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LUNEDÌ 27 LUGLIO 2011 – 13 SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

LUNEDÌ 27 LUGLIO 2011 – 13 SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 47, 1. 2. 3. 6; CCl 41, 572-573. 575-576)

Egli è il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo
Le parole che abbiamo cantato contengono la nostra pubblica professione che siamo gregge di Dio: «Riconoscete che il Signore è Dio, egli ci ha fatti e noi siamo suoi» (Sal 99, 3). Egli è il nostro Dio; «noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce» (Sal 94, 7). I pastori, che sono uomini, non hanno fatto loro le pecore che posseggono, non hanno creato le pecore che pascolano. Invece il Signore Dio nostro, perché è Dio e creatore, si è procurato il gregge che egli possiede e che porta al pascolo. Né un altro ha creato quello che egli pasce, né un altro pasce quello che egli ha creato.
Poiché abbiamo proclamato in questo salmo che siamo suo gregge, popolo del suo pascolo, pecore delle sue mani, ascoltiamo quello che egli dice a noi come al suo gregge. Altre volte parlava ai pastori. Ora invece parla al gregge. In quelle sue parole noi ascoltavamo con tremore, voi con sicurezza. Perciò che cosa scaturirà da queste parole di oggi? Forse che la situazione si rovescerà e noi ascolteremo con sicurezza, e voi con tremore? Niente affatto. Innanzi tutto perché, anche se siamo pastori, il pastore ascolta con tremore non soltanto quanto viene rivolto ai pastori, ma anche ciò che viene indirizzato al gregge. Chi ascolta con indifferenza ciò che riguarda le pecore, dimostra di non avere alcuna preoccupazione del gregge. Secondariamente già abbiamo esposto alla vostra carità due punti che devono essere attentamente considerati: che cioè siamo anche cristiani, oltre ad essere capi. Per il fatto che siamo cristiani, anche noi facciamo parte del gregge con voi. Perciò sia che il Signore parli ai pastori, sia che parli al gregge, noi dobbiamo ascoltare tutto il suo insegnamento con tremore, e la preoccupazione non deve allontanarsi dai nostri cuori.
E allora, fratelli, ascoltiamo come il Signore riprenda le pecore cattive e che cosa prometta alle sue pecore. Dice: «Voi, mie pecore» (Ez 34, 31). Fratelli, quale grande gioia essere il gregge di Dio! E’ un fatto che genera grande gaudio anche in mezzo alle lacrime e alle tribolazioni di questa terra. Infatti colui al quale è stato detto: «Tu che pasci Israele», è il medesimo di cui si afferma: «Non si addormenterà, non prenderà sonno il custode di Israele» (Sal 120, 4). Egli dunque vigila sopra di noi quando noi vegliamo, vigila anche quando noi dormiamo. Perciò se un gregge umano si ritiene sicuro sotto un pastore umano, quanto maggiore deve essere la nostra sicurezza allorché è Dio che ci pasce! E non soltanto perché ci pasce, ma anche perché ci ha creato.
A voi che siete mio gregge queste cose dice il Signore Dio: Ecco, io giudico tra pecora e pecora, e tra arieti e capri (cfr. Ez 34, 17). Che cosa fanno qui nel gregge di Dio i capri? Negli stessi pascoli, presso le medesime fonti? Anche quegli intrusi destinati alla sinistra si sono mescolati agli eletti, destinati alla destra. Ma ora vengono tollerati, poi, però, saranno separati. E qui si esercita la pazienza delle pecore a somiglianza della pazienza di Dio. Da lui infatti verrà operata quella separazione che porterà gli uni alla sinistra, e gli altri alla destra.

DOMENICA 5 GIUGNO 2011 – ASCENSIONE DEL SIGNORE

DOMENICA 5 GIUGNO 2011 – ASCENSIONE DEL SIGNORE

MESSA DEL GIORNO LINK:

http://www.maranatha.it/Festiv2/pasqA/AscenApage.htm

Seconda Lettura  Ef 1, 17-23
Lo fece sedere alla sua destra nei cieli.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.
Egli la manifestò in Cristo,
quando lo risuscitò dai morti
e lo fece sedere alla sua destra nei cieli,
al di sopra di ogni Principato e Potenza,
al di sopra di ogni Forza e Dominazione
e di ogni nome che viene nominato
non solo nel tempo presente ma anche in quello futuro.
Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi piedi
e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose:
essa è il corpo di lui,
la pienezza di colui che è il perfetto compimento di tutte le cose.

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalle lettera agli Efesini di san Paolo, apostolo 4, 1-24

Ascendendo in cielo, Cristo ha distribuito doni agli uomini
Fratelli, vi esorto io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo sta scritto:
Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini (Sal 67, 19).
Ma che significa la parola «ascese», se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose.
E’ lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l’energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità.
Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio a causa dell’ignoranza che è in loro, e per la durezza del loro cuore. Diventati così insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza, commettendo ogni sorta di impurità con avidità insaziabile.
Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo, se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, per la quale dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera.

Responsorio    Cfr. Ef 4, 8 8Sal 67, 19); Sal 46, 6
R. Cristo, ascendendo in cielo, ha portato con sé i prigionieri, * ha distribuito doni agli uomini, alleluia.
V. Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba:
R. ha distribuito doni agli uomini, alleluia.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. sull’Ascensione del Signore, ed. A. Mai, 98, 1-2; PLS 2, 494-495)

Nessuno è mai salito al cielo,
fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo.
Oggi nostro Signore Gesù Cristo è asceso al cielo. Con lui salga pure il nostro cuore.
Ascoltiamo l’apostolo Paolo che proclama: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio. Pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2). Come egli è asceso e non si è allontanato da noi, così anche noi già siamo lassù con lui, benché nel nostro corpo non si sia ancora avverato ciò che ci è promesso.
Cristo è ormai esaltato al di sopra dei cieli, ma soffre qui in terra tutte le tribolazioni che noi sopportiamo come sue membra. Di questo diede assicurazione facendo sentire quel grido: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9, 4). E così pure: «Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare»(Mt 25, 35).
Perché allora anche noi non fatichiamo su questa terra, in maniera da riposare già con Cristo in cielo, noi che siamo uniti al nostro Salvatore attraverso la fede, la speranza e la carità? Cristo, infatti, pur trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi, similmente, pur dimorando quaggiù, siamo già con lui. E Cristo può assumere questo comportamento in forza della sua divinità e onnipotenza. A noi, invece, è possibile, non perché siamo esseri divini, ma per l’amore che nutriamo per lui. Egli non abbandonò il cielo, discendendo fino a noi; e nemmeno si è allontanato da noi, quando di nuovo è salito al cielo. Infatti egli stesso dà testimonianza di trovarsi lassù mentre era qui in terra: Nessuno è mai salito al cielo fuorché colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo, che è in cielo (cfr. Gv 3, 13).
Questa affermazione fu pronunciata per sottolineare l’unità tra lui nostro capo e noi suo corpo. Quindi nessuno può compiere un simile atto se non Cristo, perché anche noi siamo lui, per il fatto che egli è il Figlio dell’uomo per noi, e noi siamo figli di Dio per lui.
Così si esprime l’Apostolo parlando di questa realtà: «Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo» (1 Cor 12,12). L’Apostolo non dice: «Così Cristo», ma sottolinea: «Così anche Cristo». Cristo dunque ha molte membra, ma un solo corpo.
Perciò egli è disceso dal cielo per la sua misericordia e non è salito se non lui, mentre noi unicamente per grazia siamo saliti in lui. E così non discese se non Cristo e non è salito se non Cristo. Questo non perché la dignità del capo sia confusa nel corpo, ma perché l’unità del corpo non sia separata dal capo.

