Archive pour la catégorie 'NATALE (QUALCOSA SUL)'

S.Leone Magno: PRIMO DISCORSO TENUTO NEL NATALE DEL SIGNORE

dal sito:

http://www.monasterovirtuale.it/home/la-patristica/s.-leone-magno-omelie-sul-santo-natale.html

S.Leone Magno

PRIMO DISCORSO TENUTO NEL NATALE DEL SIGNORE

I – Gioia universale per la immacolata nascita del Signore
Oggi, dilettissimi, è nato il nostro Salvatore: rallegriamoci! Non è bene che vi sia tristezza nel giorno in cui si nasce alla vita, che, avendo distrutto il timore della morte, ci presenta la gioiosa promessa dell’eternità. Nessuno è escluso dal prendere parte a questa gioia, perché il motivo del gaudio è unico e a tutti comune: il nostro Signore, distruttore del peccato e della morte, è venuto per liberare tutti, senza eccezione, non avendo trovato alcuno libero dal peccato.
Esulti il santo, perché si avvicina al premio. Gioisca il peccatore, perché è invitato al perdono. Si rianimi il pagano, perché è chiamato alla vita. Il Figlio di Dio, nella pienezza dei tempi che il disegno divino, profondo e imperscrutabile, aveva prefisso, ha assunto la natura del genere umano per riconciliarla al suo Creatore, affinché il diavolo, autore della morte, fosse sconfitto, mediante la morte con cui prima aveva vinto. In questo duello, combattuto per noi, principio supremo fu la giustizia nella più alta espressione. Il Signore onnipotente, infatti, non nella maestà che gli appartiene, ma nella umiltà nostra ha lottato contro il crudele nemico. Egli ha opposto al nemico la nostra stessa condizione, la nostra stessa natura, che in lui era bensì partecipe della nostra mortalità, ma esente da qualsiasi peccato.
E’ estraneo da questa nascita quel che vale per tutti gli altri: «Nessuno è mondo da colpa, neppure il fanciullo che ha un sol giorno di vita». Nulla della concupiscenza della carne è stato trasmesso in questa singolare nascita; niente è derivato ad essa dalla legge del peccato. E’ scelta una vergine regale, appartenente alla famiglia di David, che, destinata a portare in seno tale santa prole, concepisce il figlio, Uomo-Dio, prima con la mente che col corpo. E perché, ignara del consiglio superno, non si spaventi per una inaspettata gravidanza, apprende dal colloquio con l’angelo quel che lo Spirito Santo deve operare in lei. Ella non crede che sia offesa al pudore il diventare quanto prima genitrice di Dio. Colei a cui è promessa la fecondità per opera dell’Altissimo, come potrebbe dubitare del nuovo modo di concepire? La sua fede, già perfetta, è rafforzata con l’attestazione di un precedente miracolo: una insperata fecondità è data a Elisabetta, perché non si dubiti che darà figliolanza alla Vergine chi già ha concesso alla sterile di poter concepire.

II – La mirabile economia del mistero del Natale
Dunque il Verbo di Dio, Dio egli stesso e Figlio di Dio, che «era in principio presso Dio, per mezzo del quale tutto è stato fatto e senza del quale neppure una delle cose create è stata fatta», per liberare l’uomo dalla morte eterna si è fatto uomo. Egli si è abbassato ad assumere la nostra umile condizione senza diminuire la sua maestà. E’ rimasto quel che era e ha preso ciò che non era, unendo la reale natura di servo a quella natura per la quale è uguale al Padre. Ha congiunto ambedue le nature in modo tate che la glorificazione non ha assorbito la natura inferiore, né l’assunzione ha sminuito la natura superiore. Perciò le proprietà dell’una e dell’altra natura sono rimaste integre, benché convergano in una unica persona. In questa maniera l’umiltà viene accolta dalla maestà, la debolezza dalla potenza, la mortalità dalla eternità. Per pagare il debito, proprio della nostra condizione, la natura inviolabile si è unita alla natura che è soggetta ai patimenti, il vero Dio si è congiunto in modo armonioso al vero uomo. Or questo era necessario alle nostre infermità, perché avvenisse che l’unico e identico Mediatore di Dio e degli uomini da una parte potesse morire e dall’altra potesse risorgere. Pertanto si deve affermare che a ragione il parto del Salvatore non corruppe in alcun modo la verginale integrità; anzi il dare alla luce la Verità fu la salvaguardia del suo pudore. Tale natività, dilettissimi, si addiceva a Cristo, «virtù di Dio e sapienza di Dio»; con essa egli è uguale a noi quanto all’umanità, è superiore a noi quanto alla divinità. Se non fosse vero Dio non porterebbe la salvezza, se non fosse vero uomo non ci sarebbe di esempio. Perciò dagli angeli esultanti si canta nella nascita del Signore: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli» e viene annunciata «la pace in terra agli uomini di buona volontà» . Essi, infatti, comprendono che la celeste Gerusalemme sta per essere formata da tutte le genti del mondo. Or quanto gli umili uomini devono rallegrarsi per quest’opera ineffabile della divina misericordia, se gli angeli eccelsi tanto ne godono?

III – La vita della nuova creatura
Pertanto, dilettissimi, rendiamo grazie a Dio Padre mediante il suo Figlio nello Spirito Santo, poiché la sua grande misericordia, con cui ci ha amato, ha avuto di noi pietà. «Quando ancora noi eravamo morti a causa dei nostri peccati, ci ha vivificati con Cristo» per essere in lui una nuova creatura e una nuova opera. Dunque spogliamoci del vecchio uomo e dei suoi atti . Ora che abbiamo ottenuto la partecipazione alla generazione di Cristo, rinunciamo alle opere della carne. Riconosci, o cristiano, la tua dignità, e, reso consorte della natura divina, non voler tornare con una vita indegna all’antica bassezza. Ricorda di quale capo e di quale corpo sei membro. Ripensa che, liberato dalla potestà delle tenebre, sei stato trasportato nella luce e nel regno di Dio. Per il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito santo: non scacciare da te con azioni cattive un sì nobile ospite e non ti sottomettere di nuovo alla schiavitù del diavolo, perché ti giudicherà secondo verità chi ti ha redento nella misericordia, egli che vive e regna col Padre e lo Spirito santo nei secoli dei secoli. Amen.

