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31 DICEMBRE 2008 – SETTIMO GIORNO DELL’OTTAVA DI NATALE E SAN SILVESTRO

31 DICEMBRE 2008 – SETTIMO GIORNO DELL’OTTAVA DI NATALE

per San Silvestro da:

http://liturgia.silvestrini.org/santo/376.html

San Silvestro I
Papa

BIOGRAFIA
Silvestro, vive nel periodo tra la fine delle ultime persecuzioni e l’inizio della pace costantiniana, ordinato vescovo di Roma nell’anno 314, resse la Chiesa sotto l’imperatore Costantino per vent’anni. Sotto il suo pontificato si celebrò il grande Concilio Ecumenico di Nicea nel 325, organizzo la vita ecclesiastica romana, e promosse la costruzione delle prime basiliche. Morì nel 335 e la sua deposizione e ricordata nella “Depositio Episcoporum”, al 31 dicembre nel cimitero di Priscilla sulla via Salaria.

DAGLI SCRITTI…
Dalla «Storia Ecclesiastica» di Eusebio di Cesarea, vescovo
La pace costantiniana
Di tutto siano rese grazia a Dio onnipotente e re dell’universo e così pure sia grandissima riconoscenza al salvatore e redentore delle nostre anime Gesù Cristo, per mezzo del quale preghiamo che ci sia conservata una pace sicura e stabile, immune per sempre da tutte le molestie e turbamenti sia delle cose esterne, sia dell’anima… Ormai un giorno sereno e limpido, non più offuscato da nube alcuna, illuminava con lo splendore della luce celeste le chiese di Cristo diffuse su tutta la terra. Persino a coloro che erano estranei alla partecipazione della nostra religione era possibile, se non di godere della nostra medesima gioia, certamente di ricevere almeno una parte o quasi una emanazione di quei beni, che a noi erano procurati da Dio.
Soprattutto noi, che abbiamo posto ogni nostra speranza in Cristo, eravamo ripieni di una letizia incredibile e una specie di felicità divina brillava sul volto di tutti, al vedere come tutti i luoghi che la malvagità dei tiranni poco prima aveva buttato all’aria rivivevano adesso come da una lunga devastazione apportatrice di morte; di nuovo i templi si elevavano da terra a immensa altezza ed erano abbelliti da uno splendore di gran lunga superiore a quello di prima che fossero distrutti.
Si offriva infatti al nostro sguardo uno spettacolo da tutti auspicato e desiderato, e cioè nelle singole città vi erano solennità di dedicazioni e consacrazioni di luoghi di culto da poco eretti; inoltre riunioni di vescovi, accorrere di pellegrini da regioni lontane e straniere, un vicendevole amore e benevolenza tra popoli e popoli, unione in una sola armoniosa compagine delle membra del Corpo di Cristo. Così, secondo l’oracolo profetico con cui si prevedevano le cose a venire, con immagini misteriose l’osso si adattava all’osso, la giuntura alla giuntura (cfr. Ez 37, 7). Unica era la forza dello Spirito divino che circolava per tutte le membra; una l’anima di tutti, il medesimo ardore di fede, uno il canto di tutti coloro che inneggiavano a Dio. Perfettissime poi erano le cerimonie dei vescovi, ben curati i sacrifici dei sacerdoti, maestosi e in certo qual modo divini i riti della Chiesa, da una parte cantando i salmi ed ascoltando le rimanenti voci delle Scritture a noi divinamente affidate, dall’altra attendendo agli uffici divini e arcani. Venivano anche consegnati i mistici simboli della passione salvifica. Infine ogni età ed una moltitudine promiscua di ambo i sessi, attendendo di tutto cuore alle preghiere e ai ringraziamenti, veneravano con somma letizia di animo Dio autore di ogni bene.

UFFICIO DELLE LETTURE


Prima Lettura
Dalla lettera ai Colossesi di san Paolo, apostolo 2, 4-15

La nostra fede in Cristo
Fratelli, nessuno vi inganni con argomenti seducenti, perché, anche se sono lontano con il corpo, sono tra voi con lo spirito e gioisco al vedere la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo.
Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l’avete ricevuto, ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell’azione di grazie. Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo.
E’ in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi avete in lui parte alla sua pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni Potestà. In lui voi siete stati anche circoncisi, di una
circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del nostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo. Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l’incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce; avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo.
 
