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L’11 SETTEMBRE, GIOVANNI PAOLO II, LA VERGINE MARIA E UN RE POLACCO

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L’11 SETTEMBRE, GIOVANNI PAOLO II, LA VERGINE MARIA E UN RE POLACCO

Storia della festa del Santo Nome di Maria, istituita come ex voto per la vittoria dell’esercito polacco sui turchi e ripristinata da Giovanni Paolo II nel 2002, a seguito dell’attentato alle Twin Towers

12 SETTEMBRE 2014ANITA BOURDINCHIESA E RELIGIONE
Per Giovanni Paolo II l’11 settembre non era solo la data dell’attentato alle Torri Gemelle di New York, ma il giorno che ricordava l’intercessione della Vergine Maria nella vittoria dell’esercito polacco che pose fine dell’assedio di Vienna da parte dei turchi, nel XVII secolo. Fu dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 che il Pontefice polacco vide la necessità di ripristinare la festa del Santo Nome di Maria, stabilita come ex-voto per questa vittoria poi cancellata nel XX secolo, per mancanza di memoria degli eventi
Pertanto, la Chiesa celebra il Santo Nome di Maria il 12 settembre, il giorno dopo l’anniversario della vittoria dell’11 settembre 1683. La festa è stata registrata nella Ottava della Natività della Vergine, per ricordare ai cristiani che possono ricorrere all’intercessione della Madonna in ogni evento della vita, grande o piccolo che sia, come insegna il Vangelo delle Cana e le parole di Cristo sulla croce: “Ecco tua Madre”.
Tuttavia la festa scomparve dal calendario liturgico intorno al 1970, dopo l’accurato lavoro storico compiuto dal Concilio Vaticano II. Ma sempre per un lavoro storico, è stata ricostituita nella stessa data dal Santo Pontefice, nella editio tertia del Messale Romano, e nel martirologio romano, il 22 marzo 2002; quindi, dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e dopo la preghiera interreligiosa per la Pace ad Assisi del gennaio 2002.
Il ‘movente’ fu spirituale. Ma Karol Wojtyla conosceva anche le ragioni storiche, dal momento che coinvolgevano la storia della sua patria, la Polonia, e anche l’Europa, come testimoniano gli affreschi della “cappella polacca” della “Santa Casa” di Loreto.
La guerra a cui ci si riferiva risale al 1863, oltre un secolo dopo la battaglia di Lepanto (1571): i turchi stavano tentando di entrare in Europa occidentale attraverso un attacco di terra. Maometto IV aveva preso la bandiera di Maometto Kara Mustafà, all’inizio dell’anno, giurando di difenderla con la sua stessa vita, se necessario. Il Gran Visir si avvaleva di circa 300.000 uomini e promise di prendere Belgrado, Buda, Vienna, di penetrare in Italia e arrivare a Roma “fino l’altare di San Pietro”. Si può immaginare il turbine di violenza e sangue che un progetto del genere comportava.
Sempre nel 1683, ad agosto, un cappuccino italiano residente a Vienna, grande mistico, di nome Marco d’Aviano – poi beatificato da Giovanni Paolo II – fu nominato Gran Cappellano di tutti gli eserciti d’Europa. Il religioso viene ricordato più che altro come l’inventore del “cappuccino” o del “caffè viennese”, ma la grande storia lo annovera come colui che seppe infondere coraggio al popolo austriaco e riuscì a convincere il re polacco Jan Sobieski a venire in soccorso della capitale, dal momento che disponeva di 40.000 uomini. La città fu assediata il 14 luglio e la sua resa era solo una questione di ore. L’equilibrio di potere non era a favore delle truppe europee. Tuttavia, Vienna fu affidata all’intercessione della Vergine, tanto che l’effigie di Maria fu posta su tutti gli stendardi.
L’11 settembre 1683, poi, sul Kahlenberg che domina la città, a nord, padre Marco celebrò la Messa, servita dal re polacco davanti a tutto l’esercito posto in semicerchio. Il cappuccino predisse una vittoria senza precedenti. E invece di finire la festa nelle parole liturgiche, “Ite missa est”, gridò: “Ioannes vinces! Jan vincerà!”.
Le truppe guidate da Sobieski insieme a Carlo duca di Lorena, attaccarono gli Ottomani all’alba dell’11 settembre. Il sole splendeva sui due eserciti da cui dipendeva il destino dell’Europa. Le campane della città squillarono al mattino. Donne e bambini pregavano nelle chiese, implorando l’aiuto della Vergine Maria. E la sera dell’11 settembre, lo stendardo del gran visir cadde nelle mani di Sobieski. Il pericolo di far capitolare Roma fu quindi scongiurato.
Il giorno successivo, il 12 settembre, re Jan fece il suo ingresso in una città in giubilo, e volle celebrare una Messa e un Te Deum nella chiesa della Madonna di Loreto per ringraziare della vittoria. Fu Papa Innocenzo XI poi ad attribuire la vittoria all’intercessione della Vergine, stabilendo un ex-voto con cui si istituiva la festa in onore del Santo Nome di Maria.
