Archive pour la catégorie 'Padri della Chiesa – Sant’Agostino'

Sant’Agostino: La vita si è manifestata nella carne

dal sito:

http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&localTime=01/22/2009#

Sant’Agostino (354-430), vescovo d’Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Discorsi sulla prima lettera di Giovanni, 1,1

La vita si è manifestata nella carne
»Quello che era da principio, quello che abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi e le nostre mani hanno toccato del Verbo di vita» (1 Gv 1, 1). Quegli che colle sue mani tocca il Verbo, può farlo unicamente perché «il Verbo si è fatto carne ed abitò tra noi» (Gv 1, 14). Questo Verbo fatto carne fino a potersi toccare con le mani, incominciò ad essere carne nel seno della Vergine Maria. Non fu invece a quel tempo che egli incominciò ad essere Verbo, perché Giovanni dice che il Verbo «era fin dall’inizio».

Qualcuno potrebbe riferire l’espressione «Verbo di vita» a qualche particolare modo di parlare del Cristo e non allo stesso suo corpo che fu toccato con le mani. Ma osservate le parole che seguono: «La vita stessa si è manifestata». Dunque Cristo è il Verbo di vita. Ma come si è manifestata? Essa era fin dall’inizio, ma ancora non si era manifestata agli uomini; s’era invece manifestata agli angeli che la contemplavano e se ne cibavano come del loro pane. Ma che cosa afferma la Scrittura? «L’uomo mangiò il pane degli angeli» (Sal 78, 25).

Dunque la vita stessa si è manifestata nella carne; perché si è manifestata affinché fosse visto anche dagli occhi ciò che solo il cuore può vedere e così i cuori avessero a guarire. Solo col cuore si vede il Verbo; cogli occhi del corpo invece si vede anche la carne. Noi potevamo vedere la carne, ma per vedere il Verbo non avevamo i mezzi. Allora il Verbo si è fatto carne e questa la potemmo vedere, onde ottenere la guarigione di quella vista interiore che sola ci può far vedere il Verbo.

Sant’Agostino, Discorso 157, Dalle Parole dell’Apostolo (Rm 8, 24-25): « Nella speranza noi siamo stati salvati se ciò che si vede non è speranza »

dal sito:

http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/index2.htm

SANT’AGOSTINO – DISCORSO 157

DALLE PAROLE DELL’APOSTOLO (ROM 8, 24-25):
 » NELLA SPERANZA NOI SIAMO STATI SALVATI
SE CIÒ CHE SI SPERA SI VEDE NON È SPERANZA  »
 

La speranza dei cristiani riguarda le realtà eterne. Si crede al mondo che inganna, non a Dio.

1. Fratelli carissimi, la Santità vostra ricorda come ha detto l’Apostolo: Siamo stati salvati nella speranza. Ma se ciò che si spera – egli dice – si vede, non è speranza, poiché come sperare quel che uno vede? Ma se non vediamo ciò che speriamo, attendiamo con perseveranza (1). Lo stesso Signore Dio nostro, cui si dice nel Salmo: Sei tu la mia speranza, la mia porzione nella terra dei viventi (2), ci spinge a rivolgervi in proposito un discorso che sia, insieme, di esortazione e di consolazione. Egli, ripeto, che è la nostra speranza nella terra dei viventi, ci comanda di parlarvi in questa terra di chi muore, perché non siate intenti a riguardare le cose che si vedono, ma quelle che non si vedono. Quelle che si vedono sono infatti temporali, quelle invece che non si vedono sono eterne (3). Perché appunto speriamo ciò che non vediamo, e lo attendiamo con perseveranza, a ragione ci viene detto nel Salmo: Non lasciar cadere la speranza nel Signore, sii forte, e si rinfranchi il tuo cuore, e attendi paziente il Signore (4). Le promesse del mondo ingannano sempre; le promesse di Dio, invece, non ingannano mai. Ma poiché il mondo sembra che darà quaggiù ciò che offre, cioè in questa terra di chi muore, nella quale ci troviamo, e Dio, invece, ci darà ciò che offre nella terra dei viventi, molti si stancano di attendere lui verace e non si vergognano di amare l’ingannatore. Di questi tali dice la Scrittura: Guai a quelli che hanno perduto la pazienza, hanno deviato verso cattive direzioni (5)
poiché i figli della morte eterna, vantando le loro gioie temporali, che per il momento dolcificano il loro palato e che in seguito troveranno certo più amare del fiele, non cessano d’insultare anche coloro che si comportano virilmente e, con il cuore rinfrancato, pazienti attendono Dio. Ci dicono infatti: Dov’è ciò che vi è promesso dopo questa vita? Chi è tornato di là ed ha reso noto che sono vere le cose che credete? Ecco, noi ci rallegriamo dell’abbondanza dei nostri godimenti, perché speriamo ciò che vediamo; voi, invece, vi torturate nei travagli della continenza, credendo ciò che non vedete. Quindi soggiungono quello che ha ricordato l’Apostolo: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Ma notate da che cosa egli ha avvertito ci si debba guardare: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi; siate sobri, giusti, e non peccate (6).

