http://www.artcurel.it/ARTCUREL/RUBRICHEAUTORI/FeliceArtuso/ilmisteropasqualeneisalmiFeliceArtuso1.htm
IL MISTERO PASQUALE NEI SALMI
di Padre Felice Artuso
Chi inizia a pregare non si chiude in se stesso, ma si apre a Dio, si muove verso di lui e sta alla sua presenza. Ascolta quindi la sua parola, dialoga con lui, gli eleva inni di lode e di invocazione. Confidando nella sua misericordia, attende infine la liberazione da ogni afflizione.
I salmi sono canti di ringraziamento e di supplica a Dio, composti da poeti ebrei. Presentano con un linguaggio lirico le grida di gioia e di sofferenza, di vittoria e di sconfitta. Cantano la santità, la bellezza e la misericordia di Dio, rese visibili nell’opera della creazione e della redenzione. Esprimono l’anelito del credente di incontrarlo, di adorarlo, di ringraziarlo e di rimanere in piena comunione con lui. Suscitano in qualsiasi persona sentimenti d’amore, di gioia, di speranza, di liberazione e di gratitudine. Trasmettono la convinzione che nessuna persona può ostacolare e bloccare la realizzazione dei suoi sovrani progetti.
Raccolti nel Salterio, accompagnano le celebrazioni liturgiche del tempio e delle sinagoghe. Drammatizzano la situazione del servo, giusto e fedele, che per la sua totale adesione a Dio è odiato, disprezzato, minacciato e angustiato dagli uomini. Raccontano la vita e la missione salvifica di Gesù Cristo. Segnalano le tappe del suo cammino pasquale, che si conclude a Gerusalemme, città della predilezione, della pace e della giustizia divina. Annunciano la nascita, lo sviluppo, le persecuzioni e le sofferenze della Chiesa. Ravvivano in noi la coscienza battesimale e ci sollecitano di corrispondere alla grazia della nostra vocazione.
L’ebreo credente prega, cantando i salmi, possibilmente ritmati dagli strumenti musicali. Si rivolge verso il tempio, loda e invoca Dio, usando il tu confidenziale (Sal 5,8;28,2). Esterna la certezza che solo in Dio, alleato fedele, trova soccorso, liberazione, riparo, difesa e invito ad un onesto comportamento civico: «Abbi pietà di me, Signore, vedi la mia miseria, opera dei miei nemici, tu che mi strappi dalle soglie della morte, perché possa annunziare le tue lodi, esultare per la tua salvezza alle porte della città di Sion» (Sal 9-10,14-15); «Fino a quando, Signore, starai a guardare? Libera la mia vita dalla loro violenza» (Sal 35,17); «Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha accolto» (Sal 27,10).
Fin dall’infanzia Gesù è introdotto alla preghiera Dei salmi. Si attiene abitualmente a questo metodo di orazione, ne gusta l’afflato spirituale e adempie il suo contenuto profetico. Nei giorni di riposo, di festa o di penitenza canta i salmi nelle assemblee liturgiche. Li canta anche in privato con i suoi discepoli (Mt 26,30). Nel suo annuncio a volte cita qualche espressione salmica o vi allude, riferendola a se stesso o alla sua attività. Dimostra in questo modo che sta compiendo una rilettura attualizzante di tutto il Salterio.
Gli apostoli e i primi evangelizzatori collegano i salmi alle rilevanti fasi della storia di Gesù e alle vicende personali dei nuovi credenti. Li recitano, rimanendo in comunione d’amore con lui, incompreso, perseguitato, rifiutato e glorificato. Pensano che egli è presente nella Chiesa, le parla anche con le parole dei salmi e si rivolge al Padre celeste mediante le stesse preghiere . Raccomandano ai primi battezzati di alzare la testa, di elevare la propria mente a Dio e di salmeggiare. Compongono inoltre per le assemblee liturgiche dei nuovi inni .
