Archive pour la catégorie 'Padri della Chiesa – San Giovanni Crisostomo'

Dalle «Omelie sul vangelo di Matteo» di san Giovanni Crisostomo, vescovo (per la festa di San Giacomo il Maggiore)

dal sito:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/227.html

Dalle «Omelie sul vangelo di Matteo» di san Giovanni Crisostomo, vescovo.

I figli di Zebedeo chiedono al Cristo: «Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10, 37). Cosa risponde il Signore? Per far loro comprendere che nella domanda avanzata non vi é nulla di spirituale e che, se sapessero ciò che chiedono, non lo domanderebbero, risponde: «Non sapete ciò che domandate», cioé non ne conoscete il valore, la grandezza e la dignità, superiori alle stesse potenze celesti. E aggiunge: «Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?» (Mc 10, 38). Voi, sembra dir loro, mi parlate di onori e di dignità; io vi parlo, invece di lotte e di sudori. Non é questo il tempo dei premi, né la mia gloria si manifesta ora. Il presente é tempo di morte violenta, di guerre e di pericoli.
Osservate quindi come, rispondendo loro con un’altra domanda, li esorti e li attragga. Non chiede se sono capaci di morire, di versare il loro sangue, ma domanda: «Potete voi bere il calice» e per animarli aggiunge «che io devo bere?», in modo da renderli, con la partecipazione alle sue sofferenze, più coraggiosi. Chiama la sua passione «battesimo» per far capire che tutto il mondo ne avrebbe ricevuto una grande purificazione. I due discepoli rispondono: «Possiamo!». Promettono immediatamente, senza sapere ciò che chiedono, con la speranza che la loro richiesta sia soddisfatta. E Gesù risponde: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete» (Mc 10, 39). Preannunzia loro grandi beni: Voi, cioé, sarete degni di subire il martirio e soffrirete con me; finirete la vita con una morte eroica e parteciperete a questi miei dolori. «Ma sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo; é per coloro per i quali é stato preparato» (Mc 10, 40).
Dopo aver preparato l’animo dei due discepoli e dopo averli fortificati contro il dolore, allora corregge la loro richiesta. «Gli altri dieci si sdegnarono con i due fratelli» (Mt 20, 24). Notate come tutti gli apostoli siano ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di loro. Ma, come ho già detto, osservateli più tardi, e li vedrete esenti da tutte queste miserie. Giovanni stesso, che ora si fa avanti anche lui per ambizione, cederà in ogni circostanza il primato a Pietro, sia nella predicazione, sia nel compiere miracoli, come appare dagli Atti degli Apostoli. Giacomo, invece, non visse molto tempo dopo questi avvenimenti. Dopo la Pentecoste infatti sarà tale il suo fervore che, lasciato da parte ogni interesse terreno, perverrà ad una virtù così elevata da essere ritenuto maturo di ricevere subito il martirio.

Voi non sapete quel che chiedete…
Giacomo il maggiore, l’apostolo fratello di Giovanni è il primo apostolo a subire il martirio dimostrando come fosse pronto ad immolare la propria vita per il Signore. Essere discepoli ed apostoli di Gesù significa anche saper offrire la propria vita. Gesù stesso preannuncia questo futuro alla madre di Giacomo e di Giovanni che già li vedeva beneficati di gloria e di onori terreni. L’intervento materno, comprensibile dal punto di vista umano produce però delle tensioni nel collegio apostolico. Evidentemente a quegli onori aspiravano un po’ tutti gli apostoli ed ognuno si sentiva più degno dell’altro per assumere a posti di maggior onore. L’intervento di Gesù è valido per tutti e non solo per la richiesta della madre ed è insegnamento per noi quando ci sentiamo troppo legati ai riconoscimenti material
i.

