« LETTERA AI ROMANI » DI SANT’IGNAZIO DI ANTIOCHIA, VESCOVO E MARTIRE
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SECONDA LETTURA DI DOMENICA 8, LUNEDÌ 9, MARTEDÌ 10 GIUGNO
ho preso il testo della lettera dal sito che vedete sopra perché è uguale al testo del libro che ho in casa: I Padri Apostolici, Traduzione, introduzione e note a cura di Antonio Quacquarelli, città nuova editrice, Roma 1976;
il testo del libro della liturgia delle ore è una traduzione un po’ più moderna, ma così io posso mettere le citazioni che ho sul libro;
LA STORIA, LA PERSONA, DAL SITO:
http://santiebeati.it/dettaglio/24900
Dalla data del 1° febbraio, la memoria di Sant’Ignazio Martire è stata riportata ad oggi, data tradizionale del suo martirio, dal nuovo Calendario ecclesiastico, che la prescrive come obbligatoria per tutta la Chiesa. Sant’Ignazio fu il terzo Vescovo di Antiochia, in Siria, cioè della terza metropoli del mondo antico dopo Roma e Alessandria d’Egitto. Lo stesso San Pietro era stato primo Vescovo di Antiochia, e Ignazio fu suo degno successore: un pilastro della Chiesa primitiva così come Antiochia era uno dei pilastri del mondo antico. Non era cittadino romano, e pare che non fosse nato cristiano, e che anzi si convertisse assai tardi. Ciò non toglie che egli sia stato uomo d’ingegno acutissimo e pastore ardente di zelo. I suoi discepoli dicevano di lui che era » di fuoco « , e non soltanto per il nome, dato che ignis in latino vuol dire fuoco. Mentre era Vescovo ad Antiochia, l’Imperatore Traiano dette inizio alla sua persecuzione, che privò la Chiesa degli uomini più in alto nella scala gerarchica e più chiari nella fama e nella santità. Arrestato e condannato ad bestias, Ignazio fu condotto, in catene, con un lunghissimo e penoso viaggio, da Antiochia a Roma dove si allestivano feste in onore dell’Imperatore vittorioso nella Dacia e i Martiri cristiani dovevano servire da spettacolo, nel circo, sbranati e divorati dalle belve. Durante il suo viaggio, da Antiochia a Roma, il Vescovo Ignazio scrisse sette lettere, che sono considerate non inferiori a quelle di San Paolo: ardenti di misticismo come quelle sono sfolgoranti di carità. In queste lettere, il Vescovo avviato alla morte raccomandava ai fedeli di fuggire il peccato; di guardarsi dagli errori degli Gnostici; soprattutto di mantenere l’unità della Chiesa. D’un’altra cosa poi si raccomandava, scrivendo particolarmente ai cristiani di Roma: di non intervenire in suo favore e di non tentare neppure di salvarlo dal martirio. » lo guadagnerei un tanto – scriveva – se fossi in faccia alle belve, che mi aspettano. Spero di trovarle ben disposte. Le accarezzerei, anzi, perché mi divorassero d’un tratto, e non facessero come a certuni, che han timore di toccarli: se manifestassero queste intenzioni, io le forzerei « . E a chi s’illudeva di poterlo liberare, implorava: » Voi non perdete nulla, ed io perdo Iddio, se riesco a salvarmi. Mai più mi capiterà una simile ventura per riunirmi a Lui. Lasciatemi dunque immolare, ora che l’altare è pronto! Uniti tutti nel coro della carità, cantate: Dio s’è degnato di mandare dall’Oriente in Occidente il Vescovo di Siria! « .