La Chiesa educa i cristiani a leggere i salmi, a memorizzarli, a cantarli e a meditarli, perché possano incontrarsi con il Signore, lottare assieme a lui contro il male, conservare la fede nella sua opera redentrice e trasmetterla agli altri. Inserisce dei versetti salmici nelle celebrazioni eucaristiche oppure vi ricava preghiere di lode e di intercessioni per tutto il tempo dell’anno liturgico.
Riportiamo ora alcune espressioni salmiche, nelle quali i primi cristiani scorgevano le enunciazioni profetiche dell’incarnazione, della passione, della morte, della risurrezione e della sovranità universale di Gesù. Esponiamo infine il contenuto del salmo 22 (21) e del salmo 69 (68), in cui secondo una rilettura cristiana trapela la sofferenza e la gloria del Signore Gesù.
L’incarnazione del Figlio di Dio
Un salmista esorta il popolo ebraico di attendere la venuta del Signore, elargitore di misericordia e di salvezza: «Israele attenda il Signore, perché presso il Signore è la misericordia e grande presso di lui la redenzione. Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe» (Sal 130,7-8). Un altro salmista annuncia che Dio, attento al lamento degli oppressi, si alzerà, si metterà in movimento e li libererà dalle loro tristezze: «Per l’oppressione dei miseri e il gemito dei poveri, io sorgerò – dice il Signore – metterò in salvo chi è disprezzato» (Sal 12,6).
Nel giorno di un’incoronazione regale un salmista attesta al nuovo sovrano che Dio ha giurato di costituirlo suo figlio (2 Sam 7,13-14): «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato» (Sal 2,7). A sua volta il figlio risponde a Dio che è pronto a compiere la sua volontà, asserisce a cambiare il sacrificio degli animali con l’offerta di se stesso: «Sacrificio ed offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto. Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. Allora ho detto: Ecco io vengo sul rotolo del libro è scritto, di fare il tuo volere» (Sal 40,7-9).
Dio Padre realizza questi annunci, inviando nel mondo il Figlio unigenito, che dall’eternità vive rivolto verso di lui (Ebr 1,5). Lo genera ora nel tempo, pensa a lui, lo accompagna con la sua grazia, riconoscendo la sua origine ed identità. Inoltre nel giorno della gloriosa risurrezione il Padre può dirgli: Io ti ho generato, ti ho ridato una nuova vita, ti ho collocato alla destra del mio trono regale, ti ho conferito l’investitura messianica e ti ho affidato la sovranità su tutto l’universo (At 13,33). Il Figlio, generato nel tempo da Maria vergine, si pone nelle braccia del Padre come un bambino che riposa sicuro nel grembo di sua madre: «Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre» (Sal 131,2). Risponde alle premure del Padre celeste, dicendogli di amarlo e compiere la sua volontà fino al punto di accettare la morte di croce (Eb 10,8-10). Il cristiano imita Gesù, che ha obbedito al Padre, ha sacrificato se stesso per onorarlo, si è affidato alla sua bontà e ha atteso di essere glorificato da lui.
Le insidie contro Gesù
Alcuni salmisti condannano l’omertà e la corruzione morale di molti: «Si dicono menzogne l’uno all’altro, labbra bugiarde parlano con cuore doppio» (Sal 12,3). Deplorano coloro che ordiscono turpi intrighi e calunniano il giusto: «Non c’è sincerità sulla loro bocca, è pieno di perfidia il loro cuore» (Sal 5,10). Paragonano le loro aggressioni al morso micidiale dell’aspide: «Sono velenosi come il serpente, come vipera sorda che si tura le orecchie» (Sal 58,5). Equiparano gli insulti dei malvagi ai colpi di spada e alle frecce, tirate con destrezza: «Affilano la loro lingua come spada, scagliano come frecce parole amare per colpire di nascosto l’innocente; lo colpiscono di sorpresa e non hanno timore. Si ostinano nel fare il male, si accordano per nascondere tranelli; dicono: Chi li potrà vedere?» (Sal 64,4-6).