San Giovanni Crisostomo: La parabola del lievito

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100726

Lunedì della XVII settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mt 13,31-35
Meditazione del giorno
San Giovanni Crisostomo (circa 345-407), vescovo d’Antiochia poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Omelia sul Vangelo di San Matteo, 46, 2-3

La parabola del lievito

        Il Signore presenta, in seguito, l’immagine del lievito : come questo lievito comunica la sua forza alla massa di farina, così trasformerete, anche voi, il mondo intero… Non mi obiettate : cosa potremo fare, noi che siamo soltanto dodici, gettati in mezzo a una folla così grande ? Ciò che farà risaltare lo splendore della vostra potenza, è proprio il fatto che affrontiate la moltitudine senza indietreggiare… È solo Cristo che dà al lievito la sua potenza : ha impastato con la moltitudine, quelli che avevano fede in lui, perché ci comunicassimo gli uni agli altri le nostre conoscenze. Non lo si rimproveri per il numero ridotto dei suoi discepoli, perché grande è la potenza del messaggio ; e quando la massa è fermentata, diviene essa stessa, a sua volta, lievito per il resto…

        Ma, se dodici uomini hanno fatto lievitare la terra intera, quanto siamo cattivi noi che, nonostante il nostro numero considerabile, non riusciamo a convertire quelli che ci circondano, quando un tale numero dovrebbe bastare per essere lievito per migliaia di mondi ! – Questi dodici però, direte, erano Apostoli ! – E allora ? Non erano forse nelle stesse condizioni di noi. Non abitavano in città ? Non condividevano la nostra sorte ? Non esercitavano mestieri ? Erano forse angeli scesi dal cielo ? Dite che hanno fatto miracoli ? Però non è per questo motivo che li ammiriamo. Fino a quando parleremo dei loro miracoli per nascondere la nostra pigrizia ?…– Allora da dove viene la grandezza degli Apostoli ? – Dal loro disprezzo delle ricchezze, dal loro disdegno della gloria… È il loro modo di vivere che dà il vero splendore e fa scendere la grazia dello Spirito.

DOMENICA 25 LUGLIO 2010 – XVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

DOMENICA 25 LUGLIO 2010 - XVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO dans Lettera ai Colossesi notrepere_big

http://www.scriptoriumticinensis.com/notre_pere.html

DOMENICA 25 LUGLIO 2010 – XVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SAN GIACOMO APOSTOLO

MESSA DEL GIORNO LINK:

http://www.maranatha.it/Festiv2/ordinC/C17page.htm

MESSA DEL GIORNO:

Seconda Lettura  Col 2, 12-14
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, perdonando tutte le colpe.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi.

Fratelli, con Cristo sepolti nel battesimo, con lui siete anche risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.
Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 7, 2-16

Gioia dell’apostolo per il pentimento dei cristiani di Corinto
Fratelli, fateci, posto nei vostri cuori! A nessuno abbiamo fatto ingiustizia, nessuno abbiamo danneggiato, nessuno abbiamo sfruttato. Non dico questo per condannare qualcuno; infatti vi ho già detto sopra che siete nel nostro cuore, per morire insieme e insieme vivere. Sono molto franco con voi e ho molto da vantarmi di voi. Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione. Infatti, da quando siamo giunti in Macedonia, la nostra carne non ha avuto sollievo alcuno, ma da ogni parte siamo tribolati: battaglie all’esterno, timori al di dentro.
Ma Dio che consola gli afflitti ci ha consolati con la venuta di Tito, e non solo con la sua venuta, ma con la consolazione che ha ricevuto da voi. Egli ci ha annunziato infatti il vostro desiderio, il vostro dolore, il vostro affetto per me; cosicché la mia gioia si è ancora accresciuta.
Se anche vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne dispiace. E se me ne è dispiaciuto — vedo infatti che quella lettera, anche se per breve tempo soltanto, vi ha rattristati — ora ne godo; non per la vostra tristezza, ma perché questa tristezza vi ha portato a pentirvi. Infatti vi siete rattristati secondo Dio e così non avete ricevuto alcun danno da parte nostra; perché la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte. Ecco, infatti, quanta sollecitudine ha prodotto in voi proprio questo rattristarvi secondo Dio; anzi quante scuse, quanta indignazione, quale timore, quale desiderio, quale affetto, quale punizione! Vi siete dimostrati innocenti sotto ogni riguardo in questa faccenda. Così se anche vi ho scritto, non fu tanto a motivo dell’offensore o a motivo dell’offeso, ma perché apparisse chiara la vostra sollecitudine per noi davanti a Dio. Ecco quello che ci ha consolati.
A questa nostra consolazione si è aggiunta una gioia ben più grande per la letizia di Tito, poiché il suo spirito è stato rinfrancato da tutti voi. Cosicché se in qualche cosa mi ero vantato di voi con lui, non ho dovuto vergognarmene, ma come abbiamo detto a voi ogni cosa secondo verità, così anche il nostro vanto con Tito si è dimostrato vero. E il suo affetto per voi è cresciuto, ricordando come tutti gli avete obbedito e come lo avete accolto con timore e trepidazione. Mi rallegro perché posso contare totalmente su di voi.

