Archive pour la catégorie 'MARIA VERGINE'

Non sei piu’ schiavo, ma figlio – rito ambrosiano – Omelia, in particolare per la seconda lettura su Galati

L’Omelia è tratta dal rito ambrosiano, solo le leture della festa della Madre di Dio:

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/6136.html

Omelia (01-01-2006)

don Romeo Maggioni

Non sei piu’ schiavo, ma figlio – rito ambrosiano

Ottava del Natale nella circoncisione del Signore
Nm 6,22-27 ? Gal 4,4-7 ? Lc 2,16-21

Fine di un anno, tempo di bilancio. Inizio d’un nuovo anno: come sarà? Scorrono gli anni: che senso ha la storia? E la nostra vicenda umana? Sballottata dal « destino » o dal fato, come pensavano gli antichi (oggi .. dal malocchio!), e alle prese con le violenze degli uomini?
Paolo ci parla della « pienezza del tempo ». Si è inserito nella nostra storia di uomini un evento che rappresenta il « colmo », il vertice, dove l’umanità ha raggiunto e ottenuto l’esaudimento d’ogni sua aspirazione: è il mistero dell’incarnazione che abbiamo celebrato nel Natale. In quell’uomo Gesù di Nazaret l’eterno ha assunto il tempo, la nostra mortalità l’immortalità. Qui è stata riscattata la nostra schiavitù o insufficienza.
Da lì ora deriva una nuova lettura della storia, l’unica verità della vicenda umana, illuminata da uno sguardo diverso su Dio e sull’uomo.
Spetterà alla libertà di ognuno – se vuol vivere un tempo nuovo e diverso – « obbedire » per fede a Colui che guida e fa riuscire la storia personale dell’uomo.
Quest’uomo nuovo che è apparso al mondo a Betlemme, viene subito – con la circoncisione – iscritto tra il popolo di Dio, nella famiglia di Dio, come dice il vangelo di oggi. Vivrà per tutta la vita la condizione di figlio di Dio, guidato dallo Spirito santo, e ne diverrà alla fine erede. Lo proclama anche per noi oggi – alludendo ad ogni battezzato – la seconda lettura.

1) GRAZIA E MISERICORDIA
La carta d’identità del nostro Dio – proclama ovunque la Bibbia – è: grazia e misericordia.. Tutto quello che siamo e abbiamo è dono di Dio. Da Lui veniamo. Non siamo al mondo per caso. Siamo frutto di un progetto preciso: ha un senso e uno scopo la nostra vita. Siamo impastati di divino, fatti a sua immagine. Siamo figli propri di Dio. Contiamo quindi molto davanti a questo Padre, che lo Spirito dentro di noi invita a chiamare col nome di Abbà, papà. Non siamo abbandonati a noi stessi o alle violenze del mondo. Queste verità ci danno sicurezza nel guardare al nuovo anno: siamo nelle mani di uno « che è il più grande di tutti » (Gv 10,29).
Andando a Lui, non c’è buio nel nostro futuro. Sappiamo con certezza cosa ci aspetta dopo la morte: la risurrezione della carne e la vita eterna con Dio. Quell’anelito all’immortalità che ci tormenta di fronte alla fine di tutto, è saziato da un dono che eccede ogni nostro stesso desiderio e sogno: Dio vede e vuole il mio bene più di quello che io non veda e voglia di me. « Se sei figlio, sei anche erede »: questo è il destino che ci è preparato. « Saremo simili a Lui perché lo vedremo così come Egli è ». Tutt’altro che incerto e nebuloso è il nostro domani di credenti!
Questo Dio è anche misericordia nei nostri confronti. Fedele anche quando noi siamo infedeli. Sempre disposto al perdono per renderci ogni giorno nuovi, capaci di ricominciare da capo con più slancio e forza. Anche quest’anno capiterà di aver bisogno di chi ci dà fiducia dopo qualche umiliazione: « Si fa più festa in cielo per un peccatore pentito.. ». Dio è sempre disponibile a darci credito. Egli sa trarre il bene anche dal male: le prove e le sofferenze sappiamo che alla fine riusciranno per il nostro bene. Anche dal nostro peccato Dio sa trarre un bene per noi. « Tutto coopera al bene per coloro che amano Dio » (Rm 8,28).

2) FEDE E ABBANDONO

A questa disponibilità di Dio – gratuita e perciò permanente e universale – deve corrispondere una accoglienza libera da parte nostra, nella sincerità. Ciò significa credere a questi fatti e a questi passi compiuti da Dio nei nostri confronti. Si crede quando si conosce. Capita come tra marito e moglie: a volte l’amore s’appanna per un incidente. In quel momento è il ricordo dei gesti d’amore a superare l’appanno e rinnovare l’amore. Quando la vita perde la speranza, sono solo i fatti conosciuti e certi dell’amore che Dio ha per noi a ridarci la fiducia e il coraggio di continuare. La fede dà chiarezza contro ogni enigma, e sicurezza contro ogni paura. Leggere di più la Bibbia deve essere un primo proposito di quest’anno.
Corrispondere poi all’amore di Dio, con l’obbedienza alla sua Parola che ci guida e definisce la nostra identità, presentatasi del resto incarnata e vissuta dall’uomo Gesù di Nazaret. La sua vicenda umana è paradigmatica e ci è di modello quale fratello maggiore. E’ il libretto di istruzione del come deve funzionare la macchina che siamo. Se ogni giorno ci ispirassimo al vangelo nelle scelte morali più impegnative, come sarebbe diverso il mondo e la nostra vita! Confidando più sulla forza di Dio che non sui nostri sforzi. Ci è dato lo Spirito santo, forza di Dio per realizzare quel bene che desideriamo ma che da soli fatichiamo ad attuare.
Un abbandono, il nostro, che sappia esprimere un amore anche provato e puro. Capita con Dio come nell’amore umano: quando le cose vanno bene, sono buoni tutti di amare. Nella prova si vede la verità dell’amore. Dio è stato radicale nell’amarci fino alla morte in croce; perciò vuol avere da noi un risposta altrettanto radicale e seria. Questo è il senso profondo della sofferenza lasciataci come materia di obbedienza d’amore nei confronti di Dio, e di corredenzione per la nostra e altrui salvezza. In questa prospettiva, anche i momenti di cui più abbiamo paura, quelli di qualche malattia o disgrazia, possono essere guardati con occhio diverso e positivo. Grande è la fortuna del credente che sa di poter riscattare anche i momenti più difficili dell’esistenza!

