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IV CONGRESSO INTERNAZIONALE di MARIA AUSILIATRICE
TORINO-VALDOCCO / 1-4 Agosto 2003
INCORONAZIONE DI MARIA ALLA LUCE DELLA SUA ASSUNZIONE, (riflessioni teologiche e salesiane)
Sin dal momento in cui sono stato invitato a partecipare al IV Congresso Internazionale di Maria Ausiliatrice in occasione del centenario dell’incoronazione dell’immagine di Maria Ausiliatrice, ho pensato che il modo migliore di farlo sarebbe stato quello di offrire una riflessione sull’Assunzione della Santissima Vergine, perché è lì che si trova la vera e propria incoronazione di Maria, anche se il testo dell’Apocalisse (12,1), in cui l’autore sacro ci presenta il segno della « donna vestita di sole, con una corona di dodici stelle in capo e la luna sotto i suoi piedi », è adoperata sovente per parlare del trionfo dell’ Ausiliatrice e quindi della sua incoronazione.
Sappiamo però che il testo si riferisce piuttosto alla Chiesa, che trova certo il suo modello più perfetto nella Madonna. Da questo punto di vista mi sembra più importante riflettere sulla vera incoronazione di Maria, di cui l’incoronazione del quadro di Maria Ausiliatrice è un segno; un segno inteso a sottolineare l’intervento materno della Madonna a favore della Chiesa e del mondo, lungo la storia.Vi offro dunque alcune riflessioni teologiche e salesiane circa l’Assunzione della Vergine Maria, sperando che servano ad approfondire un po’ quello che celebriamo e ci spingano ad essere veri e propri figli di Maria Ausiliatrice, la Madonna di Don Bosco.
I. ASPETTO STORICO
Parlare dell’Assunzione di Maria Santissima, dal punto di vista strettamente storico, significa limitarsi a fare ricerche sulla fine terrena di Maria. Al di fuori di quest’ambito, si parlerebbe di « morte » ma questa parola ha fatto problema, in qualche momento della Tradizione ecclesiale.
Sintetizzando in forma schematica il suo pensiero, uno specialista di questo tema afferma: « Le testimonianze della letteratura ecclesiastica dei sei primi secoli nei riguardi della morte di Maria e la sua assunzione in senso stretto, sono scarsi e sconnessi. Quindi, dal punto di vista strettamente storico, non si può affermare con certezza che esista una tradizione apostolica esplicitamente generale e ininterrotta sul modo in cui Maria ha abbandonato questo mondo » . Decisiva, sotto questo aspetto, è la testimonianza di Epifanio di Salamina (+ 403): « E’ possibile che la Vergine Santa sia morta e sia stata sepolta o che l’abbiano uccisa o magari sia rimasta in vita. Dio è così potente da fare quel che Egli vuole; per questo nessuno conosce la sua fine » .
Qualunque cosa voglia significare l’affermazione di Epifanio, una cosa è certa: al tempo in cui egli scrive non si conosceva né come, né dove, né quando fosse avvenuta la fine terrena di Maria.
Allo stesso modo è significativo poter affermare che nei primi secoli della Chiesa non costituiva affatto un problema parlare di ‘morte’ di Maria. Solo verso il sec.VI comincia a prendere corpo – in narrazioni apocrife, sermoni in suo onore e incipienti « trattati – l’idea del suo transito-dormizione », senza morte propriamente detta. E’ superfluo dire che le narrazioni apocrife sono esageratamente prolisse in dettagli « fisici » e persino birichine (come il Vangelo di Tommaso, in cui costui, puntualmente incorreggibile, non arriva a tempo a congedarsi dalla Madre di Gesù, ma è poi riconosciuto miracolosamente).
II. FONDAMENTO BIBLICO
Indubbiamente il dogma dell’Assunzione di Maria Santissima non implica tutto questo complesso di rappresentazioni popolari; il suo nucleo di fede, invece, richiede che sia basato sulla Sacra Scrittura. E a questo riguardo, analogamente a quanto si può affermare per l’Immacolata Concezione di Maria, non abbiamo un fondamento biblico diretto ed esplicito. « Dobbiamo riconoscere, allora, che non esiste, propriamente parlando, una ‘argomentazione biblica’ circa l’Assunzione di Maria. Non si può indicare nessun testo biblico in particolare, come testimonianza fondante di questo mistero mariano » .
