interiormente in modo incessante in coloro che si sono associati nel Suo nome alla Sua morte e resurrezione, essendo battezzati nel Nome trinitario di Dio. Se il Verbo di Dio agisce segretamente nella persona del cristiano, la preghiera deve essere allora il luogo del nostro consapevole incontro con l’azione di Dio in noi, e siccome l’azione del Verbo di Dio in noi è incessante, così la preghiera deve essere incessante. La preghiera incessante è anticipazione in questo secolo della preghiera incessante che gli angeli e i santi rivolgono per l’eternità al Dio super-eterno: essa è la risposta della creatura angelica e umana alla presenza incessante di Dio in mezzo a noi, con noi, in noi: «Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4, 6).

S. Paolo completa l’esortazione a estendere la preghiera a ogni tempo e occasione, «pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie » (I Tess 5, 17-18), con parole che ne manifestano la ragione intrinseca: «questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito» (I Tess 5, 18-19). Queste parole ci assicurano che il pegno della preghiera incessante è la progressiva deificazione (o santificazione), nell’attesa escatologica della Seconda venuta, come leggiamo nella conclusione del passo: «Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo!» (I Tess 5, 23-24).

Come immagino sia noto a molti di voi, il cristianesimo ortodosso ha riconosciuto in questa frase dell’Apostolo un’esortazione concreta e l’ha eletta a fulcro della sua spiritualità, tanto monastica quanto laica, la quale ha avuto espressione storica nell’esicasmo e nel suo irradiamento. L’importanza dell’esicasmo per la spiritualità ortodossa non sarà mai sottolineata abbastanza, dal momento che questa istanza ascetica e spirituale riassume in sé i risultati della millenaria riflessione teologico-patristica orientale (basti pensare che è proprio da una querelle sull’esicasmo che la Chiesa ortodossa riconoscerà la sua perfetta espressione teologica nella dottrina del grande difensore degli esicasti, san Gregorio Palamas, canonizzato appena otto anni dopo la nascita al Regno) e al contempo costituisce il pane quotidiano del fedele che scopre in sé la vocazione a uscire dai ritmi di questo mondo per farsi pellegrino, ancora in queste spoglie mortali, del Regno dei cieli (si pensi ai racconti del laico pellegrino russo che scopre questa via al Regno nella preghiera continua). La preghiera continua ci porta dunque al centro della nostra esistenza, onde è anche detta preghiera del cuore, non da ultimo perché va recitata come una meditazione rivolta al cuore: «L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; […] perché la bocca parla dalla pienezza del cuore» (Lc 6, 45). La formula utilizzata in questa preghiera da recitarsi incessantemente, «Signore Gesù Cristo figlio di Dio abbi pietà di me peccatore», è un Credo abbreviato, dal momento che essa invoca il nome del Signore Gesù, «che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2, 9), confessa la Trinità, dal momento che il Figlio, implica il Padre e la confessione del Figlio come Signore non può darsi se non nello Spirito santo («nessuno può dire “Gesù è Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo» I Cor 12, 3). Essa è inoltre un’estensione dell’invocazione liturgica per eccellenza che l’assemblea dei fedeli rivolge al Signore: «Signore pietà, Kyrie eleison» ed è estensione nell’intimità personale della preghiera continua che la Chiesa offre a Dio nel ciclo dell’ufficiatura quotidiana, seguendo l’ispirazione del profeta Davide: «Sette volte al giorno io ti lodo, per le sentenze della tua giustizia» (Ps 118, 164). La preghiera incessante si configura dunque come il centro della vita spirituale del cristiano e riflesso della vita spirituale dell’intera assemblea dei credenti; essa non può mancare di esprimere la pienezza della fede e la ricchezza della vita ecclesiale, sicché possiamo dire che la preghiera incessante è triadologica, cristologica e pneumatologica, ha fondamento scritturistico e ha valenza ecclesiologica nonché liturgica.

