Archive pour la catégorie 'CHIESA ORTODOSSA'

OMELIA SULLA NATIVITÀ – GREGORIO PALAMAS

http://tradizione.oodegr.com/tradizione_index/commentilit/nativitapalamas.htm

OMELIA SULLA NATIVITÀ – GREGORIO PALAMAS

Sulla nascita nella carne di Nostro Signore Gesù Cristo, salvezza per noi

Questa omelia sulla Natività[1], può essere detta “omelia delle antinomie”: cielo-terra, dio-uomo, creatore-creatura, unto-crisma, glorificazione-kenosi. L’antinomia qui è espressa nel senso che il cielo è sulla terra, Dio è nell’uomo, il creatore nella creatura, il Messia è nel crisma, la glorificazione è nella kenosi. Tutto questo si riassume nel dire che il Figlio dell’Altissimo è il frutto del ventre di una Vergine.
L’omelia di Natale sottolinea il “per noi” dell’incarnazione, tema centrale nella teologia di Palamas, fondamento della possibile divinizzazione.
È un testo denso e semplice insieme, di immediata comprensione.

Testo

1. Grandezza nella piccolezza
Oggi festeggiamo il parto verginale; il mio discorso si innalza, in conformità con la grandezza di questa festa e penetra nel mistero, per quanto possibile, per quanto permesso, per quanto il tempo si presti, affinché anch’io riveli parte della potenza che risiede in questo mistero. Per quanto riguarda voi fratelli, destate la vostra attenzione e innalzate la vostra mente perché una volta infiammata dalla sublimità della divinità, essa con più forza possa accedere alla luce della divina conoscenza. Perché oggi vedo il cielo e la terra ricevere lo stesso onore, e la via che sale da qui a ciò che si trova al di là dell’universo, competere con la discesa del mondo superiore quaggiù. Infatti, se esiste un cielo dei cieli, se acque altissime ricoprono le distese del cielo, e se esiste un luogo, o una sede, o ancora un ordine al di sopra di questo mondo, niente di tutto ciò è più degno di ammirazione, di onore, che questa grotta, questa mangiatoia, i catini per il bagno, le fasce di un bambino. Perché niente fra gli eventi che si sono svolti dall’inizio del mondo sotto lo sguardo di Dio, niente è così vantaggioso per noi, niente è più divino di tutto quello che riguarda la nascita di Cristo che oggi festeggiamo.

2. Imparagonabile e inafferrabile mistero
Sì, il Verbo pre-eterno, non circoscritto, il Signore onnipotente, è oggi partorito in una grotta come uno senza tetto, senza dimora; come un neonato è deposto in una mangiatoia, è presentato alla vista di occhi umani, è toccato da mani umane e stretto in fasce. Non si tratta di una sostanza spirituale, che non esisteva ancora, che viene nella creazione; non è una carta destinata a dissolversi poco dopo che è introdotta nel divenire; non si tratta di una carne e un intelletto che si uniscono per formare un essere dotato di ragione, ma si tratta di Dio e della carne con l’intelletto che si uniscono nell’esistenza di un’unica ipostasi divino-umana, che fino ad allora era nascosta nel grembo verginale, nel quale e a partire dal quale, secondo la benevolenza del Padre e la cooperazione dello Spirito, il Verbo sopraessenziale è venuto all’essere. Ora, liberato dal grembo, nasce come un bambino, non rompe ma conserva indenni i sigilli della verginità, è partorito senza dolore colui che era stato concepito senza passione[2]; infatti, colei che lo partorì si rivelava al di sopra del piacere passionale nel concepirlo e superiore ai dolori del parto: essa infatti, prima che giungesse il tempo dei dolori, ne fu preservataa, secondo la parola di Isaia. Partorì nella carne il Verbo pre-eterno, della cui divinità non si possono scoprire le tracce. Anche il modo dell’unione con la carne è inconcepibile, come anche il suo abassarsi è insuperabile. Infine, la divina e ineffabile altezza della sua incarnazione supera ogni intelligenza e ogni parola, tanto che non è possibile paragonarla con niente di creato. Perché anche se si può guardare con occhi di carne colui che è stato partorito da una giovane donna che non ha conosciuto uomob, la Scrittura non permette nessun paragone: bello tu sei fra i figli degli uominic; non è detto “più bello”, ma semplicemente “bello” per non paragonare l’imparagonabile, la natura divina a semplici uomini[3].

3. Vero Dio e vero uomo
Dice il salmo: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi egualid. La stessa persona è perfettamente Dio e perfettamente uomo; lo stesso Dio è colui che unge e colui che è unto. Sta scritto infatti: Dio, il tuo Dio ti ha unto. Sì, è in quanto uomo che viene unto il Verbo venuto da Dio Padre, ed è unto dallo Spirito che gli è coeterno e della stessa natura; questo è l’olio di esultanza. Lo stesso Dio è insieme la divina unzione e l’unto. Benché sia unto in quanto uomo, egli ha in Lui, in quanto Dio, la fonte dell’unzione. Ecco perché il divino veggente ha visto e annunziato in anticipo che coloro che partecipano di lui sono tutti unti da Dio. Infatti, appartiene a Dio solo di non partecipare, ma di essere partecipato, e di avere per partecipanti coloro che esultano nello Spirito. Tale è colui che ora è partorito in una misera grotta, colui che noi ora celebriamo, bambino appena deposto nella mangiatoia.

4. Viene incontro al nostro desiderio di essere Dio
Di fatto, colui che ha fatto uscire tutto dal nulla, le realtà della terra come quelle del cielo, vedendo che a causa del loro desiderio di essere qualcosa di più, le sue creature ragionevoli sono diventate vuote, egli fa loro dono di se stesso nella grazia; lui al quale nulla è superiore, né uguale, né simile, lui si presenta a chi desidera partecipare di lui; affinché potessimo in seguito usare senza pericolo questo desiderio di essere qualcosa di più (a causa del quale, all’inizio, fummo presi in un pericolo estremo), e che, ognuno di noi desiderando diventare Dio, fosse non solo reso innocente, ma anche ottenesse la soddisfazione del proprio desiderio[4].
Egli abolisce in questo modo meraviglioso il motivo della nostra caduta delle origini cioè l’essere di più e l’essere di meno che produceva nelle creature l’invidia e la frode, le lotte manifeste e quelle nascoste. Perché il principe del male, non volendo essere inferiore a nessuno degli angeli, ma volendo al contrario essere simile per altezza al Creatore stesso, subì per primo la precipitosa caduta quando nessuno ancora prima di lui era caduto. Poi, siccome si era buttato su Adamo per gelosia e lo aveva precipitato con furbizia nel fondo dell’inferno, divenne difficile richiamare Adamo che ebbe bisogno di un intervento straordinario di Dio, quello che appunto si compie oggi. Il principe del male invece aveva resa la sua propria decadenza impossibile da guarire perché non aveva acquisito la stima di sé per partecipazione, ma era diventato il male stesso e la pienezza della malvagità, pronto a rendere partecipe del male coloro che lo volevano.

5. La via che porta in alto è quella che scende
Per questo Dio ha voluto eliminare la causa dell’orgoglio che aveva trascinato in basso le sue creature dotate di ragione e rende ora ogni cosa simile a lui. E visto che, per natura, egli è uguale a se stesso e riceve lo stesso onore egli rende anche la sua creatura uguale a se stessa, capace di ricevere lo stesso onore, per grazia[5]. Come avviene questo? Dio, il Verbo uscito da Dio si è svuotato[6] in un modo ineffabilee, è deciso dall’alto fino agli abissi dell’umanità, l’ha legata a lui in modo indissolubile, umiliandosi ha assunto la nostra stessa povertà; così, delle realtà inferiori fece realtà superiori, o piuttosto, le radunò insieme, mettendo insieme l’umanità nella divinità, mostrando in questo modo a tutti che la via che porta in alto è l’umanità, presentandosi come modello agli uomini e ai santi angeli.

6. La via del ritorno è l’umiltà
Oggi quindi gli angeli hanno ricevuto l’immutabile, avendo appreso dal Maestro che il cammino che innalza e fa somigliare a lui, non è l’orgoglio ma l’umiltà; così gli uomini hanno avuto la possibilità di correggersi più facilmente sapendo che la via del ritorno (verso l’alto) è l’umiltà; da allora il principe del male, che è la vanità stessa[7], è stato svergognato e abbattuto, lui che sembra essere stabile e credeva di essere qualcuno solo perché aveva reso alcuni suoi schiavi, aveva trascinato altri con sé nel desiderio di essere di più, aveva sperato di trascinare altri nella smisurata follia dell’orgoglio, ma era stato scoperto e deriso da coloro che egli prima aveva ingannato con malizia. E ora che è nato il Cristo, il maligno è calpestato da coloro che una volta giacevano sotto i suoi piedi, è vinto da coloro che hanno smesso di nutrire sentimenti di orgoglio come suggeriva il nemico, e che al contrario sono attratti da ciò che è umilef, secondo le parole e le opere del Salvatore, e grazie all’umiltà, ottengono di essere innalzati al di sopra del mondo.