Responsorio   Col 2, 9. 10. 12
R. In Cristo abita la pienezza di Dio corporalmente: egli è Signore di tutte le potenze terrene e celesti; * voi avete parte alla sua pienezza.
V. Insieme con lui sepolti nel battesimo, insieme con lui risuscitati, per la fede nella potenza di Dio,
R. voi avete parte alla sua pienezza.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa
(Disc. 6 per il Natale 2-3, 5; PL 54, 213-216)

Il Natale del Signore è il natale della pace
L’infanzia, che il Figlio di Dio non ha ritenuto indegna della sua maestà, si sviluppò con il crescere dell’età nella piena maturità dell’uomo. Certo, compiutosi il trionfo della passione e della risurrezione, appartiene al passato tutto l’abbassamento da lui accettato per noi: tuttavia la festa d’oggi rinnova per noi i sacri inizi di Gesù, nato dalla Vergine Maria. E mentre celebriamo in adorazione la nascita del nostro Salvatore, ci troviamo a celebrare il nostro inizio: la nascita di Cristo segna l’inizio del popolo cristiano; il natale del Capo è il natale del Corpo.
Sebbene tutti i figli della Chiesa ricevano la chiamata ciascuno nel suo momento e siano distribuiti nel corso del tempo, pure tutti insieme, nati dal fonte battesimale, sono generati con Cristo in questa natività, così come con Cristo sono stati crocifissi nella passione, risuscitati nella risurrezione, collocati alla destra del Padre nell’ascensione.
Ogni credente, che in qualsiasi parte del mondo viene rigenerato in Cristo, rompe i legami con la colpa d’origine e diventa uomo nuovo con una seconda nascita. Ormai non appartiene più alla discendenza del padre secondo la carne, ma alla generazione del Salvatore che si è fatto figlio dell’uomo perché noi potessimo divenire figli di Dio. Se egli non scendesse a noi in questo abbassamento della nascita, nessuno con i propri meriti potrebbe salire a lui.
La grandezza stessa del dono ricevuto esige da noi una stima degna del suo splendore. Il beato Apostolo ce l’insegna: «Non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato» (Cor 2, 12). La sola maniera di onorarlo degnamente è di offrirgli il dono stesso ricevuto da lui.
Ora, per onorare la presente festa, che cosa possiamo trovare di più confacente, fra tutti i doni di Dio, se non la pace, quella pace che fu annunziata la prima volta dal canto degli angeli alla nascita del Signore? La pace genera i figli di Dio, nutre l’amore, crea l’unione; essa è riposo dei beati, dimora dell’eternità. Suo proprio compito e suo beneficio particolare è di unire a Dio coloro che separa dal mondo del male.
Quelli dunque che «non da sangue né da volere di carne né da volere d’uomo, ma da Dio sono nati» (Gv 1, 13), offrano al Padre i loro cuori di figli uniti nella pace. Tutti i membri della famiglia adottiva di Dio si incontrino in Cristo, primogenito della nuova creazione, il quale venne a compiere non la sua volontà, ma quella di chi l’aveva inviato.
Il Padre infatti nella sua bontà gratuita adottò come suoi eredi non quelli che si sentivano divisi da discordie e incompatibilità vicendevoli, bensì quelli che sinceramente vivevano ed amavano la loro mutua fraterna unione. Infatti quanti sono stati plasmati secondo un unico modello, devono possedere una comune omogeneità di spirito. Il Natale del Signore è il natale della pace. Lo dice l’Apostolo: «Egli è la nostra pace, egli che di due popoli ne ha fatto uno solo» (Ef 2, 14), perché, sia giudei sia pagani, «per mezzo di lui possiamo presentarci al Padre in un solo Spirito» (Ef 2, 18).

Responsorio   Ef 2, 13-14. 17
R. Voi, che un tempo eravate i lontani, siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo. E’ lui la nostra pace, colui che * ha fatto dei due un popolo solo.
V. Egli è venuto ad annunziare la pace: pace a voi che eravate lontani, pace a coloro che erano vicini;
R. ha fatto dei due un popolo solo.

30 DICEMBRE MARTEDÌ – VI GIORNO OTTAVA DI NATALE

30 DICEMBRE MARTEDÌ – VI GIORNO OTTAVA DI NATALE

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera ai Colossesi di san Paolo, apostolo 1, 15 – 2, 3

Cristo, Capo della Chiesa, e Paolo suo servo
Fratelli, Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile,
generato prima di ogni creatura;
poiché per mezzo di lui
sono state create tutte le cose,
quelle nei cieli e quelle sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potestà.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte sussistono in lui.
Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa;
il principio, il primogenito di coloro
che risuscitano dai morti,
per ottenere il primato su tutte le cose.
Perché piacque a Dio
di fare abitare in lui ogni pienezza
e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose,
rappacificando con il sangue della sua croce,
cioè per mezzo di lui,
le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli.
 