Asseriscono che il giusto, perseguitato e isolato dagli avversari, si affida a Dio, suo pastore, difensore e liberatore: «Custodiscimi come pupilla degli occhi, proteggimi all’ombra delle tue ali, di fronte agli empi che mi opprimono, ai nemici che mi accerchiano» (Sal 17,8-9); «Signore, libera la mia vita dalle labbra di menzogna, dalla lingua ingannatrice» (Sal 120,1-2); «Ho creduto anche quando dicevo: sono troppo infelice. Ho detto con sgomento ogni uomo è inganno» (Sal 116,10-11).
Gesù prova il disagio dei giusti e dei perseguitati d’Israele. Innalza ferventi suppliche al Padre suo con la certezza di essere ascoltato. Il Padre celeste esaudisce le grida di suo Figlio. Accoglie anche le suppliche di noi miseri.
L’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, il complotto contro di lui e il tradimento di Giuda
Ogni pellegrino era accolto nel tempio di Gerusalemme con queste parole di benvenuto: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (Sal 118,26). Gesù, diretto al tempio, è acclamato dalla folla con la medesima espressione salmica (Mc 11,9-10). Alcuni dei presenti se ne sdegnano, ma egli accetta la spontanea acclamazione della gente e la difende, dicendo: «Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza e contro i tuoi avversari per ridurre al silenzio nemici e ribelli» (Sal 8,3; Mt 21,12-13).
Un salmista si lamenta con Dio, perché gli empi lo circondano, lo oltraggiano e minacciano di ucciderlo: «Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda; quando insieme contro di me congiurano, tramano di togliermi la vita» (Sal 31,14). Gesù sperimenta qualcosa di simile, quando gli avversari complottano contro di lui (Mt 26,3; Gv 18,14).
Alcuni salmisti menzionano un uomo, che all’interno di un gruppo defeziona, inganna e tradisce l’amicizia conviviale: «Ecco, l’empio produce ingiustizia, concepisce malizia, partorisce menzogna» (Sal 7,15); «Egli pensa: non sarò mai scosso, vivrò sempre senza sventure. Di spergiuri, di frodi e di inganni ha piena la bocca sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso» (Sal 9-10,27-28); «L’empio trama contro il giusto, contro di lui digrigna i denti» (Sal 37,12); «Anche l’amico in cui confidavo, anche lui che mangia con me, ha alzato contro di me il calcagno» (Sal 41,10); «Ma sei tu, mio compagno, mio aiuto e mio confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa» (Sal 55,14-15); «Il nemico mi perseguita, calpesta a terra la mia vita, mi ha relegato nelle tenebre come i morti da gran tempo. In me languisce il mio spirito, si agghiaccia il mio cuore» (Sal 143,2-4).
Gesù prova sentimenti di sconforto analoghi ai salmisti, quando Giuda Iscariota lo rifiuta e lo consegna ai sequestranti (Gv 13,18). Continua tuttavia ad amarlo. Se siamo traditi da quelli che abbiamo amato e beneficato, ricordiamo che l’amore vince l’odio.
L’agonia, la cattura e la fuga dei discepoli
Oppressi dalla presenza oscura del male, alcuni salmisti si angosciano e si esortano ad avere fiducia in Dio, difensore degli umili: «Perché ti rattristi, anima mia, perché su di me gemi? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui salvezza del mio volto e mio Dio» (Sal 42,12); «L’anima mia è tutta sconvolta, ma tu, Signore, fino a quando?» (Sal 6,4); «Ascolta la mia supplica: ho toccato il fondo dell’angoscia» (Sal 142,7); «Nel mio affanno invocai il Signore, nell’angoscia gridai al mio Dio» (Sal 18,7).
Nel Getsemani Gesù esterna ai tre discepoli lo stesso stato d’animo dei salmisti. Angosciato, prega il Padre, da cui riceve forza, equilibrio e serenità. Si prepara quindi ad incontrare gli avversari, che si dirigono verso di lui, per sequestrarlo .