7. Si abbassa per farci censire con lui, Signore del cielo
Ecco perché Dio che regna sui cherubinig giace oggi sulla terra come un bambino appena nato. Lui che i serafini dalle sei ali non potevano contemplare, non solo perché non potevano vedere la sua natura, ma perché non potevano neanche sostenere con i loro occhi lo splendore della sua gloria – e perciò si coprono il viso con le alih – è lui che vediamo con i nostri sensi e che, fattosi carne, si presenta ai nostri occhi di carne. Lui che delimita ogni cosa e che non è delimitato da nulla, oggi è circoscritto in una semplice e piccola mangiatoia. Colui che contiene e stringe tutto nella sua mano, è avvolto in fasce sottili e stretto da nodi comuni. Colui che possiede la ricchezza di tesori inesauribili, si sottomette volontariamente a una povertà tale che non vi è neppure posto per lui nella locanda. Colui che è stato generato da Dio fuori del tempo, impassibilmente e senza principio, si abbassa a entrare in una grotta per essere partorito. In più, o miracolo, non solo lui che è della stessa natura del Padre altissimo si riveste, per nascita, della nostra natura che giaceva nel più basso. Non solo si sottomette a questa suprema povertà, nascendo in una misera grotta, ma subito, fin dal concepimento, accetta l’estrema condanna della nostra natura e si unisce ai suoi servi e si fa censire con loroi, lui che per natura è il Signore dell’universo, senza considerare il servire come uno stato di disonore rispetto al regnare, ma anzi rende i servi più degni del padrone che regnava allora sulla terra, a condizione che però capissero e si sottomettessero alla grandezza del dono. L’uomo che allora credeva di essere il padrone della terra non viene censito con il Re dei cieli, ma soltanto coloro che sono sottomessi alla potenza del Signore del cielo sono censiti con lui.

8. Plasmati e chiamati di nuovo
Così canta a Dio Davide che per mezzo di colui che ora è partorito nella sua terra è antenato di Dio: Le tue mani ma hanno fatto e plasmato, fammi capire e imparerò i tuoi comandij. Perché dice questo? Perché solo colui che ha modellato l’uomo gli può dare la vera intelligenza. E l’uomo istruito, colui che ha capito a fondo l’onore che ha ricevuto la nostra natura plasmata dalle sue mani a sua immaginek, che è riuscito a prendere coscienza del suo amore per gli uomini, costui accorrerà a lui, gli obbedirà e imparerà i suoi comandamenti; a maggior ragione lo farà se comprende, per quanto gli è possibile, che Dio ci ha plasmati e chiamati di nuovo. Infatti, Dio ha plasmato con la sua mano la nostra natura, a partire dalla terra, e ha soffiato in essa la vita che viene da lui stesso, da lui che ha creato tutto con una parola, lui che ha creato la natura ragionevole e padrona della sua coscienza, libera anche di governare i propri pensieri secondo il proprio movimento; ma essa, una volta lasciata sola, fu ingannata dal consiglio del maligno, e non potendo resistere alle sue insidie, non conservò ciò che gli era naturale, ma scivolò verso ciò che era contro natura. Ecco perché, ora, Dio non si limita a rimodellare meravigliosamente con le sue mani la nostra natura, ma anche la contiene in lui; non la assume soltanto per strapparla alla decadenza, ma la riveste ineffabilmente, unendosi senza separarsi da lei, generato come Dio e uomo insieme, nato da una donnal, per riconquistare quella medesima natura che egli aveva modellato nei nostri antenati, nato da una vergine per creare un uomo nuovo.

9. Una fonte inesauribile
Perché, se fosse nato da un seme umano, non sarebbe uomo nuovo; sarebbe di vecchio stampo ed erede della caduta, e non avrebbe potuto ricevere in lui la pienezza della pura divinità e diventare fonte inesauribile di santificazione. Così, non solo egli con la potenza non avrebbe potuto lavare la macchia del peccato dei nostri primi padri, ma neppure avrebbe potuto portare la santificazione a coloro che hanno vissuto dopo. Come infatti l’acqua presentata in un vaso non basta a dissetare la sete continua degli abitanti di una città molto grande (meglio sarebbe che questa avesse entro le sue mura la propria fonte così da non doversi mai arrendere per sete ai nemici), allo stesso modo, nessuno poteva provvedere alla santificazione continua di tutti, né un uomo, né un angelo, nessuno che possedesse solo per partecipazione la facoltà di santificare. Era necessaria una fonte che avesse in se stessa una sorgente, affinché coloro che ad essa si fossero avvicinati e da essa avessero bevuto, fossero rimasti invincibili di fronte a coloro che sferravano l’attacco alle debolezze e alle deficienze della loro natura. Perciò non è un angelo, né un uomo, ma il Signore stesso che è venuto a salvarcim, divenendo per noi uomo tramite di noi, rimanendo al tempo stesso immutabilmente Dio. Costruendo infatti la nuova Gerusalemme e innalzando a se stesso un tempio con pietre viven e radunando noi, Chiesa santa e cattolica, egli costruisce sulla sua pietra angolare che è Cristoo, la fonte inesauribile della grazia. Sì, la vita piena e sovrana ed eterna, la natura onnisciente e onnipotente si unisce alla natura che a causa della debolezza era sottomessa al maligno, che a causa della mancanza di vita divina giaceva negli abissi degli inferi; di modo che può produrre in se stessa sapienza, potenza, libertà e vita senza colpe.

10. La stella offre i Magi come primo dono al Signore
E vediamo i simboli di questa unione ineffabile e del vantaggio immediato che ne deriva anche per coloro che erano dispersi e lontani. Una stella fa strada con i re Magi, si ferma dove si fermavano loro, va avanti con loro quando si spostano; o meglio essa stessa li trascina e li chiama sulla strada, aprendo loro il cammino e precedendoli; si offre come guida per i re Magi che camminano; concede loro ogni tanto un riposo naturale, ma rimane sul posto per non abbandonarli o scoraggiarli con la sua assenza, evitando che rimanesse incompiuta la sua missione di guida. Ora, sta di fatto che non li ha afflitti nascondendosi loro quando giunsero a Gerusalemmep.
Perché mai si nascose quando i Magi giunsero là? Per fare di loro, a causa delle domande che avrebbero posto, annunciatori insospettabili di Cristo, nato quel giorno secondo la carneq. Ma siccome avevano voluto sapere dai giudei dove, secondo le Sacre Scritture, era nato il Cristo, la stella divina ha permesso che loro ci insegnassero a non cercare più di imparare dai giudei ciò che riguarda la legge e i profeti, ma a ricercare l’insegnamento che viene dal cielo, perché non ci allontanassimo più dalla grazia e dall’illuminazione che ci viene dall’alto. Quando i Magi uscirono da Gerusalemme, la stella apparve loro di nuovo e li riempì di gioia: precedendoli li condusse finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambinor, e con essi adorò pienamente il bambino del cielo e della terra. E la stella offrì i Magi come primo dono al Dio partorito sulla terra e per mezzo di essi, come dice il profeta Isaia, offrì tutta la nazione assira: In quel giorno, Israele sarà il terzo con l’Egitto e la Siria, una benedizione in mezzo alla terras, come infatti vediamo che è avvenuto oggi. Sì, all’adorazione dei re Magi segue immediatamente la fuga di Gesù in Egittot mediante la quale Dio allontanò gli Egiziani dal culto degli idoli. Dopo il suo ritorno dall’Egitto, il popolo di Dio, degno della salvezza, fu tratto da Israele.

11. Pastori e angeli insieme
Tutto questo, Isaia lo ha chiaramente preannunciato: i Magi si prostrarono in adorazione offrendo in dono oro, incenso e mirrau a colui che con la sua morte (di cui la mirra è simbolo), ci ha dato la sua vita divina (di cui l’incenso è immagine) e la luce divina e il regno (rappresentata dall’oro offerto al Signore dell’eterna gloria). Per colui che è nato oggi, anche i pastori costituiscono un coro insieme agli angeli, e cantano lo stesso canto, ritmano una comune melodia: non sono gli angeli a prendere i flauti dalle mani dei pastori, ma i pastori, risplendenti della luce degli angeli, stanno in mezzo alla schiera celeste e imparano dagli angeli l’inno celeste, o meglio, l’inno del cielo e della terra insieme. Dicono: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e sulla terrav. D’ora innanzi colui che abita nell’alto dei cieli ed è Signore delle altezze celesti, ha per trono la terra e riceve sulla terra una glorificazione uguale a quella che gli rivolgono, in alto, i santi e gli angeli.

12. Gli angeli cantano ugualmente in cielo e sulla terra
Ma quale è la causa di questa glorificazione comune degli angeli e degli uomini, e quale è la buona notizia celebrata dai pastori e da tutti gli uomini con tanti inni di gioia? Ecco – si dice –, vi annuncio una buona novella, grande gioia per tutto il popolow. Che significa e di quale gioia universale si tratta? Ascoltate fino alla fine il canto della buona novella e capite: pace – dice – e benevolenza di Dio fra gli uominix. Sì, quel Dio che si era adirato con il genere umano e lo aveva sottoposto a terribili maledizioni, viene attraverso la carne a portare la sua pace agli uomini e a riconciliarli con il Padre altissimo. Perché “ecco – dicono gli angeli – egli non è stato generato per noi, anche se adesso vedendolo sulla terra anche noi lo lodiamo come nel cielo, ma per voi uomini, e questo significa: per voi e tramite voi è nato il Salvatore, il Cristo Signore nella città di Davide”.