IL NATALE di ALESSANDRO MANZONI

IL NATALE

ALESSANDRO MANZONI
 
Qual masso che dal vertice
di lunga erta montana,
abbandonato all’impeto
di rumorosa frana,
per lo scheggiato calle
precipitando a valle,
barre sul fondo e sta;

là dove cadde, immobile
giace in sua lenta mole;
né, per mutar di secoli,
fia che riveda il sole
della sua cima antica,
se una virtude amica
in alto nol trarrà:

tal si giaceva il misero
figliol del fallo primo,
dal dì che un’ineffabile
ira promessa all’imo
d’ogni malor gravollo,
donde il superbo collo
più non potea levar.

Qual mai tra i nati all’odio,
quale era mai persona
che al Santo inaccessibile
potesse dir: perdona?
far novo patto eterno?
al vincitore inferno
la preda sua strappar?

Ecco ci è nato un Pargolo,
ci fu largito un Figlio:
le avverse forze tremano
al mover del suo ciglio:
all’ uom la mano Ei porge,
che sì ravviva, e sorge
oltre l’antico onor.

Dalle magioni eteree
sgorga una fonte, e scende,
e nel borron de’ triboli
vivida si distende:
stillano mele i tronchi
dove copriano i bronchi,
ivi germoglia il fior.

O Figlio, o Tu cui genera
l’Eterno, eterno seco;
qual ti può dir de’ secoli:
Tu cominciasti meco?
Tu sei: del vasto empiro
non ti comprende il giro:
la tua parola il fe’.

E Tu degnasti assumere
questa creata argilla?
qual merto suo, qual grazia
a tanto onor sortilla
se in suo consiglio ascoso
vince il perdon, pietoso
immensamente Egli è.

Oggi Egli è nato: ad Efrata,
vaticinato ostello,
ascese un’alma Vergine,
la gloria d’lsraello,
grave di tal portato
da cui promise è nato,
donde era atteso usci.

La mira Madre in poveri
panni il Figliol compose,
e nell’umil presepio
soavemente il pose;
e l’adorò: beata!
innazi al Dio prostrata,
che il puro sen le aprì.

L’Angel del cielo, agli uomini
nunzio di tanta sorte,
non de’ potenti volgesi
alle vegliate porte;
ma tra i pastor devoti,
al duro mondo ignoti,
subito in luce appar.

E intorno a lui per l’ampia
notte calati a stuolo,
mille celesti strinsero
il fiammeggiante volo;
e accesi in dolce zelo,
come si canta in cielo
A Dio gloria cantar.

L’allegro inno seguirono,
tornando al firmamento:
tra le varcare nuvole
allontanossi, e lento
il suon sacrato ascese,
fin che più nulla intese
la compagnia fedel.

Senza indugiar, cercarono
l’albergo poveretto
que’ fortunati, e videro,
siccome a lor fu detto
videro in panni avvolto,
in un presepe accolto,
vagire il Re del Ciel.

Dormi, o Fanciul; non piangere;
dormi, o Fanciul celeste:
sovra il tuo capo stridere
non osin le tempeste,
use sull’empia terra,
come cavalli in guerra,
correr davanti a Te.

Dormi, o Celeste: i popoli
chi nato sia non sanno;
ma il dì verrà che nobile
retaggio tuo saranno;
che in quell’umil riposo,
che nella polve ascoso,
conosceranno il Re.

(Racconto di Natale di Alessandro Manzoni)

Publié dans:LETTERATURA, NATALE (QUALCOSA SUL) |on 19 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

SANT’AGOSTINO: DISCORSO 185 NATALE DEL SIGNORE

dal sito:

http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/index2.htm

SANT’AGOSTINO

DISCORSO 185 NATALE DEL SIGNORE

La verità è sorta dalla terra.
1. Chiamiamo Natale del Signore il giorno in cui la Sapienza di Dio si manifestò in un bambino e il Verbo di Dio, che si esprime senza parole, emise vagiti umani. La divinità nascosta in quel bambino fu tuttavia indicata ai Magi per mezzo di una stella e fu annunziata ai pastori dalla voce degli angeli. Con questa festa che ricorre ogni anno celebriamo dunque il giorno in cui si adempì la profezia: La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo 1. La Verità che è nel seno del Padre è sorta dalla terra perché fosse anche nel seno di una madre. La Verità che regge il mondo intero è sorta dalla terra perché fosse sorretta da mani di donna. La Verità che alimenta incorruttibilmente la beatitudine degli angeli è sorta dalla terra perché venisse allattata da un seno di donna. La Verità che il cielo non è sufficiente a contenere è sorta dalla terra per essere adagiata in una mangiatoia. Con vantaggio di chi un Dio tanto sublime si è fatto tanto umile? Certamente con nessun vantaggio per sé, ma con grande vantaggio per noi, se crediamo. Ridestati, uomo: per te Dio si è fatto uomo. Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà 2. Per te, ripeto, Dio si è fatto uomo. Saresti morto per sempre se lui non fosse nato nel tempo. Mai saresti stato liberato dalla carne del peccato, se lui non avesse assunto una carne simile a quella del peccato 3. Ti saresti trovato per sempre in uno stato di miseria se lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere se lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno se lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti perduto se lui non fosse arrivato.
La giustizia si è affacciata dal cielo.
2. Celebriamo con gioia l’arrivo della nostra salvezza e della nostra redenzione. Celebriamo solennemente il giorno in cui il grande ed eterno Giorno venne dal grande ed eterno Giorno in questo nostro tanto breve e temporaneo giorno. Qui egli è diventato per noi giustizia, santificazione e redenzione perché, come sta scritto: Chi si vanta, si vanti nel Signore 4. Per non farci diventare superbi come i Giudei, i quali non volendo riconoscere la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio 5, dopo aver detto: La verità è sorta dalla terra, il Salmo aggiunge subito: E la giustizia si è affacciata dal cielo 6. Questo affinché l’uomo debole non se la rivendichi e non dica sue queste cose e, credendo che può giustificarsi da solo, cioè diventare giusto per merito proprio, non rifiuti la giustizia di Dio. La verità perciò è sorta dalla terra: Cristo, il quale ha detto: Io sono la verità 7, è nato da una vergine. E la giustizia si è affacciata dal cielo: chi crede in colui che è nato non si giustifica da se stesso, ma viene giustificato da Dio. La verità è sorta dalla terra: perché il Verbo si è fatto carne 8. E la giustizia si è affacciata dal cielo: perché ogni grazia eccellente e ogni dono perfetto discendono dall’alto 9. La verità è sorta dalla terra, cioè ha preso un corpo da Maria. E la giustizia si è affacciata dal cielo: perché l’uomo non può ricevere cosa alcuna, se non gli viene data dal cielo 10.
Tutto è dono.
3. Così, dunque, giustificati per virtù della fede, noi abbiamo pace con Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo, per il quale abbiamo ottenuto l’accesso a questa grazia in cui siamo e ci gloriamo, nella speranza della gloria di Dio 11. Mi piace, fratelli, confrontare queste poche parole dell’Apostolo, che insieme abbiamo richiamato alla memoria, con le poche parole del Salmo di cui stavamo parlando, e trovarne la concordanza. Giustificati per virtù della fede, noi abbiamo pace in Dio, perché la giustizia e la pace si sono baciate 12 Per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo: perché la verità è sorta dalla terra. Per il quale abbiamo ottenuto l’accesso a questa grazia in cui siamo e ci gloriamo, nella speranza della gloria di Dio. Non dice: « Della gloria nostra », ma: Della gloria di Dio, perché la giustizia non è derivata da noi, ma si è affacciata dal cielo. Perciò chi si vanta si vanti non in se stesso ma nel Signore. Per questo, quando il Signore, del quale oggi celebriamo il Natale, è nato dalla Vergine, le voci angeliche annunziarono: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà 13. Perché pace in terra se non perché la verità è sorta dalla terra, cioè Cristo è nato da un essere umano? Ed egli è la nostra pace, colui che ha unito i due in un popolo solo 14: affinché diventassimo uomini pieni di buona volontà, dolcemente legati con il vincolo dell’unità. Rallegriamoci per questa grazia, perché il nostro vanto sia la testimonianza della nostra buona coscienza 15: vantiamoci non di noi, ma del Signore. Perciò è stato detto: Tu sei il mio vanto, che rialzi la mia fronte 16. Quale dono maggiore di questo poté Dio far risplendere ai nostri occhi: che il Figlio unigenito che aveva l’ha fatto diventare figlio dell’uomo affinché viceversa il figlio dell’uomo potesse diventare figlio di Dio? Di chi il merito? Quale il motivo? Di chi la giustizia? Rifletti e non troverai altro che dono.

Sant’Agostino – Discorso 184 : Natale del Signore

dal sito:

http://www.augustinus.it/italiano/discorsi/index2.htm

SANT’AGOSTINO

DISCORSO 184

NATALE DEL SIGNORE

Il mistero dell’incarnazione rimane nascosto ai superbi.
1. 1. È spuntato per noi un giorno di festa, una ricorrenza annuale; oggi è il Natale del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo: la Verità è sorta dalla terra 1, il giorno da giorno è nato nel nostro giorno. Esultiamo e rallegriamoci! 2 Quanto beneficio ci abbia apportato l’umiltà di un Dio tanto sublime lo comprendono bene i fedeli cristiani, mentre non lo possono capire i cuori empi, perché Dio ha nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli 3. Si aggrappino perciò gli umili all’umiltà di Dio, perché con questo aiuto tanto valido riescano a raggiungere le altezze di Dio; nella stessa maniera in cui, quando non ce la fanno da soli, si fanno aiutare dal loro giumento. I sapienti e gli intelligenti invece, mentre si sforzano di indagare sulla grandezza di Dio, non credono alle cose umili; e così trascurando queste non arrivano neanche a quella. Vuoti e frivoli, gonfi d’orgoglio, sono come sospesi tra cielo e terra in mezzo al turbinio del vento. Sono sì sapienti e intelligenti, ma secondo questo mondo, non secondo colui che ha creato il mondo. Se possedessero la vera sapienza, quella che è da Dio, anzi che è Dio stesso, comprenderebbero che Dio poteva assumere un corpo, senza per questo doversi mutare in corpo. Comprenderebbero che Dio ha assunto ciò che non era, pur rimanendo ciò che era; che è venuto a noi nella natura di uomo, senza essersi per nulla allontanato dal Padre; che è rimasto ciò che è da sempre e si è presentato a noi nella nostra propria natura; che ha nascosto la sua potenza in un corpo di bambino senza sottrarla al governo dell’universo. E come di lui che rimane presso il Padre ha bisogno l’universo, così di lui che viene a noi ha bisogno il parto di una Vergine. La Vergine Madre fu infatti la prova della sua onnipotenza: vergine prima del concepimento, vergine dopo il parto; trovata gravida senza essere resa tale da un uomo; incinta di un bambino senza l’intervento di un uomo: tanto più beata e più singolare per aver avuto in dono la fecondità senza perdere l’integrità. Quei sapienti preferiscono ritenere inventato un prodigio così grande anziché crederlo realmente avvenuto. Così nei riguardi di Cristo, uomo e Dio, non potendo credere alla natura umana, la disprezzano; non potendo disprezzare quella divina, non la credono. Ma quanto più essi lo disprezzano, tanto più noi accettiamo il corpo dell’uomo nell’umiltà del Dio; e quanto più essi lo ritengono impossibile, tanto più per noi è opera divina il parto verginale nella nascita del bambino.
Il Natale è gioia per tutti.
2. 2. Celebriamo pertanto il Natale del Signore con una numerosa partecipazione e un’adeguata solennità. Esultino gli uomini, esultino le donne: Cristo è nato uomo, è nato da una donna; ambedue i sessi sono stati da lui onorati. Si trasformi nel secondo uomo chi nel primo era stato precedentemente condannato 4. Una donna ci aveva indotti alla morte; una donna ci ha generato la vita. È nata una carne simile a quella del peccato 5, perché per suo mezzo venisse mondata la carne del peccato. Non venga condannata la carne ma, affinché la natura viva, muoia la colpa. È nato Cristo senza colpa perché in lui possa rinascere chi era nella colpa. Esultate, giovani consacrati, che avete scelto di seguire Cristo in modo particolare e non avete cercato le nozze. Non tramite le nozze è venuto a voi colui che avete trovato per seguirlo 6: e vi ha donato di non curarvi delle nozze, per mezzo delle quali siete venuti al mondo. Voi infatti siete venuti al mondo attraverso nozze carnali; mentre Cristo senza queste è venuto alle nozze spirituali: e vi ha donato di disprezzare le nozze, proprio perché vi ha chiamato ad altre nozze. Non avete cercato le nozze da cui siete nati, perché avete amato più degli altri colui che non è nato alla stessa maniera che voi. Esultate, vergini consacrate: la Vergine vi ha partorito colui che potete sposare senza perdere l’integrità. Non potete perdere il bene che amate né quando lo concepite né quando partorite. Esultate, giusti: è il Natale di colui che giustifica. Esultate, deboli e malati: è il Natale del Salvatore. Esultate, prigionieri: è il Natale del Redentore. Esultate, schiavi: è il Natale del Signore. Esultate, liberi: è il Natale del Liberatore. Esultate, voi tutti cristiani: è il Natale di Cristo.
Le due nascite di Cristo.
2. 3. Cristo, che nato dal Padre è l’autore di tutti i tempi, nato da una madre ci dà la possibilità di celebrare questo giorno nel tempo. Nella prima nascita non ebbe bisogno di avere una madre, in questa nascita non cercò nessun padre. Però Cristo è nato e da un Padre e da una madre; e senza un padre e senza una madre; da un Padre come Dio, da una madre come uomo; senza madre come Dio, senza padre come uomo. Chi potrà narrare la sua generazione? 7: sia la prima generazione che fu fuori del tempo, sia la seconda, senza intervento d’uomo? la prima che fu senza inizio, la seconda, senza modello? la prima che fu sempre, la seconda che non ebbe né un precedente né un susseguente? la prima che non ha fine, la seconda che inizia dove termina?.
3. 3. Giustamente perciò i Profeti hanno preannunciato la sua futura nascita, mentre i cieli e gli angeli lo hanno annunciato già nato. Colui che sostiene il mondo intero giaceva in una mangiatoia: era un bambino ed era il Verbo. Il grembo di una sola donna portava colui che i cieli non possono contenere. Maria sorreggeva il nostro re, portava colui nel quale siamo 8, allattava colui che è il nostro pane 9. O grande debolezza e mirabile umiltà, nella quale si nascose totalmente la divinità! Sorreggeva con la sua potenza la madre dalla quale dipendeva in quanto bambino, nutriva di verità colei dal cui seno succhiava. Ci riempia dei suoi doni colui che non disdegnò nemmeno di iniziare la vita umana come noi; ci faccia diventare figli di Dio colui che per noi volle diventare figlio dell’uomo.

L’INCARNAZIONE IN SAN PAOLO

dal sito:

http://host-lime.com/do/content_dett.asp?id=376&mnu=7&val=7
 
 L’INCARNAZIONE IN SAN PAOLO

“ Nato dalla stirpe di Davide secondo la carne ” ( Rom 1,3)
“Nato da donna, nato sotto la legge” ( Gal 4,4)