L’augurio di Buon Anno si sostanzia in questi contenuti di fede. Su di noi sta la paterna mano di Dio che ci guida e benedice: »Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace » (I lett.).
Oggi si celebra la Giornata della Pace. Anche la convivenza civile ha bisogno di Dio, della sua legge e della sua forza. Dio guida la storia, ma desidera cuori disponibili. Siamogli docili, ciascuno per la sua parte, e Dio guiderà al bene noi e la nostra famiglia in tutti i giorni di questo nuovo anno.

Omelia sulla prima lettura, il ricordo della benedizione di San Francesco a frate leone

http://www.lachiesa.it/calendario/omelie/pages/Detailed/21168.html

Omelia (01-01-2011)

padre Mimmo Castiglione

Si rendono gli onori!

Per frate Leone, triste per la solitudine e tentato nello spirito,
san Francesco scrisse una benedizione,
la stessa berakah di Aronne,
come lo spezzare il pane di Gesù.
La pergamena si trova attualmente nella cappella delle reliquie,
nella grandiosa e bella basilica a lui dedicata
sul colle del paradiso (che un tempo fu dell’inferno) in Assisi.
L’augurio è che il Signore mostri il suo Volto benedicente.
Vegli propizio concedendo doni.
Guardi proteggendo, operando la misericordia e la grazia,
donando la pace la salvezza, facendoci suoi figli!
Leone, sepolto accanto al Santo poverello
insieme agli altri primi compagni: Masseo Angelo e Ruffino,
la conservò piegata nella sua tasca per ben 46 anni, fino alla morte!

Altro annuncio, questa volta rivolto ai pastori,
che ascoltano la buona notizia
e si mettono in cammino verificando il segno.
Gente solitaria e silenziosa. Considerati impuri e ladri.
Ritenuti lontani da Dio ed emarginati.
Proprio loro sono stati visitati dalla buona e bella notizia,
che procura salvezza a quanti accolgono e non rifiutano,
a quanti camminano e non si fermano,
a quanti sperano e non s’arrendono.

Abramo era pastore ed anche i Patriarchi dopo di lui.
Pastore era Davide prima d’essere unto re.
Gesù sarà pastore di cuori, il solo, l’unico,
il vero e bel Pastore, gratificando così la categoria,
che per prima gli aveva reso onore.

Gesù bambino l’ottavo giorno viene circonciso, segnato!
Sfregiato appartiene al popolo dell’Alleanza,
Lui il solo Fedele consacrato a Dio!
E lo sarà sino alla fine. Sulla sua pelle sigillo indelebile inciso.
Sacrificato per il convito!
Dalla mangiatoia alla Croce!
L’Ottavo giorno, quello della risurrezione.
All’ottavo giorno assume il Nome!
Il Nome del Signore, del Re dei re e del Salvatore!
Circoncisione: memoria dell’esodo pasquale e della liberazione!

Maria dell’Itria madre nel cammino,
che ci sostieni nel viaggio,
prega per noi nomadi e viandanti.
Tu che c’insegni a serbare riflessiva,
in attesa della comprensione, del compimento.
Archivista delle operazioni di Dio meravigliose,
pian piano ne scopri il nesso, il vincolo, ed è stupore!
Insicuri e precari a te guardiamo,
dentro la grotta della povertà umana,
dove Dio ha deciso d’incontrarci in Gesù,
deposto nel luogo dove mangiano le bestie.
Come sarà in futuro, al sepolcro!
Jeshûa-Jah: salvezza è (solo) il Signore.
Jahweh è generoso!
Noi ancora con te, sotto la croce del dolore
di quanti continuano a soffrire
oppressi da una morte
che sembra non aver mai fine.

Celebriamo in questo primo giorno dell’anno
Maria di Nazareth Madre di Gesù Figlio di Dio,
ed anche il nostro desiderio di riconciliazione.
La gloria di Dio stabilisce giustizia nella pace.
Prosperità! Dio ci benedica col sorriso nel Volto!
Per carità, un po’ di solidarietà col nostro vicino bisognoso,
che figlio anche lui piange lacrime amare,
dandosi da fare per trovare un po’ di pane.

PREGHIERA

Pietà Signore, di me che stento a mettermi in cammino
e non riconosco il segno di te che vieni in povertà.
Pietà di me Signore, che non accolgo parole di fiducia,
rimanendo indifferente alle catastrofi.
Dinanzi all’esasperazione di quanti soffrono fuggo per non vedere,
e così presto poter dimenticare.

LA SANTA VERGINE MARIA NEL CULTO E NELLA VITA DELLA CHIESA ORTODOSSA

http://www.tradizione.oodegr.com/tradizione_index/vitesanti/santavergculto.htm

LA SANTA VERGINE MARIA NEL CULTO E NELLA VITA DELLA CHIESA ORTODOSSA

Breve esposizione confrontata con alcune corrispondenti convinzioni del Cristianesimo Occidentale

