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MARTEDÌ 5 OTTOBRE 2010 – XXVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MARTEDÌ 5 OTTOBRE 2010 – XXVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura  Gal 1, 13-24
Dio si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri.
Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.
In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. In ciò che vi scrivo – lo dico davanti a Dio – non mentisco.
Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilìcia. Ma non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo; avevano soltanto sentito dire: «Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere». E glorificavano Dio per causa mia. 

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla prima lettera a Timoteo di san Paolo, apostolo 3, 1-16

I ministri della Chiesa
Carissimo, è degno di fede quanto vi dico: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo.
Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. Allo stesso modo le donne siano dignitose, non pettegole, sobrie, fedeli in tutto. I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno ben servito, si acquisteranno un grado onorifico e una grande sicurezza nella fede in Cristo Gesù.
Ti scrivo tutto questo, nella speranza di venire presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. Dobbiamo confessare che grande è il mistero della pietà:
Egli si manifestò nella carne,
fu giustificato nello Spirito,
apparve agli angeli,
fu annunziato ai pagani,
fu creduto nel mondo,
fu assunto nella gloria.

Responsorio   Cfr. At 20, 28; 1 Cor 4, 2
R. Vegliate su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi * per guidare la Chiesa di Dio, acquistata nel sangue del suo figlio.
V. A chi ha ricevuto il compito di amministratore si richiede che sia fedele,
R. per guidare la Chiesa di Dio, acquistata nel sangue del suo figlio.

Seconda Lettura
Dalla «Lettera ai cristiani di Tralle» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire    (Capp. 1, 1 – 3, 2, 4, 1-2; 6, 1; 7, 1 – 8, 1; Funk, 1, 203-209)

Voglio premunirvi, come figli amatissimi
Ignazio, detto anche Teoforo, alla santa chiesa, amata da Dio, Padre di Gesù Cristo, che si trova a Tralle in Asia e che, eletta da Dio e di lui degna, ha pace nel corpo e nell’anima per la passione di Gesù Cristo, nostra speranza, in attesa di risorgere in lui. La saluto nella pienezza dello spirito, secondo l’uso apostolico, e le auguro ogni bene.
So che mostrate sentimenti irreprensibili e siete saldi nella prova, non per opportunismo, ma per una educazione che in voi è ormai diventata connaturale. Me lo disse appunto il vostro vescovo Polibio quando venne a Smirne per volontà di Dio e di Gesù Cristo. Egli ne gioì con me, incatenato per Gesù Cristo, ed io potei contemplare nella sua persona tutta la vostra comunità. Ricevendo per mezzo suo prova della vostra benevolenza secondo Dio, resi gloria al Signore per avervi trovati, come già sapevo, suoi imitatori.
Infatti siete sottomessi al vescovo come a Gesù Cristo, e perciò non vivete secondo gli uomini, ma secondo Gesù Cristo che è morto per noi. Credendo nella morte di lui, sfuggite alla morte. È necessario che, come già fate, nulla facciate senza il vescovo e che siate sottomessi anche al collegio presbiterale come agli apostoli di Gesù Cristo, nostra speranza, per essere trovati in comunione con lui.
È necessario che anche i diaconi, quali ministri dei misteri di Gesù Cristo, siano accetti a tutti in ogni cosa: non sono infatti ministri di cibi o di bevande, ma della Chiesa di Dio, e devono perciò tenersi lontani da qualsiasi colpa come dal fuoco. Da parte loro, tutti rispettino i diaconi come Gesù Cristo, onorino particolarmente il vescovo, che è immagine del Padre, e i presbiteri quale senato di Dio e assemblea degli apostoli. Senza di essi non si può parlare di chiesa.
Sono certo che queste sono le vostre disposizioni al riguardo. Nella persona del vostro vescovo ho accolto e ho tuttora presso di me l’immagine della vostra carità: il suo modo di comportarsi è un grande insegnamento e la sua dolcezza una forza.
Dio si manifesta in molti modi al mio spirito, ma vado cauto nel parlare di ciò per non perdermi, cadendo nella vanagloria. Proprio adesso devo maggiormente temere, né intendo prestar orecchio alle lodi. Coloro che mi lodano, mi flagellano. Certo desidero soffrire, ma non so se ne sia degno. La mia impazienza non si manifesta ai più, ma mi tormenta senza tregua. Ho bisogno di umiltà con la quale si sconfigge il principe di questo mondo.
Vi scongiuro, non io ma l’amore di Gesù Cristo: nutritevi solo della sana dottrina cristiana e tenetevi lontani da ogni erba estranea, qual è l’eresia. Ciò avverrà se non vi lascerete gonfiare dall’orgoglio e non vi separerete da Gesù Cristo Dio e dal vescovo e dai comandi degli apostoli. Chi sta all’interno del santuario è puro; ma chi ne è al di fuori, è impuro. In altri termini: chiunque compie qualche cosa senza il vescovo, il collegio dei presbiteri e i diaconi, non agisce con coscienza pura.
Non già che abbia riscontrato in voi queste cose: ma vi scrivo per premunirvi, come figli amatissimi.

