Archive pour la catégorie 'SANTI EVANGELISTI'

oggi 25 aprile: San Marco evengelista (metto la liturgia del giorno ed un commento, per quando non cade di domenica)

dal sito:

http://www.zammerumaskil.com/liturgia/feste-e-solennita/san-marco-evangelista.html

25 aprile – San Marco Evangelista

Scritto da Salvatore    
lunedì 20 aprile 2009 

MESSA DEL GIORNO  E COMMENTO (QUANDO NON CADE DI DOMENICA)

 O Dio, che hai glorificato il tuo evangelista Marco con il dono della predicazione apostolica, fa’ che alla scuola del Vangelo, impariamo anche noi a seguire fedelmente il Cristo Signore.

Prima Lettura  1 Pt 5, 5-14

Vi saluta Marco, figlio mio.

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Carissimi, rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma da’  grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo opportuno, gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare.
Resistetegli saldi nella fede, sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi. E il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi. A lui la potenza nei secoli. Amen!
Vi ho scritto, come io ritengo, brevemente per mezzo di Silvano, fratello fedele, per esortarvi e attestarvi che questa è la vera grazia di Dio. In essa state saldi! Vi saluta la comunità che è stata eletta come voi e dimora in Babilonia; e anche Marco, mio figlio. Salutatevi l’un l’altro con bacio di carità. Pace a voi tutti che siete in Cristo!  

Salmo Responsoriale  Dal Salmo 88
Annunzierò ai fratelli la salvezza del Signore.
   

Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
perché hai detto:
«La mia grazia rimane per sempre» ;
la tua fedeltà è fondata nei cieli.

I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell’assemblea dei santi.
Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore
tra gli angeli di Dio?

Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.   

Canto al Vangelo   Cf 1 Cor 1,23-24

Alleluia, alleluia.

Noi predichiamo Cristo crocifisso,
potenza e sapienza di Dio.

Alleluia.   

+ Vangelo Mc 16, 15-20
Predicate il vangelo ad ogni creatura.

Dal vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano. 

Commento

« … nel mio nome… « 

Il nome di Dio non è un diritto.
Non è nemmeno un blasone di cui farsi provincialmente merito.
Non è una cosa che si acquista con tante opere buone o con molte preghiere.
Piuttosto vuol dire essere Sua proprietà. Completamente. Appartenergli. Essere suoi, al di la dei nostri meriti, limiti e difetti.
Questo appartenere radicalmente a Dio nasce con il battesimo. Lì tutti siamo nati e li nasciamo e li diventiamo realmente suoi.
La santità non è altro che vivere questa coscienza come un dono continuo e a questo dargli risposta nell’innocenza dei bimbi.
Come mai, ci si chiede, non avviene un certo miracolo, una certa grazia, una certa conversione, un reale cambiamento?
Forse perché in noi prevale la mentalità magica e non la mentalità del fedele, del credente in ascolto.
Forse perché spesso viviamo i nostri passi su questa terra portando il « nostro nome » con la scusa di portare il « Suo nome ».
Non viviamo con la consapevolezza di essere Suoi. Di essere dunque per Lui carissimi, preziosi; oggetto del Suo Amore.
La concezione della laicità svincolata da questa appartenenza è una presa in giro. Si è laici se si è nel Suo nome. Non a volte, non talvolta, non secondo opportunità; ma sempre. Nel giorno e nella veglia.
Se il marito lavora fuori casa non è svincolato dalla moglie che accudisce la casa e ai figli; entrambi vivono come un « noi ».
Qualunque cosa faccia la moglie la fa nel nome anche del marito; qualunque cosa faccia il marito lo fa anche nel nome della moglie.
Perché ciò che li unisce è l’amore che si fa storia e carne.
Per tal motivo è inconcepibile l’adulterio.
Questo rapporto è la misura della fedeltà e dell’appartenenza al Suo nome.
Vivere nel Suo nome significa essere conquistati e vivere in questa consapevolezza. Senza essere adulteri.
Da questa coscienza e da questa realtà nasce l’annuncio. Essendo Suoi non si può non condividere ciò che Egli ti ha dato; questo è il Kerygma:
Egli è morto e risorto per me e lo è anche per te, perché tutta la tua vita sia nella luce e nell’amore del Padre.
« Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. »
Stare con Lui per essere mandati, dunque.

