Archive pour la catégorie 'LETTERATURA PAOLINA – CITAZIONI'

MARTEDÌ 24 AGOSTO 2010 – XXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MARTEDÌ 24 AGOSTO 2010 – XXI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

S. BARTOLOMEO APOSTOLO (F)

 UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla prima lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 4, 1-16

Facciamoci imitatori dell’Apostolo come egli lo è di Cristo
Fratelli, ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele. A me però, poco importa di venir giudicato da voi o da un consesso umano; anzi, io neppure giudico me stesso, perché anche se non sono consapevole di colpa alcuna non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio.
Queste cose, fratelli, le ho applicate a modo di esempio a me e ad Apollo per vostro profitto perché impariate nelle nostre persone a stare a ciò che è scritto e non vi gonfiate d’orgoglio a favore di uno contro un altro. Chi dunque ti ha dato questo privilegio? Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come non l’avessi ricevuto?
Già siete sazi, già siete diventati ricchi; senza di noi già siete diventati re. Magari foste diventati re! Così anche noi potremmo regnare con voi. Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati. Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo schiaffeggiati, andiamo vagando di luogo in luogo, ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi.
Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei carissimi. Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo. Vi esorto dunque, fatevi miei imitatori!

Responsorio   Gv 15, 15; Mt 13, 12
R. Non vi chiamo più servi, ma amici: * tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
V. A voi è dato di conoscere i misteri del regno: beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché odono:
R. tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.

Seconda Lettura
Dalle «Omelie sulla prima lettera ai Corinzi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo  (Om. 4, 3. 4; PG 61, 34-36)

(CENNI A PAOLO: 1COR)

La debolezza di Dio è più forte della fortezza degli uomini
La croce ha esercitato la sua forza di attrazione su tutta la terra e lo ha fatto servendosi non di mezzi umanamente imponenti, ma dell’apporto di uomini poco dotati. Il discorso della croce non è fatto di parole vuote, ma di Dio, della vera religione, dell’ideale evangelico nella sua genuinità, del giudizio futuro. Fu questa dottrina che cambiò gli illetterati in dotti.
Dai mezzi usati da Dio si vede come la stoltezza di Dio sia più saggia della sapienza degli uomini, e come la sua debolezza sia più forte della fortezza umana. In che senso più forte? Nel senso che la croce, nonostante gli uomini, si è affermata su tutto l’universo e ha attirato a sé tutti gli uomini. Molti hanno tentato di sopprimere il nome del Crocifisso, ma hanno ottenuto l’effetto contrario. Questo nome rifiorì sempre di più e si sviluppò con progresso crescente. I nemici invece sono periti e caduti in rovina. Erano vivi che facevano guerra a un morto, e ciononostante non l’hanno potuto vincere. Perciò quando un pagano dice a un cristiano che è fuori della vita, dice una stoltezza. Quando mi dice che sono stolto per la mia fede, mi rende persuaso che sono mille volte più saggio di uno che si ritiene sapiente. E quando mi pensa debole non si accorge che il debole è lui. I filosofi, i re e, per così dire, tutto il mondo, che si perde in mille faccende, non possono nemmeno immaginare ciò che dei pubblicani e dei pescatori poterono fare con la grazia di Dio. Pensando a questo fatto, Paolo esclamava: «Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1Cor 1,25). Questa frase è chiaramente divina. Infatti come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera? Essi forse mai erano entrati in una città o in una piazza. E allora come potevano pensare di affrontare tutta la terra? Che fossero paurosi e pusillanimi l’afferma chiaramente chi scrisse la loro vita senza dissimulare nulla e senza nascondere i loro difetti, ciò che costituisce la miglior garanzia di veridicità di quanto asserisce.
Costui, dunque, racconta che quando Cristo fu arrestato dopo tanti miracoli compiuti, tutti gli apostoli fuggirono e il loro capo lo rinnegò. Come si spiega allora che tutti costoro, quando il Cristo era ancora in vita, non avevano saputo resistere a pochi giudici, mentre poi, giacendo lui morto e sepolto e, secondo gli increduli, non risorto, e quindi non in grado di parlare, avrebbero ricevuto da lui tanto coraggio da schierarsi vittoriosamente contro il mondo intero? Non avrebbero piuttosto dovuto dire: E adesso? Non ha potuto salvare se stesso, come potrà difendere noi? Non è stato capace di proteggere se stesso, come potrà tenderci la mano da morto? In vita non è riuscito a conquistare una sola nazione, e noi, col solo suo nome, dovremmo conquistare il mondo? Non sarebbe da folli non solo mettersi in simile impresa, ma perfino solo pensarla?
È evidente perciò che, se non lo avessero visto risuscitato e non avessero avuto una prova inconfutabile della sua potenza, non si sarebbero esposti a tanto rischio.