Infine prorompeva in una di quelle immagini che sono rimaste famose nella storia dei Martiri: » Lasciatemi essere il nutrimento delle belve, dalle quali mi sarà dato di godere Dio. lo sono frumento di Dio. Bisogna che sia macinato dai denti delle belve, affinché sia trovato puro pane di Cristo « . E, giunto a Roma, nell’anno 107, il Vescovo di Antiochia fu veramente » macinato » dalle innocenti belve del Circo, per le quali il Martire trovò espressioni di una insolita tenerezza e poesia: » Accarezzatele, scriveva infatti, affinché siano la mia tomba e non facciano restare nulla del mio corpo, e i miei funerali non siano a carico di nessuno « .
SUL PENSIERO DI SANT’IGNAZIO DAL LIBRO CITATO- QUALCOSA:
Le lettere di Ignazio di Antiochia toccano il culmine della concezione cristologica espressa dai Padri Apostolici. Non sono una lunga esposizione di un trattato come lo possiamo intendere oggi, ma la voce viva di una esperienza religiosa meditata e sofferta. Cristo è la nostra vita, tutto da lui dobbiamo imparare. La persona di Cristo è una e da questa unità discende la nostra unione a lui; alla sua carne, alla sua passione, alla sua resurrezione.
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Le lettere di Ignazio sono come un giornale di viaggio che il martire designatus, per usare una espressione tertulliana, scrive. È il viaggio – oggi si direbbe – di traduzione verso Roma. Lo si può ricostruire. Con partenza da Antiochia, ove era vescovo, toccando Filadelfia, Smirne, Troade, a Neapoli sbarca e si immette via Egnatia per Roma. Giornale di viaggio da una parte e diario spirituale dall’altra. Questo è il genere letterario di Ignazio. Dove passava gli Andavano incontro i fedeli per salutarlo, parlargli e ricever consigli.
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Scrisse anche alla comunità di Roma, pregandola di non intercedere per la grazia.
IL RIFERIMENTO A SAN PAOLO – QUALCOSA
da: Quasten J., Patrologia , i primi due secoli, vol. I, Marietti, Casale Monferrato 1980
pag. 66:
« In complesso il fondo della cristologia di S. Ignazio è paolino, sebbene influenzato e arricchito dalla teologia di San Giovanni…Ignazio esorta alla unità e all’armonia in tute le sue epistole, tranne che in quella che rivolge ai romani. Egli non pretende di dare consigli alla comunità di Roma, poiché questa deriva la sua autorità dai principi degli apostoli: « Io non vi do consigli come Pietro e Paolo: essi erano degli apostoli, io sono un condannato; essi erano liberi, e io finora uno schiavo> (Rm 4,3). Questo passo fa di Ignazio anche un testimonio importante del soggiorno a Roma di Pietro e Paolo…Nessun autore dei primi tempi del cristianesimo forse, predica con la stessa eloquenza di Ignazio l’ di Cristo…L’idea di somigliare al Signore accende il suo ardore e il suo entusiasmo per il martirio, in questo egli vede l’imitazione perfetta di Cristo. Esser un vero discepolo di Cristo, significa, per Ignazio, esser pronto a sacrificare la vita per lui… L’idea paolina dell’immanenza di Dio nell’anima umana è uno dei temi preferiti da Sant’Ignazio. La divinità di Cristo abita nell’anima dei cristiani come n tempio…Ma non soltanto Cristo è in noi. Noi facciamo una cosa sola con lui. Tutti i cristiani sono legati da una unione divina. Ignazio ripete continua mente la formula di San Paolo: . Egli desidera >essere trovato in Gesù Cristo>
« LETTERA AI ROMANI » DI SANT’IGNAZIO DI ANTIOCHIA, VESCOVO E MARTIRE
Saluto
Ignazio, Teoforo, a colei che ha ricevuto misericordia nella magnificenza del Padre altissimo e di Gesù Cristo suo unico figlio, la Chiesa amata e illuminata nella volontà di chi ha voluto tutte le cose che esistono, nella fede e nella carità di Gesù Cristo Dio nostro, che presiede nella terra di Roma, degna di Dio, di venerazione, di lode, di successo, di candore, che presiede alla carità, che porta la legge di Cristo e il nome del Padre. A quelli che sono uniti nella carne e nello spirito ad ogni suo comandamento piene della grazia di Dio in forma salda e liberi da ogni macchia l’augurio migliore e gioia pura in Gesù Cristo, Dio nostro.