Non solo.
Ma annunciare il Kerygma significa anche essere « uno » con tutti coloro che ci hanno preceduto nell’annuncio, con i fatti e la Parola.
Con gli apostoli, gli evangelisti, i profeti, i pastori, i santi, gli uomini e le donne.
Anche con tutti loro si è nel « Suo nome ».
Questa consapevolezza è l’ardore, il fuoco sempre acceso dello Spirito, che abita chi vive nel Suo nome.

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Ebreo di origine, nacque probabilmente fuori della Palestina, da famiglia benestante. San Pietro, che lo chiama «figlio mio», lo ebbe certamente con sè nei viaggi missionari in Oriente e a Roma, dove avrebbe scritto il Vangelo. Oltre alla familiarità con san Pietro, Marco può vantare una lunga comunità di vita con l’apostolo Paolo, che incontrò nel 44, quando Paolo e Barnaba portarono a Gerusalemme la colletta della comunità di Antiochia. Al ritorno, Barnaba portò con sè il giovane nipote Marco, che più tardi si troverà al fianco di san Paolo a Roma. Nel 66 san Paolo ci dà l’ultima informazione su Marco, scrivendo dalla prigione romana a Timoteo: «Porta con te Marco. Posso bene aver bisogno dei suoi servizi». L’evangelista probabilmente morì nel 68, di morte naturale, secondo una relazione, o secondo un’altra come martire, ad Alessandria d’Egitto. Gli Atti di Marco (IV secolo) riferiscono che il 24 aprile venne trascinato dai pagani per le vie di Alessandria legato con funi al collo. Gettato in carcere, il giorno dopo subì lo stesso atroce tormento e soccombette. Il suo corpo, dato alle fiamme, venne sottratto alla distruzione dai fedeli. Secondo una leggenda due mercanti veneziani avrebbero portato il corpo nell’828 nella città della Venezia. (Avvenire)
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Sant’Ireneo di Lione (circa130-circa 208), vescovo, teologo e martire
Contro le eresie, III, 1

« Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura »

Il Signore di tutte le cose ha dato ai suoi apostoli il potere di proclamare il Vangelo. E per mezzo di loro abbiamo conosciuto la verità, cioè l’insegnamento del Figlio di Dio. A loro il Signore ha detto: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato» (Lc 10,16). Noi infatti non abbiamo conosciuto il disegno della nostra salvezza se non per mezzo di coloro che ci hanno trasmesso il Vangelo.
Questo Vangelo, l’hanno prima predicato. Poi, per la volontà di Dio, ce l’hanno trasmesso nelle Scritture, perché diventasse «colonna e sostegno» della nostra fede (1 Tm 3,15). Non è lecito dire che abbiano predicato prima di essere giunti alla conoscenza perfetta. Questo lo  pretendono alcuni, che osano correggere gli apostoli e se ne vantano. Infatti, dopo che il nostro Signore é risuscitato dai morti e che gli apostoli sono stati «rivestiti di potenza dall’alto» per la discesa dello Spirito Santo, sono stati ricolmi di certezza su ogni argomento e hanno posseduto la conoscenza perfetta. Allora andarono «fino ai confini del mondo» (Sal 18,5 ; Rm 10,18) proclamando la Buona Novella dei beni che ci vengono da Dio e annunciando agli uomini la pace del Cielo. Possedevano, tutti ugualmente e ognuno in modo particolare, il Vangelo di Dio. 

18 OTTOBRE – SAN LUCA, EVANGELISTA

dal sito:

http://www.unavoce-ve.it/pg-18ott.htm

18 OTTOBRE – SAN LUCA, EVANGELISTA 

di dom Prosper Guéranger

La benignità del Salvatore.

San Paolo, nell’epistola a Tito, ricorda per due volte che è « apparsa sulla terra la benignità e l’umanità di Dio Salvatore ». Si direbbe che abbia ripetute spesso quelle parole al discepolo prediletto, san Luca, nelle conversazioni, nei viaggi, nella loro lunga intimità.