Responsorio   Ef 4, 3-6; 1 Cor 3, 11
R. Cercate di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siate stati chiamati, * un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.
V. Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo:
R. un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.

MARTEDÌ 3 AGOSTO 2010 – XVIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MARTEDÌ 3 AGOSTO 2010 – XVIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dalla «Lettera», detta di Barnaba   (Capp. 5,1-8; 6,11-16; Funk, 1,13-15.19.21)

Una nuova creazione
Il Signore accettò di dare il suo corpo alla morte perché ci fossero rimessi i peccati e fossimo santificati mediante il lavacro del suo sangue. Di lui infatti è stato scritto: Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità; per le sue piaghe noi siamo stati guariti; come agnello fu condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori (cfr. Is 53,5-7). Queste parole riguardano il popolo ebreo, ma anche noi.
Dobbiamo dunque rendere grazie al Signore perché ci ha mostrato le cose passate, ci ha istruito sulle presenti, e non ci ha lasciati privi della conoscenza delle cose future.
Fratelli miei, il Signore ha voluto subire la morte per la nostra vita, lui padrone di tutto il mondo, lui, al quale Dio disse nella creazione del mondo: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza» (Gn 1,26). Come dunque ha potuto subire la morte per mano di uomini? Rispondono i profeti, che furono illuminati dai suoi carismi proprio per parlare di lui.
Egli doveva apparire nella carne, e così distruggere la morte e mostrare la risurrezione dai morti. Doveva accettare di soffrire per compiere le promesse fatte ai Padri. Si sarebbe preparato un popolo nuovo, e avrebbe dimostrato, già durante la sua vita terrena, che, dopo la risurrezione finale, sarebbe stato il giudice di tutti.
 
Il Signore, per mezzo della remissione dei peccati, ci fece creature nuove e innocenti come bambini. Ci diede una dignità singolare quando disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, domini sugli animali della terra, gli uccelli del cielo e i pesci del mare (cfr. Gn 1,26). Riferendosi poi alla seconda creazione, da lui operata, disse ancora: Ecco che io faccio le ultime cose come le prime. Di questo stato di nuova creatura parla l’autore sacro quando afferma: Entrate nella terra dove scorre latte e miele e prendetene possesso (cfr. Es 33,3)
Ecco allora che noi siamo stati formati una seconda volta. Lo afferma il profeta: Ecco, dice il Signore, strapperò da loro (cioè da quelli predestinati dallo Spirito divino) i cuori di pietra e vi metterò cuori di carne (cfr. Ez 11,19). Per questo si fece carne e abitò fra noi. Da allora il nostro cuore è diventato tempio santo e dimora del Signore.
In altro luogo il Verbo si domanda: Dove mi presenterò a Dio, mio Signore, per celebrarlo? E risponde: Ti celebrerò nell’adunanza dei miei fratelli e canterò a te nel mezzo della riunione dei santi (cfr. Sal 21,23).
Vedete che siamo noi quelli della terra promessa!