La Santa Vergine Maria ha nella Chiesa Ortodossa un’attenzione particolare. Essa è venerata come Madre di Dio secondo la carne ed esistono molte con le quali l’Ortodossia chiede la composizioni poetiche sua intercessione presso Dio. Un esempio è l’Inno Akathistos alla Madre di Dio scritto [probabilmente] da San Romano il Melode. In questa composizione innografica Romano il che non ha eguali nel Cristianesimo, si trovano riflessi in forma precisa ed esaustiva i sentimenti e la dottrina della Chiesa Ortodossa sulla Theotokos (= la Genitrice di Dio). Un’altra composizione poetica Deìpara o particolarmente significativa è il Canone paracletico del quale esiste una forma sintetica e una estesa. Tale Canone viene celebrato ogni giorno lungo i quindici giorni che precedono la Dormizione della Theotokos (15 agosto).
La Chiesa Ortodossa preferisce chiamare Theotokos Colei che ha partorito Gesù Cristo. Definirla in termini più confidenziali, come talora alcuni fanno nella Chiesa Romano-Cattolica (“Maria” senz’alcun altro termine aggiuntivo) crea, nel credente ortodosso, la sensazione di trovarsi davanti ad un’espressione banale e secolarizzata.
Nonostante il grande rispetto e l’alta considerazione che l’Ortodossia Le attribuisce, la Theotokos non è assolutamente considerata una “super donna”. La sua natura non è per nulla differente da quella umana poiché Essa è dono dell’umanità a Dio in cambio del Dio che in Lei si è donato all’uomo.
Per i teologi ortodossi la Deìpara non è “superiore” o “diversa” dagli uomini ma è “luminosa”, ossia, “deificata”.
La Theotokos è l’unica creatura appartenente all’umanità che si unisce strettamente a Dio dopo la caduta di Adamo portando in grembo “Quanto i Cieli non possono contenere”, come afferma la Liturgia. Per questo la Chiesa Ortodossa La definisce con titoli di particolare onore e, a differenza di altri santi, Le rivolge la richiesta di salvezza: “Tuttasanta Genitrice di Dio salvaci!”. Con quest’affermazione non si attribuisce alla Tuttasanta il potere di salvare ma d’intercedere particolarmente verso Cristo, dal momento che ha un’intima comunione con Lui. La Theotokos è l’umanità deificata, rappresenta una pienezza di disponibilità verso Dio alla quale tutti i cristiani devono tendere. La sua obbedienza viene rinnovata in ogni persona che abbandona l’uomo vecchio con le sue abitudini e si riveste di Cristo (Gal 3, 27). Di Lei, lungo la storia del Cristianesimo, sono state tracciate molte immagini e discorsi edificanti. Tuttavia non sempre si è stati attenti a non cadere in evidenti esagerazioni. Così si è finiti per affermare due realtà opposte con le quali la Vergine Maria o viene declassata a “donna qualunque”, (come suggerirebbe l’utilizzo confidenziale del solo appellativo “Maria”), o viene esaltata come una semidea (ogni attributo di Cristo ha un suo corrispondente attributo nella Santa Vergine).
Il Cattolicesimo, oggi come ieri, tende ad attribuire alla Theotokos dei concetti sconosciuti alla Tradizione della Cristianità indivisa perché tende a fare gravitare il cristianesimo in concetti astratti. È per questo che pensa di poter pervenire ad una comprensione più profonda della Rivelazione divina. Questa mentalità si riflette inevitabilmente anche nelle cosiddette “devozioni a Maria”. Naturalmente tutto ciò suggerisce che la Rivelazione di Dio non si è data interamente il giorno di Pentecoste o che, in quel giorno, gli Apostoli non l’abbiano potuta “approfondire” bene, nonostante agisse in loro direttamente il Sigillo del Santo Spirito!
L’Ortodossia, invece, mantenendo l’antica prassi, pensa che sin dall’inizio tutto fosse chiaro e dato in totale pienezza. Tale pienezza deve essere scoperta purificandosi asceticamente e vissuta incarnandola, non intellettualizzandola! I concetti e i ragionamenti sono utili solo nel caso in cui si debba confutare un insegnamento errato che, in luogo di condurre all’incontro ineffabile con Dio, porta all’illusione o al narcisistico sentimentalismo religioso.
Le barocche immaginazioni e i romantici sentimenti sono molto pericolosi nell’ascesi e nella vita spirituale al punto che sono severamente condannati in quella raccolta di scritti spirituali denominata Filocalia. Ne consegue che l’atteggiamento del cristiano orientale verso la Theotokos è naturale, non artefatto o sdolcinato. Alla preghiera non vengono mai sovrapposte meditazioni o immaginazioni (come nel caso dei Misteri del Rosario) dal momento che l’unica attenzione da porre è alle parole che vengono scandite dalle labbra.
Contrariamente alla prevalente convinzione patristica, il Cristianesimo occidentale, da un certo periodo storico in poi, ha pensato di poter “approfondire” intellettualmente la Rivelazione e di poter far evolvere il suo pensiero e la sua conoscenza come fa la scienza. Così ogni affermazione potrebbe essere riformulata con maggiore profondità ed esattezza dopo ogni ulteriore approfondimento.
Questa prospettiva si è applicata in un certo senso anche al Dogma dell’Immacolata Concezione, dal momento che quest’ultimo è scaturito direttamente dalla considerazione agostiniana del Peccato originale.
Sant’Agostino sosteneva che l’umanità eredita la colpa del peccato originale, e che tale colpa viene eliminata dal battesimo. L’Ortodossia con tutta la tradizione cristiana (ad eccezione di quella franco-agostiniana) ha sempre ritenuto che l’umanità non eredita una colpa ma le conseguenze della colpa stessa. Il presupposto della colpa ereditata ha posto la Cristianità occidentale agostiniana davanti ad una questione: “Come può la Madre di Dio avere questa colpa e incarnare il Salvatore?”. Tale dilemma se lo ponevano, ad esempio, all’Università di Parigi nel XIV secolo e, in quell’epoca, c’era chi negava l’idea d’una concezione “immacolata”. La risposta non tardò a venire e si basava su concetti agostiniani: la Deìpara sarebbe nata senza questa colpa in previsione dell’incarnazione e così “sarebbe stata predestinata” dalla nascita ad essere Madre del Salvatore.