Necessità della pazienza e della mansuetudine.

2. Perciò, fratelli, state in guardia affinché i vostri costumi non siano corrotti da tali incontri, non si rovesci la speranza, non si estenui la perseveranza e non deviate verso cattive direzioni. Al contrario, seguite inoltre costantemente, umili e buoni, le vie giuste che il Signore vi fa conoscere, delle quali parla il Salmo: Guiderà gli umili secondo giustizia, insegnerà ai docili le sue vie (7). Nessuno, nelle fatiche di questa vita, può davvero durare di continuo nella pazienza, senza la quale non può essere custodita la speranza nella vita futura, se non l’umile e il mansueto; chi non oppone resistenza alla volontà di Dio, il cui giogo è soave e il peso leggero per coloro, però, che credono a Dio e sperano in lui e lo amano. In tal modo veramente voi, umili e mansueti, amerete non solo le sue consolazioni, ma da buoni figli, saprete tollerare anche i suoi castighi, per essere in attesa con perseveranza, dal momento che non vedete ciò che sperate. Comportatevi così, andate avanti così. Voi infatti camminate in Cristo, che disse: Io sono la via (8) prendete come si debba camminare in lui non solo dalla sua parola, ma anche dal suo esempio. Il Padre infatti non ha risparmiato lui, il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi; egli non era certo contrario, né era per il rifiuto, ma in perfetto accordo di volontà; poiché una sola è la volontà del Padre e del Figlio, secondo l’uguaglianza della natura di Dio. Pur essendo in essa, il Figlio non ritenne un’appropriazione indebita l’essere uguale a Dio; ma, in obbedienza inaudita annientò se stesso, assumendo la condizione di servo (9) poiché egli ci ha amati e ha dato, per noi, se stesso, offerta e sacrificio di soave odore (10). Così dunque il Padre non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, perché anch’egli, il Figlio, donasse se stesso per noi.

Noi vediamo, in Colui che è nostro capo, ciò che speriamo.

3. Pertanto è stato consegnato lui, l’Eccelso, per mezzo del quale sono state create tutte le cose; consegnato per la forma di servo all’obbrobrio degli uomini, al disprezzo del popolo, al disonore, ai flagelli, alla morte di croce; mediante l’esempio della sua passione ci ha insegnato con quanta pazienza dobbiamo camminare in lui; mediante l’esempio della sua risurrezione ci ha assicurato che cosa dobbiamo sperare da lui con perseveranza. Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza (11). Noi speriamo quello che in verità non vediamo; siamo però nel corpo di quel capo, nel quale è già diventato perfetto ciò che speriamo. Di lui infatti è stato detto come egli sia il capo del corpo, la Chiesa, il primogenito, colui che ha il primato (12). E a nostro riguardo è stato detto: Ma voi siete il corpo di Cristo, e le membra (13). Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza, sicuri; poiché chi è risuscitato è il nostro capo, custodisce la nostra speranza. E per il fatto che prima di risorgere il nostro capo è stato flagellato, ha consolidato la nostra pazienza. E’ stato scritto infatti: Il Signore corregge colui che egli ama, e sferza chiunque riceve come figlio (14). Pertanto, non veniamo meno sotto la sferza per godere della risurrezione. E’ infatti così vero che egli sferza chiunque riceve come figlio, che neppure ha risparmiato il suo Unigenito, ma lo ha dato per tutti noi. Quindi, tenendo presente lui che senza colpa fu flagellato e morì per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione, non abbiamo timore, per non tirarci indietro se sferzati, ma piuttosto abbiamo fiducia di essere ricevuti giustificati.

Neppure ora ci manca la gioia. Di breve durata le soddisfazioni che dà il peccato.

