VEGLIA PASQUALE – NELLA NOTTE SANTA – link alle letture
VEGLIA PASQUALE – NELLA NOTTE SANTA

TRIDUO PASQUALE DELLA PASSIONE E RISURREZIONE DEL SIGNORE
DOMENICA DI PASQUA
RISURREZIONE DEL SIGNORE
UFFICIO DELLE LETTURE
La Veglia Pasquale tiene il posto dell’Ufficio delle letture.
Coloro che non intervengono alla solenne Veglia pasquale,
recitino di essa almeno quattro letture con i canti e le orazioni.
E’ bene scegliere le letture riportate sotto.
Questo Ufficio si inizia subito dalle letture.
SU: LITURGIA METTO LA MESSA DEL GIORNO
PRIMA LETTURA
Dal libro dell’Esodo 14, 15 – 15, 1
Gli Israeliti entreranno nel mare all’asciutto
In quei giorni: Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri».
L’angelo di Dio, che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò posto e passò indietro. Anche la colonna di nube si mosse e dal davanti passò indietro. Venne così a trovarsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello d’Israele. Ora la nube era tenebrosa per gli uni, mentre per gli altri illuminava la notte; così gli uni non poterono avvicinarsi agli altri durante tutta la notte.
Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. Gli Egiziani li inseguirono con tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri, entrando dietro di loro in mezzo al mare.
Ma alla veglia del mattino il Signore dalla colonna di fuoco e di nube gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro carri, così che a stento riuscivano a spingerle. Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte a Israele, perché il Signore combatte per loro contro gli Egiziani!».
Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano sul mare: le acque si riversino sugli Egiziani, sui loro carri e i loro cavalieri».
Mosè stese la mano sul mare e il mare, sul far del mattino, tornò al suo livello consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si dirigevano contro. Il Signore li travolse così in mezzo al mare. Le acque ritornarono e sommersero i carri e i cavalieri di tutto l’esercito del faraone, che erano entrati nel mare dietro a Israele: non ne scampò neppure uno. Invece gli Israeliti avevano camminato sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. In quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano degli Egiziani e Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare; Israele vide la mano potente con la quale il Signore aveva agito contro l’Egitto e il popolo temette il Signore e credette in lui e nel suo servo Mosè.
Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero:
Antifona
Cantiamo al Signore:
è veramente glorioso!
Oppure:
Voglio cantare in onore del Signore:
perché ha mirabilmente trionfato. †
CANTICO Es 15, 1-6. 17-18
Voglio cantare in onore del Signore: †
perché ha mirabilmente trionfato, *
† ha gettato in mare cavallo e cavaliere.
Mia forza e mio canto è il Signore, *
egli mi ha salvato.
E’ il mio Dio e lo voglio lodare, *
è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare!
Dio è prode in guerra, *
si chiama Signore.
I carri del faraone e il suo esercito *
li ha gettati in mare
e i suoi combattenti scelti *
furono sommersi nel mare Rosso.
Gli abissi li ricoprirono, *
sprofondarono come pietra.
La tua destra, Signore, terribile per la potenza, *
la tua destra, Signore, annienta il nemico.
Fai entrare il tuo popolo *
e lo pianti sul monte della tua promessa,
luogo che per tua sede, Signore, hai preparato, *
santuario che le tue mani, Signore, hanno fondato.
Il Signore regna *
in eterno e per sempre!
Gloria al Padre e al Figlio, *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen.
Antifona
Cantiamo al Signore:
è veramente glorioso!
Oppure:
Voglio cantare in onore del Signore:
perché ha mirabilmente trionfato.
Orazione
O Dio, tu hai rivelato nella luce della nuova alleanza il significato degli antichi prodigi: il Mare Rosso è l’immagine del fonte battesimale e il popolo liberato dalla schiavitù è un simbolo del popolo cristiano. Concedi che tutti gli uomini, mediante la fede, siano fatti partecipi del privilegio del popolo eletto, e rigenerati dal dono del tuo Spirito. Per Cristo nostro Signore.
