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SALMO 1 – LA VIA DEL GIUSTO (G. RAVASI)

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I SALMI   CANTI SUI SENTIERI DI DIO

GIANFRANCO RAVASI

La via del giusto (Salmo 1)                                                   

 Il nostro viaggio « sui sentieri di Dio » cantando i Salmi, « i canti del Signore », ha ora una svolta. Nei mesi che ci stanno di fronte selezioneremo alcuni salmi che presentano le grandi scelte della creatura umana, la sua vocazione, l’orientamento fondamentale della vita. Lo facciamo ora col Salmo 1, la cui prima parola in ebraico comincia con la prima lettera dell’alfabeto ebraico (‘alef), mentre l’ultima parola si chiude con l’ultima lettera dell’alfabeto (tau): il salmo, che fa da portale d’ingresso alla collezione delle preghiere bibliche, sintetizza in sé l’arco intero delle parole, cioè della vita. Il canto raccoglie al suo interno una beatitudine e una maledizione destinate a due vie, cioè a due destini, quello del giusto e quello dell’empio. Anche la sua struttura poetica è distribuita su un dittico che sviluppa due ritratti: i vv.1-3 contengono il disegno della fisionomia del giusto, mentre nei vv.4-6 appare la figura dell’empio. La brevità della composizione e la sua essenzialità sono però sostenute da una simbologia efficace e pittoresca.

Domina innanzitutto l’immagine delle due vie, un motivo classico nella Bibbia ove è sinonimo di scelta, di decisione vitale e morale: « La via dei giusti è come la luce dell’alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio. La via degli empi è come oscurità » (Proverbi 4,18-19). Significativa è questa dichiarazione del Deuteronomio: « Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e la morte la benedizione e la maledizione: scegli dunque… » (30,15.19). le due strade sono poi dipinte a colori vivaci attraverso un’altra simbologia di tipo vegetale-agricolo.

In un panorama desertico e assolato come quello palestinese un albero verdeggiante e carico di frutti, posto lungo una corrente di acqua viva, diventa un simbolo parlante di gioia, di prosperità e, quindi, di giustizia premiata. L’immagine era già stata usata da Geremia: « Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è la sua fiducia. Egli è come un albero piantato lungo l’acqua, verso la corrente stende le sue radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell’anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti » (17,7-8). Alla solidità dell’albero, si oppone la vacuità della pula, arida, leggera e inconsistente. Una lunga tradizione biblica equipara l’empietà a questa realtà inutile e impalpabile. Come è noto, nei Vangeli l’immagine diventa l’annunzio del giudizio di Cristo fatto dal Battista: « Egli ha in mano il ventilabro per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile » (Luca 3,17).

Entriamo ora nel testo vero e proprio del carme. Nella prima tavola del dittico abbiamo il giusto e la sua via descritta negativamente e positivamente (vv.1-3). Scegliamo le battute principali.

Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi,
non indugia nella via dei peccatori

e non siede in compagnia degli stolti,

ma si compiace della legge del Signore,

la sua legge medita giorno e notte.

È interessante notare la progressione dei verbi del v.1, che traccia con finezza la psicologia della tentazione e della caduta. Il primo verbo è un semplice « seguire », è un « andare », ed esprime una curiosità ancora superficiale nei confronti del male. Ad esso succede il più duraturo « indugiare », un fermarsi in ascolto, e alla fine si giunge all’acquiescenza durevole, alla partecipazione totale, alla connivenza abituale, cioè al « sedere in compagnia degli stolti ». Il giusto è colui che sa vincere in pienezza questa tentazione in tutti i suoi gradi.