Il 25 novembre 1683, la festa fu estesa a tutta la Chiesa, e la Natività di Maria fu fissata per la domenica successiva. In seguito, San Pio X preferì poi ritornare alla data del 12 settembre, anniversario non della vittoria sui turchi, ma della sua celebrazione.
Su questa scia, Giovanni Paolo II ricostituì poi la festa per ricordare ai cattolici di invocare Maria per affrontare gravi pericoli internazionali.
Nel corso del suo pontificato, è sorprendente notare il numero di volte in cui Giovanni Paolo II ha invocato il nome di Maria e ha chiesto ai cattolici di pregare, soprattutto in un periodo di sviluppo del terrorismo internazionale. Il giorno dopo la strage dell’11 Settembre 2001, Papa Wojtyla, durante l’udienza generale del mercoledì, invocò infatti una preghiera per la pace affidando il mondo alla Madonna: “Preghiamo il Signore perché non prevalga la spirale di odio e violenza. Possa la Vergine Santa, Madre di misericordia, risvegliare nel cuore di tutti pensieri di saggezza e di intenzioni pacifiche”, disse il Santo Papa.
Anche durante la Messa a Frosinone di domenica 16 settembre, davanti a 40mila persone, il Pontefice incentrò la sua omelia sulla figura di Maria: “La Vergine – disse – rechi conforto e speranza anche a quanti soffrono a causa del tragico attentato terroristico, che nei giorni scorsi ha ferito profondamente l’amato popolo americano. A tutti i figli di quella grande nazione dirigo, anche ora – aggiunse – il mio pensiero accorato e partecipe. Maria accolga i defunti, consoli i superstiti, sostenga le famiglie particolarmente provate, aiuti tutti a non cedere alla tentazione dell’odio e della violenza, ma ad impegnarsi a servizio della giustizia e della pace”.
Nell’ottobre del 2001, mese del Rosario, poco tempo dopo l’attacco alle Twin Towers, Giovanni Paolo II esortò ancora una volta a pregare la Madre di Dio soprattutto attraverso la coroncina: “Il XXI secolo, nato sotto il segno del grande riconciliazione giubilare, ha purtroppo ereditato dal passato molti teatri di guerra e di violenza ancora attivi – affermò -. Gli sconcertanti attentati dell’11 settembre e tutto quello che è successo dopo nel mondo hanno aumentato la tensione a livello globale”.
Una situazione, quella internazionale, che portò il Santo Padre a convocare una nuova riunione interreligiosa per la pace ad Assisi, il 24 gennaio 2002, realizzando quello che poi passò alla storia come lo “Spirito di Assi”, ovvero una comune invocazione di pace da parte di tutti i rappresentanti delle religioni, e una condanna contro ogni violenza e terrorismo.
E proprio nel contesto di paura provocato dal terrorismo internazionale, dopo l’evento di Assisi, Wojtyla ripristinò infine, nel 2002, la festa del Santo Nome di Maria. In quello stesso anno, l’11 settembre, primo anniversario dell’attentato a New York, il Papa presiedette una preghiera universale di intercessione per le vittime della strage e le loro famiglie, e per la pace nel mondo. E in arabo, pregò “per i credenti di tutte le religioni, in modo che il nome di Dio, misericordioso e amorevole pace, rifiutino con fermezza ogni forma di violenza, in conformità con le diverse esperienze storiche, culturali, religiose”.
La devozione di Giovanni Paolo II al Nome di Maria fu proseguita poi dal suo successore Benedetto XVI. Il Papa emerito lo invocò per la conversione dei battezzati nell’Angelus del 12 settembre 2010: “Alla Vergine Maria, il cui nome più santo si celebra nella Chiesa di oggi, affidiamo il nostro modo conversione a Dio”, disse.
Nel 2007, durante l’Udienza generale del mercoledì, Ratzinger sottolineò invece il collegamento della festa del Nome di Maria con quella della Natività della Vergine, l’8 settembre. In particolare, rivolgendosi ai giovani, rammentò: “Sabato scorso abbiamo celebrato Festa della Natività della Vergine, e oggi ricordiamo il suo santo Nome. La celeste Madre di Dio, che ci accompagna durante tutto l’anno liturgico, guidi voi cari giovani sul sentiero di un’adesione al Vangelo ogni giorno più perfetta”.
Nel corso dei secoli, poi, sono stati numerosi i Santi che hanno invocato il Nome di Maria, a partire da Sant’Ambrogio (397) che scrisse: “Il tuo nome, o Maria, è un delizioso balsamo che si diffonde l’odore di grazia!”. Poi San Bernardo di Chiaravalle (1153) vide nella Vergine un rifugio in mezzo ad una guerra spirituale: “Il nome di Maria mette in fuga tutti i diavoli”, affermava. Anche San Bonaventura da Bagnoregio (1274) proclamò: “Il tuo nome è glorioso, Santa Madre di Dio! È glorioso il nome che è stato la fonte di tante meraviglie!”. E, in ultimo, il Beato Enrico Suso (1365) soleva esclamare: “O nome pieno di dolcezza! O Maria! Chi è dunque Lei, se il Vostro nome è già tanto amabile e talmente colmo di grazie?”.