SECONDA LETTURA
Dal libro del profeta Ezechiele 36, 16-28
Vi aspergerò con acqua pura e vi darò un cuore nuovo
Mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, la casa d’Israele, quando abitava il suo paese, lo rese impuro con la sua condotta e le sue azioni. Come l’impurità di una donna nel suo tempo è stata la loro condotta davanti a me. Perciò ho riversato su di loro la mia ira per il sangue che avevano sparso nel paese e per gli idoli con i quali l’avevano contaminato. Li ho dispersi fra le genti e sono stati dispersi in altri territori: li ho giudicati secondo la loro condotta e le loro azioni. Giunsero fra le nazioni dove erano spinti e disonorarono il mio nome santo, perché di loro si diceva: Costoro sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese. Ma io ho avuto riguardo del mio nome santo, che gli Israeliti avevano disonorato fra le genti presso le quali sono andati.
Annunzia alla casa d’Israele: Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, gente d’Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete disonorato fra le genti presso le quali siete andati. Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore parola del Signore Dio quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio.
Antifona
Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela a te, o Dio. †
SALMO 41, 2-3. 5bcd; 42, 3-4
Come la cerva anela ai corsi d’acqua, *
così l’anima mia anela a te, o Dio.
† L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: *
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
attraverso la folla avanzavo tra i primi *
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia *
di una moltitudine in festa.
Manda la tua verità e la tua luce; *
siano esse a guidarmi,
mi portino al tuo monte santo *
e alle tue dimore.
Verrò all’altare di Dio, *
al Dio della mia gioia, del mio giubilo.
A te canterò con la cetra, *
Dio, Dio mio.
Gloria al Padre e al Figlio, *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen.
Antifona
Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela a te, o Dio.
Orazione
O Dio, potenza immutabile e luce che non tramonta, volgi lo sguardo alla tua Chiesa, ammirabile sacramento di salvezza, e compi l’opera predisposta nella tua misericordia: tutto il mondo veda e riconosca che ciò che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova e tutto ritorna alla sua integrità, per mezzo del Cristo, che è principio di tutte le cose, e vive e regna nei secoli dei secoli.
TERZA LETTURA
Dalla lettera ai Romani di san Paolo, apostolo 6, 3-11
Cristo risuscitato dai morti non muore più
Fratelli, quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato.
Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
Antifona
Alleluia, alleluia, alleluia.
SALMO 117, 1-2. 16ab-17. 22-23
Celebrate il Signore, perché è buono; *
eterna è la sua misericordia.
Dica Israele che egli è buono: *
eterna è la sua misericordia.
La destra del Signore si è alzata, *
la destra del Signore ha fatto meraviglie.
Non morirò, resterò in vita *
e annunzierò le opere del Signore.
La pietra scartata dai costruttori *
è divenuta testata d’angolo;
ecco l’opera del Signore: *
una meraviglia ai nostri occhi.
Gloria al Padre e al Figlio, *
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio e ora e sempre *
nei secoli dei secoli. Amen.
Antifona
Alleluia, alleluia, alleluia.
QUARTA LETTURA
Dal vangelo secondo Matteo 28, 1-10
E’ risuscitato dai morti e ora vi precede in Galilea
Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro. Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma l’angelo disse alle donne: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. E’ risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: E’ risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto». Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annunzio ai suoi discepoli.
Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: «Salute a voi». Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno».
Inno TE DEUM
Noi ti lodiamo, Dio *
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre, *
tutta la terra ti adora.
A te cantano gli angeli *
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo *
il Signore Dio dell’universo.
I cieli e la terra *
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli *
e la candida schiera dei martiri;
le voci dei profeti si uniscono nella tua lode; *
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio, *
e lo Spirito Santo Paraclito.
O Cristo, re della gloria, *
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine Madre *
per la salvezza dell’uomo.
Vincitore della morte, *
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre. *
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.
Soccorri i tuoi figli, Signore, *
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria *
nell’assemblea dei santi.
