Archive pour la catégorie 'LETTERATURA PAOLINA – CITAZIONI'

VENERDÌ 16 LUGLIO – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

VENERDÌ 16 LUGLIO – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MARIA VERGINE DEL MONTE CARMELO (mf)

Seconda Lettura
Dal trattato «Sui misteri» di sant’Ambrogio, vescovo
(Nn. 43. 47. 49; SC 25 bis, 178-180. 182)

(citazioni da Paolo)

Sull’Eucaristia ai neofiti
Così lavata e ricca di tale abbigliamento, la schiera dei neofiti avanza verso gli altari di Cristo dicendo: «Verrò all’altare di Dio, al Dio della mia gioia, del mio giubilo» (Sal 42, 4). Infatti, deposte le spoglie dell’antico errore, e rinnovata nella giovinezza dell’aquila (cfr. Sal 102, 5), s`’affretta ad accorrere a quel banchetto celeste. Viene dunque, e vedendo il sacro altare tutto adorno, esclama: «Davanti a me tu prepari una mensa» (Sal 22, 5). Davide così fa parlare ciascuna delle nuove reclute: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce». E più avanti: «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca» (Sal 22, 1-5).
E’ mirabile che Dio abbia fatto piovere la manna per i padri e che si nutrissero con un alimento quotidiano disceso dal cielo. Per cui fu detto: «L’uomo mangiò il pane degli angeli» (Sal 77, 25). Ma quelli che mangiarono quel pane «morirono tutti» nel deserto; invece questo alimento che tu ricevi, questo «pane vivo disceso dal cielo» (Gv 6, 51) somministra il sostentamento della vita eterna, e chiunque ne avrà mangiato «non morirà in eterno» (Gv 11, 26) perché è il corpo di Cristo.
Ora fa’ attenzione se sia più eccellente il pane degli angeli mangiato dagli Ebrei nel deserto o la carne di Cristo la quale è indubbiamente un corpo che dà la vita. Quella manna veniva dal cielo, questo corpo è al di sopra del cielo. Quella era del cielo, questo del Signore dei cieli. Quella, se si conservava per il giorno seguente, si guastava. Questo è alieno da ogni corruzione. Chiunque lo gusta con sacra riverenza non potrà soggiacere alla corruzione. Per gli Ebrei scaturì acqua dalla rupe, per te sangue del Cristo. L’acqua dissetò loro per un momento, te, invece, il sangue lava per sempre. Il giudeo beve e ha sete, tu quando avrai bevuto non potrai aver mai più sete. Quell’evento era figura, questo è verità.
Se quello che tu ammiri è ombra, quanto grande è la realtà presente di cui tu ammiri l’ombra! Senti come è ombra quello che si verificò presso i padri: «Bevevano», dice, «da una roccia che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo. Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto. Ora ciò avvenne come esempio, per noi» (1 Cor 10, 4-6). Hai conosciuto ciò che vale di più: è migliore la luce dell’ombra, migliore la verità della figura, migliore il corpo del Creatore della manna del cielo.

Responsorio    Cfr. 1 Cor 10, 1-2. 11. 3-4
R. I nostri padri attraversarono il mare, tutti in Mosè furono battezzati nella nube e nel mare. * Queste cose accaddero a loro come segno ed esempio.
V. Tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, tutti bevvero la stessa bevanda spirituale.
R. Queste cose accaddero a loro come segno ed esempio.

GIOVEDÌ 15 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

GIOVEDÌ 15 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SAN BONAVENTURA (m)

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dall’opuscolo «Itinerario della mente a Dio» di san Bonaventura, vescovo
(Cap. 7,1.2.4.6; Opera omnia, 5,312-313)

(citazioni da Paolo)