LUNEDÌ 2 AGOSTO 2010 – XVIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

LUNEDÌ 2 AGOSTO 2010 – XVIII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

SECONDA LETTURA         

Dalla «Lettera», detta di Barnaba

(Capp. 2,6-3,1.3; 4,10-14; Funk 1,7-9.13)
La nuova legge del nostro Signore

    Dio ha abrogato i vecchi sacrifici perché la nuova legge del Signore Nostro Gesù Cristo, libera dal giogo della costrizione, avesse un’offerta che non è opera degli uomini. Dice infatti: Quando i vostri padri uscirono dall’Egitto ho forse prescritto loro di offrirmi olocausti e sacrifici? Diedi invece questo comando: Nessuno di voi serbi rancore in cuor suo contro il prossimo, e non amate il falso giuramento (cfr. Ger 7,22-23).
    Se dunque non siamo insensati, dobbiamo comprendere il sentimento di bontà del Padre nostro; egli infatti ci parla perché vuole che noi nel cercare di accostarci a lui non sbagliamo a somiglianza degli antichi Ebrei. A noi dunque dice così: Sacrificio per il Signore è un cuore contrito, odore soave per il Signore è lo spirito che glorifica colui che lo ha creato (cfr. Sal 50,19).
    Perciò, o fratelli, dobbiamo attendere con grande cura alla nostra salvezza, perché il Maligno non si insinui in noi per sedurci e farci perdere il bene della vita.
    Il Signore disse anche queste parole: «Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica?» (Is 58,4-5). Dio mostra chiaramente qual è la sua volontà dicendo: Ecco il digiuno che io desidero: Sciogli ogni catena di ingiustizia, spezza i legami dei contratti ottenuti con la violenza, lascia liberi gli oppressi e rimetti loro ogni debito, annulla ogni obbligazione ingiusta. Dividi il tuo pane con gli affamati, e quando vedi qualcuno che è nudo, rivestilo, e accogli in casa tua coloro che sono senza tetto (cfr. Is 58,6-10).
    Fuggiamo dunque la vanità e detestiamo assolutamente ogni male e ogni condotta cattiva. Non isolatevi, rinchiudendovi in voi stessi, come se già foste giustificati, ma riunitevi insieme e cercate quello che è di vantaggio per tutti. Infatti la Scrittura dice: «Guai a coloro che si credono sapienti e si reputano intelligenti» (Is 5,21).
    Diveniamo spirituali, rendiamoci tempio consacrato a Dio. Per quanto sta in noi meditiamo sul timore di Dio, e sforziamoci di osservare i suoi comandamenti, per trovare gioia nella sua legge.
    Il Signore giudicherà il mondo senza preferenze di persone (cfr. 1 Pt 1,17). Ciascuno riceverà secondo quello che ha fatto: se sarà stato buono, la sua giustizia camminerà davanti a lui; se sarà stato cattivo, si troverà davanti la ricompensa della sua malvagità. Non avvenga che restiamo inattivi quando siamo chiamati e ci addormentiamo nei nostri peccati e così il principe del male acquisti potere su di noi e ci strappi dal regno di Dio.
    Comprendete ancora questo, fratelli miei: se dopo tanti miracoli e prodigi fatti per il popolo eletto essi sono stati abbandonati, badiamo che non si verifichi anche di noi il detto: «Molti sono chiamati, ma pochi eletti» (Mt 22,14).

DOMENICA 1 AGOSTO 2010 – XVIII DEL TEMPO ORDINARIO

DOMENICA 1 AGOSTO 2010 - XVIII DEL TEMPO ORDINARIO dans Lettera ai Colossesi 

http://www.santiebeati.it/

DOMENICA 1 AGOSTO 2010 – XVIII DEL TEMPO ORDINARIO

MESSA DEL GIORNO LINK:

http://www.maranatha.it/Festiv2/ordinC/C18page.htm

MESSA DEL GIORNO

Seconda Lettura  Col 3,1-5. 9-11

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra.
Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria.
Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato.
Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.