4. Sebbene non sia ancora giunta infatti la pienezza della nostra felicità, neppure al presente, tuttavia, siamo stati lasciati senza gioia; evidentemente siamo stati salvati nella speranza. Perciò, anche lo stesso Apostolo che afferma: Se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza (15), in un altro passo dice: Lieti nella speranza, pazienti nella tribolazione (16). Avendo quindi una tale speranza, ci comportiamo con molta sicurezza (17). E il nostro dire abbia sapore di sale nella grazia per comprendere come bisogna rispondere a ciascuno (18)! A coloro che, avendo perduto la pazienza, o non avendola mai avuta, hanno perfino l’ardire d’insultare noi che speriamo nel Signore (perché sperando ciò che non vediamo, lo attendiamo costanti) mentre dovrebbero imitare, dobbiamo proprio dire: Dove sono i vostri godimenti, per i quali seguite cattivi sentieri? Non diciamo dove saranno dopo questa vita, ma adesso dove sono? Quando l’oggi ha portato via il giorno di ieri, e il domani cancellerà l’oggi, quale, delle cose amate, non passa e non vola via? Cosa non fugge quasi prima che si colga, se non si può trattenere neppure una sola ora del giorno di oggi? In tal modo infatti l’ora seconda viene allontanata dalla terza, come l’ora di prima viene allontanata dalla seconda. Di una stessa sola ora, che sembra presente, niente è attuale: infatti tutte le sue parti e tutti i suoi attimi sono fuggevoli.

Vanità delle cose temporali.

5. Perché commette il peccato l’uomo, se quando pecca non è cieco? Almeno, dopo aver peccato, rifletta. Poteva notare che il piacere fuggevole si desidera senza discernimento; almeno una volta trascorso si pensa con pentimento. Ci deridete perché speriamo le realtà eterne, che non vediamo; mentre voi, soggetti alle cose temporali visibili, non sapete quale domani spunti per voi; spesso, sperandolo felice, trovate un brutto giorno; neppure, se è stato felice, potreste trattenerlo per non farlo scomparire. Vi burlate di noi perché speriamo le realtà eterne; queste, quando saranno venute, non passeranno, per quanto non siano esse a venire, ma sono senza fine immutabili. Siamo noi, invece, che andremo ad esse quando, muovendo sulla via del Signore, avremo oltrepassato queste cose transitorie. Quanto a voi, in realtà, le cose temporali sono oggetto di continua speranza, eppure le cose sperate v’ingannano ad ogni istante; non cessano d’infiammarvi, se previste; di corrompervi, se presenti; di tormentarvi, se passano. Non sono appunto quelle che, desiderate si accendono, possedute perdono di valore, perdute si dileguano? Serviamocene anche noi secondo la necessità di questa vita di pellegrini ma non fondiamo in esse le nostre gioie, per non essere scalzati dalla loro rovina. Usiamo appunto di questo mondo come non usandone (19), per giungere a Dio che ha fatto questo mondo, e restiamo in lui, godendo della sua eternità.

La certezza della nostra speranza.

6. Ora com’è che voi dite: Di là chi è tornato quaggiù, e chi ha fatto conoscere agli uomini che si fa negli inferi? Ma di qui vi ha chiuso la bocca colui che ha risuscitato il morto di quattro giorni (20), ed egli è risorto il terzo giorno per non più morire; e prima di morire, come colui al quale nulla è nascosto, anche nella parabola del povero nel riposo e del ricco che arde nel fuoco (21), narrò quale vita attende i morenti. Ma quelli che dicono: Chi è tornato quaggiù dall’al di là? non credono queste cose. Vogliono far intendere di essere disposti a credere se qualcuno dei loro antenati tornasse in vita. Ma è maledetto l’uomo che ripone la sua speranza nell’uomo (22). Proprio per questo Dio fatto uomo volle morire e risorgere, per dimostrare nella carne dell’uomo quello che anche per l’uomo si realizzerebbe in futuro e, nondimeno, ci si fidasse di Dio, non dell’uomo. E veramente è già davanti ai loro occhi la Chiesa dei fedeli diffusa in tutto il mondo. La leggano promessa, tanti secoli prima, ad un solo uomo, il quale credette contro ogni speranza che sarebbe diventato padre di molti popoli (23). Pertanto ciò che fu promesso al solo Abramo per la sua fede, lo vediamo già compiuto, e disperiamo che si realizzerà ciò che viene promesso al mondo intero che è nella fede? Continuino pure e dicano: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo (24). Quelli dicono ancora che domani moriranno, ma quando dicono tali cose la verità li ha trovati già morti. Voi invece, fratelli, figli della risurrezione, concittadini dei santi angeli, eredi di Dio e coeredi di Cristo, guardatevi dall’imitare quelli che sperando muoiono domani ed oggi sono sepolti nell’intemperanza. Ma, come dice appunto l’Apostolo, perché le cattive compagnie non corrompano i vostri buoni costumi, siate sobri, giusti e non peccate (25), percorrendo la via stretta, ma sicura, che conduce alla pienezza della Gerusalemme del cielo, la nostra madre, che è eterna; indefettibilmente sperate ciò che non vedete, attendete nella perseveranza ciò che non avete ancora, perché con assoluta fiducia voi ritenete Cristo come colui che promette veracemente.