Le apparizioni di Lourdes, nelle quali una veggente incontrava una “Donna vestita di bianco”, l’“Immacolata concezione”, sembrano quasi voler confermare una definizione che, in pieno XIX secolo, non pareva ancora totalmente assimilata.
A differenza di questa definizione nella quale si riscontra anche una certa mentalità giuridica, l’Ortodossia ha una concezione antropologica totalmente diversa. L’umanità di tutti i tempi, essendo della stirpe di Adamo, subisce le conseguenze del peccato originale. La maggiore di tali conseguenze è la morte. Da questa situazione viene strappata quando si unisce con il battesimo nella morte e risurrezione di Cristo e, quindi, si rende coerede e compartecipe d’una futura vita che si pregusta già in questo mondo. Tale vita futura non conosce il germe della corruzione.
L’Ortodossia confessa, dunque, che la Theotokos è nata da un vero rapporto tra i progenitori di Dio Gioachino ed Anna. Essa è naturalmente stirpe di Adamo anche se il suo seme, come afferma San Gregorio Palamas, è stato “purificato”. La purificazione non significa diversificazione rispetto all’umanità. L’affermazione cattolica dell’Immacolata concezione, crea un grosso problema all’Ortodossia poiché tale concetto è posto in un quadro di comprensione agostiniano. L’Ortodossia non nega che la nascita della Santa Vergine sia stata miracolosa, visto che è provenuta da persone d’una certa età. Aggiunge pure che il suo seme è stato purificato. Ma non può condividere l’idea che l’umanità prima della Theotokos vivesse separata da Dio, dal momento che lungo tutto l’Antico Testamento si riscontrano una serie di uomini giusti, santi e profeti. Nella Scrittura si giunge addirittura ad affermare che Elia non è morto!
Per Agostino, e soprattutto per l’agostinismo, l’uomo è un “imputato” davanti a Dio e, come tale, non può fare nulla per essere assolto. Prima di Cristo l’uomo viveva nettamente separato da Dio. Per i Padri, invece, l’uomo non è mai stato un imputato ma ha patito le conseguenze delle sue scelte. Questo fatto non ha impedito ai giusti d’essere uniti a Dio. Così, lungo la linea genealogica della Theotokos, i Padri trovano tutta una serie di giusti che, in qualche modo, ne preparano l’avvento. La Deìpara non gode del privilegio d’essere unita a Dio per essere stata immacolata concezione, cioè senza peccato originale, mentre tutti gli altri uomini continuavano (e continuano!) a nascere con tale macchia senza meritarsela. Essa non ha ereditato una colpa come nessuno, in verità, la eredita. Essa ha ricevuto un corpo che, come quello di tutti, era soggetto al limite della stanchezza, del declino, della fame e del dolore. La Santa Vergine aveva ereditato, in ciò, una creazione indebolita dalla conseguenza della disobbedienza adamitica. A differenza della maggioranza degli altri uomini, si manteneva aderente ai comandi di Dio e “li meditava nel suo cuore”. Questo fatto unito alla particolare benedizione di Dio sul suo seme e all’evento catartico (= purificatore) dell’incarnazione del Verbo di Dio in Lei La esalta come “Immacolata”. Attraverso questi concetti si vede come i Padri, pur chiamando qualche volta la Theotokos con il termine di “Immacolata”, termine che ogni tanto ricorre pure nella Liturgia orientale, la considerino in maniera abbastanza diversa rispetto alla prospettiva giuridica franco-latina.
Tutti i giusti dell’Antico Testamento e la Theotokos stessa, che ne è il vertice, sono prototipo dell’umanità ascetica. Nella Deìpara non c’è peccato perché l’unione con Dio l’ha totalmente purificata rendendola modello per gli asceti. E’ in questi termini che viene descritta da vari autori patristici.
Nella considerazione della vita della Theotokos, l’Ortodossia ha una visione completamente cristocentrica, non “mariocentrica” come alcune recenti devozioni occidentali che mettono in rilievo l’esperienza del parto di Maria quale “prassi” d’unione con Dio.
Secondo queste devozioni, il cristiano deve fare crescere Cristo in sé per poi partorirlo come ha fatto la Deìpara. Quest’espressione presa come si presenta, coltiva solo pericolosi “dolci sentimentalismi”. Nella prospettiva patristica, si indicano modi concreti di vivere il cristianesimo, non immagini sentimentali! Così, l’uomo non deve pensare di poter “costruire” Cristo vicino a sé o dentro di sé (come in un utero), dal momento che può solo cercare di unirsi a Lui sul modello dell’obbedienza a Dio da parte della Santa Vergine. Solo in questo caso l’unione, come dice l’Apostolo Paolo, è profonda: “Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me” (Gal 2, 20). Essa non avviene attraverso fantastiche pie ed edulcorate aspirazioni ma attraverso la quotidiana lotta dell’ascesi, nella pratica dei comandamenti, nella costante preghiera e nella prassi sacramentale della Chiesa.