Responsorio    Cfr. At 1, 3. 9. 4
R. Gesù si mostrò agli apostoli vivo, dopo la sua passione, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. * Poi fu elevato in alto e una nube lo sottrasse al loro sguardo, alleluia.
V. Mentre si trovava a tavola con loro, ordinò di non allontanarsi, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre.
R. Poi fu elevato in alto e una nube lo sottrasse al loro sguardo, alleluia.

GIOVEDÌ 19 MAGGIO 2011 – IV SETTIMANA DI PASQUA

GIOVEDÌ 19 MAGGIO 2011 – IV SETTIMANA DI PASQUA

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura   At 13, 13-25
Dalla discendenza di Davide Dio inviò come salvatore Gesù.

Dagli Atti degli Apostoli
Salpàti da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge, in Panfìlia. Ma Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme. Essi invece, proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia in Pisìdia, e, entrati nella sinagòga nel giorno di sabato, sedettero. Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagòga mandarono a dire loro: «Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!».
Si alzò Paolo e, fatto cenno con la mano, disse: «Uomini d’Israele e voi timorati di Dio, ascoltate. Il Dio di questo popolo d’Israele scelse i nostri padri e rialzò il popolo durante il suo esilio in terra d’Egitto, e con braccio potente li condusse via di là. Quindi sopportò la loro condotta per circa quarant’anni nel deserto, distrusse sette nazioni nella terra di Canaan e concesse loro in eredità quella terra per circa quattrocentocinquanta anni.
Dopo questo diede loro dei giudici, fino al profeta Samuèle. Poi essi chiesero un re e Dio diede loro Sàul, figlio di Chis, della tribù di Beniamino, per quarant’anni. E, dopo averlo rimosso, suscitò per loro Davide come re, al quale rese questa testimonianza: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore; egli adempirà tutti i miei voleri”.
Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio inviò, come salvatore per Israele, Gesù. Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di conversione a tutto il popolo d’Israele. Diceva Giovanni sul finire della sua missione: “Io non sono quello che voi pensate! Ma ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di slacciare i sandali”».

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dai «Trattati su Giovanni» di sant’Agostino, vescovo
(Tratt. 65, 1-3; CCL 36, 490-492)

Il comandamento nuovo
Il Signore Gesù afferma che dà un nuovo comandamento ai suoi discepoli, cioè che si amino reciprocamente: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 13, 34).
Ma questo comandamento non esisteva già nell’antica legge del Signore, che prescrive: «Amerai il tuo prossimo come te stesso»? (Lv 19, 18). Perché allora il Signore dice nuovo un comandamento che sembra essere tanto antico? E’ forse un comandamento nuovo perché ci spoglia dell’uomo vecchio per rivestirci del nuovo? Certo. Rende nuovo chi gli dà ascolto o meglio chi gli si mostra obbediente. Ma l’amore che rigenera non è quello puramente umano. E’ quello che il Signore contraddistingue e qualifica con le parole: «Come io vi ho amati» (Gv 13, 34).
Questo è l’amore che ci rinnova, perché diventiamo uomini nuovi, eredi della nuova alleanza, cantori di un nuovo cantico. Quest’amore, fratelli carissimi, ha rinnovato gli antichi giusti, i patriarchi e i profeti, come in seguito ha rinnovato gli apostoli. Quest’amore ora rinnova anche tutti i popoli, e di tutto il genere umano, sparso sulla terra, forma un popolo nuovo, corpo della nuova Sposa dell’unigenito Figlio di Dio, della quale si parla nel Cantico dei cantici: Chi è colei che si alza splendente di candore? (cfr. Ct 8, 5). Certo splendente di candore perché è rinnovata. Da chi se non dal nuovo comandamento?
Per questo i membri sono solleciti a vicenda; e se un membro soffre, con lui tutti soffrono, e se uno è onorato, tutti gioiscono con lui (cfr. 1 Cor 12, 25-26). Ascoltano e mettono in pratica quanto insegna il Signore: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 13, 34), ma non come si amano coloro che seducono, né come si amano gli uomini per il solo fatto che sono uomini. Ma come si amano coloro che sono dèi e figli dell’Altissimo, per essere fratelli dell’unico Figlio suo. Amandosi a vicenda di quell’amore con il quale egli stesso ha amato gli uomini, suoi fratelli, per poterli guidare là dove il desiderio sarà saziato di beni (cfr. Sal 102, 5).
Il desiderio sarà pienamente appagato, quando Dio sarà tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 28).
Questo è l’amore che ci dona colui che ha raccomandato: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13, 34). A questo fine quindi ci ha amati, perché anche noi ci amiamo a vicenda. Ci amava e perciò ha voluto ci trovassimo legati di reciproco amore, perché fossimo il Corpo del supremo Capo e membra strette da un così dolce vincolo.