Responsorio   Cfr. 2 Cor 7, 10. 9
R: La tristezza secondo Dio produce un pentimento che porta alla salvezza; * la tristezza del mondo produce la morte.
V. Ci siamo rattristati secondo Dio, e così non abbiamo sofferto alcun danno:
R. la tristezza del mondo produce la morte.

Seconda Lettura
Dalle «Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo  (Om. 14, 1-2; PG 61, 497-499)

Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazione
Paolo riprende il discorso sulla carità, moderando l’asprezza del rimprovero. Dopo avere infatti biasimato e rimproverato i Corinzi per il fatto che, pur amati, non avevano corrisposto all’amore, anzi erano stati ingrati e avevano dato ascolto a gente malvagia, mitiga il rimprovero dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori» (2 Cor 7, 2), cioè amateci. Chiede un favore assai poco gravoso, anzi più utile a loro che a lui. Non dice «amate», ma con squisita delicatezza: «Fateci posto nei vostri cuori». Chi ci ha scacciati, sembra chiedere, dai vostri cuori? Chi ci ha espulsi? Per quale motivo siamo stati banditi dal vostro spirito? Dato che prima aveva affermato: «E’ nei vostri cuori invece che siete allo stretto» (2 Cor 6, 12), qui esprime lo stesso sentimento dicendo: «Fateci posto nei vostri cuori». Così li attira di nuovo a sé. Niente spinge tanto all’amore chi è amato quanto il sapere che l’amante desidera ardentemente di essere corrisposto.
«Vi ho già detto poco fa, continua, che siete nel nostro cuore per morire insieme e insieme vivere» (2 Cor 7, 3). Espressione massima dell’amore di Paolo: benché disprezzato, desidera vivere e morire con loro. Siete nel nostro cuore non superficialmente, in modo qualsiasi, ma come vi ho detto. Può capitare che uno ami, ma fugga al momento del pericolo: non è così per me.
«Sono pieno di consolazione» (2 Cor 7, 4). Di quale consolazione? Di quella che mi viene da voi: ritornati sulla buona strada mi avete consolato con le vostre opere. E’ proprio di chi ama prima lamentarsi del fatto che non è amato, poi temere di recare afflizione per eccessiva insistenza nella lamentela. Per questo motivo aggiunge: «Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia».
In altre parole: sono stato colpito da grande dispiacere a causa vostra, ma mi avete abbondantemente compensato e recato gran sollievo; non avete solo rimosso la causa del dispiacere, ma mi avete colmato di più abbondante gioia.
Paolo manifesta la sua grandezza d’animo non fermandosi a dire semplicemente «sovrabbondo di gioia», ma aggiungendo anche «in ogni mia tribolazione». E’ così grande il piacere che mi avete arrecato che neppure la più grande tribolazione può oscurarlo, anzi è tale da farmi dimenticare con l’esuberanza della sua ricchezza, tutti gli affanni che mi erano piombati addosso e ha impedito che io ne rimanessi schiacciato.

Responsorio   2 Cor 12, 12. 15
R. In mezzo a voi si sono compiuti i segni del vero apostolo, * in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli.
V. Io mi prodigherò volentieri, anzi consumerò me stesso per le vostre anime
R. in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli.

San Giovanni Crisostomo: La parabola della zizzania

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100724

Sabato della XVI settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mt 13,24-30
Meditazione del giorno
San Giovanni Crisostomo (circa 345-407), vescovo d’Antiochia poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Omelia sul Vangelo di San Matteo, 46, 1-2

La parabola della zizzania

        Il metodo del diavolo è quello di mescolare sempre alla verità, l’errore rivestito delle apparenze e dei colori della verità, per poter sedurre facilmente coloro che si lasciano ingannare. Ecco perché Nostro Signore parla soltanto della zizzania, poiché questa pianta assomiglia al grano. Poi, indica come costui ci sappia fare a ingannare : « Mentre tutti dormivano ». Qui, si vede il grave pericolo che corrono i capi, soprattuto coloro  ai quali è stata affidata la guardia del campo. Questo pericolo del resto, non minaccia soltanto i capi, ma anche i loro subordinati. Ci mostra pure che l’errore viene dopo la verità…