Il dogma dell’Assunzione della Deìpara prima della morte è una logica conseguenza del dogma dell’Immacolata concezione. La morte è entrata nella creazione e nell’uomo a causa del peccato originale. La Theotokos è nata priva di peccato originale e quindi l’Occidente è tentato a credere che fosse priva della possibilità di morire. Dopo aver eseguito il suo compito sulla terra la Tuttasanta è stata rapita in cielo con il corpo. Pio XII, nella bolla con la quale proclamava il dogma dell’Assunzione, non affermava esplicitamente che la Santissima Vergine non sarebbe morta ma molti, al suo tempo, erano propensi a pensarlo e in quest’atmosfera fu redatta la bolla stessa. La Curia romana desiderava che le facoltà teologiche sottoscrivessero compatte una petizione per la dogmatizzazione dell’assunzione corporea di Maria in cielo ma ciò non avvenne. Dal punto di vista scientifico l’opposizione più netta alla possibilità d’una tale definizione venne da parte del patrologo di Würzburg, Berthold Altaner. Per una tale visione, secondo Altaner, non esiste alcun fondamento né nella Bibbia né nella tradizione. Nei primi cinque secoli del cristianesimo non si trova traccia di questa dottrina. Solo uno scritto apocrifo del sesto secolo il Transitus Mariae inizia a far circolare quest’idea. Tale scritto è però privo di qualsiasi valore storico. Altre fonti storiche, secondo Altaner, non esistono. Nonostante tali gravi obiezioni, la costituzione Munificentissimus Deus parla di “fede unanime della Chiesa fin dai primissimi tempi” e di prove tratte dalla Scrittura, dai Padri e dai teologi.
Tale costituzione evita prudenzialmente di affermare che la Tuttasanta sia morta ma non lo nega neppure; evita il problema lasciando ad ognuno la libertà di pensare come meglio ritiene.
Questa è la posizione cattolica difesa dal Magistero papale e alla quale i cattolici sono tenuti ad aderire, nonostante tutto. Esponiamo ora quella Ortodossa.
A parte l’esistenza della tomba di Maria, si sà che la devozione della sua morte è antichissima. Nella Scrittura è scritto che tutti gli uomini passeranno attraverso la morte. Cristo stesso non l’ha evitata anche se non ha potuto essere trattenuto da essa ed è risuscitato dai morti tracciando la Via che dalla terra porta al Cielo, dal buio alla luce, dalla Morte alla Vita. La morte non è più la realtà definitiva perché è stata distrutta. “Cristo è risorto dai morti diventando primizia dei defunti”, afferma il Crisostomo.
Così come Cristo, la Theotokos è morta ed è risorta. Se si leggono i testi liturgici della Dormizione e le splendide omelie dei Padri per questa festa (particolarmente quella di San Giovanni Damasceno) la morte e la risurrezione della Vergine appaiono come una grande celebrazione pasquale del Cristo risorto che dà vita all’umanità intera. La Vergine è perciò la prima fra i redenti.
Papa Giovanni Paolo II ha cercato di accorciare la distanza tra queste due posizioni affermando che la Vergine è morta per condividere l’amara sorte del Figlio. Quest’affermazione presuppone una certa “revisione” se non delle basi del dogma dell’Assunzione almeno della mentalità ad esso soggiacente. Comunque è lecito porsi una domanda: tale revisione va nel tradizionale senso antico dove si conservano certi equilibri o cerca di forzare le espressioni per fare un’ulteriore non richiesta equivalenza-parallelo tra Cristo e la Theotokos (affermando che esiste una Corredentrice perché c’è un Redentore)?
Nell’Ortodossia non è mai stato dogmatizzato questo punto. Perché si formuli un dogma è indispensabile che ci sia un’eresia e quindi la negazione d’una verità. Il dogma ha tutto il suo senso solo in questa situazione. Nella Liturgia la Chiesa Ortodossa celebra la Dormizione di Maria con un’allusione alla sua assunzione al terzo giorno dalla morte. È per questo che nell’icona della Dormizione di Maria gli apostoli circondano il suo corpo defunto che viene portato in processione. Dietro a tutti sta Cristo con in braccio una bambina in vesti bianche.
L’uso russo per questa festa prevede un epitafio (= un drappo sul quale è ricamata l’icona della S. Vergine dormiente) per Maria, simile a quello usato per il Cristo defunto nella Settimana Santa. Tale epitafio si colloca in mezzo al tempio. Dopo tre giorni, al Vespro, si celebra il “Funerale della Theotokos”. L’epitafio viene portato in processione e, dopo avergli fatto fare tre giri attorno al tempio, viene innalzato sotto la porta d’ingresso in modo da fare passare tutti i fedeli sotto di esso. Infine viene ricollocato nel luogo in cui era stato precedentemente disposto e, in tale posizione, innalzato verso il cielo. Attraverso questo gesto si indica esplicitamente l’assunzione e tutti sanno che la Vergine Maria è stata assunta con il corpo quale primizia dell’umanità. Non serve nulla di più.
Molti dei titoli alla Santa Vergine che hanno marcato la devozione occidentale sono totalmente sconosciuti all’Oriente cristiano. In ciò l’Ortodossia ha lasciato la Theotokos in quell’ombra di discrezione nella quale i Vangeli la collocano. Non c’è quindi il bisogno di parlare di un Cuore Immacolato di Maria, come succede nelle apparizioni di Fatima (Cuore che fa pandant al Sacro Cuore di Gesù), di Maria Corredentrice, come succede nelle apparizioni di Amsterdam (corredenzione che fa pandant a quella di Cristo) e della richiesta di molti vescovi americani di proclamare il dogma di Maria “consustanziale a Dio”: Figlia del Padre, Madre del Figlio, Sposa del Santo Spirito.
Non caratterizza l’Ortodossia neppure quella devozione mariana con la quale i fedeli cercano il sensazionale, i messaggi strani e segreti (Medjugorje), le rivelazioni terroristiche d’una Santa Vergine che trattiene a stento il braccio vendicatore di un Figlio divino antropomorficamente adirato contro l’umanità!
Tutto ciò esce dall’equilibrata prospettiva evangelica e patristica e non è né importante né essenziale.
La Theotokos è sempre stata conosciuta dal popolo di Dio attraverso le discrete testimonianze evangeliche. Per l’Ortodossia è prudente conoscerLa com’essa è sempre stata conosciuta dalla Tradizione del Cristianesimo indiviso senza pretendere di diventarLe più intimi di coloro che ne condividevano la vita.