[*] Salva il tuo popolo, Signore, *
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo, *
lodiamo il tuo nome per sempre.
Degnati oggi, Signore, *
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia: *
in te abbiamo sperato.
Pietà di noi, Signore, *
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza, *
non saremo confusi in eterno.
[*] Quest’ultima parte dell’inno si può omettere.
Orazione
O Padre, che in questo giorno, per mezzo del tuo unico Figlio, hai vinto la morte e ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, concedi a noi, che celebriamo la Pasqua di risurrezione, di essere rinnovati nel tuo Spirito, per rinascere nella luce del Signore risorto. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen.
Benediciamo il Signore.
R. Rendiamo grazie a Dio.
dal sito:
http://santiebeati.it/index.html
Santo Stefano Primo martire
26 dicembre
† Gerusalemme, 33 o 34 ca
Primo martire cristiano, e proprio per questo viene celebrato subito dopo la nascita di Gesù. Fu arrestato nel periodo dopo la Pentecoste, e morì lapidato. In lui si realizza in modo esemplare la figura del martire come imitatore di Cristo; egli contempla la gloria del Risorto, ne proclama la divinità, gli affida il suo spirito, perdona ai suoi uccisori. Saulo testimone della sua lapidazione ne raccoglierà l’eredità spirituale diventando Apostolo delle genti. (Mess. Rom.)
Patronato: Diaconi, Fornaciai, Mal di testa
Etimologia: Stefano = corona, incoronato, dal greco
Emblema: Palma, Pietre
Martirologio Romano: Festa di santo Stefano, protomartire, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, che, primo dei sette diaconi scelti dagli Apostoli come loro collaboratori nel ministero, fu anche il primo tra i discepoli del Signore a versare il suo sangue a Gerusalemme, dove, lapidato mentre pregava per i suoi persecutori, rese la sua testimonianza di fede in Cristo Gesù, affermando di vederlo seduto nella gloria alla destra del Padre.
La celebrazione liturgica di s. Stefano è stata da sempre fissata al 26 dicembre, subito dopo il Natale, perché nei giorni seguenti alla manifestazione del Figlio di Dio, furono posti i “comites Christi”, cioè i più vicini nel suo percorso terreno e primi a renderne testimonianza con il martirio.
Così al 26 dicembre c’è s. Stefano primo martire della cristianità, segue al 27 s. Giovanni Evangelista, il prediletto da Gesù, autore del Vangelo dell’amore, poi il 28 i ss. Innocenti, bambini uccisi da Erode con la speranza di eliminare anche il Bambino di Betlemme; secoli addietro anche la celebrazione di s. Pietro e s. Paolo apostoli, capitava nella settimana dopo il Natale, venendo poi trasferita al 29 giugno.
Del grande e veneratissimo martire s. Stefano, si ignora la provenienza, si suppone che fosse greco, in quel tempo Gerusalemme era un crocevia di tante popolazioni, con lingue, costumi e religioni diverse; il nome Stefano in greco ha il significato di “coronato”.
Si è pensato anche che fosse un ebreo educato nella cultura ellenistica; certamente fu uno dei primi giudei a diventare cristiani e che prese a seguire gli Apostoli e visto la sua cultura, saggezza e fede genuina, divenne anche il primo dei diaconi di Gerusalemme.
Gli Atti degli Apostoli, ai capitoli 6 e 7 narrano gli ultimi suoi giorni; qualche tempo dopo la Pentecoste, il numero dei discepoli andò sempre più aumentando e sorsero anche dei dissidi fra gli ebrei di lingua greca e quelli di lingua ebraica, perché secondo i primi, nell’assistenza quotidiana, le loro vedove venivano trascurate.
Allora i dodici Apostoli, riunirono i discepoli dicendo loro che non era giusto che essi disperdessero il loro tempo nel “servizio delle mense”, trascurando così la predicazione della Parola di Dio e la preghiera, pertanto questo compito doveva essere affidato ad un gruppo di sette di loro, così gli Apostoli potevano dedicarsi di più alla preghiera e al ministero.