 

Publié dans:FESTE DI MARIA, PAPA GIOVANNI PAOLO II |on 12 septembre, 2017 |Pas de commentaires »

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – OMELIA

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Maria il volto della Verità

padre Gian Franco Scarpitta

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – OMELIA

Da tanti secoli la Chiesa ci parla di Maria designandola con milioni di titoli ed esaltando di Lei molteplici aspetti, caratteristiche e virtù. Ci sono parecchie usanze locali che esaltano la Vergine, pratiche religiose e devozionali, iniziative catechetiche e oratoriane, celebrazioni mariane che variano di luogo in luogo e numerosissimi Santuari, di cui solo una parte è conosciuta a livello mondiale o nazionale. Tantissimi altri infatti godono di minor prestigio o sono frequentati solamente dalla gente del posto in cui sono sorti. Sulla Madre del Signore la Chiesa da sempre ci trasmette un patrimonio inestimabile di valori che si esprimono attraverso le varie usanze e devozioni dei singoli popoli e che ci aiutano a comprendere, difendendola e arricchendola costantemente, la Verità su di lei. La Chiesa infatti sin dalle origini ci ha anche edotti su quanto della Vergine è veritiero e fondato, senza che mai ingannarsi e senza disorientare il popolo di Dio, nella certezza che ancor prima di costumi e usanze vi è una verità da tenere inalterata e da trasmettere al popolo di Dio e che lo stesso patrimonio di costumi e di tradizioni sia sempre stato utile a veicolare quanto da sempre noi siamo tenuti a sapere sulla Vergine.
Da dove attinge la Chiesa questa Verità così inestimabile? I protestanti risponderebbero: solo dalla Scrittura. La Chiesa Cattolica, pur coltivando la massima riverenza verso la Parola di Dio scritta per ispirazione (la Bibbia) afferma invece che questa verità su Maria (e su ogni altro contenuto della nostra fede) è tratta dal Deposito della fede (1Tm 6, 20), formato dalla Scrittura e dalla « Tradizione. » La rivelazione di Dio infatti ci è pervenuta non solamente attraverso la Parola scritta, ma anche per mezzo di insegnamenti non scritti che gli apostoli appresero dalle parole e dall’esempio di Gesù Cristo e che trasmisero oralmente ai loro successori (i Vescovi) e che sono giunti nel tempo fino a noi. Per Tradizione si intende infatti la trasmissione orale delle verità e dei contenuti della fede. Essa è parola umana che tramette la Parola di Dio e assieme alla Scrittura costituisce quindi il tesoro della verità. Mancando la Tradizione la Verità stessa non sussisterebbe per intero. Sulla Scrittura e sulla Tradizione vigila il Magistero della Chiesa, che da essa trae gli insegnamenti che inequivocabilmente impartisce a tutti i fedeli. Tutto quello che Dio ha comunicato all’uomo non può trovarsi nei soli testi scritti perché  » il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere » (Gv 20, 25). Deve necessariamente trovarsi in altre forme non redatte inizialmente per iscritto, trascurando le quali si trascura la verità. Per il semplice fatto che si misconosce volutamente buona parte di quanto il Signore ci ha insegnato. Di conseguenza è davvero certo che la Chiesa su Maria ci abbia adeguatamente istruiti: la Scrittura e la Tradizione contengono tutto il tesoro di verità su di lei e ogni singolo dogma, dottrina e insegnamento ci proviene da codesta eredità autorevole e necessaria.
Intorno alla liturgia di oggi, facendo riferimento a questa duplice fonte suddetta, la Chiesa ci insegna come verità fondata il fatto che Maria è stata assunta in cielo in anima e corpo. Questo raccontano alcuni dati della Tradizione commentati poi da Padri teologi come Epifanio di Salamina e Germano di Costantinopoli, quest’ultimo il più attendibile e accreditato. Come pure determinati racconti sulla « Dormitio Mariae » di antichissime origini.
Nella lettura attenta della Bibbia si riscontra poi che il corpo mortale di Maria non poteva essere sottoposto al disfacimento e alla putrefazione come avviene al cadavere di qualsiasi altro mortale, perché se così fosse avvenuto, Dio non sarebbe stato davvero il Signore dell’amore e della misericordia. O almeno, non sarebbe un Dio munifico nel modo più appropriato e proporzionato. Quale ricompensa infatti il Signore poteva concedere a Maria, lei che aveva rinunciato alla spensieratezza giovanile tipica delle fanciulle per diventare la Madre del Signore, se non quella che anche il suo corpo venisse poi preservato dalla corruzione? Come poteva Dio lasciare che venisse corroso dai vermi il cadavere di Colei che lo aveva ospitato nel mistero dell’Incarnazione? Non sarebbe stato forse irriverente da parte del Signore abbandonare alla terra il corpo di Colei che espressamente è definita sua Madre nel vangelo di Luca (Lc 1, 48)? Maria è sempre stata associata poi al suo Figlio nella lotta per la salvezza dell’uomo, ha condiviso con lui ogni cosa pur essendo stata anch’essa sua discepola, ha seguito il suo Figlio fin sulla croce, insomma è sempre stata associata a lui; era ben giusto che guadagnasse gli stessi meriti di ricompensa del Cristo suo Figlio. E così è stata portata al cielo, elevata, sottratta alla vista sensoriale degli uomini e introdotta nella gloria piena verso la quale ora siamo orientati anche noi. L’Assunzione di Maria al Cielo ci incoraggia infatti ad aspirare alla nostra patria che è nei Cieli pur restando costantemente impegnati e vigili nella vicenda di questo mondo; ci è di sprone affinché anche noi conosciamo la grande munificenza di Dio proporzionata alle nostre fedeltà e alla nostra perseveranza nel bene perché quanto più siamo costanti nella fede e nella carità tanto più potremo contare sul dono di grazia che ci è stato riservato dal Dio munificentissimo e misericordioso, anche se non saremo mai in grado di essere glorificati in anima e corpo, nella forma assolutamente pari a quella di Maria.

FESTIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE (12 dicembre mf) OMELIA PAPA FRANCESCO

http://w2.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2014/documents/papa-francesco_20141212_nostra-signora-guadalupe.html

CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA FESTIVITÀ DI NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE (12 dicembre mf)

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana

Venerdì, 12 dicembre 2014

“Ti lodino, Signore, tutti i popoli.
Abbi pietà di noi e donaci la tua benedizione.
Rivolgi, Signore, i tuoi occhi verso di noi.
Conosca la terra la tua bontà e i popoli la tua salvezza.
Le nazioni con giubilo ti cantino,
perché giudichi il mondo con giustizia” (cfr Sal 66).

La preghiera del salmista, di supplica di perdono e di benedizione dei popoli e delle nazioni e, allo stesso tempo, di lode gioiosa, aiuta ad esprimere il senso spirituale di questa celebrazione. Sono i popoli e le nazioni della nostra grande Patria latinoamericana quelli che oggi commemorano con gratitudine e gioia la festività della loro Patrona, Nostra Signora di Guadalupe, la cui devozione si estende dall’Alaska fino alla Patagonia. E dall’Arcangelo Gabriele e santa Elisabetta fino a noi, si innalza la nostra preghiera filiale: “Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te…” (Lc 1,28).In questa festività di Nostra Signora di Guadalupe, facciamo prima di tutto grata memoria della sua visita e vicinanza materna; cantiamo con Lei il suo “magnificat”; e le affidiamo la vita dei nostri popoli e la missione continentale della Chiesa.
Quando apparve a san Juan Diego nel Tepeyac, si presentò come la “perfetta sempre Vergine Santa Maria, Madre del vero Dio” (Nican Mopohua); e diede luogo ad una nuova “visitazione”. Corse premurosa ad abbracciare anche i nuovi popoli americani, in una drammatica gestazione. Fu come un “grande segno apparso nel cielo… una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi” (cfr Ap 12,1), che assume in sé la simbologia culturale e religiosa dei popoli originari, e annuncia e dona suo Figlio a tutti questi altri nuovi popoli di meticciato lacerato.
Tanti saltarono di gioia e speranza davanti alla sua visita e davanti al dono di suo Figlio, e la perfetta discepola del Signore è diventata la “grande missionaria che portò il Vangelo alla nostra America” (Documento di Aparecida, 269). Il Figlio di Maria Santissima, Immacolata incinta, si rivela così dalle origini della storia dei nuovi popoli come “il verissimo Dio grazie al quale si vive”, buona novella della dignità filiale di tutti suoi abitanti. Ormai più nessuno è solamente servo, ma tutti siamo figli di uno stesso Padre, fratelli tra di noi e servi nel Servo.
La Santa Madre di Dio ha visitato questi popoli e ha voluto rimanere con loro. Ha lasciato stampata misteriosamente la sua sacra immagine nella “tilma” del suo messaggero perché la avessimo ben presente, diventando così simbolo dell’alleanza di Maria con queste genti, a cui conferisce anima e tenerezza. Per sua intercessione la fede cristiana ha incominciato a diventare il più ricco tesoro dell’anima dei popoli americani, la cui perla preziosa è Gesù Cristo: un patrimonio che si trasmette e manifesta fino ad oggi nel battesimo di moltitudini di persone, nella fede, nella speranza e nella carità di molti, nella preziosità della pietà popolare e anche in quell’ethos americano che si mostra nella consapevolezza della dignità della persona umana, nella passione per la giustizia, nella solidarietà con i più poveri e sofferenti, nella speranza a volte contro ogni speranza.
Da qui noi, oggi, possiamo continuare a lodare Dio per le meraviglie che ha operato nella vita dei popoli latinoamericani. Dio, secondo il suo stile, “ha nascosto queste cose a saggi e colti, dandole a conoscere ai più piccoli e umili, ai semplici di cuore” (cfr Mt 11,21). Nelle meraviglie che il Signore ha realizzato in Maria, Ella riconosce lo stile e il modo di agire di suo Figlio nella storia della salvezza. Sconvolgendo i giudizi mondani, distruggendo gli idoli del potere, della ricchezza, del successo a tutti i costi, denunciando l’autosufficienza, la superbia e i messianismi secolarizzati che allontanano da Dio, il cantico mariano confessa che Dio si compiace nel sovvertire le ideologie e le gerarchie mondane. Innalza gli umili, viene in aiuto dei poveri e dei piccoli, colma di beni, di benedizioni e di speranze quelli che si fidano della sua misericordia di generazione in generazione, mentre abbatte i ricchi, i potenti ed i dominatori dai loro troni.
Il “Magnificat” così ci introduce nelle Beatitudini, sintesi e legge primordiale del messaggio evangelico. Alla sua luce, oggi, ci sentiamo spinti a chiedere una grazia, la grazia tanto cristiana che il futuro dell’America Latina sia forgiato dai poveri e da quelli che soffrono, dagli umili, da quelli che hanno fame e sete di giustizia, dai misericordiosi, dai puri di cuore, da quelli che lavorano per la pace, dai perseguitati a causa del nome di Cristo, “perché di loro sarà il Regno dei cieli” (cfr Mt 5,1-11). Sia la grazia di essere forgiati da quelli che oggi il sistema idolatrico della cultura dello scarto relega nella categoria di schiavi, di oggetti di cui servirsi o semplicemente da rifiutare.
E facciamo questa richiesta perché l’America Latina è il “continente della speranza”! Perché da essa si attendono nuovi modelli di sviluppo che coniughino tradizione cristiana e progresso civile, giustizia e equità con riconciliazione, sviluppo scientifico e tecnologico con saggezza umana, sofferenza feconda con gioia speranzosa. E’ possibile custodire questa speranza solo con grandi dosi di verità e di amore, fondamenti di tutta la realtà, motori rivoluzionari di un’autentica vita nuova.
Poniamo queste realtà e questi auspici sull’altare come dono gradito a Dio. Implorando il suo perdono e confidando nella sua misericordia, celebriamo il sacrificio e la vittoria pasquale di Nostro Signore Gesù Cristo. Lui è l’unico Signore, il “liberatore” di tutte le nostre schiavitù e miserie derivate dal peccato. Lui è la pietra angolare della storia ed è stato il grande scartato. Lui ci chiama a vivere la vera vita, una vita più umana, una convivenza come figli e fratelli, aperte ormai le porte della “nuova terra e dei nuovi cieli” (Ap 21,1). Imploriamo la Santissima Vergine Maria, nella sua vocazione guadalupana – la Madre di Dio, la Regina e mia Signora, “la mia giovinetta, la mia piccolina”, come la chiamò san Juan Diego, e con tutti gli appellativi amorosi con i quali si rivolgono a Lei nella pietà popolare – la supplichiamo perché continui ad accompagnare, aiutare e proteggere i nostri popoli. E perché conduca per mano tutti i figli che vanno peregrinando in quelle terre incontro al suo Figlio, Gesù Cristo, Nostro Signore, presente nella Chiesa, nella sua sacramentalità, specialmente nell’ Eucaristia, presente nel tesoro della sua Parola e nei suoi insegnamenti, presente nel santo popolo fedele di Dio, presente in quelli che soffrono e negli umili di cuore. E se questo programma tanto audace ci spaventa o la pusillanimità mondana ci minaccia, che Lei torni a parlarci al cuore e ci faccia sentire la sua voce di Madre, di “buona Madre”, di “grande Madre”: “Perché hai paura? Non ci sono qui io, che sono tua Madre?”

