dal sito:
http://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/esy/objects/docs/1472208/TEMPO_DI_NATALE.doc
CHIESA DI MILANO
CAMMINERANNO LE GENTI ALLA TUA LUCE
PROFEZIA E MEMORIA CREDENTE
Percorso tematico sulle Letture delle solennità e delle domeniche del tempo di Natale
Parole di giudizio e parole di consolazione si alternano nei 66 capitoli del libro di Isaia. Il giudizio di Dio, nella rivelazione attestata nella Bibbia, non ha altro scopo che la salvezza dell’uomo. Dio, nel suo amore eterno per Israele e nella sua sollecitudine paterna per tutte le genti, vuole renderli consapevoli del loro accecamento, con la forza appassionata, e talora veemente, della parola profetica. Il libro di Isaia non oppone mai frontalmente Israele e le genti: sia all’uno che alle altre sono di volta in volta rivolte parole che denunciano la loro cecità, la loro incapacità a comprendere, al di là della trama di superficie della storia, le vie di Dio diverse da quelle dell’uomo, ma soprattutto a comprendere che la storia non procede mai senza Dio. È sotto il segno dell’insensibilità, della durezza di cuore di Israele che si apre il libro (Is 1, 3 e 6, 9-10):
Udite, o cieli, ascolta, o terra,
così parla il Signore:
« Ho allevato e fatto crescere figli,
ma essi si sono ribellati contro di me.
Il bue conosce il suo proprietario
e l’asino la greppia del suo padrone,
ma Israele non conosce,
il mio popolo non comprende ».
Va’ e riferisci a questo popolo:
« Ascoltate pure, ma non comprenderete,
osservate pure, ma non conoscerete ».
Rendi insensibile il cuore di questo popolo,
rendilo duro d’orecchio e acceca i suoi occhi,
e non veda con gli occhi
né oda con gli orecchi
né comprenda con il cuore
né si converta in modo da essere guarito.
La Parola di Dio incontra il rifiuto dell’uomo che si riduce ad essere senza memoria, ossia a dimenticare le testimonianze che Dio gli ha offerto del suo amore e della sua fedeltà. Allora gli avvenimenti della storia costituiscono per lui un immenso e angosciante enigma.
Il libro di Isaia ha alimentato lungo il corso dei secoli la memoria credente di Israele, educandolo ad attendere, nella notte debolmente rischiarata della storia, la consolazione dei tempi messianici. Ogni lettore di questo libro, anche il lettore cristiano, è invitato all’intelligenza che nasce dalla memoria e alla resistenza della fede che suscita la perseveranza paziente della speranza.
Due volte il libro evoca la figura di colui che veglia nella notte (21, 11-12 e 62, 6):
Oracolo su Duma.
Mi gridano da Seir:
« Sentinella, quanto resta della notte?
Sentinella, quanto resta della notte? ».
La sentinella risponde:
« Viene il mattino, poi anche la notte;
se volete domandare, domandate,
convertitevi, venite! ».
Sulle tue mura, Gerusalemme,
ho posto sentinelle;
per tutto il giorno e tutta la notte
non taceranno mai.
Voi, che risvegliate il ricordo del Signore,
non concedetevi riposo
né a lui date riposo,
finché non abbia ristabilito Gerusalemme
e ne abbia fatto oggetto di lode sulla terra.
La figura di colui che veglia nella notte è evocata dai pastori che vegliavano tutta la notte, da Simeone che, secondo un’espressione isaiana, aspettava la consolazione d’Israele e soprattutto da Maria che alimentava la sua memoria credente, confrontando silenziosamente gli eventi quotidiani con la parola delle Scritture (Lc 2, 8.25.19.51):
Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
Esplicite o allusive, le citazioni del libro di Isaia sono assai abbondanti negli scritti del Nuovo Testamento. Citare, nella mentalità della prima comunità cristiana, è molto più che cercare una conferma nei testi delle Scritture. Citare significa scavare nelle Scritture per scoprire il senso di ciò che è stato scritto alla luce di un nuovo evento e, nel contempo, interpretare un evento nuovo alla luce della Parola attestata nelle Scritture.