Un salmista riferisce che alcuni perversi, lo aggrediscono di notte senza possedere una seria motivazione: «Ecco, insidiano la mia vita, contro di me si avventano i potenti. Signore, non c’è colpa in me, non c’è peccato; senza mia colpa accorro e si appostano… ritornano a sera e ringhiano come cani, si aggirano per la città. Ecco, vomitano ingiurie, le loro labbra sono spade» (Sal 59,4-8). Nel buio notturno Gesù è accerchiato e ammanettato irragionevolmente (Gv 18,3).
Altri salmisti parlano della caduta dei loro assalitori e della fuga degli amici, intimoriti da un’improvvisa violenza: «Quando mi assalgono i malvagi per straziarmi la carne, sono essi, avversari e nemici, a inciampare e cadere» (Sal 27,2); «Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe, i miei vicini stanno a distanza» (Sal 38,12.14-15); «Sono l’obbrobrio dei miei nemici, il disgusto dei miei vicini» (Sal 31,12); «Mi hanno circondato come api, come fuoco che divampa tra le spine, ma nel nome del Signore li ho sconfitti» (Sal 118, 12).
Nell’individuazione di Gesù i sequestranti passano un attimo di incertezza: retrocedono, barcollano, inciampano e cadono (Gv 18,6), mentre gli apostoli fuggono e abbandonano il loro maestro (Mt 26,56). Le persone fedeli a Dio, che si china sui deboli (Sal 18,36), conoscono momenti di angoscia e di coazione. Sperimentano sofferenze simili a quelle che Gesù ha provato nel giorno della sua passione e morte.
L’interrogatorio religioso e il processo politico
Qualche orante menziona i cospiratori, i falsi accusatori e violenti, che si compiacciono di aggredirlo ingiustamente: «Godono della mia caduta, si radunano contro di me per colpirmi all’improvviso» (Sal 35,15); «Contro di me sono insorti falsi testimoni che spirano violenza» (Sal 27,12); «Sorgevano testimoni violenti, mi interrogavano su ciò che ignoravo, mi rendevano male per bene: una desolazione per la mia vita» (Sal 35,11-12); «Perché le genti congiurano, perché invano cospirano i popoli? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia» (Sal 2,1-2); «Lavo nell’innocenza le mie mani e giro attorno al tuo altare, Signore» (Sal 26,6); «Siedono i potenti, mi calunniano, ma il tuo servo medita i tuoi decreti» (Sal 119,23).
Durante l’interrogatorio religioso e il processo politico Gesù si trova davanti alle legittime autorità. Intervengono persone che lo scherniscono, lo umiliano e lo accusano con malizia. Le sofferenze attestate dai salmisti si attuano anche in Gesù e in tutti coloro che seguono il suo esempio. Non meravigliarcene .
La flagellazione, la crocifissione, le tenebre, l’agonia, la morte e la sepoltura
Alcuni oranti accennano alle violenze subite e raccontano i tormenti del giusto perseguitato, schernito e percosso, ma fiducioso in un potente intervento di Dio: «Hanno arato gli aratori, hanno fatto lunghi solchi» (Sal 129,3); «Hanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato aceto» (Sal 69,22); «Molti contro di me insorgono. Molti di me vanno dicendo: Neppure Dio lo salva!» (Sal 3,2-3); «Dicono insolenze contro il giusto con orgoglio e disprezzo» (Sal 32,19); «Si è affidato nel Signore, lui lo scampi; lo liberi, se è suo amico» (Sal 22,9); «Sono diventato loro oggetto di scherno, quando mi vedono scuotono il capo» (Sal 109,25); «Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe, i miei vicini stanno a distanza» (Sal 38,12); «Mandò le tenebre e si fece buio, ma resistettero alle sue parole» (Sal 105,28); «L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente» (Sal 42.3); «Sono sfinito dal gridare, riarse sono le mie fauci» (Sal 69,4); «Si dissolvono in fumo i miei giorni e come brace ardono le mie ossa. Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce, dimentico di mangiare il mio pane. Per il lungo mio gemere aderisce la mia pelle alle mie ossa» (Sal 102,4-6); «Come incenso salga a te la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera» (Sal 141,2); «Mi affido alle tue mani; tu mi riscatti, Signore, Dio fedele» (Sal 31,6); «Molte sono le sventure del giusto, ma lo libera da tutte il Signore: preserva tutte le sue ossa, neppure uno sarà spezzato» (Sal 34,21); «Sono annoverato tra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo ormai privo di forza. È tra i morti il mio giaciglio, sono come gli uccisi stesi nel sepolcro» (Sal 88,5-6).