SANT’AGOSTINO DISCORSO 138:  » IO SONO IL BUON PASTORE « 

dal sito:

http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/index2.htm

SANT’AGOSTINO – DISCORSO 138

SULLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (10, 11-16):

 » IO SONO IL BUON PASTORE « 

CONTRO I DONATISTI

1. Abbiamo ascoltato il Signore Gesù farci rilevare il compito del buon pastore. A quanto è dato capire in questa presentazione, indubbiamente ci ha avvertiti che i pastori sono buoni. Eppure, perché non se ne avesse un concetto errato in base al gran numero dei pastori, ha detto: Io sono il buon pastore. E continuando fa capire chiaramente in grazia di che sia buono il pastore: Il pastore buono – dice – dà la sua vita per le pecore. Il mercenario, invece, che non è pastore, vede venire il lupo e fugge, perché non gli importa delel pecore: è infatti mercenario 1. Dunque, il buon pastore è Cristo. Che cos’è Pietro? Non è un buon pastore? Non ha dato anch’egli la vita per le pecore? Che cos’è Paolo? Che sono gli altri Apostoli? Che sono i vescovi martiri in tempi a quelli posteriori? Ed anche questo qui, San Cipriano? Non sono tutti pastori buoni, non mercenari, di cui è detto: In verità, vi dico, hanno ricevuto la loro mercede 2? Ne segue che tutti questi sono pastori buoni non solo perché versarono il sangue, ma perché lo versarono per amore delle pecore. Infatti non lo sparsero per orgoglio, ma per la carità.
A nulla giova il martirio senza la carità.
2. Proprio presso gli eretici, i quali, a motivo dei loro errori possono aver subito delle pene, si fa vanto del nome di martirio per nascondersi più facilmente sotto tale manto di innocenza, in quanto sono lupi. Ma se volete sapere come considerli, ascoltate un pastore buono, l’apostolo Paolo, poiché non di tutti quelli che nella passione hanno dato il corpo alle fiamme si deve credere che abbiano dato il sangue per amore delle pecore e non a danno delle pecore. Se pure io parlo le lingue degli uomini e degli angeli ma non ho la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. Se avrò conosciuto tutti i misteri e avrò avuto tutta la profezia, e la pienezza della fede, così da trasportare le montagne, ma non ho la carità, nulla io sono. Infine è certo una gran cosa la fede che trasporta le montagne. Si tratta veramente di grandi cose: Ma se io le posseggo senza la carità – dice – nulla sono, non quelle, ma io. Fin qui, però, non ha toccato costoro, i quali, nei patimenti, si gloriano falsamente del nome di martirio. Ascoltate come giunga a toccarli, anzi, piuttosto, come li passi da parte a parte. Se avrò distribuito – dice – tutti i miei beni ai poveri e avrò dato da ardere il mio corpo… Qui già ci sono. Bada però a quel che segue: ma non ho la carità, a nulla mi giova 3. Ecco, si giunge ai patimenti; ecco, si giunge anche all’effusione del sangue, si giunge a dare il corpo alle fiamme; e tuttavia a nulla giova perché manca la carità. Aggiungi la carità: sono utili tutte le cose; sottrai la carità: a nulla giovano tutte le altre cose.
Che gran bene la carità.
3. Questa carità, fratelli, quale bene è mai? Che di più prezioso? Che di più luminoso? Che di più forte? Che di più utile? Che di più sicuro? Molti sono i doni di Dio, che hanno tuttavia anche i cattivi, i quali diranno: Signore, abbiamo profetato nel tuo nome, abbiamo scacciato i dèmoni nel tuo nome, abbiamo compiuto molti prodigi nel tuo nome. Né egli risponderà: Non avete fatto questo. Infatti, alla presenza di così gran giudice non oseranno mentire, o vantare cose che non fecero. Ma poiché non ebbero la carità, risponderà a tutti loro: Non vi conosco 4. Ma come possiede una sia pur debole carità chi non ama l’unità, anche se convinto di errore? Raccomandando ai buoni pastori l’unità, non volle chiamare pastori i molti. Infatti, come ho già detto, era pastore buono Pietro, Paolo, gli altri Apostoli e i santi vescovi posteriori e il beato Cipriano. Pastori buoni tutti questi; eppure presso i pastori buoni egli non fece valere pastori buoni, ma il Pastore buono. Io sono – disse – il buon pastore 5.
Risulta che Pietro ed altri sono pastori buoni.
4. Rivolgiamo domande al Signore su quale che sia la base del giudizio e, in una discussione umilissima, entriamo in colloquio con un Padre di famiglia così eccelso. Che dici, o Signore, o Pastore buono? Tu sei infatti il buon Pastore, tu che sei mite Agnello, il medesimo Pastore e pascolo, il medesimo Agnello e leone. Che dici? Vogliamo ascoltare, tu aiutaci ad intendere. Io sono – dice – il buon pastore. Chi è Pietro? O non è pastore, o non è buono? Vediamo se non è pastore. Mi ami? Tu, Signore, gli dicesti: Mi ami? Rispose: Amo. E tu a lui: Pasci le mie pecore. Tu, proprio tu, Signore, con la tua domanda, con la conferma autorevole della tua bocca, dell’amante facesti il pastore. Quindi è pastore colui al quale hai affidato le pecore da condurre al pascolo. Lo hai raccomandato tu stesso, è pastore. Ora vediamo se non è buono. Veniamo a scoprirlo appunto nella domanda e nella risposta di lui. Tu chiedesti se ti amasse. Rispose: Amo. Tu vedesti il cuore e che rispose il vero. Non è buono allora chi ama il Buono per eccellenza? Donde viene una risposta tratta dal più profondo di sé? Donde quel Pietro che ha nel suo cuore, testimoni i tuoi occhi, rattristato perché tu gli rivolgesti la domanda non solo uan volta, ma una seconda e una terza, in modo da cancellare con una triplice confessione di amore il peccato del rinnegamento tre volte ripetuto; ecco quindi il motivo del suo rattristarsi, nell’essere stato ripetutamente richiesto da lui che sapeva quale sarebbe stata la risposta alla sua domanda e aveva già donato quello che andava ascoltando; di ciò rattristato, esce in questa espressione: Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo 6. Poteva egli mentire nel fare una tale confessione, anzi, nel dichiarare il suo impegno? Perciò, in risposta, disse sinceramente il suo amore per te, e dal profondo del cuore fece udire la voce dell’amante. Ma tu hai detto: L’uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone 7. Di conseguenza, e pastore e buon pastore; certamente un nulla a confronto con la potenza e la bontà del Pastore dei pastori, ma tuttavia anch’egli e pastore e buono, e ugualmente buoni gli altri pastori.
Uno solo, tuttavia, il buon pastore: Cristo.