13. La pace e la benevolenza ci vengono date solo in Cristo Gesù
Ma che significa questa benevolenza di Dio aggiunta alla pace, poiché è detto: pace fra gli uomini di buona volontày. Dio ha mostrato anche prima agli uomini i segni della sua pace. Infatti, con Mosè, egli conversava come uno che parla con un suo amicoz; come anche a proposito di Davide si dice: lo trovò secondo il suo cuoreaa, e a tutta la stirpe dei giudei diede segni di pace scendendo per loro sul monte e parlando loro attraverso il fuoco e la nube tenebrosaab. Ma non era questa ancora benevolenza. La benevolenza indica la volontà di Dio che si compiace in se stessa, fonte originale e perfetta di bene. Ma non è tale quella benevolenza che fa del bene solo ad alcuni uomini o a una nazione. Per questo Dio ha chiamato molti uomini suoi figli, ma uno solo è colui nel quale pose la sua benevolenzaac: allo stesso modo, spesso ha dato la pace, ma una sola porta con sé anche la benevolenza, quella che è data come perfetta e immutabile attraverso l’incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo, data a tutto il genere umano e a tutti coloro che la desiderano.

14. La pace è anche uno stile di vita
Questa pace, fratelli, teniamola presso di noi con tutte le nostre forze: perché l’abbiamo ricevuta come un’eredità da parte di colui che è appena nato, il nostro Salvatore, lui che ci ha donato lo spirito di adozione grazie alla quale diventiamo eredi di Dio e coeredi di Cristoad. Viviamo dunque in pace con Dio, compiendo quelle opere a lui gradite, l’integrità, la verità, l’opera giusta, avendo cura di essere assidui nelle preghiere e nelle supplicheae, con canti e salmi nei nostri cuoriaf e non solo sulle nostre labbra. Viviamo in pace con noi stessi sottomettendo la carne allo spirito, scegliendo uno stile di vita coerente con la nostra coscienza e badiamo che i nostri pensieri dentro di noi siano in armonia e santi. Perché è così che metteremo fine alla vera guerra civile, quella che è in atto in noi. Viviamo in pace gli uni con gli altri, sopportandoci e perdonandoci a vicenda se abbiamo qualche motivo di lamentarci di qualcuno, così come il Cristo ha perdonato a noiag; dimostriamo che la compassioni che abbiamo l’uno verso l’altro deriva dal vicendevole amore, come anche Cristo soltanto per amore per noi fu misericordioso e discese fino a noi. Così infatti, con il suo aiuto e la sua grazia, risollevati dalla decadenza del peccato ed elevati per mezzo delle virtù, saremo cittadini del regno dei cieliah; di là riceviamo anche la speranza, la liberazione dalla corruzione, il godimento dei beni celesti ed eterni, come figli del Padre che è nei cieli.
Sia dato a tutti di ottenere tali doni nella futura venuta e nella manifestazione gloriosa del nostro Signore Dio e Salvatore Gesù Cristoai, al quale sia lode nei secoli eterni. Amen.

Tratto da:
Gregorio Palamas, L’UOMO MISTERO DI LUCE INCREATA, Pagine scelte, Paoline 2005, pp 118-130.

Publié dans:CHIESA ORTODOSSA, FESTE DEL SIGNORE |on 4 janvier, 2012 |Pas de commentaires »

LA SANTA VERGINE MARIA NEL CULTO E NELLA VITA DELLA CHIESA ORTODOSSA

http://www.tradizione.oodegr.com/tradizione_index/vitesanti/santavergculto.htm

LA SANTA VERGINE MARIA NEL CULTO E NELLA VITA DELLA CHIESA ORTODOSSA

Breve esposizione confrontata con alcune corrispondenti convinzioni del Cristianesimo Occidentale