Il popolo che camminava nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia,
hai aumentato la letizia.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.
(Lettura Is 9, Natale del Signore, Messa nel giorno)
L’annuncio profetico, proclamato nella celebrazione del Natale del Signore, allarga i propri orizzonti dalla liberazione delle terre del Nord di Israele, occupate dai pagani dopo l’invasione assira (VIII secolo), dal giogo dell’oppressore all’annientamento di ogni strumento di guerra e all’instaurazione di un regno di pace universale. Questo annuncio è associato alla figura di un bambino che, secondo l’usanza proveniente dall’Egitto, viene incoronato con l’attribuzione di quattro titoli grandiosi. Ma l’oracolo va oltre il giovane Ezechia, figlio del re Acaz, probabile primo destinatario di questa promessa, poiché le prospettive che evocano l’instaurazione di una pace cosmica trascendono ogni dimensione di un futuro vicino.
L’intenzione di Dio è chiara: Egli interviene nella storia di Israele e, mediante Israele, nella storia dell’umanità per indicare la strada da percorrere verso quella sapienza che conduce alla pace. E, infatti, il risultato della Parola accolta viene espresso con questa immagine:
Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri,
delle loro lance faranno falci;
una nazione non alzerà più la spada
contro un’altra nazione,
non impareranno più l’arte della guerra.
(Lettura Is 2, Natale del Signore, Messa nella notte)
Ma la pace è un dono da accogliere con l’impegno a trasformare gli strumenti di guerra in strumenti di lavoro, quindi in strumenti di relazioni umane. Nonostante i discorsi che spesso si sono fatti sulle guerre difensive, resta evidente al buon senso, che non si lascia irretire da subdoli ragionamenti, che le guerre si fanno per prevalere sull’altro, considerato un nemico, per eliminarlo. Potranno cambiare le motivazioni e le forme, ma la logica intrinsecamente perversa rimane identica.
Qui, invece, si tratta di convertire questi strumenti di guerra in strumenti di lavoro, in mezzi relazionali, perché il lavoro tende a trasformare rispettosamente la terra, quando non soggiace a logiche di violenza: i vomeri e le falci, propri del mondo agricolo, evocano la fatica rispettosa, necessaria perché la terra produca frutti da condividere con altri.
Il riferimento al già e al non ancora è presente anche nella tradizione ebraica che, guardando al futuro, distingue tra i giorni del messia e il mondo che viene.
Nell’attesa del mondo futuro, vissuta nella speranza dei tempi messianici o nella consapevolezza dei tempi messianici già iniziati, rispettivamente ebrei e cristiani sono chiamati a camminare insieme, guidati dalla Parola di Dio, per costruire sentieri di pace: alla scuola delle Scritture e, per i cristiani, della loro interpretazione autorevole fatta da Gesù.
La prima comunità cristiana, con marcata ironia, sottolinea il contrasto tra l’imperatore romano Cesare Augusto, che vuole contare gli abitanti di tutto l’impero per far risaltare il suo dominio universale, e il bambino avvolto in fasce e posto in una mangiatoia perché non c’era luogo più adatto per collocarlo:
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: « Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia ».
(Vangelo Lc 2, Natale del Signore, Messa nel giorno)
Non Cesare Augusto, ma Gesù, figlio di Maria, reca all’umanità la salvezza: essa non è il prodotto di strategie umane, sempre basate sulla violenza e sull’oppressione dei più deboli, ma un dono che viene sulla terra dall’alto dei cieli. Gesù, nella sinagoga di Nàzaret, interpreta, alla luce di un testo che si trova nel rotolo di Isaia, la sua missione nel mondo: essa consiste nel portare ai poveri il lieto annuncio, proclamando la liberazione degli oppressi e l’anno di grazia del Signore:
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
a proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
a rimettere in libertà gli oppressi,
a proclamare l’anno di grazia del Signore.