A questa descrizione in negativo si contrappone in positivo la « via » propria del giusto. Essa è fondata sull’adesione alla « legge » di Dio, che non è una cappa di piombo di norme, di precetti e di prescrizioni, ma è la rivelazione divina a cui deve rispondere l’adesione gioiosa dell’uomo. Il vocabolo « legge » è ripetuto due volte quasi a marcarne la centralità; è una celebrazione istintiva della parola di Dio, della Bibbia, quindi. La Bibbia diventa norma di vita ma con un atteggiamento gioioso non legalistico perché « la legge del Signore è perfetta, ristora l’anima, la testimonianza del Signore è verace, rende saggia la mente. Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore, i comandi del Signore sono radiosi, dànno luce agli occhi » (Salmo 19,8-9).

Il ritratto dell’empio e della sua « via » occupa invece i vv.4-6 dei quali citiamo solo le battute principali.

Non reggeranno gli empi nel giudizio,
né i peccatori nell’assemblea dei giusti…

La via degli empi andrà in rovina.

L’elemento fondamentale è posto in quel verbo « reggere ». Il senso del termine è carico di allusioni processuali, militari ed anche fisiche. Gli empi non potranno ergersi sicuri nella stessa storia umana. Emerge da questa righe l’ottimismo caratteristico di un certi tipo di sapienza biblica convinta che già ora e qui Dio interviene raddrizzando e giudicando questa sghemba storia umana.  Tuttavia l’immagine si apre anche su un futuro: gli empi non potranno « alzarsi a parlare » nel giudizio finale, non riusciranno a « reggere » di fronte alle accuse di Dio e perciò saranno esclusi per sempre dalla comunità dei giusti. Dio, infatti,  è il fondamento della nostra sussistenza e chi si allontana da lui si allontana dalla vita.

Questa prefazione al Salterio si trasforma, allora, in un appello vigoroso per la scelta del bene, della verità e della giustizia. La figura del giusto nella tradizione cristiana si trasformerà invece in quella del Giusto per eccellenza, il Cristo, e l’albero simbolico, come insegna già Giustino, diverrà l’albero della croce, « legno di vita che fruttifica per noi con le acque del battesimo ». Ma per tutti gli uomini che cercano la verità e la giustizia con cuore sincero il salmo può trasformarsi in un invito a seguire le scelte genuine della coscienza con coerenza e fedeltà. Già nella stele egiziana di Amenofis I, conservata al Museo Egizio di Torino, leggiamo questa « beatitudine »: « Beato chi ti possiede nel cuore! Infelice chi ti combatte, o Signore! ».
 
GIANFRANCO RAVASI

(da SE VUOI)

di Gianfranco Ravasi: Come vite feconda (Salmo 128) (anche sull’ulivo)

dal sito:

http://www.apostoline.it/riflessioni/salmi/Salmo128.htm

I SALMI   CANTI SUI SENTIERI DI DIO

di  GIANFRANCO RAVASI

Come vite feconda (Salmo 128)

Mille e mille sono le vocazioni tante quante sono le persone, create da Dio in una gamma infinità di qualità, di tipi, di sentimenti, di fisionomie interiori ed esteriori. Esistono, però, alcune scelte fondamentali che ognuno vive poi con le sue caratteristiche personali. Una di queste strade della vita è quella del matrimonio e della famiglia. E i Salmi la cantano in una pagina deliziosa, divenuta il cantico nuziale per eccellenza. Si tratta del Salmo 128 che ora leggiamo. 

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie!

« Della fatica delle tue mani certamente mangerai;
beato te: avrai ogni bene!

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa,
i tuoi figli come virgulti d’olivo
intorno alla tua mensa ». 

Ecco come è benedetto l’uomo
che teme il Signore:

« Ti benedica il Signore da Sion!
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
per tutti i giorni della tua vita!

Possa tu vedere i figli dei tuoi figli! »
Pace su Israele!

Due sono i quadretti che il salmo ci presenta. Essi affondano le loro radici nella realtà umana dell’amore, della vita e del lavoro, cercando di scoprire in essi i segni dell’amore divino e della benedizione. Il primo quadro contiene una « beatitudine » (vv. 1-3) ed è colmo di immagini vegetali classiche  (la vite e l’olivo); il secondo, invece, è una benedizione (vv. 4-6) ed apre la famiglia alla più ampia comunità familiare di ogni ebreo, quella di Gerusalemme e di Israele. 