UFFICIO DELLE LETTURE

Lettura
Dalla «Lettera», detta di Barnaba (Capp. 1, 1 – 2, 5; Funk 1, 3-7)
 
La speranza della vita è il principio e il termine della nostra fede
Salute a voi nella pace, figli e figlie, nel nome del Signore che ci ha amato. Grandi e copiosi sono i favori che Dio vi ha concesso. Per questo molto mi rallegro sapendo quanto le vostre anime siano belle e liete per la grazia e i doni spirituali che hanno ricevuto. Ma ancora maggiore è la mia gioia sentendo nascere in me una viva speranza di salvezza nel vedere con quanta generosità la sorgente divina abbia effuso su di voi il suo Spirito. Davvero splendido lo spettacolo che avete offerto alla mia vista!
Persuaso di essermi avvantaggiato, molto nella via santa del Signore parlando con voi, mi sento spinto ad amarvi più della mia stessa vita, anche perché vedo in voi grande fede e carità per la speranza della vita divina.
Per l’amore che vi porto voglio mettervi a parte di quanto ho avuto, sicuro di ricevere beneficio dal servizio che vi rendo. Vi scrivo dunque alcune cose perché la vostra fede arrivi ad essere conoscenza perfetta.
Tre sono le grandi realtà rivelate dal Signore: la speranza della vita, inizio e fine della nostra fede; la salvezza, inizio e fine del piano di Dio; il suo desiderio di farci felici, pegno e promessa di tutti i suoi interventi salvifici.
Il Signore ci ha fatto capire, per mezzo dei profeti, le cose passate e presenti, e ci ha messo in grado di gustare le primizie delle cose future. E poiché vediamo ciascuna di esse realizzarsi proprio come ha detto, dobbiamo procedere sempre più sulla via del santo timore di Dio.
Per parte mia vi voglio indicare alcune cose che giovino al vostro bene già al presente. Vi parlo però non come maestro, ma come fratello.
I tempi sono cattivi e spadroneggia il Maligno con la sua attività diabolica. Badiamo perciò a noi stessi e ricerchiamo accuratamente i voleri del Signore. Timore e pazienza devono essere il sostegno della nostra fede, longanimità e continenza le nostre alleate nella lotta. Se praticheremo queste virtù e ci comporteremo come si conviene dinanzi al Signore, avremo la sapienza, l’intelletto, la scienza e la conoscenza. Queste sono le cose che Dio vuole da noi. Il Signore infatti ci ha insegnato per mezzo di tutti i profeti che egli non ha bisogno di sacrifici, né di olocausti, né di offerte. Che m’importa, dice, dei vostri sacrifici senza numero? Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Non presentatevi nemmeno davanti a me per essere visti. Infatti chi ha mai richiesto tali cose dalle vostre mani? Non osate più calpestare i miei atri. Se mi offrirete fior di farina, sarà vano; l’incenso è un abominio per me. I vostri noviluni e i vostri sabati non li posso sopportare (cfr. Is 1, 11-13).

VENERDÌ 30 LUGLIO 2010 – XVI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

VENERDÌ 30 LUGLIO 2010 – XVI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo apostolo 11, 30 – 12, 13

La potenza di Dio si manifesta nella debolezza dell’Apostolo
Fratelli, se è necessario vantarsi, mi vanterò di quanto si riferisce alla mia debolezza. Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco. A Damasco, il governatore del re Areta montava la guardia alla città dei Damasceni per catturarmi, ma da una finestra fui calato per il muro in una cesta e così sfuggii dalle sue mani.
Bisogna vantarsi? Ma ciò non conviene! Pur tuttavia verrò alle visioni e alle rivelazioni del Signore. Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa — se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio — fu rapito fino al terzo cielo. E so che quest’uomo — se con il corpo o senza corpo non lo so, lo sa Dio— fu rapito in paradiso e udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunziare. Di lui io mi vanterò! Di me stesso invece non mi vanterò fuorché delle mie debolezze. Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato, perché direi solo la verità; ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi di più di quello che vede o sente da me.
Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia. A causa di questo per ben tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.
Sono diventato pazzo; ma siete voi che mi ci avete costretto. Infatti avrei dovuto essere raccomandato io da voi, perché non sono per nulla inferiore a quei «superapostoli», anche se sono un nulla. Certo, in mezzo a voi si sono compiuti i segni del vero apostolo, in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli. In che cosa infatti siete stati inferiori alle altre Chiese, se non in questo, che io non vi sono stato d’aggravio? Perdonatemi questa ingiustizia!