Consegnatosi nelle mani degli uomini, Gesù conosce le sofferenze della flagellazione, della crocifissione, della sete, degli scherni e della solitudine. Dopo la morte riceve una sepoltura regale e termina il suo cammino di abbassamento . La storia di ogni martire della fede o della carità ha delle evidenti connessioni con la sua morte.
Il salmo 22 (21) e 69 (68)
Nei salmi 22 e 69 un giusto racconta che dei nemici minacciano di aggredirlo e di ucciderlo. Angosciato, supplica Dio di intervenire e di liberarlo dal pericolo mortale. Presagendo di essere ascoltato, promette a Dio di elevargli inni di lode. I due salmi hanno un valore messianico. Si realizzano pienamente nella passione, nella morte e nella glorificazione di Gesù. Esponiamo separatamente il contenuto di entrambi.
Il salmo 22 è un’ampia lamentazione individuale, che ha delle relazioni con il linguaggio usato da Geremia, da Ezechiele e dal Servo sofferente. L’orante è forse un ammalato grave, disprezzato dai nemici. Profondamente desolato, ha l’impressione che Dio lo ignori. Si sente separato e lontano da lui, ma non ha perduto la fiducia nel suo solerte soccorso. Gli chiede quindi il motivo della sua apparente ed illogica assenza: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato!» (Sal 22,1). Descrive poi le sue sofferenze fisiche e morali con una serie d’immagini. Attesta che alcuni potenti nemici, simili a bestie feroci, lo assalgono, lo torturano, lo spogliano, lo trafiggono, lo privano d’ogni dignità, lo scherniscono e lo riducono ad una nullità. Grida pertanto a Dio la sua opprimente angoscia: «Io sono un verme, non un uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo. Mi scherniscono quelli che mi vedono, storcono le labbra, scuotono il capo: Si è affidato al Signore, lui lo scampi; lo liberi, se è suo amico…Hanno forato le mie mani ed i miei piedi, posso contare le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte» (Sal 22,7-9; 17-19).
Ricorre ad immagini impressionanti e sconvolgenti: «Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere. È arido come coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, su polvere di morte mi hai deposto» (Sal 22,15-16). Agli estremi della sofferenza si affida a Dio, suo unico difensore e salvatore. Gli domanda di liberarlo dall’imminente e orribile morte. Passato il temuto pericolo, potrà vivere per lui, mangiare assieme a tutta la comunità di fede, esultare nel suo nome, elevargli inni di lode (Sal 22,30), inoltre i suoi discendenti racconteranno quanto egli ha compiuto e lo ringrazieranno e: «Lo servirà la mia discendenza. Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunzieranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: “Ecco l’opera del Signore!”» (Sal 22,31-32).
Il salmo annuncia il cammino di Gesù, giusto rifiutato, crocifisso, risorto e glorificato. Infatti, una furiosa bufera d’odio si abbatte su di lui nel giorno della sua passione. Appeso alla croce, ha l’impressione che il Padre celeste, grande nell’amore, lo abbia abbandonato in balia dei nemici coalizzati e induriti. Dilaniato, grida al Padre il suo tormento, aspetta che lo esalti all’alba pasquale e lo ringrazia in anticipo (Mt 27,46; Mc 15,34). Ricevuta l’effusione dello Spirito Santo, gli apostoli e gli evangelisti comprendono il senso profetico della Scrittura. Nei loro racconti pasquali dimostrano che questo salmo si compie perfettamente in Gesù .