La proposta fu accettata e vennero eletti, Stefano uomo pieno di fede e Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmenas, Nicola di Antiochia; a tutti, gli Apostoli imposero le mani; la Chiesa ha visto in questo atto l’istituzione del ministero diaconale.
Nell’espletamento di questo compito, Stefano pieno di grazie e di fortezza, compiva grandi prodigi tra il popolo, non limitandosi al lavoro amministrativo ma attivo anche nella predicazione, soprattutto fra gli ebrei della diaspora, che passavano per la città santa di Gerusalemme e che egli convertiva alla fede in Gesù crocifisso e risorto.
Nel 33 o 34 ca., gli ebrei ellenistici vedendo il gran numero di convertiti, sobillarono il popolo e accusarono Stefano di “pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio”.
Gli anziani e gli scribi lo catturarono trascinandolo davanti al Sinedrio e con falsi testimoni fu accusato: “Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo sacro e contro la legge. Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno, distruggerà questo luogo e cambierà le usanze che Mosè ci ha tramandato”.
E alla domanda del Sommo Sacerdote “Le cose stanno proprio così?”, il diacono Stefano pronunziò un lungo discorso, il più lungo degli ‘Atti degli Apostoli’, in cui ripercorse la Sacra Scrittura dove si testimoniava che il Signore aveva preparato per mezzo dei patriarchi e profeti, l’avvento del Giusto, ma gli Ebrei avevano risposto sempre con durezza di cuore.
Rivolto direttamente ai sacerdoti del Sinedrio concluse: “O gente testarda e pagana nel cuore e negli orecchi, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la Legge per mano degli angeli e non l’avete osservata”.
Mentre l’odio e il rancore dei presenti aumentava contro di lui, Stefano ispirato dallo Spirito, alzò gli occhi al cielo e disse: “Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio”.
Fu il colmo, elevando grida altissime e turandosi gli orecchi, i presenti si scagliarono su di lui e a strattoni lo trascinarono fuori dalle mura della città e presero a lapidarlo con pietre, i loro mantelli furono deposti ai piedi di un giovane di nome Saulo (il futuro Apostolo delle Genti, s. Paolo), che assisteva all’esecuzione.
In realtà non fu un’esecuzione, in quanto il Sinedrio non aveva la facoltà di emettere condanne a morte, ma non fu in grado nemmeno di emettere una sentenza in quanto Stefano fu trascinato fuori dal furore del popolo, quindi si trattò di un linciaggio incontrollato.
Mentre il giovane diacono protomartire crollava insanguinato sotto i colpi degli sfrenati aguzzini, pregava e diceva: “Signore Gesù, accogli il mio spirito”, “Signore non imputare loro questo peccato”.
Gli Atti degli Apostoli dicono che persone pie lo seppellirono, non lasciandolo in preda alle bestie selvagge, com’era consuetudine allora; mentre nella città di Gerusalemme si scatenò una violenta persecuzione contro i cristiani, comandata da Saulo.
Tra la nascente Chiesa e la sinagoga ebraica, il distacco si fece sempre più evidente fino alla definitiva separazione; la Sinagoga si chiudeva in se stessa per difendere e portare avanti i propri valori tradizionali; la Chiesa, sempre più inserita nel mondo greco-romano, si espandeva iniziando la straordinaria opera di inculturazione del Vangelo.
Dopo la morte di Stefano, la storia delle sue reliquie entrò nella leggenda; il 3 dicembre 415 un sacerdote di nome Luciano di Kefar-Gamba, ebbe in sogno l’apparizione di un venerabile vecchio in abiti liturgici, con una lunga barba bianca e con in mano una bacchetta d’oro con la quale lo toccò chiamandolo tre volte per nome.
Gli svelò che lui e i suoi compagni erano dispiaciuti perché sepolti senza onore, che volevano essere sistemati in un luogo più decoroso e dato un culto alle loro reliquie e certamente Dio avrebbe salvato il mondo destinato alla distruzione per i troppi peccati commessi dagli uomini.