Responsorio   Cfr. 2 Cor 12, 9; 4, 7
R. Mi glorio della mia debolezza, perché abiti in me la potenza di Cristo. * La sua forza si manifesta nella nostra debolezza.
V. Portiamo questo tesoro in vasi fragili, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio.
R. La sua forza si manifesta nella nostra debolezza.

Seconda Lettura
Dalla «Lettera a Policarpo» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire
(Intr.; Capp 1, 1 – 4, 3; Funk 1, 247-249)

Dobbiamo sostenere ogni cosa per Dio,
perché anch’egli a sua volta ci sostenga
Ignazio, detto anche Teoforo, augura ogni bene a Policarpo, che è vescovo della chiesa i Smirne, o piuttosto ha egli stesso per vescovo Dio Padre e il Signore Gesù Cristo.
Rendo omaggio alla tua pietà solidamente stabilita come su una roccia incrollabile e lodo e ringraziò il Signore che mi ha concesso di vedere il tuo volto di bontà. Possa io averne giovamento in Dio. Ti scongiuro, per la grazia di cui sei rivestito, di continuare il tuo cammino e di esortare tutti perché si salvino. Fa’ sentire la tua presenza in ogni settore, tanto in quello che riguarda il bene dei corpi, come in quello dello spirito. Abbi cura di mantenere l’unità, perché nulla vi è di più prezioso. Porta il peso di tutti i fedeli, come il Signore porta a te. Abbi pazienza e carità con tutti, come già fai. Attendi di continuo alla preghiera. Chiedi una sapienza ancora maggiore di quella che già hai. Vigila con spirito insonne. Parla a ciascuno singolarmente, seguendo il modo di agire di Dio. Porta le infermità di tutti, come un valido atleta. Dove è maggiore la fatica, più grande sarà anche il premio.
Se ami solo i buoni discepoli, non ne avrai alcun merito. Cerca piuttosto di cattivarti, con la dolcezza, i più riottosi. Non ogni ferita va curata con lo stesso medicamento. Calma i morsi più violenti con applicazioni di dolcezza. In ogni occasione sii prudente come il serpente e semplice come la colomba (cfr. Mt 10, 16).
Essendo composto d’anima e di corpo, disponi di esperienze nel settore materiale e spirituale. Esercita dunque la tua saggezza nelle cose che cadono sotto gli occhi e chiedi di conoscere quelle invisibili, perché nulla ti manchi e ti sia concesso in abbondanza ogni dono spirituale.
Come il nocchiero domanda venti propizi, e chi è sbattuto dalla tempesta desidera il porto, così il momento presente fa appello alla tua opera perché tu possa giungere con i tuoi a Dio. Sii sobrio come un atleta del Signore: il premio è l’immortalità e la vita eterna, come sai benissimo. Per te io offro in sacrificio la mia vita e queste catene che tu hai venerato.
Non ti spaventino quelli che sembrano degni di fede, ma insegnano false dottrine. Sta’ saldo come l’incudine sotto il martello. E’ proprio di un valoroso atleta essere bersagliato di colpi e vincere. Dobbiamo sopportare ogni cosa per Dio, perché anch’egli a sua volta sopporta noi.
Cresca sempre più il tuo zelo. Sappi cogliere il momento opportuno. Spera in colui che è al di là di ogni vicissitudine, fuori del tempo, invisibile, e che per noi si è fatto visibile. Poni la tua fiducia in colui che, impalpabile e impassibile, ha accettato per noi la sofferenza e per noi ha sofferto ogni genere di tormenti.
Non siano trascurate le vedove. Dopo il Signore, sii tu il loro sostegno. Niente si faccia senza il tuo consenso, e non far nulla senza Dio come so che già non fai nulla senza di lui. Sii costante. Le riunioni dei fedeli siano più frequenti. Invita ciascuno personalmente.
Non disprezzare gli schiavi e le schiave. Essi però dal canto loro non si ribellino e prestino anzi con maggiore dedizione il loro servizio a gloria di Dio, per ottenere da lui una libertà migliore. Né pretendano di essere riscattati a spese della comunità, per non finire poi schiavi delle loro passioni.