E anche voi un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate, ma ora egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto: purché restiate fondati e fermi nella fede e non vi lasciate allontanare dalla speranza promessa nel vangelo che avete ascoltato, il quale è stato annunziato ad ogni creatura sotto il cielo e di cui io, Paolo, sono diventato ministro.
Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio presso di voi di realizzare la sua parola, cioè il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi, ai quali Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo in voi, speranza della gloria. E’ lui infatti che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni uomo con ogni sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con potenza.
Voglio infatti che sappiate quale dura lotta io devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti coloro che non mi hanno mai visto di persona, perché i loro cuori vengano consolati e così, strettamente congiunti nell’amore, essi acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza, e giungano a penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza.

Responsorio   Col 1, 18. 17
R. Cristo è il capo del corpo che è la Chiesa, il primogenito dai morti; * suo è il primato su tutte le cose.
V. Egli è prima di tutto, e tutto sussiste in lui:
R. suo è il primato su tutte le cose.

Seconda Lettura
Dal trattato «La condizione di tutte le eresie» di sant’Ippolito, sacerdote
(Cap. 10, 33-34; PG 16, 3452-3453)

Il Verbo che s’è fatto carne ci rende simili a Dio
Noi crediamo al Verbo di Dio. Non ci appoggiamo su parole senza senso, né ci lasciamo trasportare da improvvise e disordinate emozioni o sedurre dal fascino di discorsi ben congegnati, ma invece prestiamo fede alle parole della potenza di Dio.
Queste cose Dio le ordinava al suo Verbo. Il Verbo le diceva in parole per distogliere con esse l’uomo dalla sua disobbedienza. Non lo dominava come fa un padrone con i suoi schiavi, ma lo invitava a una decisione libera e responsabile.
Il Padre mandò sulla terra questa sua Parola nel tempo ultimo poiché non voleva più che parlasse per mezzo dei profeti, né che fosse annunziata in forma oscura e solo intravista attraverso vaghi riflessi, ma desiderava che apparisse visibilmente in persona. Così il mondo contemplandola avrebbe potuto avere la salvezza. Il mondo avendola sotto il suo sguardo non avrebbe più sentito il disagio e il timore come quando si trovava di fronte a un’immagine divina riflessa dai profeti, né avrebbe provato lo smarrimento come quando essa veniva resa presente e manifestata mediante le potenze angeliche. Ormai avrebbe constatato di trovarsi alla presenza medesima di Dio che parla.
Noi sappiamo che il Verbo ha preso un corpo mortale dalla Vergine, e ha trasformato l’uomo vecchio nella novità di una creazione nuova. Noi sappiamo che egli si è fatto della nostra stessa sostanza. Se infatti non fosse della nostra stessa natura, inutilmente ci avrebbe dato come legge di essere imitatori suoi quale maestro. Se egli come uomo è di natura diversa perché comanda a me nato nella debolezza la somiglianza con lui? E come può essere costui buono e giusto?
In verità, per non essere giudicato diverso da noi, egli ha tollerato la fatica, ha voluto la fame, non ha rifiutato la sete, ha accettato di dormire per riposare, non si è ribellato alla sofferenza, si è assoggettato alla morte, e si è svelato nella risurrezione. Ha offerto come primizia, in tutti questi modi, la sua stessa natura d’uomo, perché non ti perda d’animo nella sofferenza, ma riconoscendoti uomo, aspetti anche per te ciò che il Padre ha offerto a lui.
Quando tu avrai conosciuto il Dio vero, avrai insieme all’anima un corpo immortale e incorruttibile; otterrai il regno dei cieli, perché nella vita di questo mondo hai riconosciuto il re e il Signore del cielo. Tu vivrai in intimità con Dio, sarai erede insieme con Cristo, non più schiavo dei desideri, delle passioni, nemmeno della sofferenza e dei mali fisici, perché sarai diventato dio. Infatti le sofferenze che hai dovuto sopportare per il fatto di essere uomo, Dio te le dava perché eri uomo. Però Dio ha promesso anche di concederti le sue stesse prerogative una volta che fossi stato divinizzato e reso immortale.
Cristo, il Dio superiore a tutte le cose, colui che aveva stabilito di annullare il peccato degli uomini, rifece nuovo l’uomo vecchio e lo chiamò sua propria immagine fin dall’inizio. Ecco come ha mostrato l’amore che aveva verso di te. Se tu ti farai docile ai suoi santi comandi, e diventerai buono come lui, che è buono, sarai simile a lui e da lui riceverai gloria. Dio non lesina i suoi beni, lui che per la sua gloria ha fatto di te un dio.