Responsorio   Cfr. 1 Cor 1, 23-24; 2 Cor 4, 8; Rm 8, 37
R. Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma, per i chiamati, * egli è potenza di Dio e sapienza di Dio.
V. Siamo tribolati da ogni parte; ma in tutto siamo più che vincitori, grazie a colui che ci ha amati;
R. egli è potenza di Dio e sapienza di Dio. 

VENERDÌ 13 AGOSTO 2010 – XIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

VENERDÌ 13 AGOSTO 2010 – XIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

(CENNI A PAOLO)

Seconda Lettura
Dal trattato «L’ideale perfetto del cristiano» di san Gregorio di Nissa, vescovo  (PG 46, 259-262)

Abbiamo Cristo che è la nostra pace e la nostra luce
«Egli è la nostra pace, colui che ha fatto di due un popolo solo» (Ef 2, 14). Pensando che Cristo è la pace, noi dimostreremo di portare degnamente il nome di cristiani se, per mezzo di quella pace che è in noi, esprimeremo Cristo con la nostra vita. Egli uccise l’inimicizia (cfr. Ef 2, 16), come dice l’Apostolo. Non dobbiamo dunque assolutamente permettere che essa riprenda vita in noi, ma mostrare chiaramente che è del tutto morta. Non risuscitandola di nuovo dopo che è stata uccisa da Dio per la nostra salute, non adiriamoci a rovina delle nostre anime e non richiamiamo alla memoria le ingiurie subite, non commettiamo l’errore di riportare all’esistenza colei che è fortunatamente estinta.
Siccome possediamo Cristo che è la pace, così uccidiamo l’inimicizia per praticare nella nostra vita la fede in lui.
Egli abbatté in se stesso il muro che divideva i due uomini, ne fece uno solo, ristabilendo la pace non soltanto con quelli che ci combattono dal di fuori, ma anche con quelli che suscitano contese in noi stessi. Così la carne non potrà avere più desideri contrari allo spirito e lo spirito desideri contrari alla carne, ma la prudenza della carne sarà soggetta alla legge divina. Allora, ricostituiti in un uomo nuovo e amante delle pace e, da due, fatti un uomo solo, diventeremo dimora della pace.
La pace è la concordia fra due esseri contrastanti. Quindi, ora che è stata eliminata la guerra interna della nostra natura, coltiviamo in noi la pace; allora noi stessi diverremo pace e dimostreremo che questo appellativo di Cristo è vero e autentico anche in noi.
Cristo è la luce vera lontana da ogni menzogna. Impariamo da questo che anche la nostra vita deve essere illuminata dai raggi della vera luce. I raggi del sole di giustizia son le stesse virtù che splendono e ci illuminano perché respingiamo le opere delle tenebre e camminiamo onestamente come alla luce del giorno (cfr. Rm 13, 13). Detestiamo l’agire clandestino e tenebroso e operiamo tutto alla luce del giorno, e così anche noi diventeremo luce, e, come è proprio della luce, illumineremo gli altri mediante le nostre opere buone.
Cristo è la nostra santificazione, perciò asteniamoci dalle azioni e dai pensieri malvagi e impuri. Così ci mostreremo veramente partecipi del suo nome e manifesteremo la forza della santità non solo a parole, ma anche con le opere.