  Nel 1960 un piccolo libricino fece molto scalpore nel campo degli studi biblici. Il grande esegeta tedesco Joachim Jeremias affrontò da par suo Il problema del Gesù storico (questo è il titolo del libretto, tradotto e stampato in Italia nel 1964 a cura della Paideia di Brescia). Non è qui il momento per addentrarci in questo tema; a noi interessa riportare una delle sue affermazioni più perentorie e conosciute: “Non possiamo eliminare lo ‘scandalo’ dell’incarnazione” . E poco prima: “L’origine del cristianesimo non è il cherigma, non sono le esperienze pasquali dei discepoli, non è un’ idea del Cristo; l’origine del cristianesimo è un avvenimento storico, e precisamente la comparsa dell’uomo Gesù di Nazareth, il quale fu crocifisso da Ponzio Pilato, e il suo messaggio”. Sembra di leggere le catechesi recenti di Benedetto XVI; basta leggere le catechesi dedicate all’Apostolo Paolo e alle battute iniziali della prima Lettera Enciclica ( Deus caritas est ).
Anche Giovanni Paolo II , nel libro-intervista Varcare la soglia della speranza , ha trattato questo tema: “Poteva Dio andare oltre nella Sua condiscendenza, nel Suo avvicinamento all’uomo e alle di lui possibilità conoscitive? In verità sembra che sia andato lontano quanto era possibile. Oltre non sarebbe potuto andare. In un certo senso Dio è andato troppo lontano! Cristo non divenne forse «scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani» (1 Cor 1,23)? Proprio perché chiamava Dio Suo Padre, perché Lo rivelava così apertamente in Se stesso, non poteva non suscitare l’impressione che fosse troppo… L’uomo ormai non era più in grado di sopportare tale vicinanza, e cominciarono le proteste. Questa grande protesta ha nomi precisi: prima si chiama Sinagoga , e poi Islam. Entrambi non possono accettare un Dio così umano. «Ciò non si addice a Dio» protestano. «Egli deve rimanere assolutamente trascendente, deve rimanere pura Maestà». Certo, Maestà piena di misericordia, ma non fino al punto di pagare le colpe della Propria creatura, i suoi peccati” [1] .
Il giovane Saulo arrivò a Gerusalemme per completare i suoi studi, alla scuola di Gamaliele I, probabilmente nel 15 d.C. Alcuni si chiedono se Saulo a Gerusalemme ha incontrato Gesù; la questione non ha molta importanza. Scrive acutamente Murphy O’ Connor : “E anche nel caso in cui avesse di fatto sentito parlare di Gesù, perché avrebbe dovuto perdere tempo a cercare e ascoltare qualcuno che andava scartato per tre buone ragioni? Gesù veniva dalla Galilea, non aveva i titoli per insegnare e, a quanto pare, credeva di essere il Messia” [2] . Saulo – continua Murphy O’ Connor – “cominciò a pensare seriamente a Gesù quando si scontrò con il cristianesimo” [3] . Saulo intuì che ciò che predicavano i cristiani – la salvezza non dipendeva più dall’osservanza della Legge, ma dalla fede in Gesù – era una pretesa assurda, inconcepibile, scandalosa, e per questo andava combattuta. Può Dio – il “Totalmente Altro” – “sporcarsi le mani” con la nostra umanità? Peggio ancora: può la salvezza venire da un “maledetto” che è stato crocifisso? Questo era veramente troppo! Pertanto “va da sé che Paolo il fariseo non credeva a una sola parola di quello che aveva sentito raccontare su Gesù. La sua risurrezione non poteva essere stata altro che un trucco, perché Dio non avrebbe mai ricompensato qualcuno che si poneva al di sopra della legge, come aveva fatto Gesù” [4] .
Poi è successo quello che sappiamo… Benedetto XIV, in una sua catechesi per l’Anno paolino, ha scritto: “San Paolo è stato trasformato non da un pensiero ma da un evento, dalla presenza irresistibile del Risorto… Solo l’avvenimento, l’incontro forte con Cristo, è la chiave per capire che cosa era successo” [5] . Incontro folgorante col Risorto e incontro con la Chiesa : deve farsi battezzare e vivere in comunione con gli apostoli. Così potrà scrivere ai Corinti: “Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici ( 1 Cor 15,3-5).
A Saulo – ormai diventato Paolo – interessa soprattutto l’annuncio che Gesù è il Cristo (l’ Unto, il Messia), Gesù è il Signore. Questo è l’asse portante delle sue lettere. I dati, per così dire biografici relativi a Gesù, sono ridotti all’osso. Tra l’altro, i versetti di Romani e Galati sono generici:
Rom 1,3 : “ Nato dalla stirpe di Davide secondo la carne ”.
Gal 4,4-5 : “ Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli .
Più circostanziati, invece, quelli della 1 Timoteo (accenno a Pilato) e 1 Corinti (accenno al tradimento):
1 Cor 11,23 : “ Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito prese del pane …”.
1 Tim 6,13 : “… e di Gesù Cristo che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato .
Il testo che si avvicina al celebre “ Et Verbum caro factum est ” di Giovanni 1,14 si trova nell’ inno stupendo della lettera ai Filippesi 2,6-11 . Questo pregevolissimo riassunto di cristologia – che probabilmente è di origine e uso liturgico anteriore alla lettera ai Filippesi – è collocato in un contesto di tenerezza. Ringraziando i fedeli per averlo soccorso con le loro offerte, Paolo li ricambia con auguri e raccomandazioni per la loro vita cristiana e la loro felicità. L’inno esalta il mistero di Gesù, Dio-Uomo. Le diverse tappe del mistero di Cristo storico, Dio e uomo nell’unità della sua persona – che Paolo non divide mai, sebbene ne distingua i diversi stadi di esistenza – sono celebrate in strofe distinte: la preesistenza divina (v. 6); l’abbassamento dell’incarnazione (v. 7); l’ abbassamento ulteriore della morte (v. 8); la glorificazione (v. 9); l’adorazione dell’universo (v. 10); il titolo nuovo (v. 11): Gesù Cristo è il Signore : è la professione di fede essenziale del cristianesimo! [6] . Ecco il testo:

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,
il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
Per questo Dio l’ha esaltato
e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

In Fil 2,7 Paolo usa il verbo evke,nwsen ( ekénosen – il verbo kenóo ricorre solo 5 volte nel NT e solo nelle lettere paoline: Rm 4,14; 1 Cor 1,17; 9,15; 2 Cor 9,3; Fil 2,7); la Bibbia di Gerusalemme traduce in Fil 2,7 con « spogliò »; il significato è quello di svuotare , annientare. Gesù doveva diventare uno di noi per andare fino in fondo in questa follia dell’abbassamento. “Per riprendere la società umana in decomposizione, così come per una casa che crolla, bisogna scendere fino alle fondamenta, proprio in basso e solo dopo si potrà ricostruire a poco a poco l’edificio. Gesù è venuto a portare un nuovo ordine di comunione, alla luce e a immagine di Dio. Le società umane sono costruite su una gerarchia che scarta e disprezza chi è più in basso, i deboli e gli emarginati. Ecco perché Gesù si rivolge per primo a loro” [7] . È proprio questo scendere così in basso che è il vero «scandalo dell’incarnazione». Ma questa è la logica di Dio!