La mistica sapienza rivelata mediante lo Spirito Santo
Cristo è la via e la porta. Cristo è la scala e il veicolo. E il propiziatorio collocato sopra l’arca di Dio (cfr. Es 26,34). È «il mistero nascosto da secoli» (Ef 3,9). Chi si rivolge a questo propiziatorio con dedizione assoluta, e fissa lo sguardo sul crocifisso Signore mediante la fede, la speranza, la carità, la devozione, l’ammirazione, l’esultanza, la stima, la lode e il giubilo del cuore, fa con lui la Pasqua, cioè il passaggio; attraversa con la verga della croce il Mare Rosso, uscendo dall’Egitto per inoltrarsi nel deserto. Qui gusta la manna nascosta, riposa con Cristo nella tomba come morto esteriormente, ma sente, tuttavia, per quanto lo consenta la condizione di viatori, ciò che in croce fu detto al buon ladrone, tanto vicino a Cristo con l’amore: «Oggi sarai con me nel paradiso!» (Lc 23,43).
Ma perché questo passaggio sia perfetto, è necessario che, sospesa l’attività intellettuale, ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio.
È questo un fatto mistico e straordinario che nessuno conosce se non chi lo riceve. Lo riceve solo chi lo desidera, non lo desidera se non colui che viene infiammato dal fuoco dello Spirito Santo, che Cristo ha portato in terra. Ecco perché l’Apostolo afferma che questa mistica sapienza è rivelata dallo Spirito Santo.
Se poi vuoi sapere come avvenga tutto ciò, interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l’intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l’uomo, la caligine non la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l’essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più ardenti.
Ora questo fuoco è Dio e questa fornace si trova nella santa Gerusalemme; ed è Cristo che li accende col calore della sua ardentissima passione. Lo può percepire solo colui che dice: L’anima mia ha preferito essere sospesa in croce e le mie ossa hanno prescelto la morte! (cfr. Gb 7,15).
Chi ama tale morte, può vedere Dio, perché rimane pur vero che: «Nessun uomo può vedermi e restar vivo» (Es 33,20). Moriamo dunque ed entriamo in questa caligine; facciamo tacere le sollecitudini, le concupiscenze e le fantasie. Passiamo con Cristo crocifisso, «da questo mondo al Padre», perché, dopo averlo visto, possiamo dire con Filippo «questo ci basta» (Gv 14,8); ascoltiamo con Paolo: «Ti basta la mia grazia» (2Cor 12,9); rallegriamoci con Davide, dicendo: «Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre» (Sal 72,26). «Benedetto il Signore, Dio d’Israele da sempre e per sempre. Tutto il popolo dica: Amen» (Sal 105,48).

MERCOLEDÌ 14 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MERCOLEDÌ 14 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal trattato «Sui misteri» di sant’Ambrogio, vescovo
(Nn. 19-21. 24. 26-38; SC 25 bis, 164-170)

(citazioni da Paolo)
 