Dopo una proclamazione iniziale di felicità del giusto (v.1) , si apre la porta di questa famiglia ideale. Appare subito il padre lavoratore, colmo di beni, che da Dio non riceve solo il pane quotidiano, ma anche una mensa sovrabbondante. Ecco poi avanzare la sposa e i figli che evocano simbolicamente i due alberi emblematici di Israele, la vite e l’olivo.

La vite, infatti, è lo stemma di Israele come comunità « piantata e coltivata » dal Signore e chiamata a produrre frutti nel dialogo dell’alleanza. Qui l’immagine è applicata alla donna in quanto generatrice. Come una vigna lussureggiante, appesantita da grossi grappoli e dall’abbondante fogliame, è indizio di prosperità e di vita, così la donna feconda circondata dai suoi figli numerosi è espressione di felicità e di benessere. Nel Cantico l’ebbrezza dell’amore è comparata a quella del vino. Anche l’olivo nella Bibbia è emblema di Israele, del Signore stesso, della prosperità e della gioia, della giustizia e dalla sapienza.  L’olivo sopravvive al diluvio (Genesi 8,11) e secondo la tradizione rabbinica non si concepisce un’epoca della storia del nostro pianeta in cui non sia coltivato l’olivo. Qui, invece, è applicato ai figli numerosi e densi di linfa come un albero maestoso di ulivo.  Già il poeta greco Euripide nella Medea (v.1908) affermava che « i figli sono nella casa come piccoli germogli ».

Questo ritratto idilliaco presenta, perciò, la sposa fresca, seducente, tenera e soprattutto feconda secondo la tipica visione orientale, in particolare ai fini di una continuazione « immortale » della famiglia e della memoria del patriarca. La sua funzione è squisitamente « materna », la sua attività è essenzialmente familiare, i figli e la casa sono lo sbocco naturale e la radice stessa del suo esistere. La vite ricca di grappoli ne è, quindi, la raffigurazione ideale, come i figli sani e vigorosi riuniti attorno alla mensa sono da pensare come un oliveto denso di virgulti che promettono ruscelli di olio per i futuri raccolti.

Alla scena « mediterranea » e naturale della vite e dell’olivo subentra nella seconda parte del salmo un’atmosfera più spirituale e religiosa con la benedizione dei vv. 4-6, formulata secondo i canoni del benessere visto come premio del giusto. Bene e male sono già giudicati qui sulla terra e la prosperità si effonde subito sul fedele come segno visibile della sua giustizia e della sua onestà. La benedizione viene da Sion, cioè dal tempio, e non scende solo sul singolo fedele ma sull’intera comunità incarnata da Gerusalemme. Il carme ci congeda col saluto ebraico di stampo messianico shalom, pace e gioia, allusivo nei confronti del nome della città santa, Gerusalemme, « città della pace », ma destinato soprattutto ad ogni famiglia.

C’è, quindi, una vocazione al matrimonio che Dio benedice e che diventa fonte di felicità. Anche se la più comune, essa non è per tutti e dev’essere vissuta con intensità e serietà, con amore e gioia.  Possiamo concludere con dei bei pensieri sul matrimonio, che il poeta libanese K. Gibran ha scritto nella sua opera Il profeta:

« Sarete insieme in eterno; sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni, sarete insieme anche nella silenziosa memoria di Dio. Ma lasciate che vi sia spazio nel vostro essere insieme, lasciate che i venti del paradiso danzino tra voi.

Amatevi l’un l’altro ma non fate dell’amore una catena: lasciate invece che vi sia un mare in movimento tra i lidi delle vostre anime. Cantate, ballate insieme e siate gioiosi, ma lasciate che ognuno sia solo. Anche le corde di un liuto sono sole, eppure formano la stessa musica. Datevi i vostri cuori ma non per possederli, perché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori. State in piedi insieme, ma non troppo vicini, perché le colonne del tempio stanno separate e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro ».