Ma soprattutto, le generazioni di santi che ci hanno preceduto nella preghiera del cuore ci indicano che essa racchiude un frutto, una perla preziosa e luminosa, che ne costituisce il fine. Essa non è infatti una mera azione umana, che Dio accetta nei suoi cieli e ricompenserà nel tempo opportuno. No, non solo: la preghiera è anche e soprattutto azione di Dio nell’uomo, che lo trasforma fino a trasfigurarlo nella natura della luce taborica, nella quale gli apostoli hanno potuto contemplare il Cristo nella sua teofania spirituale e divina, contemplando in definitiva ciò che la natura umana è chiamata a diventare: luce. «Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli» (Mt 2, 14-16). La preghiera è un’azione divino-umana, è sinergia, come solo sinergica può essere la nostra Salvezza. Quando arriveremo a pregare nello Spirito Santo, sarà lo Spirito che pregherà in noi, sicché la preghiera incessante si rivelerà essere una progressiva «acquisizione dello Spirito Santo», acquisizione che è il fine di ogni cristiano, come diceva san Serafino di Sarov.

Cari fratelli e care sorelle in Cristo, la vocazione ecumenica che ci raduna questa sera, possa riconoscere nell’esortazione paolina alla preghiera incessante l’unità della fede che essa implica, unità con Dio Padre Figlio e Spirito Santo e conseguentemente unità con i nostri fratelli che nel medesimo nome pregano, che ci aiuti a guardare ai doni deificanti della preghiera non come qualcosa di già dato per acquisito al momento del nostro battesimo e della nostra professione di fede, ma come qualcosa da raggiungere nel perfezionamento della nostra vita cristiana, e, nel perseguire questo perfezionamento, guardare ai fratelli che stanno camminando verso il medesimo traguardo e con loro rivolgere le parole che profeticamente richiamano l’unità del Popolo di Dio nell’invocazione del Suo nome: «Beato il popolo che ti sa acclamare / e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto: / esulta tutto il giorno nel tuo nome, /e nella tua giustizia sarà esaltato» (Ps 88, 16-17).

Amen

COME PAOLO: PREGHIERA CON PROSPETTIVA UNIVERSALE

dal sito:

http://euntes.net/sanpaolo/preghierauniversale.html

Mons. Juan Esquerda Bifet

COME PAOLO

PREGHIERA CON PROSPETTIVA UNIVERSALE

« Ti raccomando dunque, prima di tut­to, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere … Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvato­re, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della ve­rità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in ri­scatto per tutti » (1 Tm. 2, 1-6).   

Pregare per la pace è un impegno cristiano. Ma non si prega se anche non ci si impegna a fare qualche cosa per l’oggetto della nostra preghiera. La preghiera cristia­na è universale, non esclude nessuno. Il nostro colloquio con il Padre assume tutte le nostre preoccupazioni e i nostri problemi. Il nostro modo di pregare deve riflettere l’atteggiamento di figli di Dio che sanno amare e che sanno perdonare. La comunità ecclesiale si mette in sin­tonia con tutta l’umanità, quando rende attuale la pre­ghiera di Cristo mediatore e redentore di tutti. Non si esclude nessuno. L’apostolo è il responsabile e colui che forma questa vita di preghiera personale e comunitaria. Una preghiera cristiana, che non avesse la prospettiva universale, corre il rischio di non essere più la preghiera di un figlio di Dio. Tutta la preghiera cristiana qualun­que sia il contenuto deve esprimere le disposizioni filiali e universali del « Padre Nostro » …
    
Ogni uomo ed ogni problema umano, ricordano al­’apostolo e alla comunità cristiana che Dio è amore, Padre di tutti, e che Cristo è fratello e responsabile o protagonista della storia di ciascuno. È un servizio che dischiude prospettive missionarie alla comunità ecclesia­le ed alle singole persone. I problemi vengono sanati e risolti meglio. In Cristo, noi ci uniamo alla preghiera di tutti gli uomini, anche dei non credenti; ringraziamo per i doni che si ricevono in tutto il mondo. Facciamo anche più esplicita la preghiera di tanti cuori che ritengono di non pregare. Trasformiamo in preghiera le preoccupa­zioni ed i problemi di tutti gli uomini che camminano insieme con noi oppure che vivono lontano da noi; di tanti ammalati e oppressi, di tanti bambini e dei pove­ri … E così noi stessi impariamo a pregare …

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