29 DICEMBRE 2008 – V GIORNO OTTAVA DI NATALE

29 DICEMBRE 2008 – V GIORNO OTTAVA DI NATALE

UFFICIO DELLE LETTURE

Prima Lettura
Dalla lettera ai Colossesi di san Paolo, apostolo 1, 1-14

Azione di grazie e preghiera
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, ai santi e fedeli fratelli in Cristo dimoranti in Colossi: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro!
Noi rendiamo continuamente grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, nelle nostre preghiere per voi, per le notizie ricevute della vostra fede in Cristo Gesù, e della carità che avete verso tutti i santi, in vista della speranza che vi attende nei cieli. Di questa speranza voi avete già udito l’annunzio dalla parola di verità del vangelo che è giunto a voi, come pure in tutto il mondo fruttifica e si sviluppa; così anche fra voi dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la grazia di Dio nella verità, che avete appresa da Epafra, nostro caro compagno nel ministero; egli ci supplisce come un fedele ministro di Cristo, e ci ha pure manifestato il vostro amore nello Spirito.
Perciò anche noi, da quando abbiamo saputo questo, non cessiamo di pregare per voi, e di chiedere che abbiate una conoscenza piena della sua volontà con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; rafforzandovi con ogni energia secondo la potenza della sua gloria, per poter essere forti e pazienti in tutto; ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce.

E’ lui infatti che ci ha liberati
dal potere delle tenebre
e ci ha trasferiti
nel regno del suo Figlio diletto,
per opera del quale abbiamo la redenzione,
la remissione dei peccati.

Responsorio   Col 1, 12. 13; Gc 1, 17
R. Ringraziamo con gioia il Padre: ci ha liberati dal potere delle tenebre, * ci ha trasferiti nel regno del suo amatissimo Figlio.
V. Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e scende dal Padre della luce:
R. ci ha trasferiti nel regno del suo amatissimo Figlio.

Seconda Lettura
Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate
(Disc. 1 per l’Epifania, 1-2; PL 133, 141-143)

Nella pienezza dei tempi è venuta anche la pienezza della divinità
«Si sono manifestate la bontà e l’umanità di Dio Salvatore nostro» (Tt 2, 11). Ringraziamo Dio che ci fa godere di una consolazione così grande in questo nostro pellegrinaggio di esuli, in questa nostra miseria. Prima che apparisse l’umanità, la bontà era nascosta: eppure c’era anche prima, perché la misericordia di Dio è dall’eternità. Ma come si poteva sapere che è così grande? Era promessa, ma non si faceva sentire, e quindi da molti non era creduta. Molte volte e in diversi modi il Signore parlava nei profeti (Eb 1, 1).  «Io — diceva — nutro pensieri di pace, non di afflizione» (cfr. Ger 29, 11). Ma che cosa rispondeva l’uomo, sentendo l’afflizione e non conoscendo la pace? Fino a quando dite: «Pace, pace, e pace non c’è?». Per questo gli «annunziatori di pace piangevano amaramente» (Is 33, 7) dicendo: «Signore, chi ha creduto al nostro annunzio?» (Is 53, 1).
Ma ora almeno gli uomini credono dopo che hanno visto, perché «la testimonianza di Dio è diventata pienamente credibile» (cfr. Sal 92, 5). Per non restare nascosto neppure all’occhio torbido, «Egli ha posto nel sole il suo tabernacolo» (cfr. Sal 18, 6).
Ecco la pace: non promessa, ma inviata; non differita, ma donata; non profetata, ma presente. Dio Padre ha inviato sulla terra un sacco, per così dire, pieno della sua misericordia; un sacco che fu strappato a pezzi durante la passione perché ne uscisse il prezzo che chiudeva in sé il nostro riscatto; un sacco certo piccolo, ma pieno, se «ci è stato dato un Piccolo» (Is 9, 6) in cui però «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2, 9). Quando venne la pienezza dei tempi, venne anche la pienezza della divinità.
Venne Dio nella carne per rivelarsi anche agli uomini che sono di carne, e perché fosse riconosciuta la sua bontà manifestandosi nell’umanità. Manifestandosi Dio nell’uomo, non può più esserne nascosta la bontà. Quale prova migliore della sua bontà poteva dare se non assumendo la mia carne? Proprio la mia, non la carne che Adamo ebbe prima della colpa.
Nulla mostra maggiormente la sua misericordia che l’aver egli assunto la nostra stessa miseria. «Signore, che è quest’uomo perché ti curi di lui e a lui rivolga la tua attenzione?» (cfr. Sal 8, 5; Eb 2, 6).  Da questo sappia l’uomo quanto Dio si curi di lui, e conosca che cosa pensi e senta nei suoi riguardi. Non domandare, uomo, che cosa soffri tu, ma che cosa ha sofferto lui. Da quello a cui egli giunse per te, riconosci quanto tu valga per lui, e capirai la sua bontà attraverso la sua umanità. Come si è fatto piccolo incarnandosi, così si è mostrato grande nella bontà; e mi è tanto più caro quanto più per me si è abbassato. «Si sono manifestate — dice l’Apostolo — la bontà e l’umanità di Dio nostro Salvatore» (Tt  3, 4). Grande certo è la bontà di Dio e certo una grande prova di bontà egli ha dato congiungendo la divinità con l’umanità.
 