(da SE VUOI)

Salmo 19: I cieli narrano…(Ravasi)

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I SALMI   CANTI SUI SENTIERI DI DIO

I cieli narrano… (Salmo 19)

L’estate col trionfo del sole evoca al lettore attento della Bibbia alcune pagine tutte intrise di luce, di calore, di splendore.

È il caso del Salmo 19 (18 nella numerazione della liturgia), illuminato da due dischi solari, quello dell’astro naturale che incombe anche sulla nostra estate e sulle nostre vacanze e quello della parola di Dio i cui « comandi sono limpidi, danno luce agli occhi ». Il salmo è affacciato, allora, proprio su questi due soli, quello che brilla nel nostro cielo (vv. 2-7) e quello che risplende all’orizzonte delle nostre coscienze (vv. 8-15). Un rabbino medievale, grande studioso della Bibbia, di nome Kimchì, affermava che « come il mondo non si illumina e vive se non per opera del sole, così l’anima non si sviluppa e non raggiunge la sua pienezza di vita se non attraverso la parola di Dio ». E in questi anni più vicini a noi il pastore protestante e teologo D. Bonhoeffer, che è stato impiccato nei campi di concentramento nazisti, scriveva: « Il salmo 19 non può parlare della magnificenza del corso degli astri senza pensare, con uno slancio improvviso e nuovo, alla magnificenza della rivelazione della legge di Dio ».

Noi ci fermeremo a contemplare il primo sole, quello della natura, così come ce lo dipinge il poeta biblico nella prima parte della sua lirica-preghiera. Se questa strofa può essere letta proprio nella cornice di una luminosa giornata estiva, essa però non si riduce ad un idillio paesaggistico. Il sole e il mondo sono sempre agli occhi del credente « creazione », sono quasi una misteriosa parola sussurrata da Dio all’uomo. Il celebre astronomo Keplero nella sua opera Armonia cosmica, dopo aver citato il nostro salmo, scriveva: « Ti ringrazio, mio Dio, nostro creatore, di avermi mostrato la bellezza della tua creazione e così io gioisco dell’opera delle tue mani. Ecco, io ho compiuto l’opera alla quale mi sono sentito chiamato: ho annunciato agli uomini lo splendore delle tue opere. Nella misura in cui il mio spirito limitato le ha potute comprendere, gli uomini ne leggeranno qui le prove ». Ascoltiamo anche noi le parole del salmista:

I cieli narrano la gloria di Dio
e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento.

Il giorno al giorno ne affida il messaggio

e la notte alla notte ne trasmette notizia.

Non è linguaggio e non sono parole

di cui non si oda il suono.

Per tutta la terra si diffonde la loro voce

e ai confini del mondo la loro parola.

Là pose una tenda per il sole

che esce come sposo dalla stanza nuziale,

esulta come prode che percorre la via.

Egli sorge da un estremo del cielo

e la sua corsa raggiunge l’altro estremo:

nulla si sottrae al suo calore (vv. 2-7).

Si intravedono facilmente all’interno di questa strofa,che costituisce il primo movimento del salmo, alcuni simboli applicati al sole: nuziale, militare, atletico. Il sole, infatti, tanto celebrato soprattutto in Egitto in seguito ad una riforma religiosa di stampo monoteistico imposta dal faraone Akhnaton (XIV sec, a. C.), è dipinto dal poeta biblico come un eroe guerriero che, dopo essere uscito dalla stanza nuziale ove ha trascorso la notte (il grembo delle tenebre), inizia la sua folle corsa sull’orizzonte come un campione che non conosce soste e stanchezze, mentre tutto il pianeta è avvolto dal calore irresistibile del giorno.

Questo intreccio di immagini nuziali, sportive e militari era noto anche nelle preghiere mesopotamiche: « O Sole, guerriero ed atleta, e tu Notte, sua sposa, lanciate sempre uno sguardo favorevole alle mie suppliche e alle mie pie azioni! ».