Se è cosa difficile stabilire differenze e anche soltanto fare confronti tra i Santi e più ancora fra gli Evangelisti, si può tuttavia notare che il Vangelo di san Luca ci presenta prima di tutto un Salvatore buono e misericordioso. San Luca era uomo di talento, conosceva in modo mirabile il greco, descriveva e dipingeva con garbo scene e paesaggi e aveva un’anima squisita per bontà e dolcezza che dava al talento un’attrattiva straordinaria.

Il medico.

San Luca aveva fatto studi di medicina e san Paolo lo chiama « medico carissimo ». Nelle narrazioni di guarigioni operate da Gesù rivela la sua qualità di medico sa dissimulare a perfezione quando qualcosa non giova alla buona fama dei medici, come nel caso dell’emorroissa, mentre gli altri evangelisti indugiano sulla incapacità della scienza umana quasi con compiacenza.

Il ritrattista.

L’abilità di narratore e di pittore gli ha fatto attribuire il ritratto della Vergine Maria, ma il ritratto più bello della Madre del Salvatore egli ce lo dà nel Vangelo e negli Atti e si pensa con ragione che egli abbia conosciuti i dettagli sull’infanzia del Signore da Maria stessa o dai suoi confidenti immediati.

Si può dire ancora che egli fu un pittore eccellente del salvatore Gesù. Nel suo racconto, non solo evitò qualsiasi anche apparente severità per le persone, ma notò pure appena di passaggio le crudeltà delle quali il Salvatore fu vittima durante la Passione. Si fermò invece con compiacenza a descrivere a lungo i primi tempi della vita di Gesù, presentandolo sempre con la Madre e parlando spesso della sua preghiera, della sua misericordia per i peccatori, della sua pazienza verso i nemici. Egli ci ha dato i racconti della donna peccatrice, del buon Samaritano, del figlio prodigo, del buon ladrone, dei discepoli di Emmaus e in tutta la narrazione appare preoccupato ispirarci confidenza nella « benignità e umanità del nostra Salvatore » venuto per salvare « tutti gli uomini ». Egli vuole persuaderci che tutte le miserie umane, fisiche e morali,  possono essere guarite dal Salvatore del quale l’Apostolo, i primi discepoli e la Vergine stessa gli hanno parlato; vuole che intendiamo come rivolte a noi le parole di tenerezza di Gesù: « Dico a voi, che siete miei amici… Non temete, piccolo gregge…  » e, leggendo si comprende che lo sguardo di Gesù durante la Passione non si ferma solo su Pietro, ma sopra ciascuno di noi.

La mortificazione della croce.

Tuttavia san Luca non pecca di omissione. Ci attira al Maestro, ma non esita a dirci che per seguirlo ed essere degni di Lui, bisogna prendere la croce, rinunciare totalmente a se stessi, abbandonare le proprie cose. Siccome questo non si fa senza sacrificio, egli ce lo dice con dolcezza, imitando la melodia gregoriana del Communio del Comune dei martiri, che si fa carezzevole, seducente, per portarci a prendere con Gesù la croce ogni giorno.

Egli pure prese la sua croce e la Chiesa nell’Orazione della Messa lo loda « per aver portato sempre nel suo corpo la mortificazione della croce, per la gloria di Dio ». Se la Chiesa usa il colore rosso dei martiri, per onorare colui che fra gli Apostoli e gli Evangelisti solo non versò il sangue per Cristo, bisogna che la sua mortificazione sia stata ben meritoria. Fu essa il suo martirio, martirio non di qualche giorno o di qualche ora, ma di tutta la vita, forse ignoto ai contemporanei, ma noto alla Chiesa che, guidata dallo Spirito Santo lo glorifica oggi nella Liturgia.

L’insegnamento.

Per noi c’è qui un insegnamento. Come san Luca, possiamo e dobbiamo essere martiri. Col battesimo ci siamo impegnati a preferire la morte al peccato mortale e avviene che noi dobbiamo scegliere tra la morte e il peccato. Bisogna allora scegliere senza esitazione, certi della ricompensa che seguirà alla scelta.