NOTE

1 – Rm 8, 24.
2 – Sal 141, 6.
3 – Cf. 2 Cor 4, 18.
4 – Sal 26, 14.
5 – Sir 2, 16.
6 – 1 Cor 15, 32-34.
7 – Sal 24, 9.
8 – Gv 14, 6.
9 – Cf. Fil 2, 6-7.
10 – Ef 5, 2.
11 – Rm 8, 25.
12 – Col 1, 18.
13 – 1 Cor 12, 27.
14 – Eb 12, 6.
15 – Rm 8, 25.
16 – Rm 12, 12.
17 – 2 Cor 3, 12.
18 – Col 4, 6.
19 – Cf. 1 Cor 7, 31.
20 – Cf. Gv 11, 39-44.
21 – Cf. Lc 16, 19-31.
22 – Ger 17, 5.
23 – Cf. Rm 4, 18.
24 – 1 Cor 15, 32.
25 – 1 Cor 15, 34.

18 GENNAIO 2009 – II DOMENICA DEL T.O.

18 GENNAIO 2009 - II DOMENICA DEL T.O. dans BIBLE SERVICE (sito francese) 14%20RICHES%20HEURES%20ENL%20SAINT%20JEAN%20BAPTISTE

RICHES HEURES ENL SAINT JEAN BAPTISTE

http://www.artbible.net/Jesuschrist_fr.htm

18 GENNAIO 2009 – II DOMENICA DEL T.O.

MESSA DEL GIORNO

letture della messa del giorno, link al sito Maranatha:

http://www.maranatha.it/Festiv2/ordinB/B02page.htm

Seconda Lettura  1 Cor 6, 13c-15, 17-20

Fratelli, il corpo non è per l’impurità, ma per il Signo­re, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza.
Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impu­rità, pecca contro il proprio corpo.
Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!

DAL SITO FRANCESE BIBLE-SERVICE:

http://www.bible-service.net/site/179.html

1 Corinthiens 6,13…20  

Le retour du temps ordinaire amène chaque année la lecture continue de la première épître aux Corinthiens (année A chapitres 1 à 4, année B chapitres 6 à 10, année C chapitres 12 à 15). Cette année, elle est répartie sur cinq dimanches et sera suivie de la 2e épître aux Corinthiens pendant huit dimanches.

Le rappel par Paul du rôle du corps dans la vocation chrétienne apporte aujourd’hui réalisme et vigueur à l’appel du Seigneur. C’est l’occasion de corriger encore, si besoin était, une conception idéaliste et angélique de l’âme comme unique lieu de l’union à Dieu. L’œuvre du Christ est pour le corps de l’homme. La dignité du corps humain est d’être membre du Christ, appelé à entrer dans la gloire de Dieu. Peut-être que les chrétiens ne savent pas encore bien communiquer cela.

1 Cor 6,13…20


Il ritorno del tempo ordinario porta ogni anno la lettura continua della Prima Lettera ai Corinzi (anno A capitoli da 1 a 4, anno B capitoli da 6 a 10, anno C capitoli da 12 a 15). Quest’anno, queste letture sono ripartite in cinque domeniche e sarà seguita dalla seconda Lettera ai Corinzi per otto domeniche.

Il richiamo di Paolo al ruolo del corpo nella vocazione cristiana veicola, oggi, realismo e vigore alla chiamata del Signore. È l’occasione di correggere ancora, se è necessario, una concezione idealista e angelica dell’anima come unico luogo dell’unione con Dio. L’opera di Cristo è per il corpo umano.  La dignità del corpo umano è quella di essere membra di Cristo, chiamati a entrare nella gloria di Dio. Forse i cristiani non sanno ancora trasmettere ciò.