Questo primo movimento del salmo si snoda, però, su due piccoli quadri. Il primo raccoglie il canto dei cieli, presentati come se fossero persone che fanno da testimoni entusiasti dell’opera creatrice di Dio. Essi, infatti, « narrano », « annunciano » le meraviglie del Creatore che li ha fatti. Anche il giorno e la notte sono rappresentati come messaggeri che trasmettono di postazione in postazione la grande notizia del Signore che si rivela proprio nelle sue creature. Spazio (i cieli) e tempo (notte e giorno) sono, perciò, coinvolti in una specie di « vangelo »di gioia e di luce, « nell’universo – scriveva un commentatore tedesco dei Salmi, H. Gunkel – risuona una musica teologica ».

Si tratta, però, di una musica e di un messaggio che non conoscono parole sonore ed echi; eppure questa strana voce silenziosa percorre tutto l’universo. Lo sguardo interiore dell’uomo e il suo orecchio spiritualmente attento possono decifrare questo enigma che è il creato. Il mondo muto si rivela all’occhio e all’orecchio dell’uomo come una realtà che parla e canta. S. Giovanni Crisostomo, celebre padre della Chiesa di Cappadocia (nell’attuale Turchia centrale), scriveva: « Questo silenzio dei cieli è una voce più risonante di quella di una tromba. Questa voce grida ai nostro occhi e ai nostro orecchi la grandezza di chi li ha fatti ». Il salmo si trasforma, allora, in un invito a vivere la nostra vacanza non come un semplice spazio vuoto, di riposo, di divertimento, di dispersione ma come un tempo colmo di scoperte e di stupore. Lo scrittore inglese Chesterton, il famoso creatore del personaggio popolare di P. Brown, sacerdote-investigatore, affermava che « il mondo non perirà per mancanza di meraviglie ma per mancanza di meraviglia ».

Il secondo quadro è avvolto dalla luce del sole, il principe del nostro orizzonte. La « tenda » è la notte ove il sole si ritira come fa il nomade che all’incombere della tenebra si rifugia nella sua tenda. Da questa camera nuziale notturna il sole esce all’alba come sposo – guerriero – atleta, pronto ad iniziare il suo lavoro – conquista – corsa negli spazi siderali.  Ecco, ormai il poeta vede fiammeggiare il sole in pieno cielo, tutta la terra è pervasa dal suo calore, l’aria è immobile, nessun angolo può sfuggire alla sua luce. Ma a questo punto il salmo ha una svolta: diventa un inno al sole della parola di Dio. E noi invitiamo chi ci ha seguito fin qui a prendere tra le mani una Bibbia e a concludere da solo la lettura del Salmo 19 scoprendo i raggi di luce che emanano dalla parola di Dio.

GIANFRANCO RAVASI

(da SE VUOI)

SALMO 148, 3-6

SALMO 148, 3-6 dans A. UN PENSIERO DAI SALMI...PRIMA DELLA NOTTE cometa

composizione delle comete emerge dall’analisi alla luce di sincrotrone dei campioni di micropolveri della cometa Wild-2 catturati e portati a Terra dalla la navicella spaziale Stardust della NASA nel 2004…

http://centroufologicotaranto.wordpress.com/2008/09/09/esobiologia-comete-per-la-vita/

SALMO 148, 3-6

Lodatelo, sole e luna,
lodatelo, voi tutte, fulgide stelle.
Lodatelo, cieli dei cieli,
voi acque al di sopra dei cieli.
Lodino tutti il nome del Signore,
perché egli disse e furono creati.
Li ha stabiliti per sempre,
ha posto una legge che non passa.