5. Perché non fai valere presso i buoni pastori un solo pastore, se non in quanto nell’unico Pastore fai conoscere l’unità? E il Signore stesso lo espone più chiaramente mediante il nostro ministero richiamando alla memoria della Carità vostra il medesimo passo del Vangelo, e dicendo: Ascoltate che cosa ho raccomandato; ho detto: Io sono il buon pastore 8, perché tutti gli altri, tutti i pastori buoni sono mie membra. Un solo Capo, un solo corpo, un solo Cristo.Ne segue che egli è anche il Pastore dei pastori, e i molti pastori appartengono a un solo pastore, e le pecore sono insieme ai pastori. Tali espressioni che altro dicono, se non quanto afferma l’Apostolo: Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra; e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo; così anche Cristo 9? Perciò se così anche Cristo, giustamente Cristo, avendo in sé tutti i pastori buoni, fa valere uno solo, dicendo: Io sono il buon pastore. Io sono, io sono uno, tutti con me nell’unità sono una cosa sola. Chi pasce indipendentemente da me, pasce in opposizione a me. Chi non raccoglie con me, disperde. Ascoltate allora come quella medesima unità sia raccomandata con più ardore. Ho altre pecore – egli dice – che non sono di questo ovile. Si riferiva infatti al primo ovile della stirpe di Israele. Ma c’erano altri Israeliti secondo la fede, che erano ancora fuori, in mezzo ai pagani, predestinati, non ancora radunati. Li conosceva chi li aveva predestinati; li conosceva chi era venuto a redimerli versando il proprio sangue. Vedeva quelli che non vedevano ancora; conosceva quelli che ancora non credevano in lui. Ho altre pecore – egli dice – che non sono di questo ovile, perché non sono della stirpe di Israele. Ma tuttavia non saranno fuori di questo ovile perché anche queste devo condurre così che si faccia un solo gregge ed un solo pastore 10.
L’amore per Cristo della sposa.
6. L’amata di lui, la sposa di lui, la bella di lui, ma resa bella da lui, già deforme per i peccati, poi di belle forme per il perdono e la grazia, non senza ragione parla a questo Pastore dei pastori, parla tutta accesa di amore per lui e gli dice: Dove vai a pascolare? 11 E notate come e con quale slancio affettuoso qui si desti l’amore spirituale. Di un tale trasporto dell’anima godono molto di più coloro che hanno già gustato qualcosa della dolcezza di questo amore. Ne ricevono lode quanti amano Cristo. In essi stessi e proprio di essi questo infatti canta la Chiesa nel Cantico dei Cantici; questi amano Cristo in apparenza deforme e incomparabilmente bello. Lo abbiamo veduto – dice infatti – e non aveva né apparenza né bellezza 12. Tale apparve sulla croce, tale si mostrò coronato di spine, deforme e senza bellezza, come avendo perduto in potenza, non Figlio di Dio. Tale sembrò ai ciechi. Certamente impersonando i Giudei, lo disse il profeta Isaia: Lo abbiamo veduto e non aveva né apparenza né bellezza. Quando si diceva: Se è il Figlio di Dio, scenda dalla croce. Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso 13. E percuotendolo sul capo con la canna: Indovina, Cristo! Chi ti ha percosso? 14 Perché non aveva né apparenza, né bellezza. Tale lo vedevate, o Giudei. L’accecamento di una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le nazioni 15, fino a che saranno radunate nell’ovile le altre pecore. Così, persistendo la cecità, vedeste senza bellezza la perfezione in sé. Se infatti l’aveste conosciuto, non avreste mai crocifisso il Signore della gloria 16. Ma lo faceste perché non lo avevate conosciuto. Eppure egli che vi tollerò quasi ripugnanti, egli di belle forme, pregò per voi: Padre – disse – perdona loro perché non sanno quello che fanno 17. Infatti, se è senza bellezza, cos’è quello che ama costei che dice: Dimmi, o delizia dell’anima mia 18? Cos’è che ama? Cos’è quello per cui è accesa, cos’è che tanto le fa temere di andare in occulto lontano da lui? Cos’è che le fa gustare in lui tante delizie e non prova altra pena che non sia quella di trovarsi senza di lui? Quale sarebbe l’attrattiva che desta amore se non fosse bello? Per altro, quella come potrebbe amare così se egli le apparisse come ai ciechi persecutori, ma che non sanno quello che fanno? Quale lo amò allora? Quale il più bello tra i figli degli uomini. Tu sei il più bello dei figli degli uomini, sulle tue labbra è diffusa la grazia 19. Perciò, con la tua stessa bocca, dimmi o delizia dell’anima mia. Dimmi – dice – o delizia, non della mia carne, ma dell’anima mia. Dimmi dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno perché io non sia come in occulto dietro i greggi dei tuoi compagni 20.
Come vanno intese le parole della sposa. I compagni, quasi commensali.
7. Sembra cosa nascosta, e lo è nascosta, perché è il segreto del talamo nuziale. La sposa stessa dice infatti: Ti ha introdotta nella sua stanza. Questo è il segreto di tale stanza. Ma voi che non siete al di fuori di questa stanza, ascoltate ciò che siete e, se amate insieme a quella, parlate in uno con quella; ma voi amate con quella, se siete in quella. Tutti parlate, eppure può parlare solo l’unità, perché l’Unità dice: Dimmi, o delizia dell’anima mia 21. Quelli erano un’anima sola e un cuore solo protesi verso Dio 22. Dimmi dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno 23. Che distingue il mezzogiorno? Un grande calore e un grande splendore. Fammi dunque conoscere chi sono i tuoi sapienti, i ferventi di spirito e i risplendenti di dottrina. Fammi conoscere l’opera della tua mano e i saggi della sapienza del cuore 24. Che io sia una cosa sola con loro nel tuo corpo, che io sia in comunione con loro, che insieme a loro io goda di te. Dimmi, dunque, dimmi dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno; che io non m’imbatta in coloro che dicono di te tutt’altro, che ti giudicano diversamente; altro credono di te altrio predicano di te; ed hanno greggi loro, e sono i tuoi compagni; perché vivono della tua mensa, e fanno uso dei sacramenti della tua mensa. Sono detti compagni perché si accostano alla mensa gli uni e gli altri, come commensali. Come tali, vengono rimproverati nel Salmo: Se infatti mi avesse insultato un mio nemico, mi sarei nascosto senz’altro da lui; e se quello che era stato un mio avversario mi avesse gravemente offeso, mi nasconderei certamente da lui. Ma tu, mio compagno, mia guida e confidente, che sedevi con piacere con me alla mia mensa e nella casa di Dio siamo vissuti concordi 25. Per quale ragione ora contro la casa di Dio e nella discordia se non perché uscirono da noi, ma non erano dei nostri 26? Perciò, o tu che sei la delizia dll’anima mia, che io non m’imbatta in compagni tuoi che sono tali, ma simili a quelli che furono i compagni di Sansone, venendo meno alla fedeltà verso l’amico, ma decisi a corrompere la donna di lui 27. Perciò, che io non m’imbatta in questi tali e non vada dietro di loro, cioè, non m’imbatta in loro come in occulto, come sconosciuta e misteriosa, invece che situata sul monte. Perciò: Dimmi, o tu che sei la delizia dell’anima mia, dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno; sono i sapienti e i fedeli quelli nei quali trovi riposo; che non mi capiti d’imbattermi, sconosciuta, nei greggi, non i tuoi, ma dei tuoi compagni; poiché tu non hai detto a Pietro: Pasci le tue pecore, ma: Pasci le mie pecore 28.
La risposta dello sposo.