Ma d’ordinario non possiamo scegliere tra morte e peccato, e la coscienza ci impone soltanto di rinunciare al nostro egoismo e ce lo impone tutti i giorni e, siccome tutti i giorni lo sforzo si rinnova, noi qualche volta cediamo, rinunciando all’amicizia o per lo meno all’intimità divina, conservando nel cuore un poco di amor proprio. Se vi rinunciassimo, ci assicureremmo la gloria che riceve san Luca nella sua eternità beata. La sua intercessione e il suo esempio possano aiutarci a camminare sulle sue orme e su quelle del salvatore e della Madre sua dei quali il Vangelo ci presenta una così seducente figura.

VITA. – Luca nacque ad Antiochia da famiglia pagana e si convertì senza dubbio verso l’anno 40. Incontrandolo a Troade, san Paolo lo prese per compagno nel secondo viaggio a Filippi, nel 49. Più tardi Luca si unisce definitivamente all’Apostolo. Dopo la morte di san Paolo, Luca lascia Roma e da allora noi perdiamo le sue tracce e più nulla sappiamo di lui.

Luca è tutto bontà e dolcezza e sfrutta il suo talento letterario, scrivendo il suo Vangelo verso il 60 con lo scopo di attirare i gentili verso la bellezza e la misericordia del Signore. Più tardi scrive gli Atti degli Apostoli. Muore, senza versare il sangue per Cristo, ma la Chiesa l’onora come martire, per la mortificazione e le sofferenze sopportate in vita per la causa del Vangelo.

La mortificazione della croce.

Sii benedetto, o Evangelista dei gentili, per aver posto fine alla lunga notte, che ci teneva prigionieri e soffocava i nostri cuori.. Confidente nella Madre di Dio, l’anima tua risente del profumo verginale di queste relazioni e lo riverbera negli scritti e in tutta la vita. Nell’opera grandiosa in cui l’Apostolo delle genti, troppo spesso abbandonato e tradito, ti trovò ugualmente fedele nel momento del naufragio (At 27) e della prigionia (2Tm 4,11) come nei giorni migliori furono tua parte la tenerezza discreta e la silenziosa devozione. Perciò a buon diritto la Chiesa applica a te le parole che Paolo diceva di se stesso: sempre siamo tribolati, esitanti, perseguitati, abbattuti, portando nel nostro corpo la morte di Gesù, questa morte che manifesta senza fine la vita del Signore nella nostra carne mortale (2Cor 4,8-11). Il figlio dell’uomo, che la tua penna ispirata ci fece amare nel suo Vangelo, tu lo riproduci nella sua santità in te stesso.

Il pittore.

Custodisci in noi il frutto dei tuoi molteplici insegnamenti. Se i pittori cristiani ti onorano, se è bene che imparino da te che l’ideale di ogni bellezza risiede nel Figlio e nella Madre sua, vi è tuttavia un’arte, che sorpassa quella delle linee e dei colori: quella che produce in noi la rassomiglianza divina. In questa noi vogliamo eccellere alla tua scuola, perché sappiamo di san Paolo, il tuo maestro, che la conformità di immagine con il Figlio di Dio è l’unico titolo alla predestinazione degli eletti (Rm 8,29).

Il medico.

Proteggi i medici fedeli, che si onorano di camminare suoi tuoi passi e si appoggiano, nel loro ministero di sacrificio e di carità, alla fiducia di cui tu godi presso l’autore della vita. Aiutali nelle cure rivolte a guarire e a sollevare le sofferenze e ispira il loro zelo quando il momento di una temibile morte si approssima.

Purtroppo il mondo, nella sua senile debolezza, richiede la dedizione di chiunque sia in grado, con la preghiera e con l’azione di scongiurare la sua crisi. Quando il figlio dell’uomo ritornerà credete che troverà ancora la fede sulla terra? (Lc 18,8) così parla il Signore nel tuo Vangelo, ma aggiunge che bisogna pregare senza interruzione (ibidem), per la Chiesa dei tempi nostri e di tutti i tempi secondo la parabola della vedova importuna, che finisce per aver ragione del giudice iniquo, che ha in mano la sua causa.  Dio non renderà giustizia ai suoi eletti, se continuamente lo supplicheranno? tollererà che siano oppressi senza fine? Io vi dico: li vendicherà con prontezza (ivi, 2-8).
 

da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1196-1199

Publié dans:SANTI EVANGELISTI |on 17 octobre, 2009 |Pas de commentaires »
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