MARTEDÌ 10 AGOSTO 2010 – XIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MARTEDÌ 10 AGOSTO 2010 – XIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SAN LORENZO MARTIRE

MESSA DEL GIORNO

Prima Lettura  2 Cor 9, 6-10
Dio ama chi dona con gioia.
 
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, tenete presente questo: chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia.
Del resto, Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene. Sta scritto infatti:
«Ha largheggiato, ha dato ai poveri,
la sua giustizia dura in eterno».
Colui che dà il seme al seminatore e il pane per il nutrimento, darà e moltiplicherà anche la vostra semente e farà crescere i frutti della vostra giustizia. 

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dagli Atti degli Apostoli 6, 1-6; 8, 1. 4-8

I sette ministri eletti dagli apostoli
In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenas e Nicola, un proselito di Antiochia. Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
(Dopo l’uccisione di Stefano) scoppiò una violenta persecuzione contro la chiesa di Gerusalemme e tutti, ad eccezione degli apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samaria.
Quelli però che erano stati dispersi andavano per il paese e diffondevano la parola di Dio. Filippo, sceso in una città della Samaria, cominciò a predicare loro il Cristo. E le folle prestavano ascolto unanimi alle parole di Filippo sentendolo parlare e vedendo i miracoli che egli compiva. Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati. E vi fu grande gioia in quella città.

Responsorio   Cfr. Mt 10, 32; Gv 12, 26
R. Chi mi confesserà davanti agli uomini, dice il Signore, * anch’io lo confesserò davanti al Padre mio che è nei cieli.
V. Se uno mi vuol servire, mi segua; e dove sono io, là sarà anche il mio servo;
R. anch’io lo confesserò davanti al Padre mio che è nei cieli.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo  (Disc. 304, 14; PL 38, 1395-1397)

(CENNI A PAOLO)

Fu ministro del sangue di Cristo
Oggi la chiesa di Roma celebra il giorno del trionfo di Lorenzo, giorno in cui egli rigettò il mondo del male. Lo calpestò quando incrudeliva rabbiosamente contro di lui e lo disprezzò quando lo allettava con le sue lusinghe. In un caso e nell’altro sconfisse satana che gli suscitava contro la persecuzione.
San Lorenzo era diacono della chiesa di Roma. Ivi era ministro del sangue di Cristo e là, per il nome di Cristo, versò il suo sangue.
Il beato apostolo Giovanni espose chiaramente il mistero della Cena del Signore, dicendo: «Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1Gv 3,16). Lorenzo, fratelli, ha compreso tutto questo. L’ha compreso e messo in pratica. E davvero contraccambiò quanto aveva ricevuto in tale mensa. Amò Cristo nella sua vita, lo imitò nella sua morte.
 Anche noi, fratelli, se davvero amiamo, imitiamo. Non potremmo, infatti, dare in cambio un frutto più squisito del nostro amore di quello consistente nell’imitazione del Cristo, che , patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme» (1Pt 2,21). Con questa frase sembra quasi che l’apostolo Pietro abbia voluto dire che Cristo patì solamente per coloro che seguono le sue orme, e che la passione di Cristo giova solo a coloro che lo seguono. I santi martiri lo hanno seguito fino all’effusione del sangue, fino a rassomigliargli nella passione. Lo hanno seguito i martiri, ma non essi soli. infatti, dopo che essi passarono, non fu interrotto il ponte; né si è inaridita la sorgente, dopo che essi hanno bevuto.
Il bel giardino del Signore, o fratelli, possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove. Nessuna categoria di persone deve dubitare della propria chiamata: Cristo ha sofferto per tutti. Con tutta verità fu scritto di lui: «Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, e arrivino alla conoscenza della verità» (1Tm 2,4).
Dunque cerchiamo di capire in che modo, oltre all’effusione del sangue, oltre alla prova della passione, il cristiano debba seguire il Maestro. L’Apostolo, parlando di Cristo Signore, dice: «Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio». Quale sublimità!
«Ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso» (Fil 2,7-8). Quale abbassamento!
Cristo si è umiliato: eccoti, o cristiano, l’esempio da imitare. Cristo si è fatto ubbidiente: perché tu ti insuperbisci? Dopo aver percorso tutti i gradi di questo abbassamento, dopo aver vinto la morte, Cristo ascese al cielo: seguiamolo. Ascoltiamo l’Apostolo che dice: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio»(Col 3,1).