Tuttavia il Magistero della Chiesa – e il ‘sensus fidelium’ – hanno ritenuto, lungo i secoli, che esso si basi sulla Rivelazione nel suo complesso. Il Papa Pio XII, nella Bolla della definizione dogmatica « Munificentissimus Deus », dice: « Tutte queste ragioni e considerazioni dei Santi Padri e dei teologi hanno come fondamento ultimo la Sacra Scrittura, la quale ci presenta l’anima della Madre di Dio strettamente unita a suo Figlio e sempre partecipe della sua sorte » (MD 15) .
I PP. Flick e Alszeghy hanno sviluppato, a proposito di questo dogma – è quanto costituisce praticamente il centro di una delle loro opere – il metodo della « convergenza » della Sacra Scrittura, non tanto partendo dai testi singoli, quanto dai grandi temi della Rivelazione .
Sempre restando in questo tema, noi possiamo analizzare i testi biblici dell’Eucaristia e della Liturgia delle Ore nella Solennità dell’Assunzione, pur con l’uso tipico della Sacra Scrittura fatto dalla Liturgia.
Quanto alla Messa: dall’AT si preleva un solo testo, in senso simbolico (l’Arca dell’Alleanza, in 1 Cr 15, 3-4, e 15-16 nella Vigilia della Solennità). Dal NT, due testi di san Paolo (entrambi da 1 Cor 15 e uno dall’Apocalisse (cap.11-12). Dal Vangelo secondo Luca: 11,27-28 per la Vigilia e 1,39-56 (Visita a Elisabetta e Magnificat) per la Messa del Giorno. Quanto alla Liturgia delle Ore: il testo più ampio (nell’Ufficio delle Letture) è preso da Ef 1,16-2,10. Le letture brevi sono: Rm 8,30; Is 61,10 e 1 Cor 15; quelle per l’Ora Media sono prese da Gdt 13, 22-23b; Ap 12,1 e 2 Cor 5,1; ci sono inoltre allusioni ad altri testi biblici (per es. al Cantico dei Cantici, nell’antifona delle Lodi).
Questa breve analisi conferma quanto detto anteriormene, e cioè: non essendovi alcun testo esplicito, la diversità cerca di abbracciare la ricchezza della tematica biblica, con una chiara dinamica di convergenza.
È chiaro che questa assenza di fondamento biblico esplicito costituisce uno dei problemi ecumenici più forti al riguardo, insieme al rifiuto – piuttosto formale – di un dogma dichiarato dal Vescovo di Roma. Per esempio, la Chiesa Ortodossa non mette in questione il primo punto, bensì quest’ultimo : riconosce la verità, ma respinge il dogma.
III. TRADIZIONE DELLA CHIESA
Il silenzio biblico contrasta con l’abbondanza di elementi della Tradizione (anche se questi, come si è detto prima, sono piuttosto tardivi). Si potrebbe parlare di tre grandi tappe nello sviluppo della Tradizione:
· tappa primitiva:
è fatta soprattutto da narrazioni apocrife e da alcuni sermoni e omelie;
· tappa medioevale:
protagonista in particolare la Scolastica, polemica soprattutto per le implicazioni antropologiche;
· tappa moderna:
caratterizzata dall’apparizione di Manuali e dalla problematica legata alla Riforma e Controriforma.
Non essendo necessaria un’analisi esauriente di questo sviluppo della Tradizione, in cui svolge un ruolo decisivo il sensus fidelium, basterà dire in sintesi che è chiamato in causa il principio teologico di Vincenzo di Lerins, in quanto si tratta di una credenza del popolo cristiano « semper et ubique », pur senza la chiarezza che si andrà facendo progressivamente in seguito.
Dunque, come segnalavo precedentemente, al principio appaiono man mano narrazioni apocrife – anche con tratti mitici – e appare anche la celebrazione della Festa, in diverse regioni della Chiesa: verso la fine del secolo VI in Oriente, e dal secolo VII in Occidente.
Più avanti – verso il Medio Evo – si va chiarificando progressivamente il « che cosa » dell’Assunzione (quanto al nome e soprattutto quanto al contenuto) e nello stesso tempo le ragioni teologiche che la motivano. Cerchiamo di sintetizzare brevemente questi due aspetti.
- Il « che cosa » dell’Assunzione
Bisogna riconoscere che fin dal principio la fede della Chiesa nell’Assunzione di Maria è incentrata sulla sua glorificazione, lasciando da parte le rappresentazioni « fisiche ».