Responsorio   Ef 1, 5; Rm 8, 29
R. Dio ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo: questo è il suo piano di amore, * a lode e gloria della sua grazia.
V. Egli ci ha conosciuti da sempre, e ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo;
R. a lode e gloria della sua grazia.

LODI

Lettura Breve   Eb 1, 1-2
Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo.

San Lorenzo, dai « Discorsi » di Sant’Agostino (1Tm, Fil, Col)

su San Lorenzo martire, dal sito: 

http://liturgia.silvestrini.org/santo/240.html

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo
Fu ministro del sangue di Cristo

Oggi la chiesa di Roma celebra il giorno del trionfo di Lorenzo, giorno in cui egli rigettò il mondo del male. Lo calpestò quando incrudeliva rabbiosamente contro di lui e lo disprezzò quando lo allettava con le sue lusinghe. In un caso e nell’altro sconfisse satana che gli suscitava contro la persecuzione. San Lorenzo era diacono della chiesa di Roma. Ivi era ministro del sangue di Cristo e là, per il nome di Cristo, versò il suo sangue. Il beato apostolo Giovanni espose chiaramente il mistero della Cena del Signore, dicendo: «Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3, 16). Lorenzo, fratelli, ha compreso tutto questo. L’ha compreso e messo in pratica. E davvero contraccambio quanto aveva ricevuto in tale mensa. Amò Cristo nella sua vita, lo imitò nella sua morte.
Anche noi, fratelli, se davvero amiamo, imitiamo. Non potremmo, infatti, dare in cambio un frutto più squisito del nostro amore di quello consistente nell’imitazione del Cristo, che «patì per noi, lasciandoci un esempio, perché ne seguiamo le orme» (1 Pt 2, 21). Con questa frase sembra quasi che l’apostolo Pietro abbia voluto dire che Cristo patì solamente per coloro che seguono le sue orme, e che la passione di Cristo giova solo a coloro che lo seguono. I santi martiri lo hanno seguito fino all’effusione del sangue, fino a rassomigliarli nella passione. Lo hanno seguito i martiri, ma non essi soli. Infatti, dopo che essi passarono, non fu interrotto il ponte; né si é inaridita la sorgente, dopo che essi hanno bevuto.
Il bel giardino del Signore, o fratelli, possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove. Nessuna categoria di persone deve dubitare della propria chiamata: Cristo ha sofferto per tutti. Con tutta verità fu scritto di lui: «Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati, e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2, 4). Dunque cerchiamo di capire in che modo, oltre all’effusione del sangue, oltre alla prova della passione, il cristiano debba seguire il Maestro. L’Apostolo, parlando di Cristo Signore, dice: «Egli, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio». Quale sublimità!
«Ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso» (Fil 2, 7-8). Quale abbassamento! Cristo si é umiliato: eccoti, o cristiano l’esempio da imitare. Cristo si é fatto ubbidiente: perché tu ti insuperbisci? Dopo aver percorso tutti i gradi di questo abbassamento, dopo aver vinto la morte, Cristo ascese al cielo: seguiamolo. Ascoltiamo l’Apostolo che dice: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio» (Col 3, 1).(Disc. 304, 14; PL 38, 1395-1397).