        Cristo ci dice tutto ciò per insegnarci a non addormentarci…, ne consegue la necessità di una guardia vigilante. Perciò diceva : « Chi persevererà sino alla fine sarà salvato » (Mt 10, 22)… Ora considera lo zelo dei servi. Vogliono sradicare la zizzania immediatamente. Anche se manca loro la riflessione, questo prova la loro sollecitudine per il seme. Cercano una cosa sola, non trarre vendetta da costui che ha seminato la zizzania, ma salvare la messe. Ecco perché cercano come scacciare totalmente il male… Cosa risponde allora il Padrone ? … Glielo impedisce per due motivi : il primo, il timore di nuocere al grano ; il secondo, la certezza che un castigo inevitabile si abbatterà su quelli che sono colpiti da questa malattia mortale. Se vogliamo la loro punizione senza che ne soffra la messe, aspettiamo il momento opportuno…Forse, una parte di quella zizzania si mutarà in grano ? Se quindi la sradichate ora, nuocerete alla messe prossima, sradicando quelli che potranno cambiare a diventare migliori.

SABATO 24 LUGLIO 2010 – XVI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SABATO 24 LUGLIO 2010 – XVI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 6, 1 – 7, 1

Le tribolazioni di Paolo. Esortazione alla santità
Fratelli, poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti:
«Al momento favorevole ti ho esaudito
e nel giorno della salvezza ti ho soccorso» (Is 49,8).Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga biasimato il nostro ministero; ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni; con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero; con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra; nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama. Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri; sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte; afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!
La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi, e il nostro cuore si è tutto aperto per voi. Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto. Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!
Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l’iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre? Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto:
Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò
e sarò il loro Dio,
ed essi saranno il mio popolo (Lv 26,12).
Perciò uscite di mezzo a loro
e riparatevi, dice il Signore,
non toccate nulla d’impuro.
E io vi accoglierò,
e sarò per voi come un padre,
e voi mi sarete come figli e figlie,
dice il Signore onnipotente (Is 52,11; 2 Sam 7, 8-14).
In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la nostra santificazione, nel timore di Dio.

Responsorio   2 Cor 6, 14. 16; 1 Cor 3, 16
R. Quale rapporto tra la giustizia e l’iniquità? Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? * Voi siete il tempio del Dio vivente.
V. Non sapete che siete tempio di Dio e il suo Spirito abita in voi?
R. Voi siete il tempio del Dio vivente.

Seconda Lettura
Dalle «Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Om 13, 1-2; PG 61, 491-492)

Il nostro cuore si è aperto per voi
«Il nostro cuore si è tutto aperto per voi» (2Cor 6,11). Come il calore, così la carità ha la prerogativa di dilatare, è, infatti, una virtù ardente e impetuosa. Essa apriva la bocca e dilatava il cuore di Paolo. E non vi era nessun cuore più grande del cuore di Paolo. Egli come ogni persona che ama, abbracciava con amore tanto profondo tutti i fedeli che nessuno ne era escluso o messo da parte. E non ci meravigli questo suo amore verso i credenti, dal momento che il suo amore si estendeva anche ai non credenti. Non disse infatti: «Amo soltanto con la bocca, ma anche il cuore canta all’unisono nell’amore con la bocca, perciò parlo con fiducia, con tutto il cuore e con tutta la mente». Non dice: «vi amo», ma usa un’espressione assai più significativa: «La nostra bocca si è aperta e il nostro cuore si è dilatato» cioè vi porto tutti nell’intimo del cuore, in un abbraccio universale. Chi è amato, infatti, si muove a suo piacimento nell’intimo del cuore che lo ama. Per questo l’Apostolo afferma: «Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto. Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!» (2Cor 6,12-13). Nota il rimprovero, addolcito dall’amore, caratteristica delle persone che amano. Non dice loro che non lo amano, ma fa capire che non gli vogliono bene come lui a loro. Non vuole rimproverarli, se non dolcemente.
Si scorge dappertutto, nelle singole lettere, la presenza di questo suo vivissimo amore per i fedeli. Scrive ai Romani: Bramo vedervi e spesso mi son proposto di venire da voi. Spero di poter in qualche modo venir a trovarvi (cfr. Rm 1,10-11). Ai Galati manda a dire: «Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore» (Gal 4,19). Agli Efesini: «Per questo motivo, piego le ginocchia davanti al Padre per voi» (Ef 3,14). Ai Tessalonicesi aggiunge: Qual è la mia speranza o la mia gioia o la mia corona di gloria? Non siete forse voi? (cfr. 1Tt 2,19). Asserisce così di portarli in cuore anche se incatenato.
Scrive inoltre ai Colossesi: Voglio che sappiate quale lotta io sostengo per voi, anche per coloro che non mi conoscono di vista, perché trovino consolazione i vostri cuori (cfr. Col 2,1), e ai Tessalonicesi: Come una nutrice, che cura i suoi bambini, così avremmo voluto, per il grande affetto per voi, darvi non solo il Vangelo, ma anche la vita (cfr. 1Ts 2,7-8). Non vuole che si angustino per lui. Però non desidera essere solo lui ad amare, ma anche essere riamato da loro, per attirare maggiormente i loro animi. E gioisce di questo loro atteggiamento. Assicura infatti: È venuto Tito e ci ha fatto conoscere il vostro desiderio, il vostro pianto, il vostro amore per me (cfr. 2Cor 7,7).