Eppure, in queste prime tappe della riflessione mariologica non appare nessuna preoccupazione di difendere la non-mortalità di Maria; e – stranamente – più che sostenere ciò, si sostiene la sua non-corruzione nel sepolcro (fino al punto che ad alcuni non disturberebbe affatto che il corpo sia stato sepolto: purché non si sia corrotto). Per questo non si può nemmeno dire che sia unanime l’identificazione Assunzione = Risurrezione, anche se ciò è molto frequente in vari Padri e autori ecclesiastici.
Cosicché, dice Carlos I. Gonzàlez, « la chiesa bizantina e la chiesa monofisita hanno celebrato la festa del 15 agosto fin dall’era patristica. La teologia, però, non è uniforme. Mentre alcuni insegnano la morte e risurrezione di Maria, altri sostengono che il suo corpo si trova, incorrotto, da qualche parte, attendendo la risurrezione della carne » .
Più avanti afferma: « Anche se alcuni autori accettavano già l’Immacolata Concezione (soprattutto dopo Scoto), non sembra che tale evento abbia fatto breccia nella convinzione circa la morte di Maria, perché usavano distinguere tra il fatto che Maria fosse stata concepita libera dal peccato e il fatto che fosse libera dalle conseguenze del peccato » .
Infine lo stesso autore, presenta un riassunto di un famoso specialista, G. Alastruey: « Se si considera l’Assunzione in concreto, come è presentata nella liturgia e nei documenti dei Padri e dei teologi, certamente comprende tutti questi elementi: morte previa, preservazione dalla corruzione del sepolcro e risurrezione anticipata; per cui occorre dire che l’Assunzione consiste nell’unione del corpo con l’anima gloriosa, preceduta dalla morte (ma non dalla conseguente corruzione del sepolcro) e iniziata con la risurrezione » .
- Ragioni teologiche dell’Assunzione
Non è facile compendiarle tutte, ma si possono raggruppare attorno ad alcuni nuclei rilevanti della nostra fede. Chi le presenta più chiaramente è Antonio M.Calero:
1- Il principio della divina Maternità.
2- La perpetua Verginità di Maria, a cui corrisponderebbe l’incorruttibilità corporale dopo la morte.
3- Il principio dell’associazione o dell’unione intima della Madre col Figlio in funzione dell’Incarnazione.
4- L’onore che, in virtù del quarto comandamento, Gesù Cristo, come ogni buon figlio, deve tributare a sua Madre.
5- Il vincolo che unisce Maria all’opera redentrice svolta da Gesù Cristo, in virtù della quale Egli è il vincitore del peccato e della morte: un vincolo espresso nel parallelismo antitetico Eva-Maria, basato fondamentalmente sul testo del protovangelo: Gn 3,15 .
Indubbiamente, queste ragioni presentano una « densità teologica » molto differenziata: La seconda, per esempio, che fa derivare l’incorruttibilità dalla verginità perpetua di Maria, non è sostenibile; così pure il 4° argomento è piuttosto debole.
José Cristo Rey García Paredes aggiunge altre ragioni: oltre ad insistere sulla prima (Maria, Madre di Dio), sottolinea la liberazione dal peccato originale e l’azione di Dio sul corpo di Maria. Quanto alla prima, cita san Leone Magno: « Se Adamo avesse agito perseverantemente secondo questa incomparabile dignità concessa alla sua natura, osservando la legge che gli era stata data, la sua anima intatta sarebbe stata condotta alla gloria celeste con quella parte di sé stesso che era il suo corpo » .
Cita poi Germano di Costantinopoli: « Tu sei bella (Cn 2,13), e il tuo corpo verginale è totalmente santo, casto, dimora di Dio. Per questo motivo è esente dalla dissoluzione in polvere. Come corpo umano fu trasformato fino alla vita eccelsa dell’incorruttibilità. E’ vivo; è superglorioso, pieno di vita e immortale ». E aggiunge il teologo spagnolo: « Germano usava l’argomento della convenienza, secondo il quale sarebbe stato impossibile che la dimora di Dio, il tempio vivo della santissima divinità dell’Unigenito fosse preda della morte nella tomba » .
- Argomenti « formali »
E’ uno dei temi meno analizzati. Personalmente penso che se ne usano principalmente tre :
a) La simmetria.