L’acqua non purifica senza lo Spirito Santo
Ti è stato detto antecedentemente di non credere solo a ciò che vedi perché non abbia a dire: E’ forse questo quel grande mistero che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d’uomo? (cfr. 1 Cor 2, 9). Vedo le acque che vedevo ogni giorno. Queste acque nelle quali spesso mi sono immerso senza mondarmi, sono proprio esse che devono mondarmi? Da questo impara che l’acqua non monda senza lo Spirito.
E’ per questo che tu hai letto che nel battesimo tre testimoni sono concordi (cfr. 1 Gv 5, 8): l’acqua, il sangue e lo Spirito, perché se di essi ne togli uno solo, non c’è più il sacramento del battesimo. Di fatto, che cos’è l’acqua senza lo croce di Cristo, se non una cosa ordinaria senza nessuna efficacia sacramentale? D’altra parte, senza acqua non vi è mistero di rigenerazione, perché «se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3, 5). Anche un catecumeno crede nella croce del Signore Gesù con la quale è segnato anche lui, ma se non sarà stato battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo non può ricevere la remissione dei peccati e neppure attingere il dono della grazia spirituale.
Perciò quel Siro si immerse nell’acqua sette volte sotto la Legge, ma tu sei stato battezzato nel nome della Trinità. Hai confessato il Padre ricordati ciò che hai fatto, hai confessato il Figlio, hai confessato lo Spirito. Segui l’ordine delle cose. In questa fede sei morto al mondo, sei risorto a Dio e, quasi sepolto in quell’elemento del mondo cioè nell’acqua battesimale, sei morto al peccato, sei risorto alla vita eterna. Credi dunque che le acque non sono inefficaci.
Così quel paralitico della piscina Probatica attendeva un uomo. E quale uomo se non il Signore Gesù, nato dalla Vergine Maria? Alla sua venuta avrebbe operato la liberazione, non più mediante la sua ombra, ma con la realtà della sua presenza. Non più di uno solo, ma di tutti.
Era dunque lui di cui si aspettava la venuta, lui del quale Dio Padre disse a Giovanni Battista: «L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo» (Gv 1, 33). Era colui del quale Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui» (Gv 1, 32). E qui per quale ragione lo Spirito discese in forma di colomba se non perché tu vedessi, perché tu conoscessi che anche quella colomba, che il giusto Noè fece uscire dall’arca, era figura di questa colomba, cioè perché tu riconoscessi la figura del sacramento?
E perché dubitare ancora dopo che nel vangelo te lo proclama chiaramente il Padre dicendo: «Questi è il Figlio mio nel quale mi sono compiaciuto?» (Mt 3, 17). Te lo proclama il Figlio sul quale lo Spirito Santo si è mostrato in forma di colomba. Te lo proclama lo Spirito Santo che è sceso in forma di colomba. Te lo proclama Davide: «Il Signore tuona sulle acque, il Dio della gloria scatena il tuono, il Signore, sull’immensità della acque» (Sal 28, 3). La Scrittura stessa ti attesta che alle preghiere di Gedeone il fuoco discese dal cielo (Gdc 6, 17-21) e a quelle di Elia fu mandato il fuoco che consacrò il sacrificio (1 Re 18, 38).
Non fare attenzione ai meriti delle persone ma al ministero dei sacerdoti. Che se guardi ai meriti, come stimi Elia, così terrai conto anche dei meriti di Pietro e di Paolo, i quali ci hanno trasmesso questo mistero ricevuto dal Signore Gesù. A quelli era mandato un fuoco visibile perché credessero, invece in noi, che crediamo, agisce un fuoco invisibile; a loro in figura, a noi per proclamazione. Il Signore Gesù disse: Dove sono due o tre, là sono anch’io (cfr. Mt 18, 20). Credo perciò che quando è invocato dalle preghiere dei sacerdoti è presente. Quanto più non si degnerà di accordare la sua presenza dov’è la Chiesa, dove sono i misteri?
Sei sceso dunque nel fonte battesimale. Ricordati che cosa hai risposto: che credi nel Padre, che credi nel Figlio, che credi nello Spirito Santo. Non hai detto: Credo in un maggiore, in un minore, in un ultimo, ma, con l’impegno della tua parola, ti sei obbligato a credere nel Figlio come credi nel Padre, a credere nello Spirito Santo come credi nel Figlio, e, se una differenza fai, è che, trattandosi della morte in croce, la credi solo di Gesù Cristo.

MARTEDÌ 13 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MARTEDÌ 13 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal trattato «Sui misteri» di sant’Ambrogio, vescovo
(Nn. 12-16. 19; SC 25 bis, 162-164)

(citazioni da Paolo)