Publié dans:CHIESA ORTODOSSA, MARIA VERGINE |on 30 décembre, 2011 |Pas de commentaires »

L’Immacolata – Più su del perdono (di Inos Biffi)

http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/commenti/2010/283q01b1.html

OSSERVATORE ROMANO

L’Immacolata

Più su del perdono

di Inos Biffi

« Non c’è da stupirsi, scrive sant’Ambrogio, che Dio, accingendosi a redimere il mondo, abbia iniziato la sua opera da Maria, così che la prima a cogliere dal Figlio il frutto della salvezza fosse colei per mezzo della quale veniva preparata la salvezza per tutti » (Expositio evangelii secundum Lucam, ii, 17). Per tutti la grazia proviene dalla Croce di Cristo, anche per Maria di Nazaret. A lei, tuttavia, non giunse, come a ognuno di noi, nella forma di purificazione che deterge dalla macchia del peccato originale, ma come preservazione da essa.
La Vergine fu eletta da Dio come preventivamente redenta dal sacrificio del Calvario. La sua storia non incomincia con le tracce lasciate dalla colpa di Adamo, ma subito con i segni della grazia di Cristo, che dall’inizio la sottrasse a ogni impronta o influsso del male.
Noi tutti dall’eternità siamo apparsi al pensiero di Dio come dei riscattati dalla contaminazione; Maria, invece, come incontaminata .
Se poi intendiamo la grazia come conformità a Gesù Redentore, allora diciamo che, mentre tutti gli uomini sono apparsi o appaiono nel mondo difformi da lui, Maria in nessun momento mai conobbe alterazione o dissomiglianza da Cristo. Come canta la Chiesa: « Sei tutta bella, Maria, e non c’è macchia di peccato originale che ti contamini (Tota pulchra es, Maria, et macula originalis non est in te). O secondo le precise espressioni della Bolla di Pio ix Ineffabilis Deus che in questi termini definiva il dogma dell’Immacolata Concezione: « La beatissima vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti (intuitu meritorum) di Gesù Cristo salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale ».
I meriti, quindi, della Croce, pur non ancora elevata nella storia, già irraggiarono e operarono alla prima comparsa di Maria nel mondo: bastò il loro intuitus, a creare in lei la redenzione.
A ben vedere, in questa definizione la fede della Chiesa ha colto tutto il senso incluso nel saluto dell’angelo all’annunciazione: « Rallégrati, o piena di grazia », « O tu che da sempre sei l’immensamente amata ». Che se un tale genere di saluto suscita in Maria un profondo turbamento, l’angelo la rassicura. Non deve temere. Essa è da sempre la « favorita » di Dio, « ha trovato grazia presso di lui ». E proprio per questa grazia concepirà « il Figlio dell’Altissimo », diventando « la madre del Signore », come dirà Elisabetta, anticipando il dogma del concilio di Efeso: « A che cosa devo che la madre del mio Signore venga a me? » (Luca, 1, 43).
D’altronde, il motivo della pienezza di grazia in Maria, il motivo del suo essere salvaguardata dal contagio universale, è la divina maternità della Vergine: la sua elezione a stringere e a vivere con Dio la relazione più intima e unica. Lei sola, tra tutte le creature, volgendosi all’Unigenito del Padre celeste, può esclamare: « Tu sei mio Figlio ».
E tutto avviene come dono dello Spirito che scende e si libra su di lei, rinnovando la primitiva creazione, e per la virtù dell’Altissimo, che la ricopre della sua ombra, ad attestarne la presenza, come l’antica nube luminosa l’attestava nell’arca.
Nella verginità feconda di Maria rifulgono la potenza di Dio e la gratuità dello Spirito. Cristo è pura grazia. E Maria ne è consapevole. Essa non ha meriti da vantare. Deve solo esultare e magnificare l’onnipotenza di Colui che misericordiosamente ha rivolto lo sguardo alla sua piccolezza.
Né per questo Maria si limita a essere uno strumento inerte e ignaro. Al contrario: la Vergine corrisponde all’inimmaginabile favore di Dio con l’accoglienza solerte della fede e l’operosa docilità dell’ancella, totalmente dedicata e cooperante all’eterno disegno divino: « Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la sua parola » (Luca, 1, 38).
Gesù Cristo, che è personalmente la Grazia, viene a noi mediante Maria: come sorprenderci se amiamo chiamarla mediatrice di ogni grazia?
Chi seppe cantare mirabilmente l’innocenza di Maria fu Alessandro Manzoni nelle tre strofe che concludono l’inno sacro incompiuto Ognissanti, dove in modo felice si fondono poesia e teologia.
Nella potenza infinita del suo amore, Dio ha custodito la Vergine da qualsiasi macchia di ogni peccato: essa non passò attraverso il perdono e fu salvata da ogni contagio dell’insidioso e avverso Serpente: « Tu sola a Lui festi ritorno / Ornata del primo suo dono; / Te sola più su del perdono / L’Amor che può tutto locò / Te sola dall’angue nemico / Non tocca né prima né poi ».
Soltanto su noi quest’angue è riuscito indecentemente vincitore: « appena su noi / L’indegna vittoria compiè ». Secondo la profezia della Genesi, il suo capo orgoglioso fu invece schiacciato dal piede incontaminato della Vergine: « Traendo l’oblique rivolte, / Rigonfio e tremante, tra l’erba, / Sentì sulla testa superba / Il peso del puro tuo piè »: un « angue nemico » che, sopravvenendo sinuosamente, turgido e spaurito, tra l’erba, richiama il verso virgiliano: Latet anguis in herba (Eclogae, III, 93), e quello dantesco: « Occulto come in erba l’angue » (Inferno, VII, 84) con l’altro: « Tra l’erba e’ fior venìa la mala striscia, / volgendo ad ora ad or la testa, e’l dosso / leccando come bestia che si liscia » (Purgatorio, VIII, 100-102).
La festa dell’Immacolata è la celebrazione del mondo eternamente ideato nella grazia di Gesù Redentore, pienamente ed esemplarmente raccolta nella santità intatta di Maria, la Madre di Dio. Non altro che questa grazia, scaturita dalla Croce e sublimata nella gloria, la Chiesa è chiamata ad annunziare: è la sua evangelizzazione, antica e sempre nuova.

(L’Osservatore Romano 8 dicembre 2010)

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L’IMMACOLATA CONCEZIONE

http://www.donbosco-torino.it/ita/Maria/feste/2000-2001/L’Immacolata%20Concezione.html