E’ un meccanismo concettuale e linguistico universale, ma non sempre esplicitato; e soprattutto, pericoloso, quando diventa un ‘letto di Procuste’ per accomodarvi molti elementi che trascendono di molto il suo schematismo formale. Detta simmetria si presenta in due forme principali:
· Simmetria di compimento: all’Immacolata Concezione all’inizio della vita di Maria, « corrisponde » l’Assunzione alla fine della medesima. Negare la conseguenza significherebbe attentare al principio.
· Simmetria di contrapposizione: il famoso parallelismo tra Eva e Maria (che giunse all’estremo nell’ingegnosa contrapposizione tra Eva e « Ave » del saluto dell’angelo -in latino, naturalmente – « mutans Evae nomen »).
b) L’argomento di convenienza,
che si può sintetizzare nelle lapidarie parole latine: potuit-voluit-decuit-ergo fecit: « poté, volle, conveniva: quindi lo fece ». Lo collochiamo in questo paragrafo perché, in se stesso, è formale: potrebbe applicarsi a moltissimi aspetti, quantunque se ne sia fatto un uso privilegiato nella Mariologia. Ugualmente formale, quantunque solo applicabile in questo campo, è l’affermazione: De Maria nunquam satis.
Dice lo Pseudo-Agostino, citato dallo stesso autore: « Mi causa timore l’affermare che il corpo santissimo da cui Cristo prese carne… abbia avuto la medesima sorte di tutti gli altri ». Aggiunge García Paredes: « Quindi bisognerebbe concludere che Maria è in Cristo e insieme a Cristo. Colui che non permette che nemmeno un capello del capo dei suoi santi cada senza il suo permesso, non avrebbe conservato integro il corpo e l’anima di sua madre? Se poté preservare Daniele dai leoni, non avrebbe preservato la ‘semper incorrupta’? Questo autore anonimo pose le fondamenta della teologia dell’Assunzione in Occidente » .
Certo, l’argomento di convenienza non è di per sé uno strumento negativo o da rifiutare; ma, a mio modo di vedere, è almeno pericoloso. Se si usa a posteriori, per giustificare qualcosa, mi sembra tautologico e inutile: dimostrare che Dio ha realizzato qualcosa perché conveniva che lo facesse, non aggiunge nulla. Se, in cambio, lo si usa a priori, corre il pericolo di dare per dimostrato quel che si dovrebbe dimostrare, ciò « conveniva » e per questo Dio lo ha realizzato.
Solo allo scopo di dimostrarne la discutibilità, farò un esempio, preso da un famoso argomento dell’antichità: la possibilità o meno del male. Di fronte al male, Dio può e vuole eliminarlo? Conviene che lo elimini? Difficilmente si troverà un credente che risponda negativamente a questa domanda. Ne deriverebbe come conseguenza evidente, l’ « ergo fecit »? Invece non l’ha fatto.
Questo stesso esempio orienta la nostra riflessione verso un pericolo concreto: quando colui che usa la ‘convenienza’ ha una mentalità estrinsicistica, che non cerca ragioni più a fondo e se la cava dicendo che era « ciò che più conveniva »: tale mentalità trova la propria espressione tipica nel ‘decretismo’. Così è perché Dio così decretò, posto che era ciò che più conveniva. Lo stesso Antonio M. Calero in qualche momento sembra soffrire di questo estrinsicismo, quando scrive, a proposito del ‘collegamento tra l’Assunzione e altre verità rivelate’: « La sua misteriosa unione con Cristo arriva fino al punto di essere stata prevista e decretata la sua esistenza nello stesso e unico decreto con cui fu prevista e voluta la presenza del Redentore fra gli uomini » .
Ma, in particolare, è pericoloso l’uso di questi principi formali in una visione trionfalista del tema. Cosa non si è detto su ciò che Dio ha fatto in favore di Maria, semplicemente perché poteva farlo!