Tutte queste cose accaddero loro come figura
L’Apostolo ti insegna «che i nostri padri furono tutti sotto la nube, tutti attraversarono il mare, tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare» (1 Cor 10, 1-2). Inoltre anche Mosè stesso dice nel suo cantico: «Soffiasti con il tuo alito: il mare li coprì» (Es 15, 10). Tu scorgi che già in quel passaggio degli Ebrei, nel quale gli Egiziani perirono e gli Ebrei si salvarono, vi era certo la figura del battesimo. Che altro infatti ci viene insegnato ogni giorno in questo sacramento se non che la colpa è sommersa e l’errore distrutto, mentre la pietà e l’innocenza passano oltre intatte?
Tu senti che i nostri padri furono sotto la nuvola, e certo sotto una buona nuvola, se essa rinfrescò gli ardori delle passioni. Una buona nuvola davvero! Essa copre con la sua ombra coloro che sono visitati dallo Spirito Santo. Poi si posò sulla Vergine Maria e la potenza dell’Altissimo stese la sua ombra su di lei quando generò la redenzione per il genere umano. Se dunque lo Spirito era presente nella figura, non lo sarà nella verità quando la Scrittura ti dice che «la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo»? (Gv 1, 17).
Mara era una sorgente amara, Mosè vi getto dentro un legno e diventò dolce. Così l’acqua senza la predicazione della croce del Signore non serve a nulla per la salvezza. Ma quando è stata consacrata dal mistero della croce che salva, allora è disposta per servire da bagno spirituale e da coppa di salvezza. Perciò come Mosè, vale a dire il profeta, gettò un legno in quella sorgente, così il sacerdote pronunzia su questo fonte una formula di esaltazione della croce del Signore e l’acqua si fa dolce per conferire la grazia.
Non credere, dunque, solamente agli occhi del corpo. Si vede meglio quello che è invisibile, perché quello che si vede con gli occhi del corpo è temporale; invece quello che non si vede è eterno. E l’eterno si percepisce meglio con lo spirito e con l’intelligenza che con gli occhi. Del resto, ti ammaestri la lettura, che noi abbiamo fatto da poco, del libro dei Re. Naaman era Siro, aveva le lebbra e nessuno poteva mondarlo. Allora una ragazza prigioniera di guerra disse che in Israele vi era un profeta capace di sanarlo dal contagio della lebbra.
Avendo preso, come dice il testo, oro e argento si recò dal re di Israele. Questi, appreso il motivo della sua venuta, si stracciò le vesti dicendo che era piuttosto una provocazione il domandargli ciò che non rientrava nel suo potere di re. Ma Eliseo ingiunse al re di mandargli il Siro perché questi avesse a conoscere che c’era un Dio in Israele. E quando arrivò gli ordinò di immergersi sette volte nel fiume Giordano. Allora egli cominciò a pensare che i fiumi della sua patria avevano acque migliori nelle quali si era immerso spesse volte, ma senza venire mai mondato dalla lebbra, e, trattenuto da questo fatto, non obbediva ai comandi del profeta. Tuttavia dietro le istanze e le pressioni dei suoi servi, cedette e si immerse. Mondato subito, egli comprese che l’essere uno mondato istantaneamente non è opera dell’acqua, ma della grazia. Fu prima di essere sanato che dubitò. Tu invece sei già stato sanato e perciò non devi dubitare.

LUNEDÌ 12 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

LUNEDÌ 12 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal trattato «Sui misteri» di sant’Ambrogio, vescovo
(Nn. 8-11; SC 25 bis, 158-160)

(citazioni da Paolo)

Rinasciamo dall’acqua e dallo Spirito Santo
Che cosa hai visto nel battistero? L’acqua certamente, ma non essa sola: là c’erano i leviti che servivano e il sommo sacerdote che interrogava e consacrava. Prima di ogni altra cosa l’Apostolo ti ha insegnato che non dobbiamo «fissare lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili invece sono eterne» (2 Cor 4, 18). E altrove tu leggi che «dalla creazione del mondo in poi, le perfezioni invisibili di Dio possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità» (Rm 1, 20) è riconosciuta attraverso le sue opere. Per questo il Signore stesso dice: «Anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere» (Gv 10, 38). Credi dunque che là vi è la presenza della divinità. Crederesti, infatti, alla sua azione e non crederesti alla sua presenza? Come potrebbe seguirne l’azione, se prima non precedesse la presenza?
Considera, del resto, come questo mistero è antico e prefigurato fin dall’origine stessa del mondo. In principio, quando Dio fece il cielo e la terra «lo Spirito», dice il testo, «aleggiava sulle acque» (Gn 1, 2). Forse non agiva quello che aleggiava? Riconosci che era in azione quando si costruiva il mondo, mentre il profeta ti dice: «Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera» (Sal 32, 6). Sulla testimonianza profetica sono appoggiate ambedue le cose: che aleggiava e che operava. Che aleggiasse lo dice Mosè, che operasse lo attesta Davide.
Ecco un’altra testimonianza. Ogni uomo era corrotto a causa dei suoi peccati. E soggiunge: «Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo, perché egli è carne» (Gn 6, 3). Con ciò Dio dimostra che con l’immondezza della carne e con la macchia di una colpa assai grave la grazia spirituale si allontana. Così Dio, volendo ristabilire quello che aveva dato, fece venire il diluvio e ingiunse a Noè, giusto, di salire nell’arca. Cessando il diluvio prima mandò fuori il corvo, in un secondo tempo fece uscire la colomba, la quale, a quanto si legge, ritornò con un ramo d’olivo. Tu vedi l’acqua, tu vedi l’arca, tu osservi la colomba, e dubiti del mistero?
L’acqua è quella nella quale viene immersa la carne perché sia lavato ogni suo peccato. In essa è sepolta ogni vergogna. Il legno è quello al quale fu affisso il Signore Gesù quando pativa per noi. La colomba è quella nella cui figura discese lo Spirito Santo, come hai imparato nel Nuovo Testamento: lo Spirito Santo che ti ispira pace nell’anima e tranquillità alla mente.