Salmo 113 e commento dei Padri della Chiesa

Salmo 113 e commento dei Padri della Chiesa dans A. UN PENSIERO DAI SALMI...PRIMA DELLA NOTTE sunset-thunderstorm-am2ad1-sw

Sunset Thunderstorm

http://science.nationalgeographic.com/science/enlarge/sunset-thunderstorm.html

dal sito:

http://www.padrelinopedron.it/data/edicola/Padre%20Lino%20Pedron%20-%20Salmi/SALMO%20113.doc

SALMO 113

 1 Alleluia.
 Lodate, servi del Signore,
 lodate il nome del Signore.
 2 Sia benedetto il nome del Signore,
 ora e sempre.
 3 Dal sorgere del sole al suo tramonto
 sia lodato il nome del Signore.
 4 Su tutti i popoli eccelso è il Signore,
 più alta dei cieli è la sua gloria.
 5 Chi è pari al Signore nostro Dio
 che siede nell’alto
 6 e si china a guardare
 nei cieli e sulla terra?
 7 Solleva l’indigente dalla polvere,
 dall’immondizia rialza il povero,
 8 per farlo sedere tra i principi,
 tra i principi del suo popolo.
 9 Fa abitare la sterile nella sua casa
 quale madre gioiosa di figli.

Commento dei Padri della Chiesa
vv. 1-2. Nel salmo precedente il profeta ha chiamato beati tutti quelli che temono il Signore. Ha descritto il modo in cui devono vivere e con quale ricompensa saranno coronati. In questo salmo li chiama bambini perché sono appena nati e perché non sono più servi ma figli. Come a bambini che non sanno ancora nulla, lo Spirito profetico, facendosi per noi pedagogo, c’ispira le parole per lodare Dio: Sia benedetto il nome del Signore! Rimanga sempre con noi il nome del Signore e non ci abbandoni mai, ma si riposi nella nostra vita (Eusebio).
Il popolo nuovo è invitato a cantare il suo Salvatore. Lo Spirito profetico, come un maestro di scuola, insegna a bambini ignoranti quali siamo noi come si debba lodare Dio. Pone sulla nostra bocca le parole dell’inno: Sia benedetto il nome del Signore! (Origene).
La lode è una grande cosa [vedi Eb 13,15]. Anzitutto suppone che si cominci con il purificare la propria vita, perché la sua lode non si addice alla bocca del peccatore [Sir 15,9], poi che si lodi con le opere: gli uomini vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli [Mt 5,16]. Non per nulla il salmista invita gli angeli a lodare Dio per primi: Lodate il Signore dai cieli [Sal 148,1]. Bisognerebbe essere angeli per lodare bene Dio. Prima della nostra bocca, la nostra vita faccia sentire la lode di Dio! E’ necessario anche cantare tutti d’accordo, in sinfonia. La lode di Dio presuppone la carità fraterna (Crisostomo).
Il Cristo stesso ci ha detto di pregare così: Sia santificato il tuo nome [Mt 6,9], cioè: sia glorificato anche per mezzo della nostra vita (Crisostomo).
vv. 3-4. Dal sorgere del sole al suo tramonto, sia lodato il nome del Signore. Questo si è realizzato con l’avvento del Signore nostro Gesù Cristo, perché prima Dio non era conosciuto che in Giudea, il suo nome non era magnificato che in Israele [cf. Sal 76,2]. Le genti, votate all’idolatria, non conoscevano neppure il suo nome. Ma quando il Signore ha inviato i suoi discepoli tra tutte le genti, allora questo inno, tramandato ai gentili, è stato cantato nel mondo intero (Eusebio).
Dopo l’incarnazione, una scienza divina è stata concessa alle genti, e tutta la terra è stata riempita della conoscenza (Origene).
E’ ben giusto rendere gloria al Signore, che ha preso per noi la forma di schiavo (Origene).
vv. 5-6. Egli è presente ovunque e si occupa delle più piccole cose. Davanti a Dio tutto è umile, sulla terra come in cielo, ma nella sua provvidenza egli guarda tutti questi umili esseri (Origene).
Dio ama gli umili e anche i peccatori (Atanasio).
Egli guarda nel cielo quelli che ha già chiamato e nei quali abita; sulla terra, quelli che chiama per abitare in loro. Egli possiede già i primi che pensano alle cose del cielo; sveglia gli altri che sognano le cose della terra (Agostino).
vv. 7-8. Questo popolo povero e indigente è l’umanità pagana. Il Signore, infatti, ha risollevato questo popolo indigente che giaceva nei propri vizi e l’ha fatto sedere con i principi d’Israele, che è il suo popolo. Questi principi del popolo giudeo sono gli apostoli e i patriarchi: tutti quelli dei gentili che avranno creduto abiteranno con loro. E’ il Signore stesso che ha detto: Molti verranno dall’oriente e dall’occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli [Mt 8,11]. L’umanità pagana, ridotta in schiavitù sotto il peccato, egli l’ha fatta partecipe dei beni promessi a Israele; la natura umana, caduta nell’abisso infernale, egli l’ha presa, ricondotta, fatta sedere più in alto di tutti i principati, potenze e dominazioni, più in alto di ogni nome pronunciato in questo e nel mondo futuro (Eusebio).
Dio risolleva l’anima dalla malizia alla virtù; risolleva lo spirito dall’ignoranza alla conoscenza (Origene).
Ha risollevato il genere umano dal suo decadimento e gli ha dato la gloria dell’adozione. Lo ha posto insieme con gli angeli (Agostino).
Il Padre ha risuscitato il Cristo, che per noi si è fatto povero e indigente… Il Cristo regna sui principi, cioè sugli angeli. Le sue membra regnano con lui (Girolamo).
Pur essendo di natura divina… svuotò se stesso assumendo la condizione di servo [Fil 2,6] per poter sollevare da terra il povero al quale aveva detto nella sua ira: Tu sei polvere e in polvere tornerai [Gen 3,19]. Nel Cristo ha risollevato l’uomo e lo ha posto con i principi (Arnobio il giovane).
v. 9. La sterile è la Chiesa (Origene).
La sterile è la moltitudine dei gentili. Essa è divenuta casa spirituale da quando il Signore abita in essa. E’ anche la madre felice d’innumerevoli figli perché i suoi figli hanno ottenuto, mediante la fede, la salvezza nel Cristo (Atanasio).
Questo inno è perfetto: annuncia la fine del giudaismo, la nascita della nuova Chiesa e il nuovo sacrificio (Crisostomo).
Al Figlio del re il suo popolo rifiutò l’offerta. Il Signore inviò il suo messaggio alle genti, condusse i Magi con i loro doni. Non guidò tutti i gentili a Betlemme, troppo piccola per riceverli nel suo seno; ma dilatò il seno della Chiesa per accogliere tutti i suoi figli. Benedetto! Lui che rese feconda la sterile (Efrem, Inni).