Tra i molti esempi, prendiamo una parte del testo dell’Ufficio delle Letture del 22 agosto, di sant’Amedeo di Losanna :
‘La santa Vergine Maria fu assunta in cielo. Ma il suo nome ammirabile rifulse su tutta la terra anche indipendentemente da questo singolare evento, e la sua gloria immortale si irradiò in ogni luogo prima ancora che fosse esaltata sopra i cieli. Era conveniente, infatti, anche per l’onore del suo Figlio, che la Vergine Madre regnasse dapprima in terra e così alla fine ricevesse la gloria nei cieli. Era giusto che la sua santità e la sua grandezza andassero crescendo quaggiù, passando di virtù in virtù e di splendore in splendore per opera dello Spirito Santo (…) Abitava nel sublime palazzo della santità (…) e sul popolo credente e assetato faceva scendere la pioggia delle grazie, lei che nella ricchezza della grazia aveva superato tutte le creature. Conferiva la salute fisica e la medicina spirituale, aveva il potere di risuscitare dalla morte i corpi e le anime. Chi mai si partì da lei o malato o triste, o digiuno dei misteri celesti? Chi non ritornò a casa sua lieto e contento dopo d’aver ottenuto dalla Madre del Signore, Maria, quello che voleva? » [ il corsivo è nostro].
In questo modo di fare Mariologia è assente la serietà storica. E non è l’unica deficienza: alla base vi è una prospettiva non cristiana, bensì teista (cfr. a questo riguardo, le bellissime e cristiane espressioni di santa Teresa del Bambino Gesù. Ella giunge ad affermare di Maria che « tutto nella sua vita è successo come nella nostra »). Evidentemente, il problema non è mariologico e nemmeno cristologico: è teo-logico, nel senso più forte della parola! « Quale Dio regge l’esistenza cristiana, il Crocifisso o gli idoli di religione, classe, razza e società? » .
c) Infine, mi pare interessante, in questa prospettiva formale, l’osservazione di G.Söll, citata da Bruno Forte: « Mentre le espressioni mariologiche più significative dei Padri e dei Concilii erano state formulate in collegamento con le discussioni cristologiche, apparve anche per la dottrina mariana un nuovo orizzonte tematico, soprattutto col passaggio nella teologia occidentale dalle questioni cristologico-trinitarie, che caratterizzarono il cosiddetto ‘dogma dell’antica Chiesa’, all’antropologia teologica » [la sottolineatura è nostra]. Significativamente D.Söll lo chiama ‘orizzonte’. Personalmente, mi pare che questo passaggio dalla Cristologia all’Antropologia è avvenuto nella valutazione teologica della concezione verginale: da un senso fondamentalmente cristologico, si è passato ad una accentuazione antropologico-morale, e quindi mariologica, snaturandone molto il senso originale.
Questa prospettiva, con pochi elementi nuovi, venne sviluppandosi fino ad arrivare alla dichiarazione del Dogma dell’Assunzione, il 1° novembre del 1950, da parte del Papa Pio XII.
IV. RIFLESSIONE SISTEMATICA
Il fatto di mettere in questione alcuni elementi della Tradizione non deve farci dimenticare che ci troviamo davanti ad una verità di fede della Chiesa: non si tratta allora di metterla in discussione, ma bensì di illuminarla teologicamente e pastoralmente, senza dimenticare la dimensione ecumenica del problema.
Ciò nonostante, prima di passare al tema concreto dell’Assunzione, vorrei collocarlo in un contesto più generale, che permetta – così spero – di considerarlo in modo più adeguato ed arricchente.
A) PUNTI DI VISTA TEOLOGICI
1. Da una « Mariologia della diversità »
ad una « Mariologia della somiglianza ».
Quanto detto sopra circa la contrapposizione tra una « Mariologia teista » ed una Mariologia autenticamente cristiana (basata, sicuramente, su una « Myriam-logia ») trova qui la sua piena incidenza.
La Mariologia, tanto a livello teologico come sul suo versante devozionale, si può raccogliere, attorno a due poli estremi: quello della diversità e quello dell’uguaglianza. Il primo tende ad accentuare ciò che distingue Maria da tutti gli altri esseri umani, e suscita, di conseguenza, l’atteggiamento di ammirazione. Psicologicamente ne può scaturire un meccanismo di difesa: la vedo così distante, la esalto tanto, che diventa inimitabile. L’altro estremo, paradossalmente, può anch’esse impedire l’imitazione, ma dal lato opposto: chi è totalmente uguale a me, e a qualunque altro essere umano, non ha motivo di essere imitato.
E’ necessario, per questo, cercare un equilibrio tra i due poli, avvicinandosi, indubbiamente, di più al secondo: Maria di Nazaret, precisamente a motivo del suo ruolo unico ed irripetibile nella storia della salvezza, non è uguale a noi, bensì simile. Diciamo di più: questa « dis-uguaglianza » non tende ad isolarla o allontanarla da noi, ma ci invita ad imitarla. Possiamo dire che questa visione si ispira a Lc 11,27-28. Di fronte a Maria singolare ed inimitabile (« Beato il grembo che ti portò e il seno che ti allattò! »), Gesù risponde al plurale: « Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica ».
