PARLARE DI EBRAISMO ATTRAVERSO LA DANZA – IL CORPO E L’ESTASI
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PARLARE DI EBRAISMO ATTRAVERSO LA DANZA
IL CORPO E L’ESTASI
« Di nuovo ti ornerai dei tuoi tamburi e uscirai fra la danza dei festanti » (Ger 31,4): il corpo e l’estasi, la danza nella tradizione ebraica, la danza come espressione di lode all’Eterno nell’ebraismo biblico e post-biblico, la ricerca di nuove forme di danza, sono i temi che sono stati affrontati dalla Prof.ssa Elena Bartolini – che sta preparando un libro su questo tema ed è attiva, tra Israele ed Italia, nel dialogo ebraico-cristiano – nel ciclo di incontri dedicati alla danza nell’ebraismo presso la Libreria Menorah di Roma.
Nella tradizione ebraica il « corpo » rappresenta la sintesi di corpo e spirito (la parola ebraica « nefesh », in genere tradotta come « anima », indica la persona nel suo complesso). La danza nella Torah è intesa come forma di preghiera, come parola e gesto rituale; era impiegata per mantenere la tradizione quando non si potevano usare le parole. Il concetto di danza è fondamentale nella cultura ebraica (durante le feste di pellegrinaggio si svolgevano danze alternate di uomini e donne) e non a caso è legato alla figura della donna, centrale nella liturgia familiare: da lei dipende l’ebraicità del figlio, è lei che insegna la cultura, tutte le feste ruotano intorno a lei.
Nella Torah sono narrati vari episodi di danze che esprimono l’esperienza mistica con una grande ricchezza di linguaggio. « Hol » è la radice ebraica di « danza », da essa deriva « halil », parola ebraica che vuol dire « flauto »; da questo semplice raffronto di parole si rileva una connessione tra danza e musica che viene spesso impiegata per lodare D-o: « Lodate il Signore con l’accompagnamento del cembalo e di liete danze » (salmo n.150). In ebraico biblico vi sono 11 radici verbali riferite alla danza: « Karar », che vuol dire « saltare roteando » (Davide nel II libro di Samuele); « Rakad »: « saltellare di gioia e anche di paura » (si riferisce al rapporto con il Creatore); « Dalag »: « saltare balzellando » (presente nel Cantico dei cantici); « Paraz »: « muoversi flessuosamente » (Davide nel II libro di Samuele); « Cafaz »: « saltellare, muoversi a piedi nudi sulla Terra di Israele » (presente nel Cantico dei cantici); « Sabab »: « circondare, volteggiare, andare e venire », riferito alla danza in cerchio; « Zalan »: « zoppicare » (popolo di Israele è a volte rappresentato nella Torah come un capretto zoppicante); « Pesach »: « salto al di là »; « Hagag »: « esultare »; « Sahak »: « ridere di gioia », riferito alla danza come segno di festa; « Hag »: « festa » e « cerchio ».
La danza che si svolgeva in cerchio era anticamente la danza sacra intorno all’altare; il cerchio rappresenta ciò che è senza fine, il mondo a venire, nel cerchio tutti sullo stesso piano; il suo centro simboleggia il Monte Sion, mentre la periferia rappresenta il cammino, la strada da percorrere. Troviamo vari esempi di danze nella Torah: in Esodo 15 (dopo il « Canto del mare » di Mosè, che è stato aggiunto posteriormente, vi è la danza di Miriam: « Miriam la profetessa, sorella di Aron, prese in mano il cembalo, e la seguirono tutte le altre donne con cembali e con strumenti di danza »); nel II libro di Samuele, 6,14 (« David stesso poi, cinto di un efod di lino, saltava con tutta forza davanti al Signore »: Davide compie danze estatiche davanti l’arca indossando un perizoma che si usava per eseguire un sacrificio, e Mical lo rimprovera perché danza in modo sconcio – verrà resta sterile da D-o per punizione – senza capire che Davide compie ciò di fronte a D-o, si tratta di una danza sacra, esprime la lode a D-o con tutta la persona); nell’episodio del vitello d’oro.
Associazione di Amicizia Marche Israele

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