Il prete Luciano domandò chi fosse e il vecchio rispose di essere il dotto Gamaliele che istruì s. Paolo, i compagni erano il protomartire s. Stefano che lui aveva seppellito nel suo giardino, san Nicodemo suo discepolo, seppellito accanto a s. Stefano e s. Abiba suo figlio seppellito vicino a Nicodemo; anche lui si trovava seppellito nel giardino vicino ai tre santi, come da suo desiderio testamentario.
Infine indicò il luogo della sepoltura collettiva; con l’accordo del vescovo di Gerusalemme, si iniziò lo scavo con il ritrovamento delle reliquie. La notizia destò stupore nel mondo cristiano, ormai in piena affermazione, dopo la libertà di culto sancita dall’imperatore Costantino un secolo prima.
Da qui iniziò la diffusione delle reliquie di s. Stefano per il mondo conosciuto di allora, una piccola parte fu lasciata al prete Luciano, che a sua volta le regalò a vari amici, il resto fu traslato il 26 dicembre 415 nella chiesa di Sion a Gerusalemme.
Molti miracoli avvennero con il solo toccarle, addirittura con la polvere della sua tomba; poi la maggior parte delle reliquie furono razziate dai crociati nel XIII secolo, cosicché ne arrivarono effettivamente parecchie in Europa, sebbene non si sia riusciti a identificarle dai tanti falsi proliferati nel tempo, a Venezia, Costantinopoli, Napoli, Besançon, Ancona, Ravenna, ma soprattutto a Roma, dove si pensi, nel XVIII secolo si veneravano il cranio nella Basilica di S. Paolo fuori le Mura, un braccio a S. Ivo alla Sapienza, un secondo braccio a S. Luigi dei Francesi, un terzo braccio a Santa Cecilia; inoltre quasi un corpo intero nella basilica di S. Loernzo fuori le Mura.
La proliferazione delle reliquie, testimonia il grande culto tributato in tutta la cristianità al protomartire santo Stefano, già veneratissimo prima ancora del ritrovamento delle reliquie nel 415.
Chiese, basiliche e cappelle in suo onore sorsero dappertutto, solo a Roma se ne contavano una trentina, delle quali la più celebre è quella di S. Stefano Rotondo al Celio, costruita nel V secolo da papa Simplicio.
Ancora oggi in Italia vi sono ben 14 Comuni che portano il suo nome; nell’arte è stato sempre raffigurato indossando la ‘dalmatica’ la veste liturgica dei diaconi; suo attributo sono le pietre della lapidazione, per questo è invocato contro il mal di pietra, cioè i calcoli ed è il patrono dei tagliapietre e muratori.
Autore: Antonio Borrelli
dal sito:
http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=12/07/2008#
Beato Guerrico d’Igny (circa 1080-1157), abate cistercense
Omelia per l’Avvento, 5
« Voce di uno che grida nel deserto: ‘Preparate la strada del Signore’»
«Preparate la strada del Signore». Fratelli, la strada del Signore che ci viene chiesto di preparare, va preparata camminando, e vi si cammina preparandola. Pur essendo molto avanti su questa strada, questa rimane sempre da preparare, affinché dal punto in cui siete arrivati, siate sempre tesi oltre. In questo modo, ad ogni passo che fate, vi viene incontro il Signore al quale state preparando la strada, sempre nuovo, sempre più grande. A ragione quindi il giusto prega dicendo: «Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti e la seguirò sino alla fine» (Sal 118,33). Forse è stata chiamata «strada eterna» perché anche se la Provvidenza ha previsto la strada di ciascuno, e le ha fissato un termine, tuttavia la bontà di Colui verso il quale avanzate non ha limite. Per questo il viaggiatore saggio e deciso dirà dentro di sé quando arriverà che ha appena cominciato; dimentico del passato dirà ogni giorno : «Oggi comincio»(Fil 13,13; Sal 75,11 volg).