E’ molto interessante applicare questi due punti di vista, in concreto, ai diversi « capitoli » della Mariologia: l’Immacolata Concezione, l’annunciazione-accettazione, la collaborazione sul piano della salvezza di Dio (« corredenzione »), il cammino di fede, che culmina nell’Assunzione. Queste verità si contemplano teologicamente in modo molto diverso a seconda della prospettiva della diversità o della somiglianza. Credo che non sia stata ancora elaborata una Mariologia che si collochi esplicitamente su questo nuovo orizzonte.
2. Da una visione « ontologico-cosista » ad una visione « personalista-relazionale ».
Una delle prospettive più feconde della teologia attuale è il superamento di un orizzonte « ontologico »: questo (senza negare la sua validità filosofico-teologica,) correva il pericolo di accentuare la « priorità dell’essere », a detrimento della persona. Tale affermazione è valida non solo nel campo dell’antropologia teologica, ma anche in quello della teologia trinitaria: l’irrilevanza del Mistero Trinitario si deve in gran parte a questo « fascino dell’Essere=Uno »; per cui il carattere pluripersonale passava in secondo ordine.
Un grande teologo cattolico tedesco, Heribert Mühlen, vedendo in questo orizzonte « ontologico » uno dei limiti della formulazione dei grandi dogmi della Chiesa antica, auspica esplicitamente una « ri-traduzione » (concettuale e linguistica) di questi stessi dogmi. Come esempio personale porto quello dell’Eucaristia.
Con la preoccupazione di accentuare la presenza reale di Gesù Cristo nell’Eucaristia, ci siamo preoccupati di sottolineare la sua dimensione fisica: « Corpo, Sangue, Anima e Divinità ». Non rimane forse un po’ sacrificata la presenza personale del Signore? Il linguaggio della cosiddetta ‘comunione spirituale’ lo evidenzia. Lo stesso possiamo dire della Grazia. Meraviglia e causa tristezza vedere la quasi « cosificazione », quando invece si tratta dell’aspetto più relazionale che esista: Dio stesso, nella sua Vita Trinitaria, che offre all’uomo la relazione più intima che possiamo immaginare con Lui.
Non è necessario approfondire questa seconda angolazione. Basterà applicarla ai temi indicati precedentemente, per vedere quali di essi corrispondono ad una visione personalista-relazionale e quali ad una visione cosista.
B) APPPLICAZIONE TEOLOGICO-PASTORALE A PROPOSITO
DELL’ASSUNZIONE DELLA SANTISSIMA VERGINE MARIA.
Mi pare che, in una visione rinnovata – e, per questo, autenticamente ecclesiale – dell’Assunzione di Maria, occorrerebbe mettere in rilievo, tra gli altri, i seguenti aspetti.
1.- Nell’Assunzione di Maria contempliamo – in una prospettiva di continuità – ciò che costituisce la pienezza totale dell’essere umano (e quindi il culmine del piano salvifico di Dio): la risurrezione della carne. Non siamo chiamati solo ad una vita effimera su questa terra, e nemmeno alla sopravvivenza solamente di un’ « anima » supposta immortale, ma di tutta la nostra realtà corporeo-spirituale. Il fatto stesso che Paolo, argomentando in 1 Co 15,13 (« Se non esiste risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato ») in certo senso fonda la risurrezione di Gesù sulla risurrezione dei morti, mette in evidenza non « che abbiamo diritto a risuscitare » (come erroneamente qualcuno potrebbe dedurne) ma che la risurrezione non è anzitutto un concetto cristologico, bensì antropologico ossia la risurrezione della carne costituisce la pienezza dell’essere umano.
2.- Nell’Assunzione di Maria contempliamo il compimento totale di ciò che l’angelo Gabriele disse a Maria, salutandola nell’Annunciazione: » Rallegrati, piena di grazia ». Cercando di dare densità teologica a questa espressione possiamo illustrarla in un triplice senso:
· « Grazia » come gratuità: « piena di grazia » accentua la totale gratuità di Dio eleggendo Maria, senza merito alcuno da parte di lei, così come neppure da parte nostra, essendo stati eletti ad essere « santi davanti a Lui » (cf. Ef 1,4). In questo senso l’intuizione della fede della Chiesa è stata assolutamente unanime: non « ascensione », ma « assunzione ». E’ opera di Dio!