DAL SITO FRANCESE EAQ:

http://www.vangelodelgiorno.org/www/main.php?language=IT&ordo=&localTime=01/18/2009#

Sant’Agostino (354-430), vescovo d’Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Commento sul vangelo di Giovanni, n° 7

« Quel giorno si fermarono presso di lui »
«Giovanni stava là con due dei suoi discepoli». Giovanni era talmente «amico dello Sposo» che non cercava la propria gloria, ma rendeva testimonianza alla verità (Gv 3.29.26); cercò forse di trattenere presso di sé i suoi discepoli, impedendo loro di seguire il Signore? Egli stesso, anzi, indicò ai suoi discepoli colui che dovevano seguire… «Perché rivolgete a me la vostra attenzione? Io non sono l’Agnello: Ecco l’Agnello di Dio. Ecco colui che toglie il peccato del mondo.»

A queste parole, i due che erano con Giovanni, seguirono Gesù.«Gesù si voltò, vide che lo seguivano e dice loro: Che cosa cercate? E quelli gli dissero: Rabbi – che si traduce: maestro – dove abiti?». Essi non lo seguivano ancora con l’intenzione di unirsi a lui in modo definitivo, perché si sa che questo avvenne quando li chiamò… a lasciare le loro barche, dicendo: «Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini» (Mt 4, 19). Da quel momento essi si unirono a lui per non lasciarlo più. Ora, volevano solo vedere dove abitava, realizzando ciò che sta scritto: «Il tuo piede logori la sua soglia; levati e va’ da lui con assiduità, e medita i suoi comandamenti» (Sir 6, 36-37). Cristo mostrò loro dove abitava; quelli andarono e rimasero con lui. Che giornata felice dovettero trascorrere, che notte beata! Chi ci può dire che cosa ascoltarono dal Signore? Mettiamoci anche noi a costruire nel nostro cuore una casa dove il Signore possa venire, e ci ammaestri, e si trattenga a parlare con noi.

PRIMI VESPRI

Lettura breve   Col 1, 2b-6
Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro. Noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi, per le notizie ricevute circa la vostra fede in Cristo Gesù, e la carità che avete verso tutti i santi, in vista della speranza che vi attende nei cieli. Di questa speranza voi avete già udito l’annunzio dalla parola di verità del vangelo il quale è giunto a voi, come pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa; così anche fra voi dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità.

SECONDI VESPRI

Lettura Breve   2 Ts 2, 13-14
Noi dobbiamo rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l’opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verità, chiamandovi a questo con il nostro vangelo, per il possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.

LUNEDÌ 5 GENNAIO 2009 – FERIA DEL TEMPO DI NATALE

LUNEDÌ 5 GENNAIO 2009

FERIA DEL TEMPO DI NATALE

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura    
Dalla lettera ai Colossesi di san Paolo, apostolo 4, 2-18

Esortazione alla vigilanza. Conclusione della lettera
Fratelli, perseverate nella preghiera e vegliate in essa, rendendo grazie. Pregate anche per noi, perché Dio ci apra la porta della predicazione e possiamo annunziare il mistero di Cristo, per il quale mi trovo in catene: che possa davvero manifestarlo, parlandone come devo.
Comportatevi saggiamente con quelli di fuori; approfittate di ogni occasione. Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito di sapienza, per sapere come rispondere a ciascuno.
Tutto quanto mi riguarda ve lo riferirà Tìchico, il caro fratello e ministro fedele, mio compagno nel servizio del Signore, che io mando a voi, perché conosciate le nostre condizioni e perché rechi conforto ai vostri cuori. Con lui verrà anche Onèsimo, il fedele e caro fratello, che è dei vostri. Essi vi informeranno su tutte le cose di qui.
Vi salutano Aristarco, mio compagno di carcere, e Marco, il cugino di Barnaba, riguardo al quale avete ricevuto istruzioni —se verrà da voi, fategli buona accoglienza —e Gesù, chiamato Giusto. Di quelli venuti dalla circoncisione questi soli hanno collaborato con me per il regno di Dio e mi sono stati di consolazione. Vi saluta Epafra, servo di Cristo Gesù, che è dei vostri, il quale non cessa di lottare per voi nelle sue preghiere, perché siate saldi, perfetti e aderenti a tutti i voleri di Dio. Gli rendo testimonianza che si impegna a fondo per voi, come per quelli di Laodicèa e di Geràpoli. Vi salutano Luca, il caro medico, e Dema.
Salutate i fratelli di Laodicèa e Ninfa con la comunità che si raduna nella sua casa. E quando questa lettera sarà stata letta da voi, fate che venga letta anche nella Chiesa dei Laodicesi e anche voi leggete quella inviata ai Laodicesi. Dite ad Archippo: «Considera il ministero che hai ricevuto nel Signore e vedi di compierlo bene».
Il saluto è di mia propria mano, di me, Paolo. Ricordatevi delle mie catene. La grazia sia con voi.