Giovanni Paolo II: Cantico cfr Col 1,3.12-20 (5.5.2004)

du site: 

http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/audiences/2004/documents/hf_jp-ii_aud_20040505_it.html

GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 5 maggio 2004

Cantico cfr Col 1,3.12-20
Cristo fu generato prima di ogni creatura,
è il primogenito di coloro che risuscitano dai morti

Vespri del mercoledì della 1a settimana (Lettura: Col 1,3.12-15.17)

1. Abbiamo ascoltato il mirabile inno cristologico della Lettera ai Colossesi. La Liturgia dei Vespri lo propone in tutte le quattro settimane nelle quali essa si snoda e lo offre ai fedeli come Cantico, ripresentandolo nella veste che forse il testo aveva fin dalle sue origini. Infatti, molti studiosi ritengono che linno potrebbe essere la citazione di un canto delle Chiese dellAsia minore, posto da Paolo nella Lettera indirizzata alla comunità cristiana di Colossi, una città allora fiorente e popolosa. LApostolo, però, non si recò mai in questo centro della Frigia, una regione dellattuale Turchia. La Chiesa locale era stata fondata da un suo discepolo, originario di quelle terre, Epafra. Costui fa capolino nel finale della Lettera insieme allevangelista Luca, «il caro medico», come lo chiama san Paolo (4,14), e con un altro personaggio, Marco, «cugino di Barnaba» (4,10), forse lomonimo compagno di Barnaba e Paolo (cfr At 12,25; 13,5.13), divenuto poi evangelista.2. Poiché avremo occasione di tornare a più riprese in seguito su questo Cantico, ci accontentiamo ora di offrirne uno sguardo dinsieme e di evocare un commento spirituale, elaborato da un famoso Padre della Chiesa, san Giovanni Crisostomo (IV sec. d.C.), celebre oratore e Vescovo di Costantinopoli. Nellinno emerge la grandiosa figura di Cristo, Signore del cosmo. Come la divina Sapienza creatrice esaltata dallAntico Testamento (cfr ad esempio Pr 8,22-31), «egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui »; anzi, «tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui» (Col 1,16-17). Si dispiega, dunque, nelluniverso un disegno trascendente che Dio attua attraverso lopera del Figlio. Lo proclama anche il Prologo del Vangelo di Giovanni quando afferma che «tutto è stato fatto per mezzo del Verbo e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste» (Gv 1,3). Anche la materia con la sua energia, la vita e la luce portano limpronta del Verbo di Dio, «suo Figlio diletto» (Col 1,13). La rivelazione del Nuovo Testamento getta una nuova luce sulle parole del sapiente dellAntico Testamento, il quale dichiarava che «dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si conosce lautore» (Sap 13,5).3. Il Cantico della Lettera ai Colossesi presenta unaltra funzione di Cristo: Egli è anche il Signore della storia della salvezza, che si manifesta nella Chiesa (cfr Col 1,18) e si compie nel «sangue della sua croce» (v. 20), sorgente di pace e di armonia per lintera vicenda umana. Non è, quindi, soltanto lorizzonte esterno a noi ad essere segnato dalla presenza efficace di Cristo, ma anche la realtà più specifica della creatura umana, ossia la storia. Essa non è in balía di forze cieche e irrazionali ma, pur nel peccato e nel male, è sorretta e orientata – per opera di Cristo – verso la pienezza. È così che per mezzo della Croce di Cristo tutta la realtà è «riconciliata» col Padre (cfr v. 20).Linno traccia, in tal modo, uno stupendo affresco delluniverso e della storia, invitandoci alla fiducia. Non siamo un granello di polvere inutile, disperso in uno spazio e in un tempo senza senso, ma siamo parte di un sapiente progetto scaturito dallamore del Padre. 4. Come abbiamo annunziato, passiamo ora la parola a san Giovanni Crisostomo, perché sia lui a coronare questa riflessione. Nel suo Commento alla Lettera ai Colossesi egli si sofferma ampiamente su questo Cantico. Allinizio egli sottolinea la gratuità del dono di Dio «che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce» (v. 12). «Perché la chiama « sorte »?», si domanda il Crisostomo, e risponde: «Per mostrare che nessuno può conseguire il Regno con le proprie opere. Anche qui, come il più delle volte, la « sorte » ha il senso di « fortuna ». Nessuno mostra un comportamento tale da meritare il Regno, ma tutto è dono del Signore. Per questo egli dice: « Quando avete fatto ogni cosa, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare »» (PG 62, 312).Questa benevola e potente gratuità riemerge più avanti, quando leggiamo che per mezzo di Cristo sono state create tutte le cose (cfr Col 1,16). «Da lui dipende la sostanza di tutte le cose – spiega il Vescovo -. Non soltanto le fece passare dal non essere allessere, ma è ancora lui che le sostiene, cosicché, se fossero sottratte alla sua provvidenza, perirebbero e si dissolverebbero Dipendono da lui: infatti, anche solo linclinare verso di lui è sufficiente a sostenerle e a rafforzarle» (PG 62, 319).E a maggior ragione è segno di amore gratuito quanto Cristo viene compiendo per la Chiesa, di cui è il Capo. In questo punto (cfr v. 18), spiega il Crisostomo, «dopo aver parlato della dignità di Cristo, lApostolo parla anche del suo amore per gli uomini: « Egli è il capo del suo corpo, che è la Chiesa », volendo mostrare la sua intima comunione con noi. Colui, infatti, che è così in alto e superiore a tutti, si unì a coloro che sono in basso» (PG 62, 320).