Allora cominciò a dire loro: « Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato ».
(Vangelo Lc 4, Domenica dopo l’Ottava del Natale del Signore)
Nella venuta di Gesù l’autore della lettera agli Ebrei vede la continuità dell’iniziativa di Dio nei confronti dell’umanità realizzata in un modo che supera ogni attesa umana: Gesùi, infatti, è il Figlio, colui che irradia nelle tenebre del mondo la gloria di Dio stesso:
Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.
Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente.
(Epistola Eb 1, Natale del Signore, Messa nel giorno)
Nelle Scritture la gloria è la rivelazione della presenza dell’invisibile Dio e del suo agire nella storia. Nella vita di Gesù si manifesta e si rende presente il mistero di Dio: il Verbo si è fatto carne e noi abbiamo visto la sua gloria. Perciò, a conclusione dell’inno che costituisce il prologo del suo vangelo, Giovanni presenta Gesù, il Verbo fatto carne, come colui che con tutta la sua vita e, soprattutto, con la sua Pasqua, narra il mistero di Dio stesso. Nella carne di Gesù, ossia nella sua umanità, nei suoi gesti [segni] e nelle sue parole, si è manifestata la gloria di Dio e la pienezza di vita [vita eterna] che Lui solo può donare.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità….
(Vangelo Gv 1, Natale del Signore, Messa nella notte e Domenica nell’Ottava del Natale)
La celebrazione dell’Epifania è l’approdo del cammino iniziato con l’Avvento. Alla luce dell’orizzonte universale, oltre che escatologico, degli annunci isaiani, che leggono la difficile ricostruzione di Gerusalemme, dopo il tempo dell’esilio, come l’aurora che lascia presagire un futuro inondato dallo splendore della gloria di Dio e capace di attrarre la moltitudine dispersa dei suoi figli e delle sue figlie, la prima comunità cristiana di origine giudaica, che ormai si è aperta alle genti, interpreta la figura di Gesù e i tempi messianici con lui iniziati:
Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta avvolge i popoli;
ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te.
Cammineranno le genti alla tua luce,
i re allo splendore del tuo sorgere.
(Lettura Is 60, Epifania del Signore)
Attraverso alcuni racconti, densi di allusioni bibliche, in particolare la venuta dei magi da oriente e il battesimo nel fiume Giordano, Gesù è presentato come colui che, attraverso i cieli squarciati, manifesta il mistero ineffabilmente luminoso di Dio in modo unico e sorprendente, come colui che riunisce i lontani e i vicini in un solo uomo nuovo:
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: « Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento ».
(Vangelo Mc 1, Battesimo del Signore-Anno B)
Egli infatti è la nostra pace…
Così egli ha abolito la Legge….
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo…
Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani,
e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.
(Epistola Ef 2, Battesimo del Signore)
La figura di Maria, icona di ogni discepolo di Gesù, ci conduce a contemplare l’evento dell’Incarnazione alla luce delle Scritture:
Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: « Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere ». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
(Vangelo Lc 2, Natale del Signore, Messa all’aurora e Ottava del Natale, Circoncisione del Signore)
Maria custodisce la memoria degli eventi vissuti e li interpreta alla luce delle Scritture per scoprire in essi la trama del disegno di Dio. Nelle Scritture, infatti, è attestata la memoria della fedeltà affidabile di Dio che si concede solo a chi decide di affidarsi a Lui con la decisione, mai scontata e perciò sempre in ricerca, della fede.
A tutti coloro che, alla luce dall’evento dell’Incarnazione, accolgono l’invito a precorrere questo cammino condotti dalle Scritture, sono rivolte le parole di benedizione che i sacerdoti di Israele proclamavano sulla comunità riunita in preghiera e che noi possiamo condividere, in quanto chiamati a partecipare all’eredità di Israele in Gesù, splendore del volto di Dio che brilla sull’umanità:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace.
(Lettura Nm 6, Ottava del Natale, Circoncisione del Signore)