Note:

[1] GIOVANNI PAOLO II (con Vittorio Messori), Varcare la soglia della speranza , Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1994, p. 43.
[2] J . MURPHY O’ CONNOR, Paolo. Un uomo inquieto, un apostolo insuperabile , Paoline, Cinisello Balsamo (MI) 2007, p. 30.
[3] Ibidem , p. 31.
[4] Ibidem , p. 39.
[5] Cit. nella rivista Paulus , Anno I – n. 4 Ottobre 2008, p. 1.
[6] Vedi anche Rm 10,9; 1 Cor 12,3; Col 2,6.
[7] J. VANIER, Lettera della tenerezza di Dio , Edizioni Dehoniane, Bologna 1995, p. 20. 
 

NATALE 1976 – OMELIA DI PAOLO VI

dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/homilies/1976/documents/hf_p-vi_hom_19761225_it.html

SOLENNITÀ DEL SANTO NATALE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO

OMELIA DI PAOLO VI

Sabato, 25 dicembre 1976

Fratelli e Figli, accorsi a questa convocazione notturna!

Voi sapete perché!

È la ricorrente memoria d’un fatto estremamente umile e immerso in un povero paese lontano (ma era un paese predestinato), e inseriti in una ignota vicenda del tempo (ma era anch’esso un tempo profeticamente calcolato); d’un fatto si direbbe insignificante quale la nascita d’un Bambino in condizioni poverissime, prive d’ogni importanza esteriore e d’ogni interesse ambientale (ma era l’arrivo nel mondo, nel genere umano, del Verbo di Dio, del Figlio consustanziale del Padre Creatore e Signore dell’universo, che rimanendo qual era, si faceva Figlio di Maria; Figlio così di Dio e Figlio dell’uomo).
È questo fatto ambivalente umile e immenso, umano e divino, che nell’unica Persona del Verbo unisce due nature, di cui una, l’umana, sì, rispecchia costituzionalmente (Cfr. Gen. 1, 26-27) una meravigliosa, ma certo sempre remota immagine dell’altra, la divina, l’eterna, l’infinita; immagine ineffabile dell’invisibile Iddio (Cfr. Col. 1, 15; 2 Cor. 4, 4) e pone nell’abissale mistero della divinità questa simbiosi ch’è Cristo Gesù; «natus est Christus; . . . de Padre, Deus; de Matre, homo» (S. AUGUSTINI Sermo 184: PL 38, 997). Essa lo pone nell’umanità e nella storia, centro in cui si ricollegano tutte le cose celesti e terrestri (Cfr. Eph. 1, 10), ed a cui ogni singolo essere umano può avere accesso e salvezza (Cfr. Luc. 3, 6); è questo il fatto, il mistero che noi ora ricordiamo e celebriamo.

«Lux in tenebris lucet», la luce splende nelle tenebre (Io. 1, 5).

Non ci fermeremo a considerare questo aspetto del mistero del Natale, cioè il modo scelto da Dio per rivelarsi nel suo Messia; quasi volesse nascondersi nell’atto stesso in cui si manifestava personalmente e umanamente agli uomini, che pur lo attendevano. È un aspetto che lascia intravvedere molte altre divine intenzioni, degne d’essere in altro momento esplorate e meditate. Voleva il Signore che noi, anche davanti alla sua suprema rivelazione temporale, non fossimo esonerati dal dovere di ricercarlo? voleva Egli che la nostra ricerca ci obbligasse a curvarci sui sentieri dell’umiltà, per correggere l’ostacolo principale che ci impedisce un autentico incontro col Cristo rivelatore, non altrimenti possibile che nella mortificazione del nostro fallo capitale, l’orgoglio? o voleva che non per altro interesse egoista lo avessimo a cercare, ma per quello del puro amore?
Come si debba infatti cercare la divina rivelazione ce lo ricordano le memorabili parole di S. Agostino «amore petitur, amore quaeritur, amore pulsatur, amore revelatur . . .»: «con l’amore si domanda, con l’amore si cerca, con l’amore si bussa, con l’amore si rivela» (S. AUGUSTINI De moribus Ecclesiae Catholicae, 1, c. XVII: PL 32, 1321).
Ma ci fermeremo sul fatto stesso, sul mistero del Natale. Ancora ascoltiamo S. Agostino, che anticipa sui Concilii posteriori la formula conclusiva: «Homo verus Deus verus, Deus et homo totus Christus, Hoc est catholica fides» (IDEM Sermo 92, 3: PL 38, 573). Ci fermeremo con quell’adesione della nostra fede, che celebrando con la Messa di questa notte i santi misteri noi stiamo a Lui tributando. Sì, noi confermiamo con questo rito natalizio la nostra piena, ferma, cordiale adesione a Cristo Gesù. Noi crediamo in Lui! Egli solo è il Salvatore nostro e del mondo (Cfr. Act. 4, 12).
Lasciamo che questo atto religioso e cosciente confermi e rinnovi la nostra accettazione di quella fede in Gesù Cristo, che abbiamo ereditato dalle generazioni cristiane a noi precedenti, e che il magistero della Chiesa sigilla in formule limpide e indiscutibili, e insieme feconda di perenne vitalità di effusione spirituale, di operosità evangelica, di predicazione missionaria, di cattolicismo sociale. E lasciamo che la fede stessa della Madonna, la Madre di Gesù, Colei che fu predicata «beata . . . per aver creduto nell’adempimento di ciò che le era stato detto da parte del Signore» (Luc. 1, 45) «con fede non inquinata da alcun dubbio», come insegna il Concilio (Lumen Gentium, 62), penetri nelle nostre anime, e conforti la nostra schietta conversazione col mondo presente, vacillante d’insanabili dubbi. Lasciamo che la nostra certezza nel mistero cristiano ci abiliti al duplice atteggiamento reclamato da chi si professa cristiano, quello della logica di pensiero e di azione, coerente e sapiente, proprio di chi appunto cristiano si qualifica, e quello della leale capacità comprensiva comunicativa d’ogni giusto ed amichevole rapporto sociale.
E procuriamo infine d’onorare la grande festa del Natale con l’espressione nel cuore e nel culto dei sentimenti che scaturiscono dalla sua realtà religiosa; della nostra meraviglia dapprima, che per quanto essa cerchi di ammirare il prodigio dell’Incarnazione, del Verbo di Dio che si fa uomo, non troverà mai una sufficiente misura, per iperbolica ch’essa si faccia, per adeguare l’espressione dello stupore e della gioia alla realtà che la suscita. Ancora S. Agostino che esorta: «Svégliati, uomo; per te Dio si è fatto uomo!: «expergiscere, homo: pro te Deus factus est homo!» (S. AUGUSTINI Sermo 185: PL 38, 907). Sentimento questo che accompagnerà poi sempre, anche nelle ore amare della vita e nelle celebrazioni dolorose della liturgia ogni altro sentimento, come una inesauribile riserva di ottimismo contemplativo ed attivo proprio di chi è stato ammesso a pregustare la trascendente fortuna del mistero cristiano (Cfr. Eph. 5, 14). Riascoltiamo S. Paolo per fare delle sue parole stile della nostra vita cristiana, augurio e ricordo della nostra celebrazione di questo Natale: «Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora: rallegratevi!» (Phil. 4, 4; 2, 18; 3, 1). L’Angelo del presepio ha intonato dal cielo il messaggio della nuova letizia, anche per noi: «Non temete! Ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà per tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (Luc. 2, 10-11).                      