 

BENEDETTO XVI – IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2011/december/documents/hf_ben-xvi_spe_20111208_immacolata.html

ATTO DI VENERAZIONE ALL’IMMACOLATA A PIAZZA DI SPAGNA

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

Giovedì, 8 dicembre 2011

Cari fratelli e sorelle!

La grande festa di Maria Immacolata ci invita ogni anno a ritrovarci qui, in una delle piazze più belle di Roma, per rendere omaggio a Lei, alla Madre di Cristo e Madre nostra. Con affetto saluto tutti voi qui presenti, come pure quanti sono uniti a noi mediante la radio e la televisione. E vi ringrazio per la vostra corale partecipazione a questo mio atto di preghiera.
Sulla sommità della colonna a cui facciamo corona, Maria è raffigurata da una statua che in parte richiama il passo dell’Apocalisse appena proclamato: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle” (Ap 12,1). Qual è il significato di questa immagine? Essa rappresenta nello stesso tempo la Madonna e la Chiesa.
Anzitutto la “donna” dell’Apocalisse è Maria stessa. Ella appare “vestita di sole”, cioè vestita di Dio: la Vergine Maria infatti è tutta circondata dalla luce di Dio e vive in Dio. Questo simbolo della veste luminosa chiaramente esprime una condizione che riguarda tutto l’essere di Maria: Lei è la “piena di grazia”, ricolma dell’amore di Dio. E “Dio è luce”, dice ancora san Giovanni (1 Gv 1,5). Ecco allora che la “piena di grazia”, l’“Immacolata” riflette con tutta la sua persona la luce del “sole” che è Dio.
Questa donna tiene sotto i suoi piedi la luna, simbolo della morte e della mortalità. Maria, infatti, è pienamente associata alla vittoria di Gesù Cristo, suo Figlio, sul peccato e sulla morte; è libera da qualsiasi ombra di morte e totalmente ricolma di vita. Come la morte non ha più alcun potere su Gesù risorto (cfr Rm 6,9), così, per una grazia e un privilegio singolare di Dio Onnipotente, Maria l’ha lasciata dietro di sé, l’ha superata. E questo si manifesta nei due grandi misteri della sua esistenza: all’inizio, l’essere stata concepita senza peccato originale, che è il mistero che celebriamo oggi; e, alla fine, l’essere stata assunta in anima e corpo nel Cielo, nella gloria di Dio. Ma anche tutta la sua vita terrena è stata una vittoria sulla morte, perché spesa interamente al servizio di Dio, nell’oblazione piena di sé a Lui e al prossimo. Per questo Maria è in se stessa un inno alla vita: è la creatura in cui si è già realizzata la parola di Cristo: “Io sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Nella visione dell’Apocalisse c’è un altro particolare: sul capo della donna vestita di sole c’è “una corona di dodici stelle”. Questo segno rappresenta le dodici tribù d’Israele e significa che la Vergine Maria è al centro del Popolo di Dio, di tutta la comunione dei santi. E così questa immagine della corona di dodici stelle ci introduce alla seconda grande interpretazione del segno celeste della “donna vestita di sole”: oltre a rappresentare la Madonna, questo segno impersona la Chiesa, la comunità cristiana di tutti i tempi. Essa è incinta, nel senso che porta nel suo seno Cristo e lo deve partorire al mondo: ecco il travaglio della Chiesa pellegrina sulla terra, che in mezzo alle consolazioni di Dio e alle persecuzioni del mondo deve portare Gesù agli uomini.
E’ proprio per questo, perché porta Gesù, che la Chiesa incontra l’opposizione di un feroce avversario, rappresentato nella visione apocalittica da “un enorme drago rosso” (Ap 12,3). Questo dragone ha cercato invano di divorare Gesù – il “figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni” (12,5) –, invano perché Gesù, attraverso la sua morte e risurrezione, è salito verso Dio e si è assiso sul suo trono. Perciò il dragone, sconfitto una volta per sempre nel cielo, rivolge i suoi attacchi contro la donna – la Chiesa – nel deserto del mondo. Ma in ogni epoca la Chiesa viene sostenuta dalla luce e dalla forza di Dio, che la nutre nel deserto con il pane della sua Parola e della santa Eucaristia. E così in ogni tribolazione, attraverso tutte le prove che incontra nel corso dei tempi e nelle diverse parti del mondo, la Chiesa soffre persecuzione, ma risulta vincitrice. E proprio in questo modo la Comunità cristiana è la presenza, la garanzia dell’amore di Dio contro tutte le ideologie dell’odio e dell’egoismo.
L’unica insidia di cui la Chiesa può e deve aver timore è il peccato dei suoi membri. Mentre infatti Maria è Immacolata, libera da ogni macchia di peccato, la Chiesa è santa, ma al tempo stesso segnata dai nostri peccati. Per questo il Popolo di Dio, peregrinante nel tempo, si rivolge alla sua Madre celeste e domanda il suo aiuto; lo domanda perché Ella accompagni il cammino di fede, perché incoraggi l’impegno di vita cristiana e perché dia sostegno alla speranza. Ne abbiamo bisogno, soprattutto in questo momento così difficile per l’Italia, per l’Europa, per varie parti del mondo. Maria ci aiuti a vedere che c’è una luce al di là della coltre di nebbia che sembra avvolgere la realtà. Per questo anche noi, specialmente in questa ricorrenza, non cessiamo di chiedere con fiducia filiale il suo aiuto: “O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che a te ricorriamo”. Ora pro nobis, intercede pro nobis ad Dominum Iesum Christum!