Incatenato in Gesù Cristo
I,1. Dopo aver pregato Dio ho potuto vedere i vostri santi volti ed ottenere più di quanto avevo chiesto. Incatenato in Gesù Cristo spero di salutarvi, se è volontà di Dio che io sia degno sino alla fine. 2. L’inizio è facile a compiersi, ma vorrei ottenere la mia eredità senza ostacoli. Temo però che il vostro amore mi sia nocivo. A voi è facile fare ciò che volete, a me è difficile raggiungere Dio se non mi risparmiate.
L’altare è pronto
II,1. Non voglio che voi siate accetti agli uomini, ma a Dio come siete accetti. Io non avrò più un’occasione come questa di raggiungere Dio, né voi, pur a tacere, avreste a sottoscrivere un’opera migliore. Se voi tacerete per me, io diventerò di Dio, se amate la mia carne di nuovo sarò a correre. 2. Non procuratemi di più che essere immolato a Dio, sino a quando è pronto l’altare, per cantare uniti in coro nella carità al Padre in Gesù Cristo, poiché Iddio si è degnato che il vescovo di Siria, si sia trovato qui facendolo venire dall’oriente all’occidente. È bello tramontare al mondo per il Signore e risorgere in lui.
Il cristianesimo odiato dal mondo
III,1. Non avete mai insediato nessuno, avete insegnato agli altri. Desidero che resti fermo ciò che avete insegnato. 2. Per me chiedete solo la forza interiore ed esteriore, perché non solo parli, ma anche voglia, perché non solo mi dica cristiano, ma lo sia realmente. Se io lo sono potrei anche essere chiamato e allora essere fedele quando non apparirò al mondo. 3. Niente di ciò che è visibile è buono. Dio nostro Signore Gesù Cristo essendo nel Padre si riconosce maggiormente. Non è opera di persuasione ma di grandezza il cristianesimo, quando è odiato dal mondo.
Sono il frumento di Dio
IV,1. Scrivo a tutte le Chiese e annunzio a tutti che io muoio volentieri per Dio, se voi non me lo impedite. Vi prego di non avere per me una benevolenza inopportuna. Lasciate che sia pasto delle belve per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo. 2. Piuttosto accarezzate le fiere perché diventino la mia tomba e nulla lascino del mio corpo ed io morto non pesi su nessuno. Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo. Pregate il Signore per me perché con quei mezzi sia vittima per Dio. 3. Non vi comando come Pietro e Paolo. Essi erano apostoli, io un condannato; essi erano liberi io a tuttora uno schiavo (NOTA, cfr 1Cor 9, 1). Ma se soffro sarò affiancato in Gesù Cristo (NOTA cfr. 1Cor 7,22) e risorgerò libero in lui. Ora incatenato imparo a non desiderare nulla.
Raggiungere il Cristo
V,1. Dalla Siria sino a Roma combatto con le fiere, per terra e per mare, di notte e di giorno, legato a dieci leopardi, il manipolo dei soldati. Beneficati diventano peggiori. Per le loro malvagità mi alleno di più «ma non per questo sono giustificato» (NOTA 1 Cor 4,4). 2. Potessi gioire delle bestie per me preparate e m’auguro che mi si avventino subito. Le alletterò perché presto mi divorino e non succeda, come per alcuni, che intimorite non li toccarono. Se incerte non volessero, le costringerò. Perdonatemi, so quello che mi conviene. 3. Ora incomincio ad essere un discepolo. Nulla di visibile e di invisibile abbia invidia perché io raggiungo Gesù Cristo. Il fuoco, la croce, le belve, le lacerazioni, gli strappi, le slogature delle ossa, le mutilazioni delle membra, il pestaggio di tutto il corpo, i malvagi tormenti del diavolo vengano su di me, perché voglio solo trovare Gesù Cristo.
