L’Anno paolino in Turchia come riscoperta dell’identità cristiana (L’Osservatore Romano, intervista a Mons. Padovese)
dal sito:
http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/interviste/2008/015q06a1.html
L’OSSERVATORE ROMANO (18 OTTOBRE 2008)
Intervista a monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico di Anatolia
L’Anno paolino in Turchia come riscoperta dell’identità cristiana
Rosario Capomasi
« Stiamo curando la pubblicazione in lingua turca, per la prima volta, delle Lettere di san Paolo. Questo per far meglio conoscere il suo pensiero tra i cristiani del Paese ». Lo ha rivelato, in un’intervista concessa a « L’Osservatore Romano », monsignor Luigi Padovese, vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Conferenza episcopale turca, che ha illustrato iniziative ed eventi programmati dalla Chiesa cattolica in Turchia per celebrare il bimillenario della nascita dell’apostolo delle genti. Lo speciale giubileo paolino è stato indetto lo scorso anno da Benedetto XVI, che ha sottolineato la necessaria impronta ecumenica da conferire all’evento.Le Lettere di san Paolo tradotte in lingua turca sono una novità assoluta. Che significato ha questa iniziativa?
Mi aspetto che i fedeli che vivono in Turchia, attraverso la lettura delle parole nella lingua madre, espressione di una forte identità cristiana, possano rafforzare e quindi amare di più la loro identità cristiana. Dalle lettere paoline emerge la grande fatica affrontata dal santo per portare il messaggio di Cristo nelle zone più impervie della Turchia. Se si pensa ai pericoli, all’enorme forza spirituale che ha animato l’apostolato di Paolo nel suo peregrinare da una regione all’altra, non si può non rimanere colpiti, subendo un vero e proprio cambiamento interiore. Il mio desiderio più grande è vedere nel pellegrino che si reca in Anatolia la presa di coscienza che il cristianesimo non è solo un fattore geografico ma anche missione, impegno, difficoltà. Prendendo coscienza di ciò, matura un cristiano più forte.
Quali sono gli altri eventi in programma?
Come primo atto, in attesa dell’apertura vera e propria, il prossimo 25 gennaio, giorno della conversione di san Paolo, si svolgerà a Tarso una celebrazione ecumenica a cui parteciperanno, oltre al sottoscritto, anche il vescovo di Padova, monsignor Antonio Mattiazzo, il vescovo siro-ortodosso di Adiyaman Melki Ürek e il vescovo maronita di Alep, Youssef Anis Abi-Aad. Saranno presenti anche pastori e sacerdoti della Chiesa ortodossa. Ho già incontrato il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, il patriarca della Chiesa armena apostolica, Mesrob II Minas-Vartan Mutafyan, e il metropolita della Chiesa siro-ortodossa di Istanbul, Filuskinos Yusuf Çetin. Tutti mi hanno mostrato grande disponibilità e collaborazione, seguendo quell’indirizzo ecumenico tracciato da Benedetto XVI quando l’anno scorso annunciò ufficialmente l’evento. In seguito verranno seguiti degli itinerari paolini ad Antiochia, Antiochia di Pisidia, Tarso ed Efeso con cerimonie e tavoli di riflessione sul pensiero dell’apostolo. Il 21 giugno vi sarà infine la celebrazione di apertura nella chiesa museo di san Paolo a Tarso a cui parteciperà il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Riguardo alla possibilità di celebrazioni nella chiesa di san Paolo a Tarso, come si comportano le autorità politiche?
Ho riscontrato una certa apertura nell’amministrazione comunale e nel governo centrale. Non dimentichiamoci che la chiesa è anche un museo e non è facile ottenere certe autorizzazioni. Ho chiesto espressamente che l’edificio venga concesso non solo ai cattolici ma anche a tutti i cristiani che verranno in pellegrinaggio. Non è proselitismo, ma un doveroso invito a tutto il mondo cattolico a venire ad omaggiare l’apostolo nel luogo dove vide la luce. In questo senso, il primo ministro turco, Recep Erdogan, e il vice prefetto mi hanno assicurato che intorno alla chiesa sorgeranno tutti quei servizi per i turisti come punti ristoro, centri informativi, luoghi di riunione. A giorni, inoltre, attendiamo l’arrivo da Ankara di una commissione governativa che dovrebbe dare l’autorizzazione definitiva alle manifestazioni in programma. L’obiettivo è ottenere un luogo permanente ed esclusivo di culto cristiano a Tarso: un desiderio mio ma anche di quei pellegrini che giungono da ogni parte del mondo, attratti dal misticismo dei luoghi.
Qual è l’attuale situazione della comunità cattolica nel Paese?
La presenza cattolica è purtroppo molto limitata e, se si escludono i grandi centri come Istanbul, Smirne o Ankara, chiese vere e proprie non ce ne sono sul territorio turco. A Tarso, poi, come ho già anticipato prima, esiste solo una chiesa museo, senza neanche una croce sulla facciata, gestita da tre suore della congregazione delle Figlie della Chiesa. La memoria storica del cristianesimo in questo Paese è come stata cancellata. Ed è un peccato se si pensa che in Turchia convivono esperienze diverse di cristianesimo: latino, armeno-cattolico, caldeo-cattolico e siro-cattolico.
In questi giorni di preparativi come sono i rapporti con la confessione musulmana?
È un discorso complesso, esistono diversi tipi di relazioni e scambi perché diversi sono gli orientamenti seguiti dall’islam turco. In questo Paese non ci troviamo di fronte ad una religione compatta e monolitica, ma pluriforme, oscillante tra orientamenti portati al dialogo e altri che invece osservano un’interpretazione più rigida e nazionalista del Corano. Ho apprezzato comunque gli sforzi di apertura nei confronti della Chiesa in Turchia avvenuti in questi ultimi mesi. Speriamo che questa accresciuta propensione alle relazioni interconfessionali possa dare i suoi frutti a breve.
Le relazioni con le altre Chiese come lei ha già accennato in precedenza sembrano buone.
E infatti lo sono. Con il patriarca Bartolomeo I, ad esempio, i rapporti sono improntati ad una cordialità ed un affetto sinceri. Quello che vorrei sottolineare è che attraverso il dialogo e la frequentazione si è passati gradatamente da un ecumenismo di facciata a quello che si radica nel cuore di chi si incontra. Sono questi i frutti del lavoro svolto dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani insieme con gli altri patriarcati, come quello di Antiochia.
Oltre alla riscoperta del messaggio paolino quali altri significati ha l’evento?
Il bimillenario servirà a richiamare l’attenzione della Chiesa verso le comunità cristiane minoritarie in Turchia. Dobbiamo far prendere coscienza di una situazione religiosa ancora difficile e con molti problemi da risolvere.