LUNEDÌ 9 AGOSTO 2010 – XIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

LUNEDÌ 9 AGOSTO 2010 – XIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
EDITH STEIN, VERGINE E MARTIRE (f)

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 4, 7- 5, 8

Nei martiri si manifesta la potenza di Dio
Fratelli, noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale. Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita.
Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l’inno di lode alla gloria di Dio. Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne.
Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un’abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: a condizione però di esser trovati gia vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E’ Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito.
Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione. Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore.

Responsorio   Mt 5, 11. 12a. 10
R. Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno per causa mia. * Rallegratevi ed esultate: grande è la vostra ricompensa nei cieli.
V. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
R. Rallegratevi ed esultate: grande è la vostra ricompensa nei cieli

Seconda Lettura
Dall’opera «Scientia Crucis» di santa Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein, vergine e martire (Edizioni OCD, Roma 1998, pp. 38-39)

(CENNI A PAOLO)

La porta della vita si apre ai credenti in Cristo
Cristo s’era addossato lui stesso il giogo della legge, osservandola e adempiendola perfettamente, tanto da morire per la Legge e vittima della Legge. Nello stesso tempo, tuttavia, Egli ha esonerati dalla Legge tutti quelli che avrebbero accettata la vita da Lui. I quali però avrebbero potuto riceverla solo disfacendosi della propria. Infatti «quanti sono stati battezzati in Cristo sono stati battezzati nella morte di Lui». Essi si immergono nella sua vita per divenire membri del suo corpo, e sotto questa qualifica soffrire e morire con Lui; ma anche per risuscitare con Lui alla eterna vita divina.
Questa vita sorgerà per noi nella sua pienezza soltanto nel giorno della glorificazione. Tuttavia, sin da adesso «nella carne noi vi partecipiamo, in quanto crediamo»: crediamo che Cristo è morto per noi, per dare la vita a noi. Ed è proprio questa fede che ci fa diventare un tutto unico con Lui, membra collegate al capo, rendendoci permeabili alle effusioni della sua vita. Così la fede nel Crocifisso — la fede viva, accompagnata dalla dedizione amorosa — è per noi la porta di accesso alla vita e l’inizio della futura gloria. Per di più, la croce è il nostro unico vanto: «Quanto a me sia lungi il gloriarmi d’altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per la quale il mondo è stato per me crocifisso, ed io per il mondo». Chi si è messo dalla parte del Cristo risulta morto per il mondo, come il mondo risulta morto per lui. Egli porta nel suo corpo le stimmate del Signore; è debole e disprezzato nell’ambiente degli uomini, ma appunto per questo è forte in realtà, perché nelle debolezze risalta potentemente la forza di Dio.
Profondamente convinto di questa verità il discepolo di Gesù non solo abbraccia la croce che gli viene offerta, ma si crocifigge da sé: «I seguaci di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze». Essi hanno ingaggiato una lotta spietata contro la loro natura, per liquidare in se stessi la vita del peccato e far posto alla vita dello spirito. È quest’ultima sola quella che importa. La croce non è fine a se stessa. Essa si staglia in alto e fa richiamo verso l’alto. Quindi non è soltanto un’insegna, è anche l’arma potente di Cristo, la verga da pastore con cui il divino Davide esce incontro all’infernale Golia, il simbolo trionfale con cui Egli batte alla porta del cielo e la spalanca. Allora ne erompono i fiotti della luce divina, sommergendo tutti quelli che marciano al seguito del Crocifisso.

Responsorio    Gal 2,19-20
R. Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. * Mi ha amato e ha dato se stesso per me.
V. Quello che io vivo nella carne io lo vivo nella fede del Figlio di Dio.
R. Mi ha amato e ha dato se stesso per me.