Publié dans:NATALE (QUALCOSA SUL), PAPA PAOLO VI |on 15 décembre, 2010 |Pas de commentaires »

Le Profezie Messianiche (in preparazione per la festa della Natività)

dal sito:

http://www.cmri.org/ital-96prog9-3.html

Le Profezie Messianiche

di S.E. Mons. Mark A. Pivarunas,
CMRI (Congregatio Mariae Reginae Immaculatae)

Dicembre 1996

Carissimi beneamati in Cristo,

Mentre ci prepariamo per la festa della Natività del Nostro Divin Salvatore Gesù Cristo, la nostra Santa Madre, la Chiesa Cattolica, ci ispira nella Sacra Liturgia dell’Avvento con passi tratti dal Vecchio Testamento, specialmente dal Profeta Isaia, che predissero la venuta del Messia.
Quando studiamo le profezie del Vecchio Testamento circa il Messia, ci appare la bella armonia tra il Vecchio ed il Nuovo Testamento. Nel Vecchio Testamento, si trovano predette le promesse di Dio, mentre nel Nuovo Testamento si trovano realizzate.
Per prepararci proficuamente per il S. Natale, consideriamo alcune delle profezie del Vecchio Testamento per vedere il loro compimento nel nostro beneamato Salvatore Gesù Cristo.
Centinaia d’anni prima della venuta di Cristo, il Profeta Isaia parlò della concezione e nascita del Messia:
“Ecco, la Vergine concepirà e darà alla luce un figlio: e il Suo Nome sarà Emanuele [Dio con noi]” (Isaia 7:14).
Queste parole di Isaia furono ripetute quasi esattamente dall’Arcangelo Gabriele quando annunciò alla Beata Vergine Maria:
“Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai nel tuo seno e darai alla luce un figlio…” (Luca 1:30-31).
“Non ci può essere errore circa questo Figlio di cui parlò Isaia; il Messia che sarebbe nato era “Iddio Onnipotente, il Padre del secolo venturo, il Principe della Pace” (Isaia 9:6).
Questa profezia una volta di più si armonizza meravigliosamente con le parole dell’Arcangelo Gabriele alla Vergine Maria:
“E gli darai nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato il Figlio dell’Altissimo” (Luca 1:31-32).
La profezia di Isaia si accorda anche con i versetti iniziali del Vangelo di S. Giovanni, in cui l’Evangelista comincia pieno di forza con queste divine verità:
“Al principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio… e il Verbo si fece carne…” (Giovanni 1:1,14).
Da questi passi scritturistici di entrambi il Vecchio ed il Nuovo Testamento troviamo chiaramente manifestate le dottrine della Divinità di Cristo, dell’Incarnazione, e della Divina Maternità della Beata Vergine Maria.
Durante questo tempo liturgico di Avvento, mentre ci prepariamo per la festa del S. Natale, la dottrina dell’Incarnazione dovrebbe essere uno speciale oggetto di considerazione e meditazione. Con Incarnazione intendiamo che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, la Seconda Persona della SS. Trinità, assunse la natura umana — cioé, un corpo e un’anima come noi (come scrisse S. Paolo: “Fu simile a noi in ogni cosa eccetto il peccato” ). Egli è una Persona Divina con due nature — la divina e l’umana. Perciò Maria, come Madre di Gesù Cristo, ha diritto al titolo di Madre di Dio.
Queste considerazioni dovrebbero aiutarci a meglio apprezzare il significato del Natale, ovvero che Dio ha così amato il mondo, che Dio ci ha così amati, da inviare il Suo Figlio unigenito.
I molti riferimenti e prefigurazioni del Messia che si trovano nel Vecchio Testamento soltanto confermano quanto Dio Padre amò il genere umano e l’abbia provato rinnovando frequentemente la Sua promessa di inviare il Messia. La primissima promessa che Dio fece del Messia fu fatta nel Giardino dell’Eden [rivolgendosi al serpente] dopo che i nostri progenitori ebbero commesso il peccato originale:
“Porrò inimicizia tra te e la Donna, e il tuo seme ed il seme di Lei: essa ti schiaccerà il capo, e tu attenterai al suo calcagno” (Genesi 3:15).
Il Profeta Michea predisse il luogo di nascita del Messia:
“Tu, o Betlemme Efrata, sei piccola tra le migliaia di Giuda: ma da te mi sorgerà Colui che sarà Dominatore in Israele: e il Suo procedere è dall’inizio, dai giorni dell’eternità” (Michea 5:2).
Il Profeta Isaia predisse la venuta dei Magi per adorare il neonato Messia e identificò perfino i doni che essi avrebbero offerto:
“Sorgi, splendi, o Gerusalemme: perchè è giunta la tua luce, e la gloria del Signore è sorta su di te… E le genti cammineranno alla tua luce, e i re allo splendore che sorgerà da te…. Una moltitudine di cammelli ti coprirà, i dromedari di Madian ed Efa. Tutti quelli di Saba verranno, portando oro e incenso e dando lode al Signore” (Isaia 60:1-6).