I Padri della Chiesa spiegano i salmi, attribuendoli a Gesù. Pertanto sant’Agostino commenta il salmi 22: «Queste parole indicano bene il corpo del Cristo disteso sulla croce, le sue mani ed i suoi piedi confitti e trapassati dai chiodi, il suo supplizio offerto in spettacolo a quelli che lo guardavano e lo disprezzavano» . Commentando la stessa preghiera, precisa: «In questo salmo ascoltiamo tutto ciò: quello che ha sofferto e perché (ha sofferto). Tenete a mente questi due elementi, che cosa e perché… Chiusa era la Scrittura e nessuno la intendeva; il Signore è stato crocifisso e…tutto ciò che era occulto ci è stato rivelato» .
Passiamo al salmo 69, che rispecchia le sofferenze del profeta Geremia. Un orante teme di morire, vittima di una grave malattia o di una spietata persecuzione. Attesta che dei potenti senza scrupoli, assieme ad altre persone, lo odiano, lo isolano e lo opprimono, recandogli immensa sofferenza: «Più numerosi dei capelli del mio capo sono coloro che mi odiano senza ragione» (Sal 69,5). Lo accusano di rapina e lo insultano, mentre egli ha lealmente testimoniato il suo ardente zelo nel servizio cultuale: «Poiché mi divora lo zelo per la tua casa, ricadono su di me gli oltraggi di chi mi insulta» (Sal 69,10-11). Lotta solitario contro i suoi denigratori e torturatori, aspettando inutilmente un gesto di compassione: «Ho atteso compassione, ma invano, consolatori, ma non ne ho trovati. Hanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato aceto» (Sal 69,21-22). Immerso in un’immensa sofferenza fisica e morale supplica Dio, buono e fedele (Sal 69,4.11-12). Con insistenza gli chiede di punire quelli che lo perseguitano. Gli domanda anche la liberazione dalla solitudine, dalla calunnia, dalla violenza, dalla morte e dalla sepoltura (Sal 69,25-29). Conclude la preghiera, presagendo che Dio lo soccorrerà, gli toglierà le assurde persecuzioni e lo ristabilirà nella giustizia. Gli promette quindi che trasformerà il suo lamento in un gioioso inno di lode: «Io sono infelice e sofferente; la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro. Loderò il nome di Dio con il canto, lo esalterò con azioni di grazie» (Sal 69,30-32). Invita infine i giusti e tutte le creature ad associarsi al suo ringraziamento: «Vedano gli umili e si rallegrino. A lui acclamino i cieli e la terra, i mari e quanto in essi si muove» (Sal 69,33.35).
Questa preghiera ha parecchie connessioni con la passione di Gesù. Infatti, durante l’ultima cena egli si rattrista per l’imminente abbandono dei suoi discepoli: «Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo» (Gv 16,32). Nel Getsemani rimprovera gli apostoli prediletti di essersi lasciati sopraffare dal sonno e di non aver pregato con lui: «Poi tornò dai discepoli che dormivano. E disse a Pietro: Così non siete capaci di vegliare un’ora sola con me?» (Mt 26,40). Nell’agonia della croce, mentre dà diversi segni d’infinito amore, patisce il rifiuto, la solitudine, la sete e gli scherni . Tuttavia non impreca contro nessuno, né implora la vendetta sui suoi aguzzini. Invoca bensì su di loro il perdono e la salvezza. Elevato alla gloria della risurrezione, innalza al Padre celeste un perenne inno di lode ed è per tutti gli umili un segno di speranza.
Nel commento a questo salmo sant’Agostino elabora la seguente applicazione cristologica ed ecclesiologica: «Qui parla Cristo… e parla non solo come capo, ma anche come corpo. Queste parole si adempiono alla lettera. Non ci è qui concesso di intendere alcunché di diverso. Anche gli Apostoli, parlando di Cristo, citano le testimonianze di questo salmo. E chi oserà allontanarsi dalle loro parole? Quale agnello non seguirà gli arieti? È certo dunque che qui parla Cristo. A noi piace mostrare dove di preferenza parlino le sue membra, onde documentare che qui parla il Cristo totale» .