· « Grazia » non come « qualcosa », ma come Qualcuno: Dio Trino e Uno. La teologia tradizionale ha denominato, con un’ espressione orrenda – Grazia Increata – questo rapporto di amore, totalmente gratuito, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo con ciascuno di noi. In questo secondo senso, « piena di Grazia » equivale a « piena di Dio »: con un rapporto unico col Dio Trino, realizzato nell’Assunzione.
· « Grazia » come effetto che produce in noi la presenza di Dio: la teologia la denomina (anche qui inadeguatamente) « Grazia Creata ». In questo terzo senso, « piena di Grazia » equivale a « l’Aggraziata per eccellenza »: a questo punterebbe la glorificazione (senza sfumature trionfalistiche) che implica l’Assunzione di Maria.
3.- Unendo nuovamente i due punti di vista (la Mariologia della continuità e l’orizzonte personale-relazionale), considero molto significativo il fatto che non appare da nessuna parte un testo evangelico, a mio parere, risolutivo. Potrebbe essere il vangelo della solennità dell’Assunzione: Giovanni 17,24-26 (« Padre io voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io » ). Se questo è detto di ogni cristiano, anzi oso dire, di ogni uomo e ogni donna, poiché « con l’incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo » (GS 22), con quanta maggior ragione, in primo luogo, possiamo affermarlo della Ss.ma Vergine Maria! Non per esclusione, ma per eccellenza (sono consapevole di star usando in forma convergente l’argomento « di convenienza »; spero in modo adeguato).
4.- Come tema relativamente secondario, ma interessante nella Tradizione della Chiesa, si potrebbe vedere, in una prospettiva rinnovata, il problema della morte o no di Maria. Il rapporto si pone secondo il modo di intendere il peccato originale. Tradizionalmente si faceva un ragionamento ‘pacifico’:
La morte è conseguenza del peccato originale.
Maria non ebbe peccato originale.
Quindi o Maria non è morta ( essendo la morte conseguenza del peccato originale) oppure rimase libera dal peccato originale ma non dalle conseguenze di esso: nel qual caso morì.
Come si può vedere chiaramente, bisogna cogliere il problema alla radice e non nelle sue conseguenze. La teologia attuale (mettendo in discussione il modo tradizionale di intendere il peccato originale) non considera realizzabile un essere umano la cui situazione di « giustizia originale » implichi i cosiddetti « doni preternaturali ». Questi invece sono visti come espressione simbolica di un dono soprannaturale unico, cioè l’amicizia con Dio. In tale situazione l’uomo morirebbe sì, in quanto realtà biologica, ma senza sperimentare ciò che chiamiamo l’aspetto umano della morte, espresso genialmente in Eb 2,14-15 come « timore della morte ».
In questo modo si compongono in reciproca armonia i diversi aspetti, come le parti di un ‘puzzle’: la pienezza di Grazia in Maria, intesa come amicizia con Dio, trova la sua pienezza nell’Assunzione, attraverso la morte vissuta come passaggio ad una situazione definitiva dell’essere umano, cioè la risurrezione.
E’ ineludibile, a questo punto, nella prospettiva della continuità, porsi la domanda: è poi così infondata l’ipotesi secondo la quale, come Maria, « risorgiamo al morire »?
V. RILEVANZA DELL’ASSUNZIONE NEL CARISMA SALESIANO
Ci sarebbe molto da dire a questo riguardo, anche perché il più rimane ancora a livello implicito. Ci limiteremo ad alcuni aspetti piuttosto « storici », presi dalla vita di Don Bosco.
In primo luogo, la convinzione che ebbe sempre il nostro Padre di esser nato nella festa dell’Assunta: « Il giorno consacrato a Maria Assunta in cielo fu quello della mia nascita l’anno 1815 in Murialdo, borgata di Castelnuovo d’Asti » . Anche se non è esattamente il giorno della sua nascita, le MB commentano: « Al dì 15 di agosto erasi commemorato, come di consueto, il compleanno di Don Bosco. Per questo il cardinale Alimonda aveva voluto portargli personalmente i suoi auguri, rimanendo un’altra volta un buon paio d’ore a colloquio con lui. (…) Oggi tutti sappiamo che Don Bosco nacque non il 15, ma il 16 agosto; ma allora egli pure l’ignorava. Bella è l’osservazione che fa a tal proposito un recentissimo biografo del Santo. Dopo aver immaginato che Mamma Margherita passasse la festa dell’Assunta in gioconda comunione con la Madre di Dio, alla quale offerse il suo nascituro, soggiunge [Henri Ghéon]: « Don Bosco ha ragione di scrivere: Sono nato il 15 agosto. Sì, spiritualmente. Poiché due madri egli ebbe, una in cielo e l’altra sulla terra, e ad entrambe fece onore’ » (MB XVIII, 173).