Responsorio   Cfr. 1 Cor 13, 4. 6; Pro 10, 12
R. La carità è buona e paziente; non è invidiosa, non manca di rispetto; * non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.
V. L’odio suscita i litigi; l’amore ricopre ogni colpa,
R. non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità.

San Giovanni Crisostomo: « Chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli… non perderà la sua ricompensa »

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/main.php?language=IT&module=commentary&localdate=20100712

Lunedì della XV settimana delle ferie del Tempo Ordinario : Mt 10,34-42#Mt 11,1-1
Meditazione del giorno
San Giovanni Crisostomo (circa 345-407), vescovo d’Antiochia poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Omelie sugli Atti degli Apostoli, n° 45 ; PG 60, 318-320

« Chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli… non perderà la sua ricompensa »

        «Ero forestiero, dice Cristo, e mi avete ospitato» (Mt 25,35). E ancora: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). Poiché si tratta di un credente e di un fratello, foss’anche il più piccolo, entra con lui Cristo. Apri dunque la tua casa, accoglilo. «Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta»… Questi sono i sentimenti che dobbiamo provare quando riceviamo dei forestieri: la sollecitudine, la gioia, la generosità. Il forestiero è sempre timido e vergognoso. Se il suo ospite non lo riceve con gioia, si ritira con il sentimento di esser stato disprezzato. Infatti è peggio essere ricevuto in questo modo, che non essere stato ricevuto affatto.

        Abbi dunque una casa dove Cristo trovi la sua dimora. Di’: «Ecco la stanza di Cristo. Ecco la dimora che gli è riservata». Anche se é molto semplice, non sarà disprezzata da lui. Cristo è nudo, forestiero. Ha bisogno solo di un tetto. Dagli almeno questo. Non essere crudele e disumano. Tu che mostri tanto ardore per i beni materiali, non restare freddo per le ricchezze dello Spirito… Hai un locale per la tua vettura, e non ne avresti uno per Cristo vagabondo? Abramo riceveva i forestieri dove abitava (Gen 18). Sua moglie li curava come se lei fosse la loro serva e loro i padroni. Né l’uno né l’altro sapevano che ricevevano Cristo, che accoglievano degli angeli. Se l’avessero saputo, si sarebbero spogliati di tutto. Noi che sappiamo riconoscere Cristo, mostriamo ancora più sollecitudine di loro che credevano di ricevere solo degli uomini.