L’IMMACOLATA CONCEZIONE

Premessa storico-liturgica
La riflessione teologica sull’Immacolata concezione di Maria è stata molto lenta. Una festa della Natività di Maria era celebrata in Oriente verso la fine del VI secolo. Nel secolo seguente, poi, sorse una festa della Concezione di Maria.
In Occidente, invece, questa festa della Concezione di Maria appare solo in Italia Meridionale, a Napoli, nel IX secolo e intorno al 1060 veniva celebrata anche in Inghilterra, introdotta molto probabilmente da un monaco orientale. Dopo la conquista dell’isola da parte dei Normanni, la festa riacquistò vigore e passò in Europa come festa dell’Immacolata Concezione.
Non tutti i teologi del tempo erano favorevoli. Perfino il grande San bernardo di Chiaravalle (1091-1153), il cantore di Maria, colui che si sentì rispondere ad un suo saluto rivolto alla statua della Vergine: “Ave, Bernarde” (Ciao, Bernardo), protestò in una lettera contro i Canonici di Lione per aver introdotto questa festa.
In questo stesso periodo, però, un discepolo di Sant’Anselmo di Aosta (1033-1109), Eadmero, sostenne la possibilità dell’Immacolata Concezione. L’argomento era molto semplice: Dio lo poteva fare. Se perciò lo voleva fare, lo fece. Di qui ebbe origine il famoso assioma: “Potuit, decuit, ergo fecit” (Dio poteva; era conveniente, perciò lo fece). L’intuizione era buona, ma poteva portare a delle esagerazioni. Una volta che i teologi avevano deciso che una cosa era conveniente, concludevano che Dio l’aveva fatta. Ed esagerazioni del genere non mancarono.
Seguirono alcuni secoli di dibattito teologico al riguardo. Poi, nel 1477, Sisto IV dà il suo beneplacido ad una Messa della Concezione; nel 1695, Innocenzo XII approva una Messa con ufficio e ottava per la Chiesa intera, ed infine, nel 1708, con Clemente IX la festa divenne di precetto.
Un altro appoggio alla celebrazione dell’Immacolata Concezione venne nel 1830 con le apparizioni della Vergine a Caterina Labouré, che promosse la diffusione della Medaglia Miracolosa con l’invocazione: “O Maria, concepita senza peccato, pregate per noi che ricorriamo a voi”.
Finalmente nel 1854, Pio IX definì come dogma di fede la Concezione Immacolata di Maria e quattro anni dopo la Madonna stessa, a suggello di quanto la Chiesa aveva proclamato, si autodefinì a Lourdes: “Io sono l’Immacolata Concezione”. Con la riforma liturgica del Vaticano II questa celebrazione ha assunto il grado di solennità.

Riflessione ascetico-pastorale
L’Immacolata Concezione è spesso fraintesa da chi è privo di una sufficiente istruzione catechetica: viene confusa con il concepimento verginale di Gesù.
Diciamo subito che il Nuovo Testamento non dice nulla sulla concezione di Maria. La riflessione teologica dei primi secoli toccò sì Maria, ma in modo indiretto. I primi due dogmi mariani, infatti, cioè la Verginità di Maria e la Maternità divina, erano prettamente cristologici, nel senso che erano affermazioni fatte su Maria, ma con il fine di salvaguardare verità riguardanti Gesù.
I due dogmi mariani più recenti, cioè quello dell’Immacolata Concezione e quello dell’Assunzione, riguardano in maniera più diretta Maria. Da un certo punto di vista essi rappresentano dei privilegi concessi alla Madonna, perché doveva essere Madre di Gesù, vero Dio e vero uomo. Però il loro significato più profondo è soteriologico, in quanto riguardano la nostra salvezza. Ci ammaestrano sul nostro fine ultimo, sulla grazia vittoriosa di Cristo che vince il peccato e ci porta alla gloria finale.
La cosa fondamentale che possiamo dire sull’Immacolata Concezione è che Maria è stata redenta in previsione dei meriti del Figlio suo. Gesù ha guadagnato sulla croce la grazia dell’Immacolata concezione di sua Madre. Tutto ciò significa che la salvezza dell’umanità era operativa ancora prima che Cristo nascesse. Solo se vediamo Dio condizionato dal tempo, proviamo imbarazzo per il concetto di “redenzione preservativa”, vale a dire fatta in vista dei meriti acquisiti da Gesù sul Calvario. Intuizione questa tanto cara al beato Duns Scoto (1266-1308).
La salvezza è sempre un dono gratuito di Dio. Il bambino è santificato gratuitamente nell’acqua del battesimo e l’adulto accetta come dono di Dio la grazia della giustificazione mediante la fede.
Quando diciamo che Maria è stata concepita senza macchia di peccato, diciamo che è stata redenta nel modo più perfetto possibile: il peccato non l’ha potuta nemmeno sfiorare. Questa sua Concezione Immacolata, però, è un dono totalmente gratuito di Dio.
Mediante questo privilegio, dunque, Maria è la perfetta salvata. Ella non ha mai avuto gli ostacoli spirituali che distolgono noi, creature nate con il peccato originale, dal totale amore di Dio. Questo dono le ha permesso di pronunciare al momento dell’Annunciazione, pur con un profondo atto di fede di fronte al disegno imperscrutabile di Dio, un sì senza limiti, senza alcuna restrizione inconscia.
In molti passi la liturgia ci presenta la Vergine Santa come inizio della Chiesa. Sì, perché Maria è la persona dove la grazia della redenzione raggiunse la sua espressione massima. In Maria, infatti, la Chiesa incomincia ad esistere “senza macchia né ruga… ma santa e immacolata” (Ef 5,27). Ciò che la Chiesa intera sarà un giorno, è già perfetto in Maria mediante la sua Immacolata Concezione e la sua Assunzione.
E allora si deve concludere che la Vergine Immacolata è lontanissima da noi ed è inimitabile? No, assolutamente! Nel mondo della grazia e dello spirito, solo il peccato è anormale, mentre la santità è normale. La nostra esperienza quotidiana ce lo conferma. Quando siamo in contatto regolare con Dio nella preghiera, quando prendiamo la vita spirituale con maggior serietà, tendiamo ad essere più buoni, più disponibili, più gentili verso gli altri. Il fatto, quindi, che Maria sia senza peccato, la rende perciò Madre di Misericordia, Madre compassionevole, Aiuto dei Cristiani. In una parola: Corredentrice.

Conclusione
Vorrei concludere queste brevi note e riflessioni con alcune espressioni di lode nei confronti di Maria Immacolata, espressioni che troviamo nella Liturgia delle Ore, ma nate dalla mente e dal cuore del genio più alto della nostra poesia: Dante Alighieri.

«… Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra i mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disianza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fiate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate… »
(Paradiso, XXXIII, 10-21).

Tutti questi pregi e lodi, che Dante indirizza alla Vergine Santa, sono possibili e convenienti solo perché Maria è Madre di Dio e Immacolata.