GIOVANNI PAOLO II – CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA DELLA NATIVITÀ DI MARIA

https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1985/documents/hf_jp-ii_hom_19850908_liechtenstein.html

VISITA PASTORALE NEL LIECHTENSTEIN

CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA DELLA NATIVITÀ DI MARIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Eschen-Mauren (Liechtenstein)

Domenica, 8 settembre 1985

Cari fratelli e sorelle.

1. Come Chiesa di Cristo festosamente riunita celebriamo oggi la Natività della beata Vergine Maria. La liturgia ci invita a ringraziare la santissima Trinità per la nascita della Madre del nostro Salvatore, “la cui santa vita illumina l’intera Chiesa” (“Antifona di Terza”). La nascita di Maria porta luce e speranza per tutte le comunità di Cristo e oggi in particolare per la Chiesa nel Liechtenstein. Questo mistero forma la cornice spirituale per la visita pastorale del successore di Pietro alla vostra Chiesa locale. In essa io saluto una parte dell’antica diocesi di Coira, le cui radici arrivano fino alla provincia romana della Retia. Voi onorate tra i primi padri della vostra fede i santi Lucio e Gallo, e attraverso la loro opera missionaria voi siete, fin dagli albori del cristianesimo, Chiesa di Cristo nell’area delle Alpi e nei pressi del Reno che collega i popoli. In molti modi, nel passato e nel presente, avete testimoniato di riconoscere Maria anche come Madre della vostra Chiesa locale, e di venerarla come Patrona del vostro Paese, come esempio e speranza della vostra fede, e di emularla nella sua “santa vita”. 2. Le Scritture della liturgia odierna ci inducono a considerare il mistero di Maria contemporaneamente da due visuali diverse. Il profeta Michea lo considera dalla distanza dell’antica alleanza. La sua predizione annuncia la nascita del Messia e Unto: “. . . che deve essere il dominatore di Israele. Le sue origini sono dall’antichità” (Mi 5, 1). Con ciò si intende la parola eterna di Dio, che è il Figlio della stessa natura del Padre. Egli sarà il nostro “pastore nella potenza del Signore”; con lui noi vivremo “in sicurezza”; perché lui sarà la nostra “pace”. Allo stesso tempo il profeta parla della donna, “che deve partorire” (Mi 5, 2). Una creatura, una donna è prescelta per svolgere un ruolo decisivo nell’opera salvifica di Dio; sarà lei la prima per la quale si adempirà la “sicurezza” e la “pace” messianica in modo concreto. Ella sarà benedetta tra tutte le donne; ella sarà un dono per tutta l’umanità, perché partorirà il Salvatore. 3. Al contrario, molto da vicino l’evangelista Matteo osserva l’odierno mistero. Qui ci troviamo già al centro di quell’avvenimento che il profeta Michea aveva potuto solamente delineare da lontano. Maria entra nella luce del pubblico come donna incinta. In un primo momento, gli uomini sono sconcertati; sembra che ci si vergogni di lei. Poi però Giuseppe, suo marito, viene a conoscere l’importanza di questo bambino che si attende: esso è voluto in modo unico da Dio; esso è “dello Spirito Santo”. Il suo nome sarà “Gesù”, nome che indica il suo compito futuro: “Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Sì, egli sarà un autentico “Emmanuele”: in lui “Dio è con noi”: e Giuseppe prese con sé la sua sposa (cf. Mt 1, 18-24). Così egli si dichiara per Maria e per il frutto del suo corpo; coraggiosamente egli si pone al fianco della Madre del Salvatore e sostiene così la grande prova della sua vita. 4. In questo modo le letture odierne ci inducono a considerare da due diverse visuali il grande mistero della parola eterna che si è fatta uomo e contemporaneamente il mistero della maternità di Maria. Noi meditiamo su questo stretto legame tra i due misteri ogni anno, in particolare tra Natale e Capodanno, tra il giorno della nascita di Cristo e il giorno della maternità di Maria; particolare evidenza deve essere però conferita a questo legame nel corso della preparazione dell’ormai non lontana celebrazione dei duemila anni della nascita umana del nostro Redentore. Dio ha scelto Maria per diventare la Madre di Gesù Cristo. Secondo la fede della Chiesa, tutta la persona e l’esistenza di Maria sono improntate a questa chiamata eccezionale. Questo è il motivo per cui noi guardiamo al suo ingresso in questo mondo, alla sua nascita, con venerazione e con riconoscenza; e anche se la data esatta di questa nascita non ci è nota, essa cade inequivocabilmente negli anni immediatamente precedenti quella santa notte di Betlemme. 5. La liturgia, oggi, non parla però solamente di avvenimenti passati. La lettura della Lettera di San Paolo ai Romani ci rammenta l’eterno piano di salvezza di Dio con il suo significato sempre attuale anche per il nostro tempo. Questo piano nasce direttamente dal divenire uomo del Figlio di Dio, “il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8, 29). È volontà di Dio che noi diventiamo fratelli e sorelle di Gesù e che “prendiamo parte alla sostanza e alla forma di suo Figlio”; in Gesù egli ha “reso giusti” e “glorificato” già tutti coloro che ha chiamato alla sua sequela. Meravigliose parole dell’apostolo, in cui la Chiesa riconosce la parola di Dio stesso! Sì, grandi cose il Signore ha fatto rendendoci membri della sua Chiesa. Una gioia e una riconoscenza spontanee devono sgorgare dal nostro cuore; la nostra risposta deve essere quella di amare Dio con il corpo e con l’anima, con il cuore e con la ragione, con tutte le nostre forze. Solo allora anche su di noi si potrà adempiere quanto la lettera di San Paolo afferma grandiosamente all’inizio: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (cf. Rm 8, 28-30). Come sono diventate vere queste parole per Gesù stesso, che attraverso il sacrificio della sua vita è divenuto il nostro Redentore; ma come sono diventate vere anche per Maria, la prima redenta, che per amore del Figlio è rimasta preservata dal peccato ed è quindi divenuta la Madre di tutti i redenti. In questo modo Maria, attraverso la sua vocazione ad essere la Madre di Cristo, partecipa in misura particolare a quella chiamata comune, rivolta da Cristo a tutti gli uomini e che può essere realizzata in comunione con lui. Se noi veneriamo il mistero della nascita di Maria con amore, ci renderemo conto sempre più chiaramente che mediante il suo “sì” e attraverso la sua maternità Dio è con noi. “Emmanuele” (Dio con noi): questo è il nome per il Figlio di Dio, che è venuto in questo mondo e che attraverso la sua presenza fraterna santifica ogni realtà umana e la apre a Dio. 6. Questo vale anche per quella primissima sorgente della comunità umana che noi chiamiamo famiglia. L’odierna festa della nascita di Maria e il mistero della nascita umana di Dio nel grembo della Sacra Famiglia guidano la nostra attenzione, nel corso di questa celebrazione eucaristica, proprio sulla famiglia. Nel corso dell’udienza particolare per i pellegrini del Liechtenstein venuti a Roma due anni fa ebbi a dire, tra l’altro, riguardo alla famiglia e alla sua grande importanza per la vita naturale e soprannaturale del singolo e per la società: “La riconciliazione personale con Dio è la necessaria premessa perché la riconciliazione e la pace possano divenire realtà anche nella comunità umana. Ogni singolo è chiamato a portare il proprio contributo. Iniziate nello stretto ambito della famiglia! La Chiesa è convinta che il benessere della società e quello proprio siano strettamente legati al benessere della famiglia. Tutto quanto avviene per la guarigione e il rafforzamento della famiglia torna al vantaggio dell’intera comunità” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI/2 [1983] 767). Allora ho anche caldamente ammonito: “L’umanità di oggi ha urgente bisogno di riconciliazione cristiana. Istituiamola e doniamola lì dove siamo in grado di procurarla agli altri: nelle nostre famiglie, nei nostri posti di lavoro, nella comunità, nella comunità di tutto il popolo!” (Ivi). Proprio nella stretta cerchia familiare o nel vicinato ci troviamo a sperimentare, talora, la durezza del litigio e dell’intransigenza tra gli uomini in modo molto doloroso. Come cristiani dobbiamo essere sempre pronti a pronunciare una parola conciliante e a tendere la mano alla riconciliazione. 