Questa profezia è anche sostenuta da un passo dei Salmi:
“I re di Tarsis e delle isole offriranno regali: i re dell’Arabia e di Saba porteranno doni” (Salmo 71:10).
Leggiamo nel Profeta Geremia che al tempo della nascita del Messia molti bambini saranno messi a morte, ciò che fu fatto dal massacro dei Santi Innocenti del Re Erode:
“Sulle alture si udì una voce di lamento, di pianto e di lacrime, la voce di Rachele che piange per i suoi figli, che rifiuta d’esser confortata perchè essi non sono più” (Geremia 31:15).
Rachele rappresenta qui il popolo ebreo. Essa morì a Betlemme e fu ivi sepolta (Genesi 35:19).
Dal Profeta Osea impariamo che fu predetta la fuga in Egitto del Messia, e il suo successivo ritorno (Osea 11:11).
Vi furono così tante dettagliate profezie riguardo al Messia che si compirono perfettamente con Gesù Cristo, che sarebbe estremamente difficile elencarle tutte adeguatamente. Nondimeno, le seguenti profezie sono alcune fra le più notevoli.
“Il Messia sarebbe stato un grande operatore di miracoli. Alcuni di questi miracoli erano che “si apriranno gli occhi dei ciechi e le orecchie dei sordi si schiuderanno… lo zoppo salterà come il cervo, e la lingua del muto si scioglierà” (Isaia 35:5-6).
Il Messia doveva entrare a Gerusalemme cavalcando un asino (Zaccaria 9:9). Doveva venir venduto per trenta monete d’argento (Zaccaria 11:12-13). Doveva venir tradito da uno che avrebbe mangiato alla stessa tavola con Lui (Salmo 40:10). I suoi discepoli l’avrebbero abbandonato al momento della sua Passione (Zaccaria 13:7). Sarebbe stato schernito (Salmo 21:7), battuto, gli avrebbero sputato addosso (Isaia 50:6), lo avrebbero flagellato (Salmo 72:14), coronato di spine (Cantico dei Cantici 3:11), e gli avrebbero dato da bere fiele e aceto (Salmo 68:22). Si sarebbero spartiti le sue vesti tirandole a sorte (Salmo 21:19). Le Sue mani e i Suoi piedi sarebbero stati trafitti da chiodi (Salmo 21:17). Avrebbe dovuto morire tra i malfattori (Isaia 53:9). Sarebbe stato paziente come un agnello nelle Sue sofferenze (Isaia 53:7), e avrebbe pregato per i suoi nemici (Isaia 53:12). Sarebbe morto volontariamente e per i nostri peccati (Isaia 53:4-7).
Ed un ricco avrebbe provveduto alla sua sepoltura (Isaia 53:9), e il suo Sepolcro sarebbe stato glorioso (Isaia 11:10). Il suo Corpo non avrebbe subito la corruzione (Salmo 40:10). Doveva ritornare al Cielo (Salmo 67:34), e doveva sedere alla destra di Dio (Salmo 109:1). La sua dottrina si sarebbe diffusa da Gerusalemme e dal Monte Sion per tutto il mondo (Gioele 2:28; Isaia 2:3). In ogni luogo attraverso il mondo sarebbe stata offerta al Suo Nome una “oblazione pura” (la S. Messa) (Malachia 1:11).
Tenuto conto di come meravigliosamente dettagliate siano queste profezie del Messia, è invero terribile considerare la verità delle parole di S. Giovanni:
“In Lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini… Egli era nel mondo e il mondo fu creato per mezzo di Lui, ma il mondo non lo conobbe. Venne a casa sua, e i suoi non lo ricevettero” (Giovanni. 1:4, 10-11).
In quella prima notte di Natale, quando Gesù nacque nella povertà e oscurità di una stalla, i suoi primi adoratori furono solo dei semplici pastori. Quando i Magi vennero dall’oriente e domandarono del “neonato Re dei Giudei,” leggiamo nel Vangelo di S. Matteo che Re Erode e tutti quanti a Gerusalemme furono assai stupiti. Non sapevano neppure che il Messia era nato! I Magi, gentili dell’oriente, cooperarono con la grazia di Dio e vennero a sapere del Messia, mentre la maggior parte degli Israeliti, il Popolo Eletto di Dio, specialmente quelli della città santa di Gerusalemme, non sapevano nulla della sua nascita.
E S. Giovanni continua:
“Ma a quanti lo ricevettero, a coloro che credono nel Suo Nome, diede il potere di diventare figli di Dio” (Giovanni 1:12).
Durante questo Avvento, meditiamo i passi del Vecchio e del Nuovo Testamento che la nostra Santa Madre la Chiesa Cattolica ci presenta, così che in questo Natale possiamo venire rafforzati nell’amore e nella fede nel nostro Divin Salvatore Gesù Cristo ed essere perciò “i figli di Dio… che credono nel Suo Nome.”
Possiate voi tutti, fedeli cattolici, trascorrere un Natale santo e pieno di grazie!

In Christo Jesu et Maria Immaculata,
+ Mark A. Pivarunas, CMRI

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