Responsorio    Col 4, 3; cfr. Sal 50, 17
R. Preghiamo gli uni per gli altri, perché Dio ci apra la porta della parola, * per annunziare il mistero di Cristo.
V. Il Signore ci apra le labbra, e la bocca proclami la lode di Dio,
R. per annunziare il mistero di Cristo.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
(Disc. 194, 3-4; Pl 38, 1016-1017)

Saremo saziati dalla visione del Verbo
Chi potrà mai conoscere tutti i tesori di sapienza e di scienza che Cristo racchiude in sé, nascosti nella povertà della sua carne? «Per noi, da ricco che era, egli si è fatto povero, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà» (cfr. 2 Cor 8, 9). Assumendo la mortalità dell’uomo e subendo nella sua persona la morte, egli si mostrò a noi nella povertà della condizione umana: non perdette però le sue ricchezze quasi gli fossero state tolte, ma ne promise la rivelazione nel futuro. Quale immensa ricchezza serba a chi lo teme e dona pienamente a quelli che sperano in lui!
Le nostre conoscenze sono ora imperfette e incomplete, finché non venga il perfetto e il completo. Ma proprio per renderci capaci di questo egli, che è uguale al Padre nella forma di Dio e simile a noi nella forma di servo, ci trasforma a somiglianza di Dio. Divenuto figlio dell’uomo, lui unico figlio di Dio, rende figli di Dio molti figli degli uomini. Dopo aver nutrito noi servi attraverso la forma visibile di servo, ci rende liberi, atti a contemplare la forma di Dio.
Infatti «noi siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3,2). Ma che cosa sono quei tesori di sapienza e di scienza, che cosa quelle ricchezze divine, se non la grande realtà capace di colmarci pienamente? Che cosa è quell’abbondanza di dolcezza se non ciò che è capace di saziarci?
Dunque: «Mostraci il Padre e ci basta» (Gv 14, 8). E in un salmo una voce, che ci interpreta o parla per noi, dice rivolgendosi a lui: «Sarò saziato all’apparire della tua gloria» (cfr. Sal 16, 15). Egli e il Padre sono una cosa sola e chi vede lui vede anche il Padre. «Il Signore degli eserciti è il re della gloria» (Sal 23, 10). Facendoci volgere a lui, ci mostrerà il suo volto e saremo salvi; allora saremo saziati e ci basterà.
Ma fino a quando questo non avvenga e non ci sia mostrato quello che ci appagherà, fino a quando non berremo a quella fonte di vita che ci farà sazi, mentre noi camminiamo nella fede, pellegrini lontani da lui, e abbiamo fame e sete di giustizia e aneliamo con indicibile desiderio alla bellezza di Cristo che si svelerà nella forma di Dio, celebriamo con devozione il Natale di Cristo nato nella forma di servo.
Se non possiamo ancora contemplarlo perché è stato generato dal Padre prima dell’aurora, festeggiamolo perché nella notte è nato dalla Vergine. Se non lo comprendiamo ancora, perché il suo nome rimane davanti al sole (cfr. Sal 71, 17), riconosciamo il suo tabernacolo posto nel sole. Se ancora non vediamo l’Unigenito che rimane nel Padre, ricordiamo «lo sposo che esce dalla stanza nuziale» (cfr. Sal 18, 6). Se ancora non siamo preparati al banchetto del nostro Padre, riconosciamo il presepe del nostro Signore Gesù Cristo.

Dai « Discorsi » di Sant’Agostino : Epifania del Signore

dal sito:

http://www.augustinus.it/varie/natale/natale_epifania.htm

Dai « Discorsi » di Sant’Agostino Vescovo (Sermo 199, 1.1-2)

Epifania del Signore 

« Entrati nella casa,
(i Magi) videro il Bambino con Maria sua madre,
e prostratisi lo adorarono ».
(Mt 2, 11)