Responsorio   Cfr. 1 Tm 6, 11-12; 2 Tm 2, 10
R. Tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza; * combatti la buona battaglia della fede, per raggiungere la vita eterna.
V. Sopporto ogni cosa per gli eletti, perché anch’essi ottengano la salvezza.
R. Combatti la buona battaglia della fede, per raggiungere la vita eterna.

MARTEDÌ 20 LUGLIO 2010 – XVI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MARTEDÌ 20 LUGLIO 2010 – XVI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 2, 12 – 3, 6

Paolo ministro del Nuovo Testamento
Fratelli, quando giunsi a Tròade per annunziare il vangelo di Cristo, sebbene la porta mi fosse aperta nel Signore, non ebbi pace nello spirito perché non vi trovai Tito, mio fratello; perciò, congedatomi da loro, partii per la Macedonia.
Siano rese grazie a Dio, il quale ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza nel mondo intero! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita.
E chi è mai all’altezza di questi compiti? Noi non siamo infatti come quei molti che mercanteggiano la parola di Dio, ma con sincerità e come mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo.
Cominciamo forse di nuovo a raccomandare noi stessi? O forse abbiamo bisogno, come altri, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra? La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori.
Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito dà vita.

Responsorio    Cfr. 2 Cor 3, 4. 6. 5
R. Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio, * che ci ha resi ministri di una Nuova Alleanza, non nella lettera ma nello spirito.
V. Da noi stessi non sappiamo pensare qualcosa che venga da noi, ma la nostra capacità viene da Dio,
R. che ci ha resi ministri di una Nuova Alleanza, non nella lettera ma nello spirito.

Seconda Lettura
Dalla «Lettera ai cristiani di Magnesia» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire   (Capp. 10, 1 – 15; Funk 1, 199-203)