La Santa Vergine Maria ha nella Chiesa Ortodossa un’attenzione particolare. Essa è venerata come Madre di Dio secondo la carne ed esistono molte con le quali l’Ortodossia chiede la composizioni poetiche sua intercessione presso Dio. Un esempio è l’Inno Akathistos alla Madre di Dio scritto [probabilmente] da San Romano il Melode. In questa composizione innografica Romano il che non ha eguali nel Cristianesimo, si trovano riflessi in forma precisa ed esaustiva i sentimenti e la dottrina della Chiesa Ortodossa sulla Theotokos (= la Genitrice di Dio). Un’altra composizione poetica Deìpara o particolarmente significativa è il Canone paracletico del quale esiste una forma sintetica e una estesa. Tale Canone viene celebrato ogni giorno lungo i quindici giorni che precedono la Dormizione della Theotokos (15 agosto).
La Chiesa Ortodossa preferisce chiamare Theotokos Colei che ha partorito Gesù Cristo. Definirla in termini più confidenziali, come talora alcuni fanno nella Chiesa Romano-Cattolica (“Maria” senz’alcun altro termine aggiuntivo) crea, nel credente ortodosso, la sensazione di trovarsi davanti ad un’espressione banale e secolarizzata.
Nonostante il grande rispetto e l’alta considerazione che l’Ortodossia Le attribuisce, la Theotokos non è assolutamente considerata una “super donna”. La sua natura non è per nulla differente da quella umana poiché Essa è dono dell’umanità a Dio in cambio del Dio che in Lei si è donato all’uomo.
Per i teologi ortodossi la Deìpara non è “superiore” o “diversa” dagli uomini ma è “luminosa”, ossia, “deificata”.
La Theotokos è l’unica creatura appartenente all’umanità che si unisce strettamente a Dio dopo la caduta di Adamo portando in grembo “Quanto i Cieli non possono contenere”, come afferma la Liturgia. Per questo la Chiesa Ortodossa La definisce con titoli di particolare onore e, a differenza di altri santi, Le rivolge la richiesta di salvezza: “Tuttasanta Genitrice di Dio salvaci!”. Con quest’affermazione non si attribuisce alla Tuttasanta il potere di salvare ma d’intercedere particolarmente verso Cristo, dal momento che ha un’intima comunione con Lui. La Theotokos è l’umanità deificata, rappresenta una pienezza di disponibilità verso Dio alla quale tutti i cristiani devono tendere. La sua obbedienza viene rinnovata in ogni persona che abbandona l’uomo vecchio con le sue abitudini e si riveste di Cristo (Gal 3, 27). Di Lei, lungo la storia del Cristianesimo, sono state tracciate molte immagini e discorsi edificanti. Tuttavia non sempre si è stati attenti a non cadere in evidenti esagerazioni. Così si è finiti per affermare due realtà opposte con le quali la Vergine Maria o viene declassata a “donna qualunque”, (come suggerirebbe l’utilizzo confidenziale del solo appellativo “Maria”), o viene esaltata come una semidea (ogni attributo di Cristo ha un suo corrispondente attributo nella Santa Vergine).
Il Cattolicesimo, oggi come ieri, tende ad attribuire alla Theotokos dei concetti sconosciuti alla Tradizione della Cristianità indivisa perché tende a fare gravitare il cristianesimo in concetti astratti. È per questo che pensa di poter pervenire ad una comprensione più profonda della Rivelazione divina. Questa mentalità si riflette inevitabilmente anche nelle cosiddette “devozioni a Maria”. Naturalmente tutto ciò suggerisce che la Rivelazione di Dio non si è data interamente il giorno di Pentecoste o che, in quel giorno, gli Apostoli non l’abbiano potuta “approfondire” bene, nonostante agisse in loro direttamente il Sigillo del Santo Spirito!
L’Ortodossia, invece, mantenendo l’antica prassi, pensa che sin dall’inizio tutto fosse chiaro e dato in totale pienezza. Tale pienezza deve essere scoperta purificandosi asceticamente e vissuta incarnandola, non intellettualizzandola! I concetti e i ragionamenti sono utili solo nel caso in cui si debba confutare un insegnamento errato che, in luogo di condurre all’incontro ineffabile con Dio, porta all’illusione o al narcisistico sentimentalismo religioso.
Le barocche immaginazioni e i romantici sentimenti sono molto pericolosi nell’ascesi e nella vita spirituale al punto che sono severamente condannati in quella raccolta di scritti spirituali denominata Filocalia. Ne consegue che l’atteggiamento del cristiano orientale verso la Theotokos è naturale, non artefatto o sdolcinato. Alla preghiera non vengono mai sovrapposte meditazioni o immaginazioni (come nel caso dei Misteri del Rosario) dal momento che l’unica attenzione da porre è alle parole che vengono scandite dalle labbra.
Contrariamente alla prevalente convinzione patristica, il Cristianesimo occidentale, da un certo periodo storico in poi, ha pensato di poter “approfondire” intellettualmente la Rivelazione e di poter far evolvere il suo pensiero e la sua conoscenza come fa la scienza. Così ogni affermazione potrebbe essere riformulata con maggiore profondità ed esattezza dopo ogni ulteriore approfondimento.
Questa prospettiva si è applicata in un certo senso anche al Dogma dell’Immacolata Concezione, dal momento che quest’ultimo è scaturito direttamente dalla considerazione agostiniana del Peccato originale.
Sant’Agostino sosteneva che l’umanità eredita la colpa del peccato originale, e che tale colpa viene eliminata dal battesimo. L’Ortodossia con tutta la tradizione cristiana (ad eccezione di quella franco-agostiniana) ha sempre ritenuto che l’umanità non eredita una colpa ma le conseguenze della colpa stessa. Il presupposto della colpa ereditata ha posto la Cristianità occidentale agostiniana davanti ad una questione: “Come può la Madre di Dio avere questa colpa e incarnare il Salvatore?”. Tale dilemma se lo ponevano, ad esempio, all’Università di Parigi nel XIV secolo e, in quell’epoca, c’era chi negava l’idea d’una concezione “immacolata”. La risposta non tardò a venire e si basava su concetti agostiniani: la Deìpara sarebbe nata senza questa colpa in previsione dell’incarnazione e così “sarebbe stata predestinata” dalla nascita ad essere Madre del Salvatore.
Le apparizioni di Lourdes, nelle quali una veggente incontrava una “Donna vestita di bianco”, l’“Immacolata concezione”, sembrano quasi voler confermare una definizione che, in pieno XIX secolo, non pareva ancora totalmente assimilata.
A differenza di questa definizione nella quale si riscontra anche una certa mentalità giuridica, l’Ortodossia ha una concezione antropologica totalmente diversa. L’umanità di tutti i tempi, essendo della stirpe di Adamo, subisce le conseguenze del peccato originale. La maggiore di tali conseguenze è la morte. Da questa situazione viene strappata quando si unisce con il battesimo nella morte e risurrezione di Cristo e, quindi, si rende coerede e compartecipe d’una futura vita che si pregusta già in questo mondo. Tale vita futura non conosce il germe della corruzione.
L’Ortodossia confessa, dunque, che la Theotokos è nata da un vero rapporto tra i progenitori di Dio Gioachino ed Anna. Essa è naturalmente stirpe di Adamo anche se il suo seme, come afferma San Gregorio Palamas, è stato “purificato”. La purificazione non significa diversificazione rispetto all’umanità. L’affermazione cattolica dell’Immacolata concezione, crea un grosso problema all’Ortodossia poiché tale concetto è posto in un quadro di comprensione agostiniano. L’Ortodossia non nega che la nascita della Santa Vergine sia stata miracolosa, visto che è provenuta da persone d’una certa età. Aggiunge pure che il suo seme è stato purificato. Ma non può condividere l’idea che l’umanità prima della Theotokos vivesse separata da Dio, dal momento che lungo tutto l’Antico Testamento si riscontrano una serie di uomini giusti, santi e profeti. Nella Scrittura si giunge addirittura ad affermare che Elia non è morto!
Per Agostino, e soprattutto per l’agostinismo, l’uomo è un “imputato” davanti a Dio e, come tale, non può fare nulla per essere assolto. Prima di Cristo l’uomo viveva nettamente separato da Dio. Per i Padri, invece, l’uomo non è mai stato un imputato ma ha patito le conseguenze delle sue scelte. Questo fatto non ha impedito ai giusti d’essere uniti a Dio. Così, lungo la linea genealogica della Theotokos, i Padri trovano tutta una serie di giusti che, in qualche modo, ne preparano l’avvento. La Deìpara non gode del privilegio d’essere unita a Dio per essere stata immacolata concezione, cioè senza peccato originale, mentre tutti gli altri uomini continuavano (e continuano!) a nascere con tale macchia senza meritarsela. Essa non ha ereditato una colpa come nessuno, in verità, la eredita. Essa ha ricevuto un corpo che, come quello di tutti, era soggetto al limite della stanchezza, del declino, della fame e del dolore. La Santa Vergine aveva ereditato, in ciò, una creazione indebolita dalla conseguenza della disobbedienza adamitica. A differenza della maggioranza degli altri uomini, si manteneva aderente ai comandi di Dio e “li meditava nel suo cuore”. Questo fatto unito alla particolare benedizione di Dio sul suo seme e all’evento catartico (= purificatore) dell’incarnazione del Verbo di Dio in Lei La esalta come “Immacolata”. Attraverso questi concetti si vede come i Padri, pur chiamando qualche volta la Theotokos con il termine di “Immacolata”, termine che ogni tanto ricorre pure nella Liturgia orientale, la considerino in maniera abbastanza diversa rispetto alla prospettiva giuridica franco-latina.
Tutti i giusti dell’Antico Testamento e la Theotokos stessa, che ne è il vertice, sono prototipo dell’umanità ascetica. Nella Deìpara non c’è peccato perché l’unione con Dio l’ha totalmente purificata rendendola modello per gli asceti. E’ in questi termini che viene descritta da vari autori patristici.
Nella considerazione della vita della Theotokos, l’Ortodossia ha una visione completamente cristocentrica, non “mariocentrica” come alcune recenti devozioni occidentali che mettono in rilievo l’esperienza del parto di Maria quale “prassi” d’unione con Dio.
Secondo queste devozioni, il cristiano deve fare crescere Cristo in sé per poi partorirlo come ha fatto la Deìpara. Quest’espressione presa come si presenta, coltiva solo pericolosi “dolci sentimentalismi”. Nella prospettiva patristica, si indicano modi concreti di vivere il cristianesimo, non immagini sentimentali! Così, l’uomo non deve pensare di poter “costruire” Cristo vicino a sé o dentro di sé (come in un utero), dal momento che può solo cercare di unirsi a Lui sul modello dell’obbedienza a Dio da parte della Santa Vergine. Solo in questo caso l’unione, come dice l’Apostolo Paolo, è profonda: “Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 20). Essa non avviene attraverso fantastiche pie ed edulcorate aspirazioni ma attraverso la quotidiana lotta dell’ascesi, nella pratica dei comandamenti, nella costante preghiera e nella prassi sacramentale della Chiesa.
Il dogma dell’Assunzione della Deìpara prima della morte è una logica conseguenza del dogma dell’Immacolata concezione. La morte è entrata nella creazione e nell’uomo a causa del peccato originale. La Theotokos è nata priva di peccato originale e quindi l’Occidente è tentato a credere che fosse priva della possibilità di morire. Dopo aver eseguito il suo compito sulla terra la Tuttasanta è stata rapita in cielo con il corpo. Pio XII, nella bolla con la quale proclamava il dogma dell’Assunzione, non affermava esplicitamente che la Santissima Vergine non sarebbe morta ma molti, al suo tempo, erano propensi a pensarlo e in quest’atmosfera fu redatta la bolla stessa. La Curia romana desiderava che le facoltà teologiche sottoscrivessero compatte una petizione per la dogmatizzazione dell’assunzione corporea di Maria in cielo ma ciò non avvenne. Dal punto di vista scientifico l’opposizione più netta alla possibilità d’una tale definizione venne da parte del patrologo di Würzburg, Berthold Altaner. Per una tale visione, secondo Altaner, non esiste alcun fondamento né nella Bibbia né nella tradizione. Nei primi cinque secoli del cristianesimo non si trova traccia di questa dottrina. Solo uno scritto apocrifo del sesto secolo il Transitus Mariae inizia a far circolare quest’idea. Tale scritto è però privo di qualsiasi valore storico. Altre fonti storiche, secondo Altaner, non esistono. Nonostante tali gravi obiezioni, la costituzione Munificentissimus Deus parla di “fede unanime della Chiesa fin dai primissimi tempi” e di prove tratte dalla Scrittura, dai Padri e dai teologi.
Tale costituzione evita prudenzialmente di affermare che la Tuttasanta sia morta ma non lo nega neppure; evita il problema lasciando ad ognuno la libertà di pensare come meglio ritiene.
Questa è la posizione cattolica difesa dal Magistero papale e alla quale i cattolici sono tenuti ad aderire, nonostante tutto. Esponiamo ora quella Ortodossa.
A parte l’esistenza della tomba di Maria, si sà che la devozione della sua morte è antichissima. Nella Scrittura è scritto che tutti gli uomini passeranno attraverso la morte. Cristo stesso non l’ha evitata anche se non ha potuto essere trattenuto da essa ed è risuscitato dai morti tracciando la Via che dalla terra porta al Cielo, dal buio alla luce, dalla Morte alla Vita. La morte non è più la realtà definitiva perché è stata distrutta. “Cristo è risorto dai morti diventando primizia dei defunti”, afferma il Crisostomo.
Così come Cristo, la Theotokos è morta ed è risorta. Se si leggono i testi liturgici della Dormizione e le splendide omelie dei Padri per questa festa (particolarmente quella di San Giovanni Damasceno) la morte e la risurrezione della Vergine appaiono come una grande celebrazione pasquale del Cristo risorto che dà vita all’umanità intera. La Vergine è perciò la prima fra i redenti.
Papa Giovanni Paolo II ha cercato di accorciare la distanza tra queste due posizioni affermando che la Vergine è morta per condividere l’amara sorte del Figlio. Quest’affermazione presuppone una certa “revisione” se non delle basi del dogma dell’Assunzione almeno della mentalità ad esso soggiacente. Comunque è lecito porsi una domanda: tale revisione va nel tradizionale senso antico dove si conservano certi equilibri o cerca di forzare le espressioni per fare un’ulteriore non richiesta equivalenza-parallelo tra Cristo e la Theotokos (affermando che esiste una Corredentrice perché c’è un Redentore)?
Nell’Ortodossia non è mai stato dogmatizzato questo punto. Perché si formuli un dogma è indispensabile che ci sia un’eresia e quindi la negazione d’una verità. Il dogma ha tutto il suo senso solo in questa situazione. Nella Liturgia la Chiesa Ortodossa celebra la Dormizione di Maria con un’allusione alla sua assunzione al terzo giorno dalla morte. È per questo che nell’icona della Dormizione di Maria gli apostoli circondano il suo corpo defunto che viene portato in processione. Dietro a tutti sta Cristo con in braccio una bambina in vesti bianche.
L’uso russo per questa festa prevede un epitafio (= un drappo sul quale è ricamata l’icona della S. Vergine dormiente) per Maria, simile a quello usato per il Cristo defunto nella Settimana Santa. Tale epitafio si colloca in mezzo al tempio. Dopo tre giorni, al Vespro, si celebra il “Funerale della Theotokos”. L’epitafio viene portato in processione e, dopo avergli fatto fare tre giri attorno al tempio, viene innalzato sotto la porta d’ingresso in modo da fare passare tutti i fedeli sotto di esso. Infine viene ricollocato nel luogo in cui era stato precedentemente disposto e, in tale posizione, innalzato verso il cielo. Attraverso questo gesto si indica esplicitamente l’assunzione e tutti sanno che la Vergine Maria è stata assunta con il corpo quale primizia dell’umanità. Non serve nulla di più.
Molti dei titoli alla Santa Vergine che hanno marcato la devozione occidentale sono totalmente sconosciuti all’Oriente cristiano. In ciò l’Ortodossia ha lasciato la Theotokos in quell’ombra di discrezione nella quale i Vangeli la collocano. Non c’è quindi il bisogno di parlare di un Cuore Immacolato di Maria, come succede nelle apparizioni di Fatima (Cuore che fa pandant al Sacro Cuore di Gesù), di Maria Corredentrice, come succede nelle apparizioni di Amsterdam (corredenzione che fa pandant a quella di Cristo) e della richiesta di molti vescovi americani di proclamare il dogma di Maria “consustanziale a Dio”: Figlia del Padre, Madre del Figlio, Sposa del Santo Spirito.
Non caratterizza l’Ortodossia neppure quella devozione mariana con la quale i fedeli cercano il sensazionale, i messaggi strani e segreti (Medjugorje), le rivelazioni terroristiche d’una Santa Vergine che trattiene a stento il braccio vendicatore di un Figlio divino antropomorficamente adirato contro l’umanità!
Tutto ciò esce dall’equilibrata prospettiva evangelica e patristica e non è né importante né essenziale.
La Theotokos è sempre stata conosciuta dal popolo di Dio attraverso le discrete testimonianze evangeliche. Per l’Ortodossia è prudente conoscerLa com’essa è sempre stata conosciuta dalla Tradizione del Cristianesimo indiviso senza pretendere di diventarLe più intimi di coloro che ne condividevano la vita.

