DI JOSEPH RATZINGER/PAPA BENEDETTO XVI – sulla lettera agli efesini
DI JOSEPH RATZINGER/PAPA BENEDETTO XVI
dal libro: Cerco il tuo volto Dio, Figlie di San Paolo, Milano 1985; (testo originale: Gottes Angesicht suchen, Kyrios Verlag GmbH Meitingen-Frising 1978)
Meditazioni nel corso dell’anno liturgico
Luglio – sulla lettera agli Efesini,
vedi testo della lettera:
http://www.bibbiaedu.it/pls/bibbiaol/GestBibbia.Ricerca?Libro=Efesini&Capitolo=1
« L’inizio della lettera agli Efesini lascia trasparire l’entusiasmo dei neoconvertiti , per i quali l’essere cristiani è un dono inaspettato, benedizione e ricchezza elargita da Dio.
Percepire questo è salutare anche per noi, che viviamo il nostro essere cristiani quasi con la fronte corrucciata e con una coscienza problematica e affaticata al tempo stesso, tanto da provare quasi rimorso quando ci accade di provare letizia per il fatto di essere cristiani: potrebbe essere trionfalismo!
In ultima analisi la gioia di questa lettura dipende dal fatto che l’Apostolo ha il coraggio di puntare semplicemente lo sguardo sul centro della realtà cristiana: sul Dio trinitario e sulla sua vita eterna. Chi rumina solo e sempre le domande iniziali del cristianesimo e non guarda tranquillo e sereno al suo centro, finisce per essere assorbito sempre più dalla lacerazione della riflessione. Dobbiamo di nuovo imparare a parlare della realtà più autentica della fede, anche se rimangono sul tappeto tante altre domande preliminari ad essa; in fondo solo la logica e la bellezza intrinseca del tutto, irradianti dal suo centro, possono superare anche le difficoltà iniziali. Sotto il profilo contenutistico il testo cerca in primo luogo di farci conoscere il fondamento e il fine del nostro essere cristiani. Il fondamento non è costituito dalle nostre prestazioni, ma dall’amore di Dio, che ci ha cercati dall’eternità. Il giudaismo conosceva l’idea della preesistenza del Messia, della Legge, del popolo di Dio. Qui l’Apostolo ci dice: tutto ciò è vero in un senso profondissimo. Nei pensieri di Dio noi esistiamo eternamente da sempre, perché apparteniamo al suo Figlio. Perciò partecipiamo alla sua eternità, alla sua priorità su tute le cose del mondo. In lui esistiamo come da giorni immemorabili. Dio ci vede in lui, ci vede con i suoi occhi. Che cosa questa certezza significhi lo possiamo comprendere n modo nuovo in un tempo di nausea per l’uomo, in un tempo in cui l’uomo viene presentato come una scimmia nuda, come un topo particolarmente ingegnoso, e cosicché crescono la paura di fronte all’essere umano e l’odio dell’uomo contro l’uomo.
Chi sa di essere guardato con gli occhi del Figlio, prova la sensazione che è più forte d’una simile paura. La sua origine è già una risposta alla domanda impellente della sua meta e del suo fine. La Lettera agli Efesini descrive tutto ciò con una serie di quattro concetti strettamente correlativi l’uno all’altro. Essa parla di redenzione. Parla di eredità, cioè del fatto che tutto apparterrà a tutti, che il mondo ci appartiene. Parla della ricapitolazione dell’universo, del cielo e della terra, quindi della eliminazione dei contrasti e delle inimicizie, dell’unità indivisa, in cui tutti e tutto concorderanno: questa è la redenzione. Ma come si verificherà tutto ciò? La lettera dice – e lo dice tre volte a mo’ d’un ritornello che dà il tono a tutto – che noi esistiamo : questa è la via. Ove l’uomo ha il coraggio di dimenticarsi e di orientare il suo volto al Creatore, lì segue il resto: L’eredità, l’unità, la redenzione. Francesco d’Assisi non è forse l’esempio luminoso della verità di questa affermazione apparentemente fin troppo semplice? Ove Dio non viene più lodato, tutto il resto va in rovina. Solo se ricominciamo a volgere di nuovo il nostro sguardo a lui, a liberarci dall’incapsulamento in noi stessi, la nostra paralisi ha fine e può irrompere in noi la redenzione.