MERCOLEDÌ 28 LUGLIO 2010 – XVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

MERCOLEDÌ 28 LUGLIO 2010 – XVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 10, 1 – 11, 6

Apologia dell’Apostolo
Fratelli, ora io stesso, Paolo, vi esorto per la dolcezza e la mansuetudine di Cristo, io davanti a voi così meschino, ma di lontano così animoso con voi; vi supplico di far in modo che non avvenga che io debba mostrare, quando sarò tra voi, quell’energia che ritengo di dover adoperare contro alcuni che pensano che noi camminiamo secondo la carne. In realtà, noi viviamo nella carne ma non militiamo secondo la carne. Infatti le armi della nostra battaglia non sono carnali, ma hanno da Dio la potenza di abbattere le fortezze, distruggendo i ragionamenti e ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di Dio, e rendendo ogni intelligenza soggetta all’obbedienza al Cristo. Perciò siamo pronti a punire qualsiasi disobbedienza, non appena la vostra obbedienza sarà perfetta.
Guardate le cose bene in faccia: se qualcuno ha in se stesso la persuasione di appartenere a Cristo, si ricordi che se lui è di Cristo lo siamo anche noi. In realtà, anche se mi vantassi di più a causa della nostra autorità, che il Signore ci ha dato per vostra edificazione e non per vostra rovina, non avrò proprio da vergognarmene. Non sembri che io vi voglia spaventare con le lettere! Perché «le lettere — si dice — sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole e la parola dimessa». Questo tale rifletta però che quali noi siamo a parole per lettera, assenti, tali saremo anche con i fatti, di presenza.
Certo noi non abbiamo l’audacia di uguagliarci o paragonarci ad alcuni di quelli che si raccomandano da sé; ma mentre si misurano su di sé e si paragonano con se stessi, mancano di intelligenza. Noi invece non ci vanteremo oltre misura, ma secondo la norma della misura che Dio ci ha assegnato, sì da poter arrivare fino a voi; né ci innalziamo in maniera indebita, come se non fossimo arrivati fino a voi, perché fino a voi siamo giunti col vangelo di Cristo. Né ci vantiamo indebitamente di fatiche altrui, ma abbiamo la speranza, col crescere della vostra fede, di crescere ancora nella vostra considerazione, secondo la nostra misura, per evangelizzare le regioni più lontane della vostra, senza vantarci alla maniera degli altri delle cose già fatte da altri.
Pertanto chi si vanta, si vanti nel Signore (Ger 9, 23); perché non colui che si raccomanda da sé viene approvato, ma colui che il Signore raccomanda.
Oh se poteste sopportare un po’ di follia da parte mia! Ma, certo, voi mi sopportate. Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo. Temo però che, come il serpente nella sua malizia sedusse Eva, così i vostri pensieri vengano in qualche modo traviati dalla loro semplicità e purezza nei riguardi di Cristo. Se infatti il primo venuto vi predica un Gesù diverso da quello che vi abbiamo predicato noi o se si tratta di ricevere uno spirito diverso da quello che avete ricevuto o un altro vangelo che non avete ancora sentito, voi siete ben disposti ad accettarlo. Ora io ritengo di non essere in nulla inferiore a questi «superapostoli»! E se anche sono un profano nell’arte del parlare, non lo sono però nella dottrina, come vi abbiamo dimostrato in tutto e per tutto davanti a tutti.
 
Responsorio   Cfr. 2 Cor 10, 34; Ef 6, 16. 17
R. Viviamo nella carne, ma non combattiamo secondo la carne; * le armi della nostra lotta non sono carnali.
V. Tenete sempre in mano lo scudo della fede e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio:
R. le armi della nostra lotta non sono carnali.