Quanto a noi che parliamo di progresso su questa strada, piacesse al cielo che avessimo al meno cominciato! Secondo me, chiunque si è incamminato è già sulla via retta: occorre tuttavia avere veramente cominciato, avere «trovato il cammino per una città dove abitare» come dice il salmo (106,4). Infatti «quanto pochi sono quelli che la trovano» dice la Verità stessa (Mt 7,14). Molti sono coloro che «vagano nel deserto»…
E tu Signore, ci hai preparato una strada, se almeno consentiamo ad incamminarci in essa. Ci hai insegnato la strada dei tuoi voleri dicendo: «Questa è la strada, percorretela, caso mai andiate a destra o a sinistra» (Is 30,21). È questa la strada promessa dal profeta: «Ci sarà una strada appianata e gli stolti non vi aggireranno» (Is 35,8). Sono stato fanciullo e ora sono vecchio (Sal 36,25) e se ricordo bene, non ho mai visto uno stolto aggirarsi per la tua strada; ho visto solamente alcuni uomini saggi che l’anno percorsa fino alla fine.
dal sito:
http://www.zenit.org/article-16329?l=italian
Il Papa per i primi Vespri della prima Domenica di Avvento
CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 30 novembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata da Benedetto XVI nel presiedere sabato sera, nella Basilica Vaticana, la celebrazione dei primi Vespri della I Domenica di Avvento.
* * *
Cari fratelli e sorelle!
Con questa liturgia vespertina, iniziamo l’itinerario di un nuovo anno liturgico, entrando nel primo dei tempi che lo compongono: l’Avvento. Nella lettura biblica che abbiamo appena ascoltato, tratta dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo usa proprio questa parola: « venuta », che in greco è « parusia » e in latino « adventus » (1 Ts 5,23). Secondo la comune traduzione di questo testo, Paolo esorta i cristiani di Tessalonica a conservarsi irreprensibili « per la venuta » del Signore. Ma nel testo originale si legge « nella venuta », quasi che l’avvento del Signore fosse, più che un punto futuro del tempo, un luogo spirituale in cui camminare già nel presente, durante l’attesa, e dentro il quale appunto essere custoditi perfettamente in ogni dimensione personale. In effetti, è proprio questo che noi viviamo nella liturgia: celebrando i tempi liturgici, attualizziamo il mistero – in questo caso la venuta del Signore – in modo tale da potere, per così dire, « camminare in essa » verso la sua piena realizzazione, alla fine dei tempi, ma attingendone già la virtù santificatrice, dal momento che i tempi ultimi sono già iniziati con la morte e risurrezione di Cristo.
La parola che riassume questo particolare stato, in cui si attende qualcosa che deve manifestarsi, ma che al tempo stesso si intravede e si pregusta, è « speranza ». L’Avvento è per eccellenza la stagione spirituale della speranza, e in esso la Chiesa intera è chiamata a diventare speranza, per se stessa e per il mondo. Tutto l’organismo spirituale del Corpo mistico assume, per così dire, il « colore » della speranza. Tutto il popolo di Dio si rimette in cammino attratto da questo mistero: che il nostro Dio è « il Dio che viene » e ci chiama ad andargli incontro. In che modo? Anzitutto in quella forma universale della speranza e dell’attesa che è la preghiera, che trova la sua espressione eminente nei Salmi, parole umane in cui Dio stesso ha posto e pone continuamente sulle labbra e nei cuori dei credenti l’invocazione della sua venuta. Soffermiamoci perciò qualche istante sui due Salmi che abbiamo pregato poco fa e che sono consecutivi anche nel Libro biblico: il 141 e il 142, secondo la numerazione ebraica.