Avete Cristo in voi
Non ci avvenga di essere insensibili alla bontà di Cristo. Se egli ci trattasse secondo le nostre opere, saremmo perduti.
Facciamoci davvero suoi discepoli e impariamo a vivere secondo le esigenze del cristianesimo. Chi si chiama con un altro nome fuori di questo non appartiene a Dio. Gettate via il cattivo fermento, vecchio e inacidito, e trasformatevi nel nuovo che è Gesù Cristo. Sia lui il sale della vostra vita e nessuno di voi si corrompa, perché sarete riconosciuti per quello che siete realmente.
È assurdo confessare Gesù Cristo e vivere da giudei. Non è il cristianesimo che credette nel giudaismo, ma è il giudaismo che deve credere nel cristianesimo, destinato ad abbracciare tutti quelli che credono in Dio.
Vi scrivo queste cose, miei cari, non perché abbia saputo che alcuni di voi seguano teorie false su questo punto, no. Voglio piuttosto, mettervi in guardia, per quanto inferiore a voi, perché non siate presi nei lacci di dottrine sospette.
Siate pienamente convinti della nascita, della passione e della risurrezione di Gesù che avvenne al tempo in cui era procuratore Ponzio Pilato. Tutte queste cose le ha realmente compiute, e non c’è dubbio, Gesù Cristo, nostra speranza, e a nessuno di voi capiti la sventura di allontanarsi da lui.
Mi auguro di poter godere di voi sotto ogni aspetto, se pur ne son degno. Dico così perché sebbene io sia in catene per la fede, non potrei paragonarmi con alcuno di voi che siete liberi. So che non vi insuperbite, perché avete in voi Gesù Cristo. Anzi, quando vi lodo, ne provate rossore come sta scritto: Il giusto accusa se stesso (cfr. Pro 18,17).
Cercate di essere ben saldi nella dottrina del Signore e degli apostoli, perché riesca tutto quello che fate (cfr. Sal 1,3) per la vita del corpo e dello spirito, nella fede e nella carità, nel Figlio, nel Padre e nello Spirito Santo, all’inizio e alla fine, insieme con il vostro degnissimo vescovo, con la splendida corona spirituale del vostro presbiterio e con i diaconi che sono secondo il cuore di Dio. Siate sottomessi al vescovo ed anche gli uni agli altri, come Gesù Cristo, in quanto uomo, fu sottomesso al Padre e gli apostoli a Cristo, al Padre e allo Spirito Santo, perché ci sia unione perfetta in carne e spirito.
Sapendo che siete pieni di Dio, non vi faccio lunghe esortazioni. Ricordatevi di me nelle vostre preghiere perché possa giungere a Dio. Pregate anche per la chiesa di Siria, della quale non son degno di essere chiamato membro. Ho bisogno della preghiera e della carità di tutti voi: unitele e offritele insieme a Dio, perché la chiesa di Siria meriti di essere irrorata di rugiada celeste grazie alla vostra chiesa.
Da Smirne, da dove vi scrivo queste righe, vi salutano i fedeli di Efeso. Essi sono qui presenti a gloria di Dio, e lo siete anche voi per mezzo dei vostri delegati. Tutti mi hanno confortato in ogni modo insieme a Policarpo, vescovo di Smirne.
Anche le altre chiese vi salutano ad onore di Gesù Cristo. Siate forti e uniti in Dio per il possesso dello spirito indissolubile che è Gesù Cristo.

Responsorio    Ef 3, 16. 17. 19; Col 2, 6-7
R. Dio vi conceda che Cristo abiti per la fede nei vostri cuori, radicati e fondati nella carità; * e sarete colmi di tutta la pienezza di Dio.
V. Camminate dunque, ben radicati e fondati in lui, e saldi nella fede;
R. e sarete colmi di tutta la pienezza di Dio.

LUNEDÌ 19 LUGLIO 2010 – XVI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

LUNEDÌ 19 LUGLIO 2010 – XVI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 1, 15 – 2, 11

Perché Paolo ha cambiato il suo itinerario
Fratelli, avevo deciso in un primo tempo di venire da voi, perché riceveste una seconda grazia, e da voi passare in Macedonia, per ritornare nuovamente dalla Macedonia in mezzo a voi ed avere da voi il commiato per la Giudea. Forse in questo progetto mi sono comportato con leggerezza? O quello che decido lo decido secondo la carne, in maniera da dire allo stesso tempo «sì,sì» e «no,no,»? Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no».  Il Figlio di Dio, Gesù Cristo che abbiamo predicato tra voi, io, Silvano e Timoteo, non fu «sì» e «no», ma in lui c’è stato il «sì». E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute «sì». Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro Amen per la sua gloria. E’ Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito Santo nei nostri cuori.
Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita, che solo per risparmiarvi non sono più venuto a Corinto. Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete già saldi.
Ritenni pertanto opportuno non venire di nuovo fra voi con tristezza. Perché se io rattristo voi, chi mi rallegrerà se non colui che è stato da me rattristato? Perciò vi ho scritto in quei termini che voi sapete, per non dovere poi essere rattristato alla mia venuta da quelli che dovrebbero rendermi lieto, persuaso come sono riguardo a voi tutti che la mia gioia è quella di tutti voi. Vi ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime, però non per rattristarvi, ma per farvi conoscere l’affetto immenso che ho per voi.
Se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma in parte almeno, senza voler esagerare, tutti voi. Per quel tale però è già sufficiente il castigo che gli è venuto dai più, cosicché voi dovreste piuttosto usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte. Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità; e anche per questo vi ho scritto, per vedere alla prova se siete effettivamente obbedienti in tutto. A chi voi perdonate, perdono anch’io; perché quello che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l’ho fatto per voi, davanti a Cristo, per non cadere in balìa di satana, di cui non ignoriamo le macchinazioni.