7. Un matrimonio che sia entrato in crisi; un matrimonio che dal punto di vista umano è prossimo alla rovina; un matrimonio appesantito dal vicendevole estraniarsi dei partner può essere salvato dai coniugi solo a condizione che essi sappiano perdonarsi a vicenda e operino con perseveranza verso una riconciliazione. Quanto è valido per il rapporto tra i coniugi, vale anche per il rapporto dei genitori con i figli e dei figli con i genitori. Quando in una famiglia nascono conflitti tra giovani e anziani, tra padre o madre e figlio o figlia, questi devono essere risolti nella vicendevole comprensione e nel vicendevole perdono. Ragazzi e adolescenti, padri e madri, non siate mai troppo orgogliosi o troppo testardi, tanto da non essere in grado di tendervi la mano per la riconciliazione, quando ha avuto luogo una discussione! Non siate ostinati e non portate rancore quando si tratta di risolvere una lite! È però parte essenziale di tutto ciò la riconciliazione con Dio mediante una buona confessione personale, dato che ogni offesa recata al nostro prossimo è anche un’offesa recata a Dio, di cui siamo tutti creature amate. Quindi, non escludete Dio nella riconciliazione tra gli uomini e afferrate quel mezzo di salvezza che si chiama confessione e che dona la pace interiore, che solo il Signore può dare! Matrimonio e famiglia possono rispondere alla loro altissima chiamata cristiana solamente quando la pratica regolare della conversione e confessione personale e della riconciliazione attraverso la confessione hanno il loro posto fisso nella vita dei coniugi e dei membri della famiglia. La missione popolare del Liechtenstein, che avrà inizio tra breve, mancherebbe a un suo compito essenziale, direi addirittura che non potrebbe dare il via all’“incontro con la vita” in Cristo, qualora rinunciasse a condurre i fedeli anche a una buona Confessione. Prego quindi vivamente i predicatori della missione di riservare a questo argomento la loro viva attenzione; in particolare suggerisco la celebrazione comunitaria del sacramento della Penitenza con la successiva Confessione personale e l’assoluzione di ogni singola persona. “Incontro alla vita” – questo il leit-motiv della missione – è in primo luogo una liberazione dal peccato e dalla colpa, dalla mancanza di libertà e dall’egocentrismo, dall’errore e dalla confusione e quindi un cammino verso la santità e la santificazione della vita comunitaria. Maria, che nacque e visse senza la macchia del peccato, si pone davanti ai nostri occhi come il grande esempio di tale santità. Il suo esempio sia per noi luce e forza! 8. La famiglia come cellula della società e pietra viva della comunità ecclesiale è contemporaneamente anche il primo luogo della preghiera. Il Concilio Vaticano II dice: “Quando i genitori, mediante il loro esempio e la loro preghiera comune iniziano il loro cammino, anche i figli e tutti coloro che vivono in quella comunità familiare, riusciranno più facilmente a trovare questa via dell’autentica umanità, della salvezza e della santità. I coniugi però debbono, nella loro dignità e nel loro incarico di padre e di madre, assolvere accuratamente al dovere dell’educazione, soprattutto di quella religiosa, che è in particolare di loro competenza” (Gaudium et spes, 48). Allo stesso modo è però anche vero che i figli, come membri della famiglia donati da Dio, contribuiscono a modo loro alla santificazione dei genitori. In questa diocesi, e quindi anche nel vostro Paese del Liechtenstein, alcuni anni fa è iniziata l’azione “Chiesa familiare”, che vorrebbe servire alla preghiera comune nella famiglia. Portate avanti questo importante compito e promuovetelo secondo le vostre forze! La preghiera comune a tavola non dovrebbe mancare in nessuna famiglia cristiana. Sono cosciente del fatto che per alcuni comporti un grande sforzo ricominciare con questa usanza. Mettete da parte ogni falsa vergogna religiosa e pregate insieme! “Perché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”, ci promette il Signore (Mt 18, 20). A ragione possiamo pensare che la Madre del Signore sia nata in una famiglia religiosa e devota. Maria stessa prega molto. Nel Magnificat, famosa lode della potenza e gloria del Signore, essa ci insegna l’indirizzo principale di ogni preghiera: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore” (Lc 1, 46-47). Cantate anche voi questa lode a Dio! Mostrate a Dio, mediante la fedele partecipazione alle celebrazioni eucaristiche della domenica e dei giorni feriali, che lo amate e onorate sopra ogni cosa e contemporaneamente siete pronti a dare a quest’amore un’espressione concreta e comunitaria! Andate al Signore eucaristico nel tabernacolo e pregate lì il Dio misteriosamente presente per voi stessi, per la vostra famiglia, per le vostre famiglie della vostra patria, per la famiglia dell’umanità e per la famiglia di Dio nella Chiesa! Esorto voi tutti, bambini, ragazzi e adulti, laici e sacerdoti, religiosi e religiose, sani e malati, impediti e attempati: pregate! Sì, mantenetevi fedeli alla preghiera quotidiana! La preghiera è la forza che veramente cambia e libera la nostra vita; nella preghiera avviene l’autentico “incontro con la vita”. 9. La famiglia è quindi un fondamentale rifugio e luogo d’esercizio per i valori e le qualità fondamentali che caratterizzano la singola persona. La famiglia è il terreno da cui trae nutrimento la coscienza della dignità della persona umana. L’ordine morale del matrimonio e della famiglia, come Dio lo ha fissato nel piano di creazione, viene oggigiorno frequentemente disturbato dal comportamento incosciente di molti, e non raramente viene addirittura distrutto. Ideologie disgregatrici che si ritengono moderne vogliono farci credere che quest’ordine sia superato e addirittura nemico dell’uomo. Così avviene già che molti cristiani si vergognano di impegnarsi con convinzione per quei principi morali fondamentali. Un simile atteggiamento dell’uomo non può portare alcuna benedizione, né per il singolo né per la società, la quale a sua volta è, in forte misura, determinata dalla qualità morale e religiosa del singolo e della sua famiglia. La Chiesa cattolica non si stancherà di ripetere integralmente e senza limiti e di sottolineare sempre nuovamente quei principi che riguardano il male della convivenza extraconiugale, dell’infedeltà coniugale, della pratica divorzista sempre in aumento, del cattivo uso del matrimonio e dell’aborto. I compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi sono molteplici e importanti. Ogni famiglia religiosamente e moralmente sana è contemporaneamente un prezioso fermento per l’intera comunità dei popoli. L’autentica famiglia cristiana è una benedizione per il mondo. Vorrei incoraggiare tutte le famiglie tra di voi a divenire sempre più famiglie veramente cristiane e ad affrontare il compito a ciò connesso nel tempo odierno con grande coraggio. L’umanità ha bisogno di questa testimonianza di fede nell’ora storica in cui viviamo. Non lasciatevi deviare da nessun contraccolpo, insuccesso, delusione o insicurezza e formate la vostra vita coniugale e familiare nello spirito di Cristo e della sua Chiesa! 10. Il cristiano convinto non si arrende mai! Egli prosegue fiducioso e con tenacia perché sa che c’è qualcuno che lo accompagna, che dà forza e fiducia proprio nei momenti di angoscia della vita. Questo esempio ce lo ha dato Maria, l’aurora della salvezza che ci ha partorito Cristo, il sole della giustizia (cf. “Prefazio della Festa”). Essa ha percorso la via con il suo Figlio divino fin sotto la croce. Grazie alla fedeltà sofferta, in cui ha vissuto la sua non facile vocazione di Madre di Cristo, essa ha potuto conoscere per sé stessa ciò che Paolo afferma oggi nella seconda lettura: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28). Possa la santa vita della Vergine Maria, la cui nascita la Chiesa celebra oggi in maniera così solenne nel principato del Liechtenstein con il successore di Pietro, diventare luce anche per la vostra vita di cristiani nelle vostre famiglie e nell’intera vostra comunità di popolo. Il suo esempio e il suo aiuto vi mettono in condizioni di vivere degnamente la vostra vocazione. Rimanete, soprattutto, una grande famiglia religiosamente e moralmente sana all’interno delle vostre frontiere, che si possono abbracciare con lo sguardo, di questo vostro bel Paese e vivete sempre nell’unione con la Chiesa universale e con il suo supremo pastore. Dio vi benedica e vi protegga per l’intercessione di Nostra Signora del Liechtenstein, la Madre del nostro Redentore, che sotto la croce è divenuta anche la Madre di noi tutti. Amen.