I Magi, simbolo di coloro che camminano nella fede e desiderano la visione

Non molto tempo fa abbiamo celebrato il giorno in cui il Signore è nato dai Giudei; oggi celebriamo il giorno in cui è stato adorato dai pagani. Poiché la salvezza viene dai Giudei (Gv 4, 22); ma questa salvezza (sarà portata) fino agli estremi confini del mondo (Is 49, 6). In quel giorno lo adorarono i pastori, oggi i magi; a quelli lo annunciarono gli angeli, a questi una stella. Tutti e due l’appresero per intervento celeste, quando videro in terra il re del cielo, perché ci fosse gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà (Lc 2, 14). Egli infatti è la nostra pace, colui che ha unito i due in un popolo solo (Ef 2, 14). Già, fin da quando il bambino è nato e annunziato, si presenta come pietra angolare (Cf. Mt 21, 42), tale si manifesta già nello stesso momento della nascita. Già cominciò a congiungere in sé le due pareti poste in diverse direzioni, chiamando i pastori dalla Giudea, i magi dall’Oriente: Per creare in se stesso dei due un solo uomo nuovo e ristabilire la pace; pace tanto a quelli che erano lontani tanto a quelli che erano vicini (Ef 2, 15.17). I pastori accorrendo da vicino lo stesso giorno della nascita, i magi arrivando oggi da lontano hanno consegnato ai posteri due giorni diversi da celebrare, pur avendo ambedue contemplato la medesima luce del mondo.

Oggi bisogna parlare dei magi che la fede ha condotto a Cristo da terre lontane. Vennero e lo cercarono dicendo: Dov’è il Re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo (Mt 2, 2). Annunziano e chiedono, credono e cercano, come per simboleggiare coloro che camminano nella fede e desiderano la visione (Cf. 2 Cor 5, 7). Non erano già nati tante volte in Giudea altri re dei Giudei? Come mai questo viene conosciuto da stranieri attraverso segni celesti e viene cercato in terra, risplende nell’alto del cielo e si nasconde umilmente? I magi vedono la stella in Oriente e capiscono che in Giudea è nato un re. Chi è questo re tanto piccolo e tanto grande, che in terra non parla ancora e in cielo già dà ordini? Proprio per noi – perché volle farsi conoscere da noi tramite le sue sante Scritture – volle che anche i magi credessero in lui attraverso i suoi profeti, pur avendo dato ad essi un segno così chiaro in cielo e pur avendo rivelato ai loro cuori di essere nato in Giudea. Nel cercare la città nella quale era nato colui che desideravano vedere e adorare, fu per essi necessario informarsi presso i capi dei Giudei. E questi, attingendo dalla sacra Scrittura che avevano sulle labbra ma non nel cuore, presentarono, da infedeli a persone divenute credenti, la grazia della fede, menzogneri nel loro cuore, veritieri a loro proprio danno. Quanto sarebbe stato meglio infatti se si fossero uniti a quelli che cercavano il Cristo, dopo aver sentito dire da essi che, veduta la sua stella, erano venuti desiderosi di adorarlo? se li avessero accompagnati essi stessi a Betlemme di Giuda, la città che avevano ad essi indicato seguendo le indicazioni dei Libri divini? se insieme ad essi avessero veduto, avessero compreso, avessero adorato? Invece, mentre hanno indicato ad altri la fonte della vita, essi ora sono morti di sete.

Sant’Agostino, Discorso 293, per la Natività di Giovanni Battista : « Io sono voce di uno che grida nel deserto »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&ordo=&localTime=01/02/2009#

Sant’Agostino (354-430), vescovo d’Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Discorso 293, per la Natività di Giovanni Battista

« Io sono voce di uno che grida nel deserto »
Giovanni è la voce, il Signore, invece, «in principio era il Verbo» (Gv 1,1). Giovanni voce nel tempo, Cristo in principio Parola eterna. Togli la parola, che cos’è la voce? Non ha nulla di intellegibile, è strepito a vuoto. La voce, senza la parola, colpisce l’orecchio, non apporta nulla alla mente. Nondimeno, proprio nell’edificazione della nostra mente, ci rendiamo conto dell’ordine delle cose. Se penso a quel che dirò, la parola è già dentro di me; ma, volendo parlare a te, cerco in qual modo sia anche nella tua mente ciò che è già nella mia. Cercando come possa arrivare a te e trovar posto nella tua mente la parola che occupa già la mia, mi servo della voce e, mediante la voce, ti parlo. Il suono della voce ti reca l’intelligenza della parola; appena il suono della voce ti ha recato l’intelligenza della parola, il suono stesso passa oltre; ma la parola, a te recata dal suono, è ormai nella tua mente e non si è allontanata dalla mia.