VENERDÌ 14 MAGGIO 2010 – VI SETTIMANA DI PASQUA

VENERDÌ 14 MAGGIO 2010 – VI SETTIMANA DI PASQUA

SAN MATTIA APOSTOLO

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dagli Atti degli Apostoli 5, 12-32

Gli Apostoli nella Chiesa primitiva
In quei giorni, molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.
Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore, e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica. Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse: «Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita». Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.
Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d’Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione. Ma gli incaricati, giunti sul posto, non li trovarono nella prigione e tornarono a riferire: «Abbiamo trovato il carcere scrupolosamente sbarrato e le guardie ai loro posti davanti alla porta, ma, dopo aver aperto, non abbiamo trovato dentro nessuno». Udite queste parole, il capitano del tempio e i sommi sacerdoti si domandavano perplessi che cosa mai significasse tutto questo, quando arrivò un tale ad annunziare: «Ecco, gli uomini che avete messo in prigione si trovano nel tempio a insegnare al popolo».
Allora il capitano uscì con le sue guardie e li condusse via, ma senza violenza, per timore di esser presi a sassate dal popolo. Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo: «Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell’uomo». Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce. Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui».

Responsorio    At 4, 33. 31
R. Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù, * e presso il popolo godevano di grande simpatia, alleluia.
V. Pieni di Spirito Santo annunziavano la parola di Dio con franchezza,
R. e presso il popolo godevano di grande simpatia, alleluia.

Seconda Lettura
Dalla «Omelie sugli Atti degli Apostoli» di san Giovanni Crisostomo, vescovo    (Om. 3, 1. 2. 3; PG 60, 33-36, 38)

Mostraci, Signore, chi hai designato
«In quei giorni, Pietro si alzò in mezzo ai fratelli e disse…» (At 1, 15). Dato che era il più zelante e gli era stato affidato da Cristo il gregge, e dato che era il primo nell’assemblea, per primo prende la parola: Fratelli, occorre scegliere uno tra noi (cfr. At 1, 21-22). Lascia ai presenti il giudizio, stimando degni d’ogni fiducia coloro che sarebbero stati scelti e infine garantendosi contro ogni odiosità che poteva sorgere. Infatti decisioni così importanti sono spesso origine di numerosi contrasti.
E non poteva essere lo stesso Pietro a scegliere? Certo che poteva, ma se ne astiene per non sembrare di fare parzialità. D’altra parte non aveva ancora ricevuto lo Spirito Santo. «Ne furono proposti due, Giuseppe, detto Barsabba che era soprannominato Giusto, e Mattia» (At 1, 23). Non li presentò lui, ma tutti. Lui motivò la scelta, dimostrando che non era sua, ma già contemplata dalla profezia. Così egli fu solo l’interprete, non uno che impone il proprio giudizio.
Continua: Bisogna, dunque, che tra questi uomini che sono radunati con noi… (cfr. At 1, 21). Osserva quanta oculatezza richieda già nei testimoni, anche se doveva ancora venire lo Spirito. Egli comunque tratta con grande diligenza questa scelta.
Tra questi uomini, prosegue, che sono stati con noi tutto il tempo che visse tra noi il Signore Gesù. Parla di coloro che erano vissuti con Gesù, non quindi semplici discepoli. All’inizio molti lo seguivano: ecco perché afferma: Era uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e avevano seguito Gesù.
«Tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, incominciando dal battesimo di Giovanni» (At 1, 21). E sì, perché gli avvenimenti accaduti prima, nessuno li ricordava con esattezza, ma li appresero dallo Spirito. «Fino al giorno in cui (Gesù) è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga insieme a noi testimone della sua risurrezione» (At 1, 22). Non dice: testimone di ogni cosa, ma «testimone della sua risurrezione», semplicemente.
Infatti era più credibile uno che affermasse: Colui che mangiava, beveva e fu crocifisso, è proprio lo stesso che è risuscitato. Perciò non era necessario che fosse testimone del passato né del tempo successivo e neppure dei miracoli, ma solo della risurrezione. Gli altri avvenimenti erano noti ed evidenti; la risurrezione invece era avvenuta di nascosto ed era nota solo a quei pochi.
E pregavano insieme dicendo: «Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostra…» (At 1, 24). Tu, non noi. Molto giustamente lo invocano come colui che conosce i cuori: da lui, infatti, dev’essere fatta l’elezione, non da altri. Pregavano con tanta confidenza, perché era proprio necessario che uno fosse eletto. Non chiesero: Scegli, ma: mostra l’eletto, «colui che hai eletto», ben sapendo che tutto è già stabilito da Dio. «E li tirano a sorte». Non si ritenevano degni di fare essi stessi l’elezione, per questo desiderarono essere guidati da un segno.

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