8. Il buon Pastore, il più bello tra i figli degli uomini, risponda dunque a costei, all’amata; risponda a lei che egli ha fatto la più bella tra i figli degli uomini. Ascoltate qual è la sua risposta, rendetevene conto; guardatevi da quanto egli minaccia, amate ciò di cui vi fa avvertiti. Allora che risponde? La ricambia senza lusingare, ma con amorevole severità. La riprende perché sia coerente e a preservarla. Se non avrai conosciuto te stessa – dice – o bellisima tra le donne 29; infatti, per quanto le altre siano belle per i doni del tuo sposo, sono eretiche; la loro bellezza non sta nell’intimo, ma nell’ornamento. Hanno risalto all’esterno, superficialmente: si rendono chiare con il nome della giustizia; invece: Ogni attrattiva della figlia del re è interiore 30. Quindi: Se non avrai conosciuto te stessa come l’unica, perché sei diffusa in mezzo a tutti i popoli, perché sei casta, perché non devi lasciarti corrompere dal linguaggio pervertitore dei compagni che hanno tralignato. Se non avrai conosciuto te stessa in quanto l’Apostolo ti ha sposata a me nella verità quale vergine casta da presentare a Cristo; e nella verità ti sei presentata a me ad evitare che in seguito a discorsi fuorvianti – come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia -, così anche la tua coscienza sia distolta dalla mia fedeltà 31. Perciò, se tale non avrai conosciuto te stessa, esci tu; esci. Dirò infatti ad altri: Entra nel gaudio del tuo Signore 32. A te non dirò: entra, ma: esci; così puoi trovarti tra quelli che sono usciti da noi. Esci tu. Ma, se non avrai conosciuto te stessa, allora esci. Se invece hai conosciuto te stessa, entra. Ma se non avrai conosciuto, esci tu dietro le orme dei greggi, e conduci al pascolo i tuoi capretti presso le tende dei pastori 33. Esci dietro le orme, non del gregge, ma dei greggi; e conduci al pascolo, non come Pietro le mie pecore, ma i tuoi capretti; presso le tende non del pastore, ma dei pastori; non dell’unità, ma del dissenso; non situata là, dov’è un solo gregge e un solo Pastore. Venne confermata, venne costituita, l’amata fu resa più forte, disposta a morire per lo sposo e a vivere per lo sposo.
Le parole della sposa fatte proprie malignamente dai Donatisti.
9. Queste le parole che abbiamo richiamato alla memoria dal Cantico dei Cantici; sono precisamente un canto di nozze per lo sposo e la sposa; sono infatti nozze spirituali nelle quali dobbiamo vivere con grande purezza; perché Cristo ha concesso alla Chiesa nello spirito ciò che la madre sua ha nel corpo, così che è madre e vergine; ebbene, i Donatisti ritengono queste parole assai diversamente, secondo il loro intendere pervertito. E non passerò sotto silenzio in qual modo e, in breve, con l’aiuto del Signore, per quanto sarò capace, vi farò sapere che si debba rispondere loro da parte vostra. Avendo preso l’iniziativa di metterli alle strette, con la luce dell’unità della Chiesa diffusa su tutta la terra, e poiché li abbiamo sfidati a mostrarci dalle Scritture qualche prova secondo cui Dio annunziò che la Chiesa è quella che sarebbe in Africa, come se dovessero andar perduti tutti gli altri popoli. Ecco la prova che hanno abitualmente sulla bocca; dicono: L’Africa è nel mezzogiorno; poiché la Chiesa – esi dicono – domanda al Signore dove egli vada a pascolare, dove riposi, egli risponde: nel mezzogiorno; quasi che la voce di chi rivolge la domanda suoni così: Dimmi, o tu che sei la delizia del’anima mia, dove devi pascolare, dove riposare; e una voce come di chi risponde: nel mezzogiorno, cioè in Africa. Se, dunque, è la Chiesa colei che interroga, e il Signore, da dove si trova a pascolare, risponde: In Africa – perché nell’Africa era la Chiesa – chi fa la domanda non era in Africa. Dimmi – dice – o tu che sei la delizia dell’anima mia, dove devi pascolare, dove riposare. Ed egli risponde ad una certa Chiesa fuori dell’Africa: Nel mezzogiorno 34, in Africa riposo, in Africa pascolo; quasi a dire: Non mi trovo a pascolare te. Ne segue che se è la Chiesa quella che interroga, cosa che nessuno mette in dubbio e che non trova oppositori neppure in loro stessi, e sentono dire non so che dell’Africa; dunque costei che interroga si trova fuori dell’Africa, e, perché è la Chiesa, la Chiesa è fuori dell’Africa.
I Donatisti sono smentiti.
10. Ecco, accetto: la Chiesa è in Africa, quantunque sotto il sole del mezzogiorno, più che l’Africa, si trova l’Egitto. Ma quanti conoscono quel luogo sanno come il Signore sia pastore in Egitto; coloro che non sanno ricerchino quale numeroso gregge vi raduni, che moltitudine annoveri di santi e di sante che disprezzano affato il mondo. Quel gregge tanto si moltiplicò da bandire di lì anche le vane credenze. Tanto per non dire come abbia fatto sparire di là ogni culto idolatrico – che vi era stato ben radicato – con la forza della fede. Accetto quanto dite, compagni perfidi; accetto in pieno, confermo che l’Africa è nel mezzogiorno e che l’Africa è indicata in quel che è stato detto: Dove vai a pascolare, dove riposare a mezzogiorno? Ma anche voi, parimenti, badate che queste sono ancora parole della sposa, non dello sposo. Fin qui è la sposa a dire: Dimmi tu, il quale sei la delizia dell’anima mia, dove vai a pascolare, dove riposi a mezzogiorno, perché io non sia a te come occultata 35. O sordo, o cieco, se nel mezzogiorno riconosci l’Africa, com’è che in occultata non riscontri il genere femminile? Dimmi – dice – tu, il quale sei la delizia dell’anima mia. Si rivolge indubbiamente allo sposo quando dice: il quale sei. Allo stesso modo, se dicesse: Dimmi tu, la quale sei la delizia dell’anima mia, comprenderemmo che è lo sposo a parlare alla sposa; così, quando ascolti: Dimmi tu, che sei la delizia dell’anima mia, dove vai a pascolare, dove riposi. A questo punto, aggiungi – fanno parte di questa frase anche le parole che seguono – nel mezzogiorno. Domando dove vai a pascolare a mezzogiorno perché io non sia come occultato dietro i greggi dei tuoi compagni. Ascolto benissimo, accetto ciò che tu intendi dell’Africa; essa corrisponde al mezzogiorno. Ma la Chiesa di Cristo, d’oltremare, come intendi tu, si rivolge al suo Sposo nel timore d’imbattersi nell’errore africano. O tu che sei la delizia dell’anima mia, dimmi, istruiscimi. Sento dire infatti che in Africa le parti sono due, anzi, che le scissioni sono molte. Perciò, dimmi dove vai a pascolare, quali le pecore che là appartengono a te, quale ovile vuoi che io preferisca, entro il quale devo vivere in comune. Perché io non sia come occultata. Si burlano infatti come di una che si nasconda, hanno offese come per una depravata, come di chi non abbia dimora altrove. Perché io sono come occultata, come nascosta, non sia dietro ai greggi, cioè dietro i raggruppamenti degli eretici, dei tuoi compagni: dei Donatisti, dei Massimianisti, dei Rogatisti e delle altre pesti che si raccolgono fuori [della Chiesa] e, per questo, dispersi; ti prego, dimmi se vi troverò il mio pastore, per non finire nel gorgo di un nuovo battesimo. Vi esorto, vi scongiuro, per la santità di tali nozze, amate questa Chiesa, perseverate in tale Chiesa, siate tale Chiesa; amate il Pastore buono, l’uomo così bello, che non inganna alcuno, che desidera nessuno perisca. Pregate anche per le pecore disperse: vengano anch’esse, riconoscano anch’esse, amino anch’esse, perché si faccia un slo gregge e un solo pastore. Rivolti al Signore…