Seconda Lettura
Dalle «Catechesi» di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo
(Catech. 18, 23-25; PG 33, 1043-1047)

(citazioni Paolo)

La Chiesa, cioè l’assemblea del popolo di Dio
La Chiesa senza dubbio è detta cattolica, cioè universale, per il fatto che è diffusa ovunque dall’uno all’altro dei confini della terra, e perché universalmente e senza defezione insegna tutti i dogmi che devono giungere a conoscenza degli uomini, sia riguardo alle cose celesti, che alle terrestri. La Chiesa si dice cattolica anche perché è destinata a condurre tutto il genere umano, autorità e sudditi, dotti e ignoranti, al giusto culto. E` cattolica, infine, perché cura e risana ogni genere di peccati che si compiono per mezzo dell’anima e del corpo. Essa poi possiede ogni genere di santità dell’agire, del parlare e anche quella dei carismi più diversi.
Con termine molto appropriato essa si chiama Chiesa, vale a dire assemblea convocata, poiché riunisce tutti e li raccoglie in unità, come dice il Signore nel Levitico: E convoca tutta l’assemblea davanti alla porta del convegno (cfr. Lv 8, 3). E’ certamente cosa degna di nota che questo termine «convoca» sia adoperato per la prima volta nella Scrittura proprio in questo passo, dove si legge che il Signore costituisce Aronne sommo sacerdote. E nel Deuteronomio Dio dice a Mosè: Convoca il popolo, e io farò loro udire le mie parole, perché imparino a temermi (cfr. Dt 4, 10). Del nome chiesa fa pure nuovamente menzione quando, riguardo alle tavole, dice: E in esse vi erano scritte tutte le parole che il Signore aveva promulgato per voi sul monte, in mezzo al fuoco, nel giorno della chiesa (cfr. Dt 10, 4), cioè dell’assemblea convocata, come se dicesse più apertamente: «Nel giorno in cui, chiamati dal Signore, siete stati riuniti». Anche il salmista dice: «Ti loderò, Signore, nella grande assemblea, ti celebrerò in mezzo a un popolo numeroso» (Sal 34, 18).
Prima il salmista aveva già cantato: «Benedite Dio nelle vostre assemblee, benedite il Signore, voi della stirpe di Israele» (Sal 67, 27). Dalle genti il Salvatore edificò una seconda santa Chiesa, la nostra di cristiani, riguardo alla quale disse a Pietro: «E su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16, 18).
Ripudiata infatti quella chiesa, che era l’unica ad esistere in Giudea, in seguito per tutto il mondo si moltiplicano le chiese di Cristo, delle quali è stato detto nei salmi: «Cantate al Signore un canto nuovo, la sua lode nell’assemblea dei fedeli» (Sal 149, 1). A questi Giudei il profeta si rivolse con espressioni consimili: «Io non mi compiaccio di voi, dice il Signore degli eserciti», e subito soggiunge: «Per questo dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le genti» (Ml 1, 10-11). A riguardo di questa stessa santa Chiesa cattolica, scrive Paolo a Timoteo: «Perché tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità» (1 Tm 3, 14).

LUNEDÌ 26 LUGLIO 2010 – XVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

LUNEDÌ 26 LUGLIO 2010 – XVII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima lettura
dalla seconda lettera ai corinzi di san paolo, apostolo 8, 1-24