Perciò il suono, proprio il suono, quando la parola è penetrata in te, non ti sembra dire: «Egli deve crescere ed io, invece, diminuire» (Gv 3,30)? La sonorità della voce ha vibrato nel far servizio, quindi si è allontanata, come per dire: «Questa mia gioia è completa» (v. 29). Conserviamo la parola, badiamo a non perdere la parola concepita nel profondo dell’essere.

III DOMENICA DI AVVENTO – 14 DICEMBRE 2008

III DOMENICA DI AVVENTO - 14 DICEMBRE 2008 dans LETTURE DI SAN PAOLO NELLA LITURGIA DEL GIORNO ♥♥♥ 13%20ENL%20IS%20PREDISANT%20L%20INCARNATION%20B

http://www.artbible.net/3JC/-Joh-01,01_Logos%20made%20flesh_Logos%20fait%20chair/index.html

III DOMENICA DI AVVENTO

14 DICEMBRE 2008

SAN GIOVANNI DELLA CROCE

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura   1 Ts 5, 16-24
Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

PRIMI VESPRI

Lettura Breve   1 Ts 5, 23-24
Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo!

UFFICIO DELLE LETTURE
non c’è citazione su San Paolo, ma Sant’Agostino…è Sant’Agostino

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo (Disc. 293, 3; Pl 1328-1329)

Giovanni è la voce, Cristo il Verbo
Giovanni è la voce. Del Signore invece si dice: «In principio era il Verbo» (Gv 1, 1). Giovanni è la voce che passa, Cristo è il Verbo eterno che era in principio. Se alla voce togli la parola, che cosa resta? Dove non c’è senso intelligibile, ciò che rimane è semplicemente un vago suono. La voce senza parola colpisce bensì l’udito, ma non edifica il cuore. Vediamo in proposito qual è il procedimento che si verifica nella sfera della comunicazione del pensiero. Quando penso ciò che devo dire, nel cuore fiorisce subito la parola. Volendo parlare a te, cerco in qual modo posso fare entrare in te quella parola, che si trova dentro di me. Le do suono e così, mediante la voce, parlo a te. Il suono della voce ti reca il contenuto intellettuale della parola e dopo averti rivelato il suo significato svanisce. Ma la parola recata a te dal suono è ormai nel tuo cuore, senza peraltro essersi allontanata dal mio.  Non ti pare, dunque, che il suono stesso che è stato latore della parola ti dica: «Egli deve crescere e io invece diminuire»? (Gv 3, 30). Il suono della voce si è fatto sentire a servizio dell’intelligenza, e poi se n’è andato quasi dicendo: «Questa mia gioia si è compiuta» (Gv 3, 29). Teniamo ben salda la parola, non perdiamo la parola concepita nel cuore. Vuoi constatare come la voce passa e la divinità del Verbo resta? Dov’è ora il battesimo di Giovanni? Lo impartì e poi se ne andò. Ma il battesimo di Gesù continua ad essere amministrato. Tutti crediamo in Cristo, speriamo la salvezza in Cristo: questo volle significare la voce. E siccome è difficile distinguere la parola dalla voce, lo stesso Giovanni fu ritenuto il Cristo. La voce fu creduta la Parola; ma la voce si riconobbe tale per non recare danno alla Parola. «Non sono io, disse, il Cristo, né Elia, né il profeta». Gli fu risposto: «Ma tu allora chi sei?» «Io sono, disse, la voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore» (cfr. Gv 1, 20-21). «Voce di chi grida nel deserto, voce di chi rompe il silenzio». «Preparate la strada» significa: Io risuono al fine di introdurre lui nel cuore, ma lui non si degna di venire dove voglio introdurlo, se non gli preparate la via. Che significa: Preparate la via, se non: chiedete come si deve? Che significa: Preparate la via, se non: siate umili di cuore? Prendete esempio dal Battista che, scambiato per il Cristo, dice di non essere colui che gli altri credono sia. Si guarda bene dallo sfruttare l’errore degli altri ai fini di una sua affermazione personale. Eppure se avesse detto di essere il Cristo, sarebbe stato facilmente creduto, poiché lo si credeva tale prima ancora che parlasse. Non lo disse, riconoscendo semplicemente quello che era. Precisò le debite differenze. Si mantenne nell’umiltà. Vide giusto dove trovare la salvezza. Comprese di non essere che una lucerna e temette di venire spenta dal vento della superbia.

SECONDI VESPRI

Lettura Breve   Fil 4, 4-5
Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino!

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