DOMENICA 1 MAGGIO 2011 – II DI PASQUA

DOMENICA 1 MAGGIO 2011 – II DI PASQUA

MESSA DEL GIORNO LINK:

http://www.maranatha.it/Festiv2/pasqA/PasqA2Page.htm

MESSA DEL GIORNO

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera ai Colossesi di san Paolo, apostolo 3, 1-17
 
La vita nuova in Cristo
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria.
Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, cose tutte che attirano l’ira di Dio su coloro che disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi. Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca. Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore. Qui non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti.
Rivestitevi dunque, come eletti di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti!
La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali. E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.

Responsorio   Col 3, 1. 2. 3
R. Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; * pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra, alleluia.
V. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio;
R. pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra, alleluia.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 8 nell’ottava di Pasqua 1, 4; Pl 46, 838. 841)

Nuova creatura in Cristo
Rivolgo la mia parola a voi, bambini appena nati, fanciulli in Cristo, nuova prole della Chiesa, grazia del Padre, fecondità della Madre, pio germoglio, sciame novello, fiore del nostro onore e frutto della nostra fatica, mio gaudio e mia corona, a voi tutti che siete qui saldi nel Signore.
Mi rivolgo a voi con le parole stesse dell’apostolo: «Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri» (Rm 13, 14), perché vi rivestiate, anche nella vita, di colui del quale vi siete rivestiti per mezzo del sacramento. «Poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo, né Greco; non c’è più schiavo, né libero; non c’è più uomo, né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3, 27-28).
In questo sta proprio la forza del sacramento. E’ infatti il sacramento della nuova vita, che comincia in questo tempo con la remissione di tutti i peccati, e avrà il suo compimento nella risurrezione dei morti. Infatti siete stati sepolti insieme con Cristo nella morte per mezzo del battesimo, perché, come Cristo è risuscitato dai morti, così anche voi possiate camminare in una vita nuova (cfr. Rm 6, 4).
Ora poi camminate nella fede, per tutto il tempo in cui, dimorando in questo corpo mortale, siete come pellegrini lontani dal Signore. Vostra via sicura si è fatto colui al quale tendete, cioè lo stesso Cristo Gesù, che per voi si è degnato di farsi uomo. Per coloro che lo temono ha riservato tesori di felicità, che effonderà copiosamente su quanti sperano in lui, allorché riceveranno nella realtà ciò che hanno ricevuto ora nella speranza.
Oggi ricorre l’ottavo giorno della vostra nascita, oggi trova in voi la sua completezza il segno della fede, quel segno che presso gli antichi patriarchi si verificava nella circoncisione, otto giorni dopo la nascita al mondo. Perciò anche il Signore ha impresso il suo sigillo al suo giorno, che è il terzo dopo la passione. Esso però, nel ciclo settimanale, è l’ottavo dopo il settimo cioè dopo il sabato, e il primo della settimana. Cristo, facendo passare il proprio corpo dalla mortalità all’immortalità, ha contrassegnato il suo giorno con il distintivo della risurrezione.
Voi partecipate del medesimo mistero non ancora nella piena realtà, ma nella sicura speranza, perché avete un pegno sicuro, lo Spirito Santo. «Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (Col 3, 1-4).

Responsorio   Col 3, 3-4; Rm 6, 11
R. Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. * Quando si manifesterà Cristo, vostra vita, anche voi sarete manifestati con lui nella gloria, alleluia.
V. Consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
R. Quando si manifesterà Cristo, vostra vita, anche voi sarete manifestati con lui nella gloria, alleluia.

DOMENICA 3 APRILE 2011 – IV DI QUARESIMA

DOMENICA 3 APRILE 2011 – IV DI QUARESIMA

MESSA DEL GIORNO LINK:

http://www.maranatha.it/Festiv2/quaresA/QuarA4Page.htm

Seconda Lettura  Ef 5, 8-14
Risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto viene fatto in segreto da [coloro che disobbediscono a Dio] è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto:
«Svégliati, tu che dormi,
risorgi dai morti
e Cristo ti illuminerà».

http://www.bible-service.net/site/379.html

Éphésiens 5,8-14
L’extrait de la lettre aux Éphésiens, proposé ce jour, semble très coloré par la perspective sous-jacente des passages de l’évangile johannique qui sont lus durant ces dimanches de Carême : identification de la lumière au Christ qui vient pour la révélation, manifestation de la lumière attirant à elle ce qui participe de la lumière et rejetant ce qui est des ténèbres, procès et combat de la vérité contre le mensonge… Éphésiens 5 met ici en évidence un fil conducteur de l’enseignement baptismal, l’opposition ténèbres / lumière, que renforcent l’opposition apocalyptique caché / démasqué et l’opposition temporelle autrefois / maintenant. De même que la venue du Christ départage un avant et un après dans l’histoire du monde, de même, pour chacun, en est-il de son baptême. La lumière s’identifie au Christ en personne et elle est résurrection ; la prédication du baptême s’est greffée sur celle de la Croix et de la résurrection.