I due salmi sono inseriti nel Lezionario liturgico come pure nell’Ora media di ogni venerdì della terza settimana e nell’Ufficio delle letture del Venerdì Santo. Mediante queste preghiere i cristiani contemplano le fasi più dolorose della storia di Gesù; si uniscono alla sua supplica e alla sua lode a Dio; si associano parimenti al grido d’angoscia e di lode di tutti i sofferenti. Attendono quindi fiduciosi la redenzione eterna.
La gloriosa risurrezione di Gesù
Un gruppo di salmisti loda Dio, per aver donato una nuova vita al suo eletto. Dio, infatti, «ha infranto le porte di bronzo ed ha spezzato le sbarre di ferro» (Sal 107,16). Si è rivolto a lui e gli ha detto: «Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi» (Sal 110,1). Gli ha conferito una sovranità regale e sacerdotale, dicendogli: «Tu sei sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchisedech» (Sal 110,4).
L’eletto ha risposto all’intervento divino, evocando il suo cammino di abbassamento e di esaltazione, di dolore e di gloria: «Tutti i popoli mi hanno circondato ma nel nome del Signore li ho sconfitti. Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato ma nel nome del Signore li ho sconfitti» (Sal 118,10-11); «In questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima, anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuio santo veda la corruzione… gioia piena nella tua presenza, dolcezza sena fine alla tua destra» (Sal 16,9-11); «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato, gli ha dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi» (Sal 8,4-7); «Io sono con te sempre: tu mi hai preso per la tua mano destra» (Sal 73,23); «Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato e su di me non hai lasciato esultare i nemici. … Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi… Alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino ecco la gioia» (Sal 30,2.4.6).
I salmisti invitano inoltre i propri connazionali ad associarsi alla loro preghiera e a lodare Dio per aver liberato il suo eletto dai vincoli della morte: «Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra» (Sal 96,1). «Celebrate il Signore, perché egli è buono; perché eterna è la sua misericordia. La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo; ecco l’opera del Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo» (Sal 118,1.22-24); «Vita ti ha chiesto, a lui l’hai concessa, lunghi giorni in eterno, senza fine» (Sal 21,5); «Il tuo trono, Dio, dura per sempre; è scettro giusto lo scettro del tuo regno» (Sal 45,7); «Dite tra i popoli: “Il Signore regna!”. Sorregge il mondo, perché non vacilli; giudica le nazioni con rettitudine» (Sal 96,9-10).
Gesù, re e sacerdote, conosce una storia simile a quella che emerge da queste preghiere. Gli uomini lo insultano, lo condannano a morte, lo crocifiggono, lo seppelliscono in una tomba nuova al tramonto del sole. Dio tuttavia lo esalta nelle prime ore del mattino e lo costituisce sovrano universale ed eterno . Pieno di vita, il Risorto loda incessantemente il Padre, per averlo innalzato accanto a sé. Ora guarda e controlla tutto il genere umano. Indica a tutti l’accesso finale della vita terrena. Invita ognuno ad adorare e glorificare Dio onnipotente, che tramuta il lamento in danza, l’ingiustizia in liberazione, l’oppressione in esultanza.
I Padri della Chiesa esortano i cristiani a celebrare con gioia e riconoscenza la Pasqua di risurrezione. Commentando i versetti del salmo 30,2.4.6 san Basilio spiega che dopo l’oscurità arriva la luce del mattino e aggiunge: «Ricorda il tempo della passione del Signore e capirai il significato di questo verso. A sera infatti dimorò il pianto presso i discepoli del Signore, quando lo vedevano crocifisso; ma al mattino ci fu letizia, quando, dopo la risurrezione, correvano con gioia a scambiarsi la buona novella dell’apparizione del Signore» .