Responsorio   2 Cor 1, 21-22; cfr. Dt 5, 2. 4
R. Dio stesso ci conferma in Cristo: ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo * e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.
V. Il Signore nostro Dio ha stabilito con noi un’alleanza, ci ha parlato a faccia a faccia.
R. e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.

Seconda Lettura
Dalla «Lettera ai cristiani di Magnesia» di sant’Ignazio di Antiochia, vescovo e martire  (Capp. 6, 1 – 9, 2; Funk 1, 195-199)

Una sola preghiera, una sola speranza nella carità, nella gioia santa
Nelle persone che vi ho ricordate, ho conosciuto nella fede e ho amato tutta la vostra comunità. E ora ho una raccomandazione da farvi: procurate di compiere ogni azione nella concordia di Dio, sotto la guida del vescovo che tiene il posto di Dio, dei presbiteri che rappresentano il collegio apostolico e dei diaconi a me tanto cari, ai quali è stato affidato il ministero di Gesù Cristo che era prima dei secoli presso il Padre e si è manifestato alla fine dei tempi.
Poiché partecipate agli stessi sentimenti di Dio, abbiate un grande rispetto reciproco. Nessuno giudichi il prossimo con viste puramente umane, ma amatevi sempre gli uni gli altri in Gesù Cristo. Non vi sia in noi alcun motivo di divisione. Tenetevi uniti al vescovo e a quelli che presiedono, in modo da fornire a tutti un’immagine e una prova della vita immortale nel cielo.
Il Signore Gesù, che è uno con il Padre, non ha fatto nulla senza il Padre, né da se stesso, né per mezzo degli apostoli. Così anche voi non fate nulla senza il vescovo e i presbiteri. Non cercate di far passare per buono ciò che fate in privato e per contro vostro, ma preferite la forma comunitaria. Una sola sia la preghiera, una l’invocazione, uno lo spirito, una la speranza nella carità, nella gioia santa, che è Cristo, di cui nulla c’è di più prezioso. Correte tutti, come ad un unico tempio di Dio, ad un unico altare, all’unico Gesù Cristo che è uscito dall’unico Padre, rimanendo presso di lui e a lui facendo ritorno.
Non lasciatevi sedurre da false dottrine, né da vecchie favole che non giovano a nulla. Se viviamo ancora alla maniera dei Giudei, conformandoci alla legge, dimostriamo di non aver ricevuto la grazia, mentre già i profeti, ispirati da Dio, vissero secondo Gesù Cristo.
Quei santi uomini soffrirono anche persecuzioni sostenuti dalla sua grazia, per convincere gli increduli che c`è un solo Dio e che egli si sarebbe manifestato per mezzo del Messia, cioè di Gesù Cristo, suo Figlio, che è il suo Verbo uscito dal silenzio. Questi piacque in ogni cosa a colui che l’aveva mandato.
Quelli che vissero nel vecchio ordine di cose hanno abbracciato la nuova speranza e non osservano più il sabato, ma celebrano il giorno del Signore, nel quale abbiamo cominciato a partecipare alla vita del Cristo e anche alla sua morte, mistero che alcuni negano, e che invece è sorgente della nostra fede e della pazienza con la quale noi soffriamo, per essere trovati discepoli di Gesù Cristo, unico nostro maestro. Se così fanno quelli del vecchio ordine, come potremmo vivere noi senza di lui, quando anche i profeti, suoi discepoli in ispirito, lo aspettavano come maestro? Per questo egli, da essi santamente atteso, venuto che fu, li risuscitò dai morti.

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