Efesini 5, 8-14
L’estratto della lettera agli Efesini, proposto questo giorno, sembra molto illuminante a causa della prospettiva, sottogiacente, dai passaggi del vangelo giovanneo che sono letti durante queste domeniche di quaresima: identificazione della luce a Cristo che viene per la rivelazione, manifestazione della luce che attira ad essa coloro che partecipano della luce e rigetta coloro che sono nelle tenebre, processo e combattimento della verità contro la menzogna… Efesini 5 mette qui in evidenza un filo conduttore dell’insegnamento battesimale, l’opposizione tenebre/luce, che rinforza l’opposizione apocalittica nascosto/ manifestato e l’opposizione temporale un tempo/ora. Così la venuta di Cristo accorda il precedente e il dopo nella storia del mondo, ugualmente, per ciascuno, l’essere del suo battesimo. La luce si identifica a Cristo in persona ed essa è risurrezione;; la predicazione del battesimo si inserisce su quella della Croce e della risurrezione.

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dal libro del Levitico 8, 1-17; 9, 22-24

La consacrazione dei sacerdoti
Un giorno il Signore disse ancora a Mosè: «Prendi Aronne insieme ai suoi figli, le vesti, l’olio dell’unzione, il giovenco del sacrificio espiatorio, i due arieti e il cesto dei pani azzimi; convoca tutta la comunità all’ingresso della tenda del convegno». Mosè fece come il Signore gli aveva ordinato e la comunità fu convocata all’ingresso della tenda del convegno. Mosè disse alla comunità: «Questo il Signore ha ordinato di fare».
Mosè fece accostare Aronne e i suoi figli e li lavò con acqua. Poi rivestì Aronne della tunica, lo cinse della cintura, gli pose addosso il manto, gli mise l’efod e lo cinse con la cintura dell’efod, nel quale avvolse l’efod . Gli mise anche il pettorale, e nel pettorale pose gli Urim e i Tummin. Poi gli mise in capo il turbante e sul davanti del turbante pose la lamina d’oro, il sacro diadema, come il Signore aveva ordinato a Mosè. Poi Mosè prese l’olio dell’unzione, unse la Dimora e tutte le cose che vi si trovavano e così le consacrò. Fece sette volte l’aspersione sull’altare, unse l’altare con tutti i suoi accessori, la conca e la sua base, per consacrarli. Versò l’olio della unzione sul capo d’Aronne e unse Aronne, per consacrarlo. Poi Mosè fece avvicinare i figli d’Aronne, li vestì di tuniche, li cinse con le cinture e legò sul loro capo i turbanti, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
Fece quindi accostare il giovenco del sacrificio espiatorio e Aronne e i suoi figli stesero le mani sulla testa del giovenco del sacrificio espiatorio. Mosè lo immolò, ne prese del sangue, bagnò con il dito i corni attorno all’altare e purificò l’altare; poi sparse il resto del sangue alla base dell’altare e lo consacrò per fare su di esso l’espiazione. Poi prese tutto il grasso aderente alle viscere, il lobo del fegato, i due reni con il loro grasso e Mosè bruciò tutto sull’altare. Ma il giovenco, la sua pelle, la sua carne e le feci, bruciò nel fuoco fuori dell’accampamento, come il Signore gli aveva ordinato.
Aronne, alzate le mani verso il popolo, lo benedisse e, dopo aver fatto il sacrificio espiatorio, l’olocausto e i sacrifici di comunione, scese dall’altare. Mosè e Aronne entrarono nella tenda del convegno; poi uscirono e benedissero il popolo e la gloria del Signore si manifestò a tutto il popolo.
Un fuoco uscì dalla presenza del Signore e consumò sull’altare l’olocausto e i grassi; tutto il popolo vide, mandò grida d’esultanza e si prostrò con la faccia a terra.

Responsorio   Cfr. Eb 7, 23. 24; Sir 45, 6. 7
R. Nell’antica alleanza vi furono sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo; * Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.
V. Dio innalzò Aronne e gli diede il sacerdozio tra il popolo; lo onorò con splendidi ornamenti.
R. Cristo invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.

Seconda Lettura
Dai «Trattati su Giovanni» di sant’Agostino, vescovo
(Tratt. 34, 8-9; CCL 36, 315-316)

Cristo è via alla luce, alla verità, alla vita
Il Signore in maniera concisa ha detto: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita» (Gv 8, 12), e con queste parole comanda una cosa e ne promette un’altra. Cerchiamo, dunque, di eseguire ciò che comanda, perché altrimenti saremmo impudenti e sfacciati nell’esigere quanto ha promesso, senza dire che, nel giudizio, ci sentiremmo rinfacciare: Hai fatto ciò che ti ho comandato, per poter ora chiedere ciò che ti ho promesso? Che cosa, dunque, hai comandato, o Signore nostro Dio? Ti risponderà: Che tu mi segua.
Hai domandato un consiglio di vita. Di quale vita, se non di quella di cui è stato detto: «E’ in te la sorgente della vita»? (Sal 35, 10).
Dunque mettiamoci subito all’opera, seguiamo il Signore: spezziamo le catene che ci impediscono di seguirlo. Ma chi potrà spezzare tali catene, se non ci aiuta colui al quale fu detto: «Hai spezzato le mie catene»? (Sal 115, 16). Di lui un altro salmo dice: «Il Signore libera i prigionieri, il Signore rialza chi è caduto»(Sal 145, 7. 8).
Che cosa seguono quelli che sono stati liberati e rialzati, se non la luce dalla quale si sentono dire: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre»? (Gv 8, 12). Sì, perché il Signore illumina i ciechi. O fratelli, ora i nostri occhi sono curati con il collirio della fede. Prima, infatti, mescolò la sua saliva con la terra, per ungere colui che era nato cieco. Anche noi siamo nati ciechi da Adamo e abbiamo bisogno di essere illuminati da lui. Egli mescolò la saliva con la terra: «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14). Mescolò la saliva con la terra, perché era già stato predetto: «La verità germoglierà dalla terra» (Sal 84, 12) ed egli dice: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6).
Godremo della verità, quando la vedremo faccia a faccia, perché anche questo ci viene promesso. Chi oserebbe, infatti, sperare ciò che Dio non si fosse degnato o di promettere o di dare?
Vedremo a faccia a faccia. L’Apostolo dice: Ora conosciamo in modo imperfetto; ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia (cfr. 1 Core 13, 12). E l’apostolo Giovanni nella sua lettera aggiunge: «Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che, quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3, 2). Questa è la grande promessa.
Se lo ami, seguilo. Tu dici: Lo amo, ma per quale via devo seguirlo? Se il Signore tuo Dio ti avesse detto: Io sono la verità e la vita, tu, desiderando la verità e bramando la vita, cercheresti di sicuro la via per arrivare all’una e all’altra. Diresti a te stesso: gran cosa è la verità, gran bene è la vita: oh! se fosse possibile all’anima mia trovare il mezzo per arrivarci!
Tu cerchi la via? Ascolta il Signore che ti dice in primo luogo: Io sono la via. Prima di dirti dove devi andare, ha premesso per dove devi passare: «Io sono», disse «la via»! La via per arrivare dove? Alla verità e alla vita. Prima ti indica la via da prendere, poi il termine dove vuoi arrivare. «Io sono la via, Io sono la verità, Io sono la vita». Rimanendo presso il Padre, era verità e vita; rivestendosi della nostra carne, è diventato la via.
Non ti vien detto: devi affaticarti a cercare la via per arrivare alla verità e alla vita; non ti vien detto questo. Pigro, alzati! La via stessa è venuta a te e ti ha svegliato dal sonno, se pure ti ha svegliato. Alzati e cammina!
Forse tu cerchi di camminare, ma non puoi perché ti dolgono i piedi. Per qual motivo ti dolgono? Perché hanno dovuto percorrere i duri sentieri imposti dai tuoi tirannici egoismi? Ma il Verbo di Dio ha guarito anche gli zoppi.
Tu replichi: Sì, ho i piedi sani, ma non vedo la strada. Ebbene, sappi che egli ha illuminato perfino i ciechi.