« Signore, a te grido, accorri in mio aiuto; / ascolta la mia voce quando t’invoco. / Come incenso salga a te la mia preghiera, / le mie mani alzate come sacrificio della sera » (Sal 141,1-2). Così inizia il primo salmo dei primi Vespri della prima settimana del Salterio: parole che all’inizio dell’Avvento acquistano un nuovo « colore », perché lo Spirito Santo le fa risuonare in noi sempre nuovamente, nella Chiesa in cammino tra tempo di Dio e tempi degli uomini. « Signore … accorri in mio aiuto » (v. 1). E’ il grido di una persona che si sente in grave pericolo, ma è anche il grido della Chiesa fra le molteplici insidie che la circondano, che minacciano la sua santità, quell’integrità irreprensibile di cui parla l’apostolo Paolo, che deve invece essere conservata per la venuta del Signore. E in questa invocazione risuona anche il grido di tutti i giusti, di tutti coloro che vogliono resistere al male, alle seduzioni di un benessere iniquo, di piaceri offensivi della dignità umana e della condizione dei poveri. All’inizio dell’Avvento la liturgia della Chiesa fa proprio nuovamente questo grido, e lo innalza a Dio « come incenso » (v. 2). L’offerta vespertina dell’incenso è infatti simbolo della preghiera, dell’effusione dei cuori rivolti al Dio, all’Altissimo, come pure « le mani alzate come sacrificio della sera » (v. 2). Nella Chiesa non si offrono più sacrifici materiali, come avveniva anche nel tempio di Gerusalemme, ma si eleva l’offerta spirituale della preghiera, in unione a quella di Gesù Cristo, che è al tempo stesso Sacrificio e Sacerdote della nuova ed eterna Alleanza. Nel grido del Corpo mistico, riconosciamo la voce stessa del Capo: il Figlio di Dio che ha preso su di sé le nostre prove e le nostre tentazioni, per donarci la grazia della sua vittoria.
Questa identificazione di Cristo con il Salmista è particolarmente evidente nel secondo Salmo (142). Qui, ogni parola, ogni invocazione fa pensare a Gesù nella passione, in particolare alla sua preghiera al Padre nel Getsemani. Nella sua prima venuta, con l’incarnazione, il Figlio di Dio ha voluto condividere pienamente la nostra condizione umana. Naturalmente non ha condiviso il peccato, ma per la nostra salvezza ne ha patito tutte le conseguenze. Pregando il Salmo 142, la Chiesa rivive ogni volta la grazia di questa com-passione, di questa « venuta » del Figlio di Dio nell’angoscia umana fino a toccarne il fondo. Il grido di speranza dell’Avvento esprime allora, fin dall’inizio e nel modo più forte, tutta la gravità del nostro stato, il nostro estremo bisogno di salvezza. Come dire: noi aspettiamo il Signore non alla stregua di una bella decorazione su un mondo già salvo, ma come unica via di liberazione da un pericolo mortale. E noi sappiamo che Lui stesso, il Liberatore, ha dovuto patire e morire per farci uscire da questa prigione (cfr v. 8).
Insomma, questi due Salmi ci mettono al riparo da qualsiasi tentazione di evasione e di fuga dalla realtà; ci preservano da una falsa speranza, che forse vorrebbe entrare nell’Avvento e andare verso il Natale dimenticando la drammaticità della nostra esistenza personale e collettiva. In effetti, una speranza affidabile, non ingannevole, non può che essere una speranza « pasquale », come ci ricorda ogni sabato sera il cantico della Lettera ai Filippesi, con il quale lodiamo Cristo incarnato, crocifisso, risorto e Signore universale. A Lui volgiamo lo sguardo e il cuore, in unione spirituale con la Vergine Maria, Nostra Signora dell’Avvento. Mettiamo la nostra mano nella sua ed entriamo con gioia in questo nuovo tempo di grazia che Dio regala alla sua Chiesa, per il bene dell’intera umanità. Come Maria e con il suo materno aiuto, rendiamoci docili all’azione dello Spirito Santo, perché il Dio della pace ci santifichi pienamente, e la Chiesa diventi segno e strumento di speranza per tutti gli uomini. Amen!
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Angelus del 30 novembre 2008 -
L’Avvento ci invita a risvegliare l’attesa del ritorno glorioso di Cristo
Pubblicato il 30 Novembre 2008 di gianni80
Cari fratelli e sorelle!