Publié dans:CHIESA ORTODOSSA, MARIA VERGINE |on 30 décembre, 2011 |Pas de commentaires »

Il sinassario bizantino nella quaresima di Natale, I profeti e i santi che annunciano l’Incarnazione di Cristo

http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/commenti/2009/288q01b1.html

da l’Osservatore Romano

Il sinassario bizantino nella quaresima di Natale

I profeti e i santi che annunciano l’Incarnazione di Cristo

di Manuel Nin

Nella tradizione bizantina a metà novembre inizia la quaresima di Natale, una preparazione fatta in un modo discreto e umile. Diverse celebrazioni ne scandiscono il percorso: il concepimento di sant’Anna; le commemorazioni di profeti, dottori, monaci, le due domeniche prima di Natale chiamate dei progenitori e dei santi Padri. La liturgia bizantina prepara l’umiliazione (kènosis) del Verbo di Dio nell’umiltà della liturgia. Nel sinassario di dicembre ricorrono la Madre di Dio, profeti, martiri, vescovi, monaci, come se la liturgia volesse radunare questi grandi cristiani – e noi con loro – per preparare e testimoniare il mistero dell’Incarnazione.
La Madre di Dio è presente nella festa del concepimento di sant’Anna, « madre della Madre di Dio », che contempla la benedizione di Dio verso Gioacchino e Anna, con la divina maternità di Maria: « Una coppia di sposi produce la venerabile e divina giovenca dalla quale in modo inesprimibile procederà il vero vitello grasso, immolato per il mondo intero; lo straordinario mistero, profetizzato dall’eternità, si mostra oggi in un infante nei lombi della casta Anna: è Maria, la bimba divina, preparata per divenire dimora dell’universale Re dei secoli e per riplasmare la nostra stirpe ».
Cinque profeti – Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Daniele – vengono celebrati con i tre fanciulli Anania, Azaria e Misaele come coloro che hanno preannunciato l’avvento di Cristo: « Stando sulla sua divina vedetta, il venerabile Abacuc ha udito il mistero ineffabile del tuo avvento fra noi, o Cristo, e profetizza l’annuncio che si farà di te, poiché vede in anticipo i sapienti apostoli come cavalli che sconvolgono il mare delle genti numerose ». Daniele e i tre fanciulli sono presentati come modelli di vita integra e di virtù, « che, non d’oro per natura, si rivelano più provati dell’oro: infatti, non li fuse il fuoco della fornace, ma li conservò illesi ». E Daniele è cantato come profeta della divinità di Cristo e della divina maternità di Maria: « Si onori ora Daniele, sommo tra i profeti: egli vide infatti il Cristo Dio nostro come pietra tagliata, non per mano d’uomo, dal monte che è la pura Madre di Dio ».
Quattro martiri – Barbara, Lucia, Sebastiano, Bonifacio – sono ricordati in dicembre. Per Barbara la liturgia bizantina sottolinea il ruolo della croce dove la martire, come Cristo, vince la morte. E di Lucia il tropario della festa mette in evidenza la dimensione sponsale della martire, della Chiesa e dell’anima di ogni cristiano: « Te, mio sposo, io desidero, e per cercare te combatto, sono con te crocifissa e con te sepolta nel tuo battesimo; soffro con te, per poter regnare con te, e muoio per te, per vivere in te ».
Grandi vescovi e Padri della Chiesa – Giovanni Damasceno, Nicola di Mira, Ambrogio di Milano, Spiridione e Ignazio di Antiochia – sono radunati in questo periodo. Il Damasceno è presentato come teologo e cantore della fede: « Sapientissimo padre Giovanni, hai fatto bella la Chiesa con inni, cantando con alta ispirazione, toccando la tua cetra, o padre, per l’energia dello Spirito, a imitazione di quella armoniosissima di Davide ». Di Nicola la tradizione bizantina mette in risalto la figura di taumaturgo e intercessore: « Pastori e maestri, conveniamo insieme per lodare il pastore emulo del buon pastore; i malati facendo l’elogio del medico; quelli che sono nei pericoli, del liberatore; i peccatori, dell’avvocato; i poveri, del tesoro, gli afflitti, del conforto; i viaggiatori, del compagno di viaggio; quelli che sono in mare, del nocchiero ».
Ambrogio, uno dei pochi Padri latini presenti nel sinassario bizantino, è presentato come difensore della vera professione di fede della Chiesa: « Padre santo, Ambrogio sacratissimo, lira che canta per tutti noi la melodia salvifica delle dottrine ortodosse, cetra sonora del divino Paraclito; grande strumento di Dio, tu proclami con chiarezza un unico Figlio in due nature, fatto carne, che si è manifestato a noi dall’ignara di nozze, e che è consustanziale al Padre, al Padre coeterno e a lui naturalmente unito; hai così represso con la potenza dello Spirito la blasfema loquacità di Ario ».
Ignazio di Antiochia viene celebrato alle porte del Natale con un intreccio di testi ispirati o presi dalle sue lettere: « O ferito dalla carità perfetta, quando la folgorante passione infiammò la tua anima, o sacratissimo, affrettandoti, o padre, ad andare verso il Sovrano, gridasti quella parola degna d’esser celebrata: Frumento del Creatore io sono, e bisogna che io sia macinato dai denti delle fiere, affinché io divenga purissimo pane per il Verbo Dio nostro ».
Tra i santi monaci di questo periodo – Saba, Patapio, Daniele Stilita – in modo speciale viene celebrato san Saba, « simile agli angeli, compagno dei santi, consorte dei profeti, coerede dei martiri e degli apostoli, lampada inestinguibile della continenza, tersissimo luminare dei monaci, risplendente per i fulgori della carità ». La Madre di Dio, i profeti, i martiri, i Padri e i monaci sono così i punti di riferimento verso la celebrazione e la contemplazione dell’Incarnazione del Verbo, il nuovo bambino e Dio prima dei secoli.

(L’Osservatore Romano 13 dicembre 2009)

IL PECCATO ORIGINALE SECONDO SAN PAOLO (è lungo lo divido)

ho trovato questo studio della Chiesa Ortodossa,, è lungo, ve lo propongo due capitoli per volta, i primi due poi gli altri, dal sito:

http://digilander.libero.it/ortodossia/peccato.htm

IL PECCATO ORIGINALE  SECONDO SAN PAOLO

Giovanni S. Romanidis

La traduzione è tratta da: St. Vladimir’s Seminary Quaterly, vol. IV, nn. 1-2, 1955-1956.