SABATO 10 LUGLIO 2010 – XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SABATO 10 LUGLIO 2010 – XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal «Commento sui salmi» di sant’Agostino, vescovo
(Sal 126, 2; CCL 40. 1857-1858)

(CITAZIONI PAOLO)
 
Il vero Salomone è il Signore Gesù Cristo
Salomone aveva innalzato un tempio al Signore, sicuramente come tipo e figura della Chiesa futura e del corpo del Signore. Per questo Gesù afferma nel vangelo: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 19). Come dunque egli aveva edificato quel tempio, così il vero Salomone, il Signore nostro Gesù Cristo, il vero pacificatore, si costruì anche lui un tempio. Il nome di Salomone infatti significa «Pacificatore». Ora il vero operatore della pace è quello di cui parla l’Apostolo: «Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo» (Ef 2, 14). Egli è il vero pacificatore che ha unito i sé le due pareti provenienti da opposte direzioni, di cui egli è la pietra angolare, sia del popolo dei credenti che proveniva dalla circoncisione, sia del popolo, anch’esso di credenti, che proveniva dai pagani non circoncisi. Di due popoli fece una sola Chiesa, divenne per essi pietra d`angolo e perciò fu veramente pacificatore.
Il vero Salomone, cioè Salomone, figlio di Davide e della moglie Betsabea, re d’Israele, era la figura di questo pacificatore. Perché tu non creda che sia quel Salomone che edificò la casa a Dio, quando costruì il tempio, la Scrittura, indicandoti un altro Salomone, così comincia il salmo: «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (Sal 126, 1). Il Signore dunque edifica la casa, il Signore Gesù Cristo edifica la sua casa. Molti sono impegnati nella costruzione. Ma se non è lui che edifica, «invano vi faticano i costruttori».
Chi sono coloro che lavorano per costruire? Tutti coloro che nella Chiesa predicano la parola di Dio, i ministri dei sacramenti di Dio. Tutti corriamo, tutti ci affatichiamo, tutti ora costruiamo. E prima di noi, altri hanno corso, faticato, costruito. Ma «se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori». Perciò non mancarono i richiami degli apostoli che videro alcuni comportarsi malamente e in particolare risuonò la voce di Paolo che disse: «Voi infatti osservate giorni, mesi, stagioni e anni! Temo per voi che io mi sia affaticato invano a vostro riguardo» (Gal 4, 10-11). Poiché sapeva di essere interiormente edificato dal Signore, compiangeva costoro perché si era affaticato tra di loro senza un esito proporzionato. Noi dunque parliamo all’esterno, egli edifica all’interno. Noi vediamo come voi ascoltate, ma ciò che pensate lo conosce solo colui che vede i vostri pensieri. E’ lui che costruisce, ammonisce, incute paura, apre l’intelligenza, indirizza la vostra mente alla fede. E tuttavia lavoriamo anche noi come operai.