Imitare la passione del Cristo
VI,1. Nulla mi gioverebbero le lusinghe del mondo e tutti i regni di questo secolo. È bello per me morire in Gesù Cristo più che regnare sino ai confini della terra. Cerco quello che è morto per noi; voglio quello che è risorto per noi. Il mio rinascere è vicino. 2. Perdonatevi fratelli. Non impedite che io viva, non vogliate che io muoia. Non abbandonate al mondo né seducete con la materia chi vuol essere di Dio. Lasciate che riceva la luce pura; là giunto sarò uomo. 3. Lasciate che io sia imitatore della passione del mio Dio. Se qualcuno l’ha in sé, comprenda quanto desidero e mi compatisca conoscendo ciò che mi opprime.
L’amore crocifisso
VII,1. Il principe di questo mondo vuole rovinare e distruggere il mio proposito verso Dio. Nessuno di voi qui presenti lo assecondi. Siate piuttosto per me, cioè di Dio. Non parlate di Gesù Cristo, mentre desiderate il mondo. Non ci sia in voi gelosia. 2. Anche se vicino a voi vi supplico (NOTA accenna a qualche sbandamento che può avvenire in lui chiedendo di essere liberato dalla morte che l’attende) non ubbiditemi. Obbedite a quanto vi scrivo. Vivendo vi scrivo che bramo di morire. La mia passione umana è stata crocifissa, e non è in me un fuoco materiale. Un’acqua viva mi parla dentro e mi dice: qui al Padre (NOTA cfr. Gv 14,12). 3. Non mi attirano il nutrimento della corruzione e i piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio che è la carne di Gesù Cristo, della stirpe di David e come bevanda il suo sangue che è l’amore incorruttibile.
Scrivo secondo la mente di Dio
VIII,1. Non voglio più vivere secondo gli uomini. Questo sarà se voi lo volete. Vogliatelo perché anche voi potreste essere voluti da Lui. Ve lo chiedo con poche parole. 2. Credetemi, Gesù Cristo vi farà vedere che io parlo sinceramente; egli è la bocca infallibile con la quale il Padre ha veramente parlato. 3. Chiedete per me che lo raggiunga. Non ho scritto secondo la carne, ma secondo la mente di Dio. Se soffro mi avete amato, se sono ricusato, mi avete odiato.
Congedo
IX,1. Ricordatevi nella vostra preghiera della Chiesa di Siria che in mia vece ha Dio per pastore. Solo Gesù Cristo sorveglierà su di essa e la vostra carità. 2. Io mi vergogno di essere annoverato tra i suoi, non ne sono degno perché sono l’ultimo di loro e un aborto (NOTA 1Cor 15,8-9). Ma ho avuto la misericordia di essere qualcuno, se raggiungo Dio. 3. Il mio spirito vi saluta e la carità delle Chiese che mi hanno accolto nel nome di Gesù Cristo e non come un viandante. Infatti, pur non trovandosi sulla mia strada fisicamente (NOTA letteralmente secondo la carne, che richiama la via secondo lo spirito la quale conduce a Dio) mi hanno preceduto di città in città.
X,1. Questo vi scrivo da Smirne per mezzo dei beatissimi efesini. Con me tra molti altri vi è Croco, nome a me caro. 2. Credo che voi conoscerete coloro che mi hanno preceduto dalla Siria a Roma nella gloria di Dio. Avvertiteli che sono vicino. Tutti sono degni di Dio e di voi: è bene che li confortiate in ogni cosa.
Vi scrivo nove giorni prima delle calende di settembre (NOTA il 24 agosto). Siate forti sino alla fine nell’attesa di Gesù Cristo.