Iniziamo oggi, con la prima Domenica di Avvento, un nuovo Anno liturgico. Questo fatto ci invita a riflettere sulla dimensione del tempo, che esercita sempre su di noi un grande fascino. Sull’esempio di quanto amava fare Gesù, desidererei tuttavia partire da una constatazione molto concreta: tutti diciamo che « ci manca il tempo », perché il ritmo della vita quotidiana è diventato per tutti frenetico. Anche a tale riguardo la Chiesa ha una « buona notizia » da portare: Dio ci dona il suo tempo. Noi abbiamo sempre poco tempo; specialmente per il Signore non sappiamo o, talvolta, non vogliamo trovarlo. Ebbene, Dio ha tempo per noi! Questa è la prima cosa che l’inizio di un anno liturgico ci fa riscoprire con meraviglia sempre nuova. Sì: Dio ci dona il suo tempo, perché è entrato nella storia con la sua parola e le sue opere di salvezza, per aprirla all’eterno, per farla diventare storia di alleanza. In questa prospettiva, il tempo è già in se stesso un segno fondamentale dell’amore di Dio: un dono che l’uomo, come ogni altra cosa, è in grado di valorizzare o, al contrario, di sciupare; di cogliere nel suo significato, o di trascurare con ottusa superficialità.
Tre poi sono i grandi « cardini » del tempo, che scandiscono la storia della salvezza: all’inizio la creazione, al centro l’incarnazione-redenzione e al termine la « parusia », la venuta finale che comprende anche il giudizio universale. Questi tre momenti però non sono da intendersi semplicemente in successione cronologica. Infatti, la creazione è sì all’origine di tutto, ma è anche continua e si attua lungo l’intero arco del divenire cosmico, fino alla fine dei tempi. Così pure l’incarnazione-redenzione, se è avvenuta in un determinato momento storico, il periodo del passaggio di Gesù sulla terra, tuttavia estende il suo raggio d’azione a tutto il tempo precedente e a tutto quello seguente. E a loro volta l’ultima venuta e il giudizio finale, che proprio nella Croce di Cristo hanno avuto un decisivo anticipo, esercitano il loro influsso sulla condotta degli uomini di ogni epoca.
Il tempo liturgico dell’Avvento celebra la venuta di Dio, nei suoi due momenti: dapprima ci invita a risvegliare l’attesa del ritorno glorioso di Cristo; quindi, avvicinandosi il Natale, ci chiama ad accogliere il Verbo fatto uomo per la nostra salvezza. Ma il Signore viene continuamente nella nostra vita. Quanto mai opportuno è quindi l’appello di Gesù, che in questa prima Domenica ci viene riproposto con forza: « Vegliate! » (Mc 13,33.35.37). E’ rivolto ai discepoli, ma anche « a tutti », perché ciascuno, nell’ora che solo Dio conosce, sarà chiamato a rendere conto della propria esistenza. Questo comporta un giusto distacco dai beni terreni, un sincero pentimento dei propri errori, una carità operosa verso il prossimo e soprattutto un umile e fiducioso affidamento alle mani di Dio, nostro Padre tenero e misericordioso. Icona dell’Avvento è la Vergine Maria, la Madre di Gesù. InvochiamoLa perché aiuti anche noi a diventare un prolungamento di umanità per il Signore che viene.
[Testo originale: Italiano]
io ho già postato tempo fa, stralci di questa lettera, ma, in questi giorni, da domenica ad oggi, è ricominciata la lettura nella Liturgia delle ore, seconda lettura, rileggendone i passi, mi sembra sempre più utile, edificante, ed ogni giorno, per ogni tempo, nuovo l’insegnamento di Sant’Agostino dove il pensiero di San Paolo e assai presente e vivo, metto, quindi, tutta la lettera per intero in una « pages », link:
http://lapaginadisanpaolo.unblog.fr/santagostino-lettera-a-proba-sulla-preghiera/