Papa Benedetto XVI – Cantico: Col 1, 3.12-20

dal sito:

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2006/documents/hf_ben-xvi_aud_20060104_it.html

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 4 gennaio 2006

Cantico cfr Col 1,3.12-20
Cristo fu generato prima di ogni creatura,
è il primogenito di coloro che risuscitano dai morti
Vespri – Mercoledì 4a settimana

1. In questa prima Udienza generale del nuovo anno ci soffermiamo a meditare il celebre inno cristologico contenuto nella Lettera ai Colossesi, che è quasi il solenne portale d’ingresso di questo ricco scritto paolino ed è anche un portale di ingresso in questo anno. L’Inno proposto alla nostra riflessione è incorniciato da un’ampia formula di ringraziamento (cfr vv. 3.12-14). Essa ci aiuta a creare l’atmosfera spirituale per vivere bene questi primi giorni del 2006, come pure il nostro cammino lungo l’intero arco del nuovo anno (cfr vv. 15-20).

La lode dell’Apostolo e così la nostra sale a « Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo » (v. 3), sorgente di quella salvezza che è descritta in negativo come « liberazione dal potere delle tenebre » (v. 13), cioè come « redenzione e remissione dei peccati » (v. 14). Essa è poi riproposta in positivo come « partecipazione alla sorte dei santi nella luce » (v. 12) e come ingresso « nel regno del Figlio diletto » (v. 13).

2. A questo punto si schiude il grande e denso Inno, che ha al centro il Cristo, del quale è esaltato il primato e l’opera sia nella creazione sia nella storia della redenzione (cfr vv. 15-20). Due sono, quindi, i movimenti del canto. Nel primo è presentato Cristo come il primogenito di tutta la creazione, Cristo, « generato prima di ogni creatura » (v. 15). Egli è, infatti, l’ »immagine del Dio invisibile », e questa espressione ha tutta la carica che l’ »icona » ha nella cultura d’Oriente: si sottolinea non tanto la somiglianza, ma l’intimità profonda col soggetto rappresentato.

Cristo ripropone in mezzo a noi in modo visibile il « Dio invisibile ». In Lui vediamo il volto di Dio, attraverso la comune natura che li unisce. Cristo per questa sua altissima dignità precede « tutte le cose » non solo a causa della sua eternità, ma anche e soprattutto con la sua opera creatrice e provvidente: « per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili… e tutte sussistono in lui » (vv. 16-17). Anzi, esse sono state create anche « in vista di lui » (v. 16). E così san Paolo ci indica una verità molto importante: la storia ha una meta, ha una direzione. La storia va verso l’umanità unita in Cristo, va così verso l’uomo perfetto, verso l’umanesimo perfetto. Con altre parole san Paolo ci dice: sì, c’è progresso nella storia. C’è – se vogliamo – una evoluzione della storia. Progresso è tutto ciò che ci avvicina a Cristo e ci avvicina così all’umanità unita, al vero umanesimo. E così, dentro queste indicazioni, si nasconde anche un imperativo per noi: lavorare per il progresso, cosa che vogliamo tutti. Possiamo farlo lavorando per l’avvicinamento degli uomini a Cristo; possiamo farlo conformandoci personalmente a Cristo, andando così nella linea del vero progresso.

3. Il secondo movimento dell’Inno (cfr Col 1, 18-20) è dominato dalla figura di Cristo salvatore all’interno della storia della salvezza. La sua opera si rivela innanzitutto nell’essere « capo del corpo, cioè della Chiesa » (v. 18): è questo l’orizzonte salvifico privilegiato nel quale si manifestano in pienezza la liberazione e la redenzione, la comunione vitale che intercorre tra il capo e le membra del corpo, ossia tra Cristo e i cristiani. Lo sguardo dell’Apostolo si protende alla meta ultima verso cui converge la storia: Cristo è « il primogenito di coloro che risuscitano dai morti » (v. 18), è colui che dischiude le porte alla vita eterna, strappandoci dal limite della morte e del male.