Tra alcuni eventi particolarmente rilevanti in rapporto all’Assunzione di Maria ricordiamo l’invio di una delle sue circolari più belle (forse non troppo conosciuta), datata « nel giorno solenne dell’Assunzione della Santissima Vergine », nel 1869: sullo spirito di famiglia e la confidenza col proprio superiore.
In un’altra occasione, essendo andato Don Bosco a predicare il triduo dell’Assunta a Montemagno, piccolo paese che soffriva una terribile siccità da più di tre mesi, promise loro solennemente: « Se voi verrete alle prediche in questi tre giorni, se vi riconcilierete con Dio per mezzo di una buona confessione, se vi preparerete tutti in modo che il giorno della festa vi sia proprio una comunione generale, io vi prometto, a nome della Madonna, che una pioggia abbondante verrà a rinfrescare le vostre campagne. » Sembra che subito dopo, Don Bosco stesso abbia avuto timore della promessa fatta e quasi quasi abbia voluto ritrattarla; con fare un po’ sornione, a chi si mostrava sorpreso per le sue audaci parole, rispose: « Ma no; avrà frainteso;… io non mi ricordo d’averlo detto. » Intanto il miracolo avvenne, in forma drammatica, all’ultimo momento (vale la pena leggerlo per esteso); evoca esplicitamente 1 Re 18, 43-45. In cambio, nel vicino paese di Grana, dove non rispettarono la festa mariana, a tal punto da organizzare un grande ballo, « cadde una grandine così terribile che portò via tutti i raccolti e, cosa degna di memoria, fuori dei confini di questo comune in tutti i paesi circostanti non cadde neppure un chicco di grandine. Il fatto ci venne anche esposto pochi mesi dopo l’avvenimento dal Viceparroco D. Marchisio, e da altri testimoni ».(MB VII,725-727 passim).
Il testo più significativo, però, si trova nella novena di preparazione alla festa dell’Assunta del 1875. Don Bosco disse ai suoi giovani: « Siamo nella novena di Maria Assunta in cielo. (…) Si fa questa festa dell’Assunta perché tutti preghiamo Maria ad ottenerci un transito felice, simile a quello che essa ha fatto, il quale più che morte si deve chiamare placido sonno. Io vi auguro a tutti una simile morte ».(MB XI,255).
A questo riguardo io vorrei mettere in rilievo tre elementi: in primo luogo, il fatto che Don Bosco presupponga implicitamente, che Maria sia morta: l’espressione stessa « più che morte si deve chiamare placido sonno », lo indica. In secondo luogo, Don Bosco sembrerebbe alludere alla differenza tra morte biologica e morte umana (in questo caso cristiana), accentuando il fatto che l’elemento decisivo è il « come » di questo ultimo momento della nostra vita. E in terzo luogo, significativamente Don Bosco usa lo stesso termine che ho sottolineato prima parlando del punto di vista teologico della somiglianza: « Io auguro a tutti una simile sorte ».
Indubbiamente, per Don Bosco ebbero grande importanza teologica, pastorale e pedagogica i Novissimi (quel che oggi chiameremmo Escatologia). Ora certamente queste realtà sono strettamente vincolate alla persona della Santissima Vergine Maria. E non potrebbe essere altrimenti; poiché l’Escatologia è « il coronamento dell’Antropologia Teologica », anche l’Assunzione di Maria realizza la pienezza di tutta la sua vita e della sua missione terrena. Oso dire che il binomio inseparabile che caratterizza la « mariologia salesiana », Immacolata Ausiliatrice, trova il proprio ‘spartiacque’ nell’Assunzione: l’orizzonte antropologico di Don Bosco ha come modello Maria Immacolata; il suo orizzonte escatologico ha Maria Ausiliatrice; e, al centro, l’Assunta.
D. Pascual Chávez Villanueva, SDB
IV Convegno Internazionale di Maria Ausiliatrice
Torino-Valdocco 2 agosto 2003