La sterile è la Chiesa delle genti (Teodoreto).

Romani 6,23 (questa non l’ho fatta io, però è bella, lo spagnolo si capisce credo)

Romani 6,23 (questa non l'ho fatta io, però è bella, lo spagnolo si capisce credo) dans A. UN PENSIERO DAI SALMI...PRIMA DELLA NOTTE wall025

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SALMO 126

SALMO 126 dans A. UN PENSIERO DAI SALMI...PRIMA DELLA NOTTE med-jeune-fille-au-marche-visoterra-10444

foto dal sito « Visoterra », remerciement au site pour la belle photo:

http://www.visoterra.com/voyage-premier-voyage-de-luc/jeune-fille-au-marche.html

SALMO 126

Se il Signore non costruisce la casa, *
    invano vi faticano i costruttori.
Se la città non è custodita dal Signore *
    invano veglia il custode.

Invano vi alzate di buon mattino, †
    tardi andate a riposare
        e mangiate pane di sudore: *
    il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.

Ecco, dono del Signore sono i figli, *
    è sua grazia il frutto del grembo.
Come frecce in mano a un eroe *
    sono i figli della giovinezza.

Beato l’uomo *
    che piena ne ha la farètra:
non resterà confuso quando verrà alla porta *
    a trattare con i propri nemici.

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