Ecco, infatti, quel pleroma, quella « pienezza » di vita e di grazia che è in Cristo stesso e che è a noi donata e comunicata (cfr v. 19). Con questa presenza vitale, che ci rende partecipi della divinità, siamo trasformati interiormente, riconciliati, rappacificati: è, questa, un’armonia di tutto l’essere redento nel quale ormai Dio sarà « tutto in tutti » (1Cor 15, 28) e vivere da cristiano vuol dire lasciarsi in questo modo interiormente trasformare verso la forma di Cristo. Si realizza la riconciliazione, la rappacificazione.

4. A questo mistero grandioso della redenzione dedichiamo ora uno sguardo contemplativo e lo facciamo con le parole di san Proclo di Costantinopoli, morto nel 446. Egli nella sua Prima omelia sulla Madre di Dio Maria ripropone il mistero della Redenzione come conseguenza dell’Incarnazione.

Dio, infatti, ricorda il Vescovo, si è fatto uomo per salvarci e così strapparci dal potere delle tenebre e ricondurci nel regno del Figlio diletto, come ricorda questo inno della Lettera ai Colossesi. « Chi ci ha redento non è un puro uomo – osserva Proclo -: tutto il genere umano infatti era asservito al peccato; ma neppure era un Dio privo di natura umana: aveva infatti un corpo. Che, se non si fosse rivestito di me, non m’avrebbe salvato. Apparso nel seno della Vergine, Egli si vestì del condannato. Lì avvenne il tremendo commercio, diede lo spirito, prese la carne » (8: Testi mariani del primo millennio, I, Roma 1988, p. 561).

Siamo, quindi, davanti all’opera di Dio, che ha compiuto la Redenzione proprio perché anche uomo. Egli è contemporaneamente il Figlio di Dio, salvatore ma è anche nostro fratello ed è con questa prossimità che Egli effonde in noi il dono divino.

È realmente il Dio con noi. Amen!

Cardinal John Henry Newman: La nostra vita « ormai nascosta con Cristo in Dio » (Col 3,3)

dal sito:

http://www.levangileauquotidien.org/www/main.php?language=FR&localTime=05/04/2008#

Cardinal John Henry Newman (1801-1890), sacerdote, fondatore di una comunità religiosa, teologo
Lectures on Justification, n
°
9,9
La nostra vita « ormai nascosta con Cristo in Dio » (Col 3,3)Cristo che aveva promesso di fare dei suoi discepoli una cosa sola in Dio insieme a lui, che aveva promesso che saremmo stati in Dio e Dio in noi, ha realizzato questa promessa. In un modo misterioso ha compiuto per noi questa grande opera, questo privilegio stupendo. E sembra che l’abbia compiuto proprio salendo al Padre, che la sua ascensione corporea sia stata la sua discesa spirituale, che la sua assunzione della nostra natura in Dio sia stata allo stesso tempo la discesa di Dio fino a noi. Potremmo dire che ci ha veramente, benché in modo nascosto, portati fino a Dio, e che ha condotto Dio fino a noi, secondo il punto di vista che adottiamo.Così dunque, quando san Paolo dice che «la nostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio» (Col 3,3) possiamo intendere che vuole dire che il nostro principio di esistenza non è più un principio mortale e terreno, tale quello di Adamo dopo la caduta, bensì che siamo battezzati e nascosti nuovamente nella gloria di Dio, in questa pura luce della sua presenza che avevamo persa durante la caduta di Adamo. Siamo creati nuovamente, trasformati, spiritualizzati, glorificati nella natura divina. Attraverso Cristo riceviamo come attraverso un canale, la vera presenza di Dio, dentro di noi e fuori di noi; siamo impregnati di santità e di immortalità.E questa è la nostra giustificazione: la nostra salità mediante Cristo fino a Dio o la discesa di Dio mediante Cristo fino a noi, possiamo dirlo in un senso o nell’altro… Siamo in lui e lui in noi; Cristo è «il solo mediatore» (1 Tm 2,5), «La Via, la verità e la vita» (Gv 14,6), unendo il cielo e la terra. Questa è la nostra vera giustificazione non soltanto il perdono o il favore, non soltanto una santificazione interiore – bensì proprio l’abitazione in noi del nostro Signore glorificato. Questo è il grande dono di Dio.

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