Indice

Introduzione
La Creazione decaduta
———————————-
La giustizia di Dio e la Legge
Il destino dell’uomo e l’antropologia
Il destino dell’uomo
L’antropologia di san Paolo
Osservazioni sintetiche
Conclusioni
Note

Introduzione

Riguardo la dottrina del peccato originale com’è contenuta nell’Antico Testamento e chiarita dall’unica Rivelazione di Cristo nel Nuovo Testamento, nel cristianesimo occidentale, specialmente in quello fondato sullo sviluppo dei presupposti scolastici, continua a regnare una grande confusione che, negli ultimi secoli, sembra aver guadagnato molto terreno nelle problematiche teologiche dell’ Oriente ortodosso. In alcune scuole questo problema è stato rivestito di un’aurea di mistificante vaghezza a tal punto che perfino alcuni teologi ortodossi sembrano accettare la dottrina sul peccato originale vedendola semplicemente come un grande e profondo mistero di fede (cfr. Androutsos, Dogmatike, pp. 161-162). Quest’atteggiamento è divenuto certamente paradossale, particolarmente da quando tali cristiani, che non possono definire il nemico dell’umanità [il Demonio], sono gli stessi che affermano illogicamente che in Cristo esiste la remissione di questo misterioso peccato originale. E’ sicuramente un’ opinione molto distante rispetto alla certezza con la quale san Paolo ha affermato che noi « non ignoriamo i pensieri » (noemata) del Demonio (1).
Se si mantiene vigorosamente e con fermezza che Gesù Cristo è l’unico Salvatore ad aver portato la salvezza in un mondo bisognoso d’essere salvato, si deve evidentemente sapere che è la natura del bisogno ad aver procurato tale salvezza (2). Sarebbe davvero sciocco esercitare dottori e infermieri a guarire malattie se nel mondo non esistesse alcuna malattia. Analogamente un salvatore che proclama di salvare delle persone che non hanno alcun bisogno di salvezza, è un salvatore soltanto per se stesso.
Indubbiamente una delle cause più importanti dell’eresia sta nel fallimento a capire l’esatta natura della situazione umana descritta nell’Antico e nel Nuovo Testamento per la quale gli eventi storici della nascita, degli insegnamenti, della morte e risurrezione e della seconda venuta di Cristo, rappresentano l’unico rimedio. Il fallimento di tale comprensione implica automaticamente la distorta comprensione di quanto Cristo ha fatto e continua a fare per noi e della nostra conseguente relazione con Lui all’interno del Regno di salvezza. L’importanza d’una definizione corretta sul peccato originale e sulle sue conseguenze non può mai essere esagerata. Qualsiasi tentativo di minimizzarla o di alterare il suo significato comporta automaticamente un indebolimento e, parimenti, un completo malinteso sulla natura della Chiesa, dei sacramenti e del destino umano.
In ogni indagine che voglia approfondire il pensiero di san Paolo e degli altri agiografi apostolici può esserci la tentazione d’esaminare i loro scritti con definiti presupposti, benché molto spesso inconsci, contrari alle testimonianze bibliche. Se ci si accosta alla testimonianza biblica, all’opera di Cristo e alla vita della comunità primitiva con predeterminate nozioni metafisiche riguardo alla struttura morale di quello che i più definiscono « mondo naturale » e, di conseguenza, con idee fisse riguardo al destino umano e alle necessità dell’individuo e dell’umanità in genere, dalla vita e dalla fede della Chiesa antica, si coglieranno indubbiamente solo gli aspetti che si adattano bene al proprio quadro di riferimento. Allora, se si desidera mantenere costantemente autentica la propria interpretazione delle Sacre Scritture, si dovrà necessariamente procedere a spiegare esaurientemente ogni elemento estraneo ai concetti biblici e, quindi, secondario e superficiale, intendendolo semplicemente come il prodotto d’alcuni malintesi sulla dottrina di certi Apostoli, d’un gruppo di Padri, o di tutta la Chiesa primitiva in genere.
Un approccio appropriato all’insegnamento neotestamentario di san Paolo riguardo il peccato originale non può essere trattato in modo fazioso. E’ incorretto, per esempio, sottolineare eccessivamente la frase di Romani 5, 12 « eph’ho pantes hemarton » per provare che esiste un certo sistema di pensiero riguardo alla legge morale e alla colpa senza prima stabilire il peso delle convinzioni di san Paolo riguardo ai poteri di Satana e alla vera situazione, non solo dell’uomo, ma di tutta la creazione. Sbaglia pure chi tratta il problema della remissione del peccato originale inserendo il pensiero di san Paolo in una struttura antropologica dualistica ignorando, al contempo, i fondamenti ebraici dell’antropologia paolina. Similmente, un tentativo d’interpretare la dottrina biblica della caduta nei termini d’una filosofia edonistica sulla felicità è già condannata al fallimento per il suo rifiuto di riconoscere non solo l’anormalità ma, cosa più importante, le conseguenze della morte e della corruzione.
Un approccio corretto alla dottrina paolina sul peccato originale deve prendere in considerazione la comprensione di san Paolo:
1) sullo stato decaduto della creazione, inclusi i poteri di Satana, la morte e la corruzione;
2) sulla giustizia di Dio e la legge e, infine,
3) sull’antropologia e il destino dell’uomo e della creazione.
Con ciò non si vuole suggerire che nel presente studio ciascun tema sarà trattato dettagliatamente. Tali temi, piuttosto, saranno affrontati solo alla luce del problema principale del peccato originale e della sua trasmissione secondo san Paolo.

La Creazione decaduta
San Paolo afferma energicamente che tutte le cose create da Dio sono buone (3). Allo stesso tempo, insiste sul fatto che non solo l’uomo (4) ma pure tutta la creazione è decaduta (5). Sia l’uomo che la creazione attendono la redenzione finale (6). Così, nonostante il fatto che tutte le cose create da Dio siano buone, il Diavolo diviene temporaneamente (7) « dio di questo secolo » (8). Un basilare presupposto di san Paolo è che, sebbene il mondo è stato creato da Dio come una realtà buona, esso si trova ancora sotto il potere di Satana. Il Demonio, comunque, non ha alcun ruolo assoluto poiché Dio non ha abbandonato la Sua creazione (9).
Secondo san Paolo, la creazione non è quanto Dio intendeva fosse « poiché la creatura è soggetta alla vanità non per volontà propria ma per causa di chi l’ha assoggettata » (10) Perciò la cattiveria può esistere, almeno temporaneamente, come un elemento parassita a fianco o all’interno di quanto Dio ha creato originalmente come buono. Un ottimo esempio di ciò è colui che vorrebbe fare il bene secondo l’ »uomo interiore » ma ne è impossibilitato per l’insito potere del peccato nella carne (11). Benché la realtà creata sia buona e venga ancora mantenuta e governata da Dio, la creazione per se stessa è lontana dalla normalità o dalla naturalità se, per « normale », intendiamo la natura secondo l’originale e finale destino della creazione. Colui che governa questo mondo, contrariamente al fatto che Dio sostiene ancora la creazione e conserva per se un resto di essa (12), è il Demonio (13).
Cercare di rinvenire in san Paolo una certa filosofia naturale con un universo equilibrato da fisse e inerenti leggi ragionevoli secondo le quali l’uomo può vivere serenamente ed essere felice, significa fare violenza alla fede dell’apostolo. Per san Paolo non esiste alcun mondo naturale con un sistema inerente di leggi morali, poiché tutta la creazione è stata sottoposta alla vanità e al cattivo dominio di Satana subendo il potere della morte e della corruzione (14). Per questa ragione tutti gli uomini sono divenuti peccatori (15). Non esiste alcun uomo che non sia peccatore semplicemente perché vive secondo la legge della ragione o la norma mosaica (16). La possibilità di vivere secondo la legge universale implica pure la possibilità d’essere senza peccato. Tuttavia, per san Paolo, questo è un mito poiché Satana non rispetta le leggi della ragione che fanno vivere rettamente (17) e ha sotto la sua influenza tutti gli uomini che nascono sotto il potere della morte e della corruzione (18).
Che sia creduto o meno, il presente, reale ed attivo potere di Satana dovrebbe provocare il teologo biblista. Egli non può ignorare l’importanza attribuita da san Paolo al potere demoniaco. Facendo diversamente non si comprende per nulla il problema del peccato originale e della sua trasmissione e si finisce pure per equivocare il pensiero degli scrittori del Nuovo Testamento e la fede di tutta la Chiesa antica. Riguardo al potere di Satana per opera del quale viene introdotto il peccato nella vita d’ogni uomo, sant’Agostino, per combattere il pelagianesimo, ha chiaramente mal interpretato san Paolo. Il potere di Satana, la morte e la corruzione dallo sfondo teologico dov’erano posti sono stati collocati in primo piano per rispondere alla controversia sul problema della colpa personale nella trasmissione del peccato originale. In tal modo, san’Agostino ha introdotto un falso approccio filosofico-moralistico che è estraneo al pensiero di san Paolo (19) e che non è stato accettato dalla tradizione patristica orientale (20).
Per san Paolo Satana non è semplicemente un potere negativo nell’universo. E’ una realtà personale con volontà (21), pensieri (22) e metodi falsi (23), contro il quale i cristiani devono intraprendere un’intensa battaglia (24) poiché possono essere ancora tentati da lui (25). Egli è dinamicamente attivo (26) e combatte per la distruzione della creazione senza attendere con semplice passività in uno spazio circoscritto per accogliere coloro che decidono razionalmente di non seguire Dio e le leggi morali inerenti ad un universo naturale. Satana è pure capace trasformare se stesso in angelo di luce (27). Ha a sua disposizione miracolosi poteri di perversione (28) e ha per collaboratori eserciti di poteri invisibili (29). Egli è « il bene di questo secolo » (30), colui che ha ingannato la prima donna (31). E’ lui che ha condotto l’uomo (32) e tutta la creazione nel sentiero della morte e della corruzione (33).
Il potere della morte e della corruzione, secondo Paolo, non è negativo ma, al contrario, positivamente attivo. « Il pungiglione della morte è il peccato » (34) che, a sua volta, fa regnare la morte (35). Non solo l’uomo ma tutta la creazione è stata assoggettata alla tirannia del suo potere (36) e ora attende la redenzione. Perciò la creazione stessa sarà consegnata dalla schiavitù della corruzione (37). Assieme con la distruzione finale di tutti i nemici di Dio, la morte — l’ultima e probabilmente la maggior nemica — sarà distrutta (38). Allora la morte sarà inghiottita dalla vittoria (39). Per san Paolo la distruzione della morte è parallela alla distruzione del Demonio e delle sue forze. La salvezza dalla prima significa la salvezza dagli altri (40).
E’ ovvio che le espressioni paoline riguardanti la creazione decaduta, Satana e la morte non offrono alcuno spazio a qualsiasi tipo di dualismo metafisico o a qualsiasi divisione mentale con la quale si farebbe di questo mondo un dominio intermedio quasi esso fosse, per l’uomo, una pietra di guado tra la presenza di Dio e il regno di Satana. L’idea di tre piani nella storia in cui Dio con i suoi seguaci e gli angeli occuperebbero quello superiore, il Demonio la base e l’uomo nella sua carne il piano intermedio, non trova alcun posto nella teologia paolina. Per Paolo tutte le tre realtà si compenetrano. Non esiste alcun mondo intermedio e neutro dove l’uomo possa vivere secondo la legge naturale ed essere giudicato per ricevere la felicità alla presenza di Dio o per meritare il tormento in abissi tenebrosi. Al contrario, tutta la creazione è dominio di Dio ed Egli non può essere contaminato dal male. Tuttavia, nel suo dominio esistono altre volontà che Egli ha creato le quali possono scegliere sia il Regno di Dio sia il regno della morte e della distruzione.
Contrariamente al fatto che la creazione di Dio è essenzialmente buona, il Demonio ha contemporaneamente e parassitariamente trasformato questa stessa creazione in un temporaneo regno per se stesso (41). Il Demonio, la morte e il peccato stanno regnando in questo mondo, non in un altro. Il regno delle tenebre e quello della luce si stanno facendo guerra nel medesimo luogo. Per questa sola ragione l’unica vittoria possibile sul Diavolo è la risurrezione dalla morte (42). Non esiste alcuna fuga dal campo di battaglia. L’unica scelta possibile per ogni uomo è combattere attivamente il Demonio condividendo la vittoria di Cristo, o accettare le falsità del Diavolo volendo credere che tutto va bene ed è tutto normale (43).