paolo chiede una «colletta» per la chiesa di gerusalemme
vogliamo farvi nota, fratelli, la grazia di dio concessa alle chiese della macedonia: nonostante la lunga prova della tribolazione, la loro grande gioia e la loro estrema povertà si sono tramutate nella ricchezza della loro generosità. Posso testimoniare infatti che hanno dato secondo i loro mezzi e anche al di là dei loro mezzi, spontaneamente, domandandoci con insistenza la grazia di prendere parte a questo servizio a favore dei santi. Superando anzi le nostre stesse speranze, si sono offerti prima di tutto al signore e poi a noi, secondo la volontà di dio; cosicché abbiamo pregato tito di portare a compimento fra voi quest’opera generosa, dato che lui stesso l’aveva incominciata.
E come vi segnalate in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella scienza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così distinguetevi anche in quest’opera generosa. Non dico questo per farvene un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. Conoscete infatti la grazia del signore nostro gesù cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. E a questo riguardo vi do un consiglio: si tratta di cosa vantaggiosa per voi, che fin dall’anno passato siete stati i primi, non solo a intraprenderla ma a desiderarla. Ora dunque realizzatela, perché come vi fu la prontezza del volere, così anche vi sia il compimento, secondo i vostri mezzi. Se infatti c’è la buona volontà, essa riesce gradita secondo quello che uno possiede e non secondo quello che non possiede. Qui non si tratta infatti di mettere in ristrettezza voi per sollevare gli altri, ma di fare uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto:
colui che raccolse molto non abbondò,
e colui che raccolse poco non ebbe di meno (es 16, 18).
Siano pertanto rese grazie a dio che infonde la medesima sollecitudine per voi nel cuore di tito! Egli infatti ha accolto il mio invito e ancor più pieno di zelo è partito spontaneamente per venire da voi. Con lui abbiamo inviato pure il fratello che ha lode in tutte le chiese a motivo del vangelo; egli è stato designato dalle chiese come nostro compagno in quest’opera di carità, alla quale ci dedichiamo per la gloria del signore, e per dimostrare anche l’impulso del nostro cuore. Con ciò intendiamo evitare che qualcuno possa biasimarci per questa abbondanza che viene da noi amministrata. Ci preoccupiamo infatti di comportarci bene non soltanto davanti al signore, ma anche davanti agli uomini. Con loro abbiamo inviato anche il nostro fratello, di cui abbiamo più volte sperimentato lo zelo in molte circostanze; egli è ora più zelante che mai per la grande fiducia che ha in voi.
Quanto a tito, egli è mio compagno e collaboratore presso di voi; quanto ai nostri fratelli, essi sono delegati delle chiese e gloria di cristo. Date dunque a loro la prova del vostro affetto e della legittimità del nostro vanto per voi davanti a tutte le chiese.
 
Responsorio   2 cor 8, 9, fil 2, 7
r. Conoscete la grazia del signore nostro gesù cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, * perché voi diventaste ricchi grazie alla sua povertà.
V. Spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo,
r. Perché voi diventaste ricchi grazie alla sua povertà.
 
Seconda lettura
dai «discorsi» di san giovanni damasceno, vescovo
(disc. 6, per la natività della b. V. Maria 2. 4. 5. 6; pg 96, 663. 667.670)

(citazioni Paolo)
 
li conoscerete dai loro frutti
poiché doveva avvenire che la vergine madre di dio nascesse da anna, la natura non osò precedere il germe della grazia; ma rimase senza il proprio frutto perché la grazia producesse il suo. Doveva nascere infatti quella primogenita dalla quale sarebbe nato il primogenito di ogni creatura «nel quale tutte le cose sussistono» (col 1, 17). O felice coppia, gioacchino ed anna! A voi è debitrice ogni creatura, perché per voi la creatura ha offerto al creatore il dono più gradito, ossia quella casta madre, che sola era degna del creatore.
Rallègrati anna, «sterile che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori» (is 54, 1). Esulta, o gioacchino, poiché dalla tua figlia è nato per noi un bimbo, ci è stato dato un figlio, e il suo nome sarà angelo di grande consiglio, di salvezza per tutto il mondo, dio forte (cfr. Is 9, 6). Questo bambino è dio.
O giacchino ed anna, coppia beata, veramente senza macchia! Dal frutto del vostro seno voi siete conosciuti, come una volta disse il signore: «li conoscerete dai loro frutti» (mt 7, 16). Voi informaste la condotta della vostra vita in modo gradito a dio e degno di colei che da voi nacque. Infatti nella vostra casta e santa convivenza avete dato la vita a quella perla di verginità che fu vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto. Quella, dico, che sola doveva conservare sempre la verginità e della mente e dell’anima e del corpo.
O giachino ed anna, coppia castissima! Voi, conservando la castità prescritta dalla legge naturale, avete conseguito, per divina virtù, ciò che supera la natura: avete donato al mondo la madre di dio che non conobbe uomo. Voi, conducendo una vita pia e santa nella condizione umana, avete dato alla luce una figlia più grande degli angeli ed ora regina degli angeli stessi.
O vergine bellissima e dolcissima! O figlia di adamo e madre di dio. Beato il seno, che ti ha dato la vita! Beate le braccia che ti strinsero e le labbra che ti impressero casti baci, quelle dei tuoi soli genitori, cosicché tu conservassi in tutto la verginità! «acclami al signore tutta la terra, gridate, esultate con canti di gioia» (sal 97, 4). Alzate la vostra voce, gridate, non temete.