MARTEDÌ 6 LUGLIO 2010 – XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MARTEDÌ 6 LUGLIO 2010 – XIV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal «Commento sui salmi» di sant’Agostino, vescovo
(Sal 32, 29; CCL 38, 272-273)

(CITAZIONE PAOLO)
 
Coloro che si trovano al di fuori, lo vogliono o no, sono nostri fratelli
Fratelli, vi esortiamo ardentemente a questa carità, non soltanto verso i vostri compagni di fede, ma anche verso quelli che si trovano al di fuori, siano essi pagani che ancora non credono in Cristo, oppure siano divisi da noi, perché, mentre riconoscono con noi lo stesso capo, sono però separati dal corpo. Fratelli, proviamo dolore per essi, come per nostri fratelli. Cesseranno di essere nostri fratelli, quando non diranno più «Padre nostro» (Mt 6, 9).
Il Profeta ha detto ad alcuni: «A coloro che vi dicono: Non siete nostri fratelli, rispondete: Siete nostri fratelli» (Is 66, 5 sec. LXX). Riflettete di chi abbia potuto usare questa espressione: forse dei pagani? No, perché secondo il linguaggio scritturistico ed ecclesiastico non li chiamiamo fratelli. Forse dei giudei che non hanno creduto in Cristo?
Leggete l’Apostolo e noterete che quando egli dice «fratelli» senza alcuna aggiunta, vuol intendere i cristiani: «Ma tu, perché giudichi il tuo fratello? E anche tu, perché disprezzi il tuo fratello?» (Rm 14, 10). E in un altro passo scrive: «Siete voi che commettete ingiustizia e rubate, e questo ai fratelli!» (1 Cor 6, 8).
Perciò costoro, che dicono: «Non siete nostri fratelli», ci chiamano pagani. Ecco perché ci vogliono ribattezzare, affermando che noi non possediamo ciò che essi danno. Ne viene di conseguenza il loro errore, di negare cioè che noi siamo loro fratelli. Ma per qual motivo il profeta ci ha detto: «Voi dite loro: siete nostri fratelli», se non perché riconosciamo in essi ciò che da loro non viene riconosciuto in noi? Essi quindi, non riconoscendo il nostro battesimo, dicono che noi non siamo loro fratelli; noi invece, non esigendo di nuovo in loro il battesimo, ma riconoscendolo nostro, diciamo loro: «Siete nostri fratelli».
Dicano pure essi: «Perché ci cercate, perché ci volete?». Noi risponderemo: «Siete nostri fratelli». Ci dicano: «Andatevene da noi, non abbiamo niente a che fare con voi». Ebbene, noi invece abbiamo assolutamente parte con voi: confessiamo l’unico Cristo, dobbiamo essere in un solo corpo, sotto un unico Capo.
Perciò vi scongiuriamo, fratelli, per le stesse viscere della carità, dal cui latte siamo nutriti, dal cui pane ci fortificheremo, per Cristo nostro Signore, per la sua mansuetudine vi scongiuriamo. E’ tempo che usiamo una grande carità verso di loro, una infinita misericordia nel supplicare Dio per loro perché conceda finalmente ad essi idee e sentimenti di saggezza per ravvedersi e capire che non hanno assolutamente nessun argomento da opporre alla verità. Ad essi è rimasta solo la debolezza dell’animosità, la quale tanto più è inferma quanto più crede di abbondare in forze. Vi scongiuriamo, dicevo, per i deboli, per i sapienti secondo la carne, per gli uomini rozzi e materiali, per i nostri fratelli che celebrano gli stessi sacramenti anche se non con noi, ma tuttavia gli stessi; per i nostri fratelli che rispondono un unico Amen come noi, anche se non con noi. Esprimete a Dio la vostra profonda carità per loro.

Responsorio   Cfr. Ef 4, 1. 3. 4
R. Comportatevi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto: * conservate l’unità dello Spirito nel vincolo della pace.
V. Un solo corpo, un solo Spirito, una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati:
R. conservare l’unità dello Spirito nel vincolo delle pace.

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