DOMENICA 27 MARZO 2011 – III DI QUARESIMA A

DOMENICA 27 MARZO 2011 – III DI QUARESIMA A

MESSA DEL GIORNO LINK:

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MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura Rm 5, 1-2. 5-8
L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio.
La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dal libro dell’Esodo 22, 20 – 23, 9

Leggi riguardo al forestiero e al povero (Codice dell’alleanza)
Così dice il Signore: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto.
Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, la mia collera si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani.
Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse.
Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai al tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando invocherà da me l’aiuto, io ascolterò il suo grido, perché io sono pietoso.
Non bestemmierai Dio e non maledirai il principe del tuo popolo.
Non ritarderai l’offerta di ciò che riempie il tuo granaio e di ciò che stilla dal tuo frantoio.
Il primogenito dei tuoi figli lo darai a me.
Così farai per il tuo bue e per il tuo bestiame minuto: sette giorni resterà con sua madre, l’ottavo giorno me lo darai.
Voi sarete per me uomini santi: non mangerete la carne di una bestia sbranata nella campagna, la getterete ai cani.
Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per essere testimone in favore di un’ingiustizia. Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia.
Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo.
Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo.
Non farai deviare il giudizio del povero, che si rivolge a te nel suo processo.
Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l’innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole.
Non accetterai doni, perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti.
Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri nel paese d’Egitto».

Responsorio   Sal 81, 3-4; cfr. Gc 2, 5
R. Difendete il debole e l’orfano, al misero e al povero fate giustizia. * Salvate il debole e l’indigente, liberateli dalla mano degli empi.
V. Dio ha scelto i poveri nel mondo per farli ricchi con la fede ed eredi del regno.
R. Salvate il debole e l’indigente, liberateli dalla mano degli empi.

Seconda Lettura
Dai «Trattati su Giovanni» di sant’Agostino, vescovo
(Trattato 15, 10-12. 16-17; CCL 36, 154-156)

Arrivò una donna di Samaria ad attingere acqua
«E arrivò una donna» (Gv 4, 7): figura della Chiesa, non ancora giustificata, ma ormai sul punto di esserlo. E’ questo il tema della conversione.
Viene senza sapere, trova Gesù che inizia il discorso con lei.
Vediamo su che cosa, vediamo perché «Venne una donna di Samaria ad attingere acqua». I samaritani non appartenevano al popolo giudeo: erano infatti degli stranieri. E’ significativo il fatto che questa donna, la quale era figura della Chiesa, provenisse da un popolo straniero. La Chiesa infatti sarebbe venuta dai pagani, che, per i giudei erano stranieri.
Riconosciamoci in lei, e in lei ringraziamo Dio per noi. Ella era una figura non la verità, perché anch’essa prima rappresentò la figura per diventare in seguito verità. Infatti credette in lui, che voleva fare di lei la nostra figura. «Venne, dunque, ad attingere acqua». Era semplicemente venuta ad attingere acqua, come sogliono fare uomini e donne.
«Gesù le disse: Dammi da bere. I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani» (Gv 4, 7-9).
Vedete come erano stranieri tra di loro: i giudei non usavano neppure i recipienti dei samaritani. E siccome la donna portava con sé la brocca con cui attingere l’acqua, si meravigliò che un giudeo le domandasse da bere, cosa che i giudei non solevano mai fare. Colui però che domandava da bere, aveva sete della fede della samaritana.
Ascolta ora appunto chi è colui che domanda da bere. «Gesù le rispose: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (Gv 4, 10).
Domanda da bere e promette di dissetare. E’ bisognoso come uno che aspetta di ricevere, e abbonda come chi è in grado di saziare. «Se tu conoscessi», dice, «il dono di Dio». Il dono di Dio è lo Spirito Santo. Ma Gesù parla alla donna in maniera ancora velata, e a poco a poco si apre una via al cuore di lei. Forse già la istruisce. Che c’è infatti di più dolce e di più affettuoso di questa esortazione: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti dice: Dammi da bere, forse tu stessa gliene avresti chiesto ed Egli ti avrebbe dato acqua viva»?
Quale acqua, dunque, sta per darle, se non quella di cui è scritto: «E’ in te sorgente della vita»? (Sal 35, 10).
Infatti come potranno aver sete coloro che «Si saziano dell’abbondanza della tua casa» ? (Sal 35, 9).
Prometteva una certa abbondanza e sazietà di Spirito Santo, ma quella non comprendeva ancora, e, non comprendendo, che cosa rispondeva? La donna gli dice: «Signore dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua» (Gv 4, 15). Il bisogno la costringeva alla fatica, ma la sua debolezza non vi si adattava volentieri. Oh! se avesse sentito: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò»! (Mt 11, 28). Infatti Gesù le diceva questo, perché non dovesse più faticare, ma la donna non capiva ancora.

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