SABATO 17 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

SABATO 17 LUGLIO 2010 – XV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO

UFFICIO DELLE LETTURE

Seconda Lettura
Dal trattato «Sui misteri» di sant’Ambrogio, vescovo
(Nn. 52-54. 58; SC 25 bis, 186-188. 190)

(citazioni da Paolo)

Questo sacramento che ricevi si compie con la parola di Cristo
Noi costatiamo che la grazia ha maggiore efficacia della natura, ma la grazia della benedizione profetica è ancora superiore. Se poi la parola del profeta, cioè di un uomo, ha avuto tanta forza da cambiare la natura, che dire della benedizione fatta da Dio stesso dove agiscono le parole medesime del Signore e Salvatore? Giacché questo sacramento che tu ricevi si compie con la parola di Cristo. Che se la parola di Elia ebbe tanta potenza da far scendere il fuoco dal cielo, la parola di Cristo non sarà capace di cambiare la natura degli elementi? A proposito delle creature di tutto l’universo tu hai detto: «Egli parla e tutto è fatto, comanda e tutto esiste» (Sal 32, 9). La parola di Cristo, dunque, che ha potuto creare dal nulla quello che non esisteva, non può cambiare le cose che sono in ciò che esse non erano? Infatti non è meno difficile dare alle cose un’esistenza che cambiarle in altre.
Ma perché servirci di argomentazioni? Serviamoci dei suoi esempi e proviamo la verità del mistero con il mistero stesso della incarnazione. Forse che fu seguito il corso ordinario della natura quando Gesù Signore nacque da Maria? Se cerchiamo l’ordine della natura, la donna suole generare dall’unione con l’uomo. E’ chiaro dunque che la Vergine ha generato al di fuori dell’ordine della natura. Ebbene, quello che noi ripresentiamo è il corpo nato dalla Vergine. Perché cerchi qui il corso della natura nel corpo di Cristo, mentre lo stesso Signore Gesù Cristo è stato generato dalla Vergine all’infuori del corso della natura? E’ la vera carne di Cristo che fu crocifissa, che fu sepolta. E’ dunque veramente il sacramento della sua carne.
Lo stesso Signore Gesù proclama: «Questo è il mio corpo». Prima della benedizione delle parole celesti la parola indica un particolare elemento. Dopo la consacrazione ormai designa il corpo e il sangue di Cristo. Egli stesso lo chiama suo sangue. Prima della consacrazione lo si chiama con altro nome. Dopo la consacrazione è detto sangue. E tu dici: «Amen», cioè. «E’ così». Ciò che pronunzia la bocca, lo affermi lo spirito. Ciò che enunzia la parola, lo senta il cuore.
Anche la Chiesa vedendo una grazia così grande, esorta i suoi figli esorta i suoi intimi ad accorrere ai sacramenti dicendo: «Mangiate, amici, bevete; inebriatevi, o cari» (Ct 5, 1). Quello poi che mangiamo, quello che beviamo, lo Spirito Santo te lo ha specificato altrove per mezzo del Profeta dicendo: «Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia» (Sal 33, 9). In quel sacramento c’è Cristo, perché è il corpo di Cristo. non è dunque un cibo corporale, ma un nutrimento spirituale. Onde anche l’Apostolo della sua figura dice: «I nostri padri tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale» (1 Cor 10, 3). Infatti il corpo di Dio è un corpo spirituale, il corpo di Cristo è il corpo dello spirito divino, perché Cristo è spirito, come leggiamo: Cristo Signore è spirito davanti al nostro volto (cfr. Lam 4, 20 secondo i LXX). Questo nutrimento rinsalda il nostro cuore e questa bevanda «allieta il cuore dell’uomo» (Sal 103, 15) come ha ricordato il profeta.

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