I MARTIRI DEL COMUNISMO VENGONO PROCLAMATI SANTI

 dal sito:

http://www.zenit.org/article-28696?l=italian

I MARTIRI DEL COMUNISMO VENGONO PROCLAMATI SANTI

La Chiesa Ortodossa Russa ha proclamato santi oltre 1500 martiri

di Antonio Gaspari

MILANO, giovedì, 17 novembre 2011 (ZENIT.org) – “Gli oltre 1500 nuovi martiri e confessori innalzati sugli altari dalla Chiesa russa costituiscono solo una briciola della schiera di santi ortodossi che hanno permesso il trionfo storico spirituale della Chiesa in mezzo a persecuzioni comuniste senza precedenti per crudeltà e sacrilegio”.
Lo ha affermato Georgij Mitrofanov docente di storia all’Accademia teologica ortodossa di Pietroburgo, intervenendo al convegno internazionale realizzato dalla Fondazione Russia Cristiana, dal titolo “Crisi dell’umano e desiderio di felicità. Che cos’ha da dire la Chiesa oggi?”.
Al convegno svoltosi a Milano e Seriate (BG), il 28-30 ottobre 2011 Georgij Mitrofanov, autore del libro “La Russia ed il secolo XX” pubblicato dall’editrice Agat di Pietroburgo  ha raccontato della persecuzione del regime comunista nei confronti della Chiesa ortodossa.
Il docente russo che anche sacerdote ortodosso ha spiegato che dal 1918 al 1921, il regime bolscevico, mirando alla soppressione fisica della Chiesa e delle sue membra attive, di solito non cercava di coinvolgere i preti nelle azioni antireligiose dei suoi organi repressivi o di propaganda.
Le persecuzioni di questo primo periodo non hanno quasi lasciato traccia nelle fonti scritte, perché in quegli anni praticamente non si faceva alcuna inchiesta, e le uniche testimonianze scritte delle repressioni sono i mandati d’arresto (quelli che si sono conservati) e soprattutto le condanne alla fucilazione.
Rispetto invece ai periodi successivi e più intensi delle repressioni, dal 1922 al 1923, dal 1928 al 1934 e dal 1937 al 1941, la Commissione sinodale della Chiesa Ortodossa Russa ha a disposizione una grande quantità di fonti scritte, che permettono di precisare nei dettagli le circostanze della morte di migliaia di vittime del terrore sia tra il clero che tra i laici impegnati.
Questo perchè gli organi inquirenti della polizia segreta “GPU” o “NKVD” registravano dettagliatamente lo svolgimento di ogni operazione, dall’intervento operativo fino all’emissione della sentenza.
Secondo il prof. Mitrofanov  “Se paragoniamo le persecuzioni subite dalla Chiesa ortodossa russa nel periodo sovietico con quelle dei cristiani dei primi secoli, le prime risultano non solo più estese, ma anche più crudeli e raffinate nei metodi”.
“Tuttavia, – ha aggiunto – non sarebbe giustificato considerare tutte le vittime di quel periodo, laici ma anche i sacerdoti, come martiri per il solo fatto di essere morte durante le persecuzioni antireligiose”.
Il docente russo ha spiegato che i sacerdoti e laici arrestati negli anni ’20-30 di solito erano accusati di delitti politici, ed era molto raro che durante l’inchiesta si esigesse da loro di rinnegare Cristo o il proprio ministero sacerdotale.
Lo scopo principale degli inquirenti era quello di costringere le proprie vittime, anche con feroci torture fisiche e morali, a riconoscersi colpevoli delle accuse ricevute, coinvolgendo allo stesso tempo quante più persone possibile come complici.
Per il prof. Mitrofanov  “il primo dovere morale davanti a Cristo in questo periodo di persecuzione non era tanto la capacità del cristiano arrestato di professare Cristo a parole durante l’inchiesta, ma la capacità di resistere, sotto tortura, e non riconoscere i falsi delitti addossatigli né la complicità di persone innocenti”.
Ed è proprio sulla base di questo criterio che la Commissione sinodale per le canonizzazioni ha reputato possibile presentare come materiali alcuni documenti che riguardavano sacerdoti e laici morti e perseguitati.
Il conclusione il prof. Mitrofanov ha sottolineato “E se il popolo russo, che ha sofferto incalcolabili perdite umane e storico culturali nel cammino che lo ha portato a superare la pretesa di costruire il paradiso in terra, ha rivelato davanti a tutto il mondo il carattere utopistico e sterile del comunismo, la Chiesa ortodossa russa, che ha opposto ai persecutori del cristianesimo la moltitudine dei suoi nuovi martiri e confessori, ha mostrato al mondo l’invincibilità della Chiesa nella sua lotta spirituale con una delle concezioni più terribili nella storia dell’umanità”.

Publié dans:CHIESA ORTODOSSA |on 17 novembre, 2011 |Pas de commentaires »

PREGHIERA DI UN PADRE ATHONITA

dal sito:

http://www.ortodoxia.it/LA%20PREGHIERA.htm

PREGHIERA DI UN PADRE ATHONITA

O Signore Gesù Cristo, Figlio e Verbo del Dio Vivente, che venisti al mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo, per l’intercessione delle preghiere della Tua Santissima Madre, dei Santi e di tutti i monaci, come Tu vuoi e come Tu sai, abbi pietà di me peccatore e miserabile. Ti prego, abbi pietà di me, mio Cristo. Dimentica tutti i miei peccati, che ho commesso con parole, azioni e pensieri, dalla mia nascita fino a questo momento. Dimentica tutti i miei errori ed omissioni, la mia ignoranza ed inesperienza giovanile. 
O mio Signore Gesù Cristo. Ti prego proteggimi dagli errori, da ogni influenza del Maligno, dalle mie passioni e debolezze. Dammi la forza e la volontà di non peccare ancora. Proteggimi dai pensieri insidiosi, dall’amore delle cose vane, dal parlare inutile e dalla censura degli altri. Apri gli occhi della mia anima, ed illumina le tenebre della mia mente.
O Signore e Capo della mia vita, che io lo voglia o no, salvami. Ti imploro, non lasciarmi punito all’inferno. Salvami dalla visione paurosa e dalle terribili grinfie del Nemico, che odia tutto ciò che è buono. Mio Cristo, mai voglio separarmi da Te, dalle Tue benedizioni ed illuminazione, dove la mia anima riposa e gioisce pienamente.
Omio Signore, concedimi il pentimento. Chiamami vicino a Te, quando sono in un buono stato spirituale, così che io possa gioire della Tua ineffabile Luce e dei Tuoi eterni doni. Dammi, grazie alla Tua clemenza e bontà, l’ultimo posto in Paradiso.
Omio Signore, estingui la mia colpa e perdona me peccatore. Ricordati, mio Signore, nel Tuo Regno. O mio Cristo provvedi per me, alleggerisci la mia croce, dammi la forza di portarla con coraggio e pazienza. Non permettere che mi perda in strade di perdizione; tienimi lontano dal dolore dei senza Dio, non lasciarmi influenzare dai senza fede e da vane parole.
AAbbi pietà di me, mio Cristo, Salvatore e Redentore, non abbandonarmi mai. Dammi una fede forte, preghiera pura, umiltà e discernimento, prudenza, castità, saggezza, pietà, contrizione, zelo divino a prendere i Tuoi Comandamenti ed altruistico amore verso tutti. Illuminami così che io possa riconoscere i miei sbagli, dammi lacrime per piangere per i miei peccati. Dammi coraggio spirituale e fisico ed anche resistenza. Dammi coraggio, speranza, ottimismo, conoscenza, correzione e fiducia in me stesso. Riempimi con la Grazia e Benedizioni. Attraverso la Tua assistenza, fammi Tuo servo, a Te degno ed utile in questi giorni. Utilizzami per la salvezza di molti fratelli. Illumina il mio Padre spirituale nel provvedere a me ed a dirigermi correttamente. Fa che incontri nella mia vita persone di fede e buoni compagni spirituali.
Omio Signore Gesù Cristo, abbi pietà e proteggi tutti i Cristiani Ortodossi, illumina i volenterosi di tutto il mondo a prendersi cura della loro salvezza nell’ eternità per mezzo della Chiesa Ortodossa. Pacifica il mondo intero, e guida le genti.
O mio Signore, ricorda tutti quelli che mi hanno chiesto di pregare per loro. Conduci alla salvezza chiunque mi ama o mi odia e chiunque abbia sbagliato con me. Proteggi il nostro paese e la gente umile dai nemici e dall’ Anticristo. Provvedi per tutti i miei fratelli e sorelle, le vedove, gli orfani, i giovani, la povera gente, e quelli che sono ammalati o costretti a letto, chiunque sia infastidito da spiriti maligni e tutti gli oppressi della terra. Illumina e benedici il Clero Ortodosso ed i Monaci. Concedi eterno riposo a tutti i Cristiani Ortodossi, che sono morti dall’ inizio sino ad oggi. Ricorda, mio Signore, le anime dei miei genitori, maestri ed amici….
O Santo Spirito, incommensurabile Tesoro, presente in ogni luogo, Divina Grazia che guarisce la debolezza e riempie ciò che è incompleto, o Unico Bene e solo Soccorritore, vieni e cancella in me il peccato; riempimi con la Grazia e le benedizioni e fammi degno Tuo servo, necessario ai nostri giorni. Apri gli occhi della mia anima, illumina le tenebre della mia mente, colma il mio cuore con la Tua Grazia Divina, così che io possa essere costante nella fede e pieno di divina illuminazione.
O mio Cristo e mia Santissima Vergine Maria! Io vi ringrazio dal mio cuore, perché mi portaste sulla via della salvezza, da far gioire la mia anima. Vi ringrazio per tutti i beni che mi avete dato, quelli che conosco e quelli che mi sono sconosciuti. Ti ringrazio anche, mio Cristo, per tutte le difficoltà che hai permesso di soffrire a beneficio della mia anima.
Per tutte queste ragioni, possa il Tuo Santo nome essere glorificato.

Gloria a Te, Onnipotente Signore; Gloria a Te, Re eterno; Santissima Trinità, Gloria a Te.
—————————————————–
Padre Maximos del gheronda Iosif, kellion di san Nicola a Karyes
È stato segretario e amministratore del sacro monastero di Kutlumussio, rettore a Protato, segretario della Sacra Comunità e professore alla scuola Athoniada.
Si è laureato in teologia all’università di Atene, conosce due lingue, oltre il greco, e ha scritto molti libri teologici e spirituali.
Dal convegno dell’associazione Testimonianza Ortodossa a Bologna con tema: Monachesimo, immolazione di preghiera.

Compie 100 anni la più grande chiesa cattolica della Russia

dal sito:

http://www.asianews.it/notizie-it/Compie-100-anni-la-pi%C3%B9-grande-chiesa-cattolica-della-Russia-22703.html

2/09/2011 11:50

RUSSIA

Compie 100 anni la più grande chiesa cattolica della Russia

di Nina Achmatova

Dal 23 al 25 settembre a Mosca, le celebrazioni per l’anniversario della cattedrale dell’Immacolata Concezione, definita dal Papa “simbolo luminoso della forza della fede”. La chiesa subì 50 anni di deturpazioni e repressioni. Alle celebrazioni, con l’arcivescovo Pezzi, anche l’inviato vaticano card. Tomko.
Mosca (AsiaNews) – Si celebrano dal 23 al 25 settembre i 100 anni della cattedrale dell’Immacolata Concezione, la più grande chiesa cattolica di Russia. Per l’occasione arriveranno a Mosca numerosi vescovi anche da Polonia, Stati Uniti, Belorussia, Kazakistan e Lituania, ospiti dell’arcivescovo della Madre di Dio, mons. Paolo Pezzi. Anche il Papa – il cui viaggio in Russia continua a essere argomento sensibile nel dialogo ecumenico con la Chiesa russo-ortodossa – sarà simbolicamente accanto alla comunità attraverso il suo inviato speciale, il card. Josef Tomko. A lui Benedetto XVI ha consegnato una lettera in cui definisce la cattedrale moscovita “un simbolo luminoso della forza della fede”.
Nella lettera si sottolinea che Tomko – prefetto emerito della congregazione per l`Evangelizzazione dei popoli, il quale presiederà la messa del 25 settembre – porta ai cattolici di Russia i saluti del Pontefice e la sua esortazione affinché con l’intercessione di Maria possano condurre una vita piena di fede e carità.
Quella della cattedrale di Mosca è una storia di “sofferenza e redenzione” come ha scritto lo stesso Benedetto XVI nella missiva. Costruita tra il 1901 e il 1911 in via Malaya Gruzinskaya per ospitare, insieme alla parrocchia dei Santi Pietro e Paolo e quella di San Luigi, gli allora 30mila cattolici della capitale (per lo più polacchi), la chiesa “ha condiviso il destino della maggioranza delle chiese russe, cadendo sotto il giogo dell’ateismo militante”, come ricorda mons. Pezzi. Dopo la rivoluzione d’Ottobre fu dichiarata “proprietà nazionale” e i parrocchiani dovevano pagare tasse elevate per poterla usare come luogo di culto, ma la fede della comunità riuscì a tenerla in vita. Nel 1938 fu definitivamente chiusa dalle autorità sovietiche. Deturpata, sconsacrata e poi trasformata in una fabbrica, nel 1956 divenne sede dell’istituto di ricerca “Mosspetspromproekt”.
Lo stesso mons. Pezzi ha spesso tenuto a sottolineare come la comunità di Malaya Gruzinskaya sia stata vittima della crudele repressione staliniana. A questo proposito il presule cita tre nomi dei numerosi martiri legati alla storia di questa parrocchia: il suo primo rettore, p. Mikhail Tsakul (1885-1938), giustiziato al famigerato poligono di Butovo; p. Leonid Fedorov, esarca dei cattolici di rito orientale, che all’Immacolata Concezione di Mosca celebrò la sua ultima messa pasquale prima di essere ucciso e il vice-esarca dei cattolici di Russia, p. Sergei Soloviev, nipote del famoso filosofo religioso Vladimir Soloviev.
Le cose iniziarono a cambiare con la perestrojka gorbacioviana. Nel 1989 – racconta il portavoce dell’arcidiocesi, padre Kirill Gorbunov – l’associazione “Casa polacca” iniziò a chiedere la restituzione della chiesa. Nel dicembre 1990 sul sagrato dell’Immacolta Concezione si tenne la prima messa autorizzata. Nonostante il freddo pungente – si ricorda  – furono centinaia le persone accorse. Dal giugno 1991, ogni domenica si iniziarono a svolgere celebrazioni eucaristiche fino a che, nel gennaio 1996, il “Mosspetspromproekt” lasciò l’edificio definitivamente e il mese successivo la parrocchia ottenne la conferma del suo diritto a usare la chiesa. Con una colletta tra fedeli e donatori iniziarono i restauri e il 12 dicembre 1999, il segretario di Stato vaticano, card. Angelo Sodano, la riconsacrò. Dopo l’erezione nel 2002 dell’arcidiocesi della Madre di Dio, la chiesa ottenne infine lo status di cattedrale.
Come la maggior parte delle parrocchie cattoliche russe, l’Immacolata Concezione rappresenta la “chiesa universale in miniatura”, spiega p. Gorbunov. I parrocchiani sono per lo più russi, ma con radici diverse e inestricabilmente legate alla cultura locale. Nella chiesa si celebrano messe in polacco, inglese, spagnolo, coreano e armeno. Con il tempo la cattedrale è diventata anche un punto di riferimento per la vita cultura della capitale. I festeggiamenti per il centenario della dedicazione, ad esempio, prevedono vari concerti di musica sacra, l`inaugurazione di un monumento a Madre Teresa di Calcutta, una mostra fotografica, la presentazione del libro e del film dedicati alla storia dell’Immacolata Concezione, “monumento significativo” alla fede mariana di tutti i cristiani, come ha sottolineato il Papa.

Publié dans:CHIESA ORTODOSSA |on 22 septembre, 2011 |Pas de commentaires »
1...45678...13

Une Paroisse virtuelle en F... |
VIENS ECOUTE ET VOIS |
A TOI DE VOIR ... |
Unblog.fr | Annuaire | Signaler un abus | De Heilige Koran ... makkel...
| L'IsLaM pOuR tOuS
| islam01