Antonio Baruffa SDB

Publié dans:FESTE DI MARIA, MARIA VERGINE |on 8 décembre, 2011 |Pas de commentaires »

Ave Maria (M. Hubaut)

http://www.kolbemission.org/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/338

Ave Maria

(M. Hubaut)

Ave Maria,
Madre di ogni nostro desiderio di felicità.
Tu sei la terra che dice sì alla vita.
Tu sei l’umanità che da il suo consenso a Dio.
Tu sei la nuova Eva e la madre dei viventi.
Tu sei il frutto delle promesse del passato e l’avvenire del nostro presente.
Tu sei la fede che accoglie l’imprevedibile, ascolta lo Spirito creatore e si meraviglia.
Tu sei la fede che accoglie l’invisibile, come il fiore si apre al calore del sole.

Ave Maria,
Madre di tutte le nostre ricerche di questo Dio imprevisto; dal tempo dove lo perdi, al Calvario dove è perduto, la sua strada ti sembra folle.
Tu sei ognuno di noi che cerca Gesù, senza capire bene la sua vita e le sue parole.
Tu sei la Madre delle oscurità della fede, che custodisce tutti gli avvenimenti nel suo cuore, indaga e medita tutti i nostri « perché? » e si fida dell’avvenire di Dio, suo Signore.

Ave Maria,
Madre di tutte le nostre sofferenze.
Tu sei la donna ritta ai piedi dell’uomo crocifisso,
Tu sei la madre di tutti quelli che piangono l’innocente massacrato e il prigioniero torturato.
Tu sei la nostra materna speranza che avvolge le nostre grida e i nostri dolori.

Ave, Maria,
Madre di Gesù e del discepolo che ha creduto.
Tu sei la Madre degli uomini e della chiesa,
Tu sei il crocevia della storia della salvezza
che Dio inventa fin da Abramo e Mosè.

Ave, Maria,
Madre di ogni nostra Pentecoste.
Tu sei con gli apostoli la Chiesa che prega e accoglie i doni dello Spirito Santo.

Ave Maria,
Madre di tutte le nostre speranze.
Tu sei la stella radiosa di un popolo
in cammino verso Dio.
Tu sei l’annuncio dell’umanità trasfigurata,
Tu sei la riuscita della creazione
che Dio ha fatto per la sua eternità.

(M. Hubaut)

PRESENTAZIONE AL TEMPIO DELLA VERGINE (1550 – 1553) [Jacopo Tintoretto (1518-1594)]

PRESENTAZIONE AL TEMPIO DELLA VERGINE (1550 - 1553) [Jacopo Tintoretto (1518-1594)] dans immagini e testi, tintoretto_presentazione_tempio

dal sito:

http://www.madonnadellorto.org/desc_quadri/mdo_4.php

Parrocchia della Madonna dell’Orto
 
opere d’arte nella chiesa della Madonna dell’Orto:

PRESENTAZIONE AL TEMPIO DELLA VERGINE (1550 – 1553)

Jacopo Tintoretto (1518-1594)

Il dipinto, ispirato ai Vangeli apocrifi della Natività di Maria, era diviso in due comparti e costituiva la parte esterna delle portelle dell’antico organo qui ubicato; la parte interna delle portelle era costituita dalle tele poste nell’abside: IL MARTIRIO DI SAN PAOLO e LA VISIONE DELLA CROCE DI SAN PIETRO. Pietro e Paolo furono raffigurati uno accanto all’altro in quanto ritenuti i principali apostoli della Fede martirizzati nello stesso giorno dell’anno 64 in Roma.
E’ uno dei capolavori del Tintoretto e raffigura la Vergine bambina dinanzi al sommo sacerdote Zaccaria che solennemente l’attende alla sommità dei quindici gradini che salgono al Tempio. Il numero dei gradini, decorati con delicati arabeschi dorati (sembra che il Tintoretto si sia ispirato alla Scala dei Giganti in Palazzo Ducale), allude ai 15 salmi graduali (dal salmo 120 al salmo 134) che venivano recitati dai pellegrini che salivano a Gerusalemme.
Lo sguardo severo del sacerdote, che veste gli abiti pontificali, si contrappone alla dolcezza della bimba la cui figura è esaltata da un contorno di luce accentuato dalle oscure figure di mendicanti e storpi posti sul lato sinistro della scala, sopra i quali alcuni farisei stanno scrutando con aria attonita la giovane fanciulla. Alcune donne rivolgono lo sguardo alla fanciulla, quasi sollevata nello slancio prospettico della scala, indicata da una madre alla propria bimba all’inizio dei gradini.
Tutta la tensione dinamica del dipinto si concentra sulla bimba, leggermente decentrata rispetto all’insieme del quadro equilibrato dalla figura del vecchio in movimento posto sul lato sinistro e della donna in primo piano. Sul fondo si intravede un obelisco, simbolo della potenza, collocato in prossimità della Vergine quasi per anticipare la futura grandezza dell’umile Ancella del Signore.
La luce che irradia metà della composizione, in diagonale da sinistra a destra, dà una grande forza espressiva alla scena.
Per la bambina passavano intanto i mesi. Giunta che fu l’età di due anni, Gioacchino disse a Anna: « Per mantenere la promessa fatta, conduciamola al tempio del Signore, affinché il Padrone non mandi contro di noi e la nostra offerta riesca sgradita ». Anna rispose: « Aspettiamo il terzo anno, affinché la bambina non cerchi poi il padre e la madre ».
Gioacchino rispose: « Aspettiamo ». Quando la bambina compì i tre anni, Gioacchino disse: « Chiamate le figlie senza macchia degli Ebrei: ognuna prenda una fiaccola accesa e la tenga accesa affinché la bambina non si volti indietro e il suo cuore non sia attratto fuori del tempio del Signore ».
Quelle fecero così fino a che furono salite nel tempio del Signore. Il sacerdote l’accolse e, baciatala, la benedisse esclamando: « Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni. Nell’ultimo giorno, il Signore manifesterà in te ai figli di Israele la sua redenzione ». La fece poi sedere sul terzo gradino dell’altare, e il Signore Iddio la rivestì di grazia; ed ella danzò con i suoi piedi e tutta la casa di Israele prese a volerle bene
Dal Vangelo di Giacomo (apocrifo – sec. II)
 

Publié dans:immagini e testi,, MARIA VERGINE |on 21 novembre, 2011 |Pas de commentaires »
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