 

INNI CANTATI AL GETSEMANI NELLA COMMEMORAZIONE DELLA SEPOLTURA DELLA SANTISSIMA THEOTOCOS

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INNI CANTATI AL GETSEMANI NELLA COMMEMORAZIONE DELLA SEPOLTURA DELLA SANTISSIMA THEOTOCOS

L O D I
DELLA NOSTRA SANTISSIMA REGINA (SIGNORA)
MADRE DI DIO E SEMPRE VERGINE MARIA

Tono 1° largo
Oh, tu Pura, fosti deposta nel sepolcro, tu che sulla terra, incinta in modo ineffabile hai contenuto Dio nel tuo seno.
Maria, come puoi morire, come puoi abitare un sepolcro, tu che hai generato il datore della vita, colui che ha risuscitato i morti dalla corruzione?
Dio Verbo che stabilì la terra nelle sue dimensioni, o Pura, fu compreso nel tuo seno; come puoi stare in un piccolissimo sepolcro?
Colei che ha generato il più bello fra tutti gli uomini, senza timore si sottomette alle leggi della natura.
Per tuo mezzo l’Ade è stato spogliato, o Venerabile, e noi siamo stati rivestiti della gloria di Dio; come dunque ti sottometti alle leggi della natura?
O Venerabile, il pungiglione della morte è stato da te spezzato, e noi siamo stati liberati dalla corruzione della morte; come dunque sei morta e sei annoverata tra i morti?
Tu, Maria, fosti il campo del Dio immenso e suo tempio santo; ma ora il campo del Getsemani ti ricopre.
O Sposa di Dio, sei disceso sotto terra tu che sulla terra hai portato in seno Cristo bambino, per salvare gli uomini dalla morte.
Si meraviglia e la natura e la moltitudine degli esseri intelligenti, o Verginemadre, per quel mistero della tua gloriosa e ineffabile sepoltura.
O miracoli straordinari, o cose nuove! Colei che concepì il datore del mio respiro, giace senza respiro ed, morta, è sepolta.
La moltitudine degli Apostoli per volontà divina è trasportata attraverso i cieli a te, per seppellire il tuo venerabile corpo.
La moltitudine degli eserciti celesti si unisce agli Apostoli e ai santi per seppellire te, Immacolata Madre di Dio.
Le Potestà, i Troni, i Cherubini, i Serafini, le Dominazioni, i Principati con le Potestà devotamente cantano inni alla tua dormizione.
Giaci morta secondo la legge umana tu che, Madrevergine Pura con il tuo parto hai vinto i limiti della natura.
Gli eserciti celesti come ti videro giacere morta si stupirono, o Immacolata, e ti coprirono con le loro ali.
Gli Angeli con inni celesti cantavano, nei tre giorni della sepoltura, o Venerabile, e magnificavano la tua gloria.
Il santo e venerabile Getsemani divenne come un secondo cielo, quando ricevette le tue sacre spoglie, o Pura.
Dove riposa la spoglia della Madre di Dio, lá si riuniscono devotamente le moltitudini delle Potestà celesti.
Il Figlio di Dio rese il tuo seno più ampio dei cieli e il tuo utero vero trono divino.
Coloro che furono ammaestrati dal Verbo divino erano presi da stupore, o Pura, vedendoti morta, senza voce, tu che fosti Madre la vita.
Il sepolcro copre le tue spoglie, o Pura, mentre tuo Figlio raggiante abbraccia teneramente la tu anima divina.
Anche se fosti racchiusa in un piccolissimo sepolcro, sei stata veramente riconosciuta da tutta la creazione Regina del cielo e della terra, o Maria.
Anche se ti vediamo corruttibile nel sepolcro, sappiamo che sei sposa dell’Altissimo e vera Madre di Gesú Verbo di Dio.
Fiore incorrotto e Madre di Dio ti riconosciamo e predichiamo, o Illibata, anche se ti vediamo mortale nel sepolcro.
O Semprevergine, i fedeli ti riconoscono veramente come chiave del Regno di Dio, anche se il sepolcro ti ricopre morta.
Fosti generata per noi porta della salvezza e capo della rinascita spirituale, anche se ti sei sottomessa alla corruzione della natura.
Ora il sepolcro accoglie te, o Vergine, vaso che prima aveva contenuto la manna celeste causa della nostra vita.
La verga che ha fatto fiorire Cristo, fiore profumato, ora è sotterrato nel sepolcro, perchè generi il frutto della salvezza.
Vicino alla valle del pianto fu posta la tua spoglia, o Immacolata, simbolo della tua preghiera per coloro che piangono.
Dove avverrà il giudizio dei vivi e dei morti fu posta la tua spoglia, o Immacolata, perché tu muova a pietà il Giudice.
Veramente tu sola sei che risplendi come tipo della risurrezione dei mortali e tu sola sei propiziazione per i colpevoli.
Tu, o Pura, che sei trono dell’Altissimo salisti dalla terra al cielo, assunta alla vita eterna.
Quando lo stuolo degli Apostoli si trovo presente alla tua sepoltura si lamentavano piangenti e gementi per la tua perdita.
Tu che prima con il tuo parto hai dato la morte al nemico, sei salita alle tende immortali dopo esser morta secondo la legge naturale degli uomini.
O Pura, gioirono i cori degli Spiriti celesti quando, trasportata dalla terra, ti ricevettero nelle tende celesti.
Come una volta hai generato in modo inesprimibile e inintelligibile, così ora, o Immacolata, in modo meraviglioso salisti dalla terra al cielo.
Ora ti sei presentata a Dio circondata e ornata di splendori come Regina e Madre di Dio.
O Angelo di Dio tre giorni prima fu mandato da te, o Immacolata, per annunzi arti la tua assunzione.
L’Arcangelo mandato dal cielo ti porta un ramo di palma simbolo della tua assunzione.
Di che infinita gioia fosti ripiena, o Pura, quando l’Angelo Gabriele ti annunziò la tua assunzione al cielo.
Gli alberi sul monte piegano i rami, o Immacolata, e ti rendono omaggio attribuendoti onori di Regina.
Moltitudine di Spiriti insieme con il tuo Signore, o Venerabile, dal cielo sono inviati devotamente in Sion presso di te.
L’Arcangelo troncò orribilmente le mani di colui che si azzardava toccare la veneranda Arca vivente di Dio.
Con lacrime e forti gemiti tutte le tue amiche si lamentano accanto a te, non potendo sopportare che tu fosti portata via.
Come quelle allora, così ora noi ti supplichiamo caldamente, o Regina che fosti assunta, di non lasciare orfani i tuoi servi.
China il capo dal cielo, o Pura, e manda infinita misericordia a noi che sulla terra onoriamo la tua dormizione.
O Fonte di grazie e sorgente di miracoli, tu che hai misericordia infinita non smettere di aver pietà di noi.
Le predizioni di tutti i profeti si adempiono ora in te, Donna Illibata, che fosti assunta alla vita eterna.
Come ha cantato Davide tuo progenitore, o Donna da tutti celebrata, ora ti sei presentata come vera Regina al trono di Dio.
Bisognava veramente che salissi alle abitazioni e alle tende celesti con tutto il tuo corpo, che fu talamo e tenda del Verbo di Dio.
O Immacolata, Tommaso per divina disposizione è assente dalle tue esequie, affinché noi conoscessimo la tua assunzione.
Volendo anche lui venerare devotamente le tue immacolate e sante spoglie ne trovò il sepolcro vuoto.
O fedeli affrettatevi tutti e corriamo anche noi con devozione alla sepoltura della Signora che è trasportata dalla terra al cielo.
Con canti funebri innalziamo anche noi devotamente inni al sepolcro della Purissima, insieme con gli uomini che ispirati da Dio le cantarono salmi.
La tavola divina che prima portava espiazione a buon prezzo (in abbondanza) ora è trasportata alle tende divine della delizie. La santa Scala che allora Giacobbe vide chiaramente, per la quale è disceso l’Altissimo, è trasportata dalla terra al cielo.
È innalzato il ponte che trasporta dalla morte alla vita totale coloro che prima sono morti per la trasgressione di Adamo.
Ora dunque danzano insieme i celesti con i terrestri; al canto degli uomini si uniscono gli angeli a causa della tua assunzione presso Dio.
Lampada divina dalla luce inesprimibile, tu che sei buona non smettere di far scendere dal cielo la luce sui tuoi servi che sono sulla terra.
O Pura innalzata in aria come nuvola leggera presso il Dio dei tuoi dono, aspergici sempre con leggera pioggia.
Ora che sei giunta al lido sereno della gioia inesprimibile, soccorri, o Sposa di Dio, noi che viviamo ancora nella tempesta sulla terra.
Tu che abiti le tende dell’Altissimo, o Pura, proteggi la tenda nella quale Dio è magnificato liberandola dalle tentazioni.
O Pura, consolida l’autorità dei Re ortodossi e l’ala dell’essere cito del tuo popolo devoto, tu che domini tutte le cose create.
Come i naviganti guardano al punto fermo della stella polare, cosi tutti fissiamo te, o Amabile.
Sei il vanto dei sacerdoti devoti, fermo sostegno della Chiesa, protettrice dei santi asceti.
Noi ortodossi ti proclamiamo sempre Madre di Dio e Vergine Pura e glorifichiamo la tua potenza, o Venerabile.
Il tuo sepolcro anche se ora si vede vuoto della tua spoglia, fa zampillare per noi fiumi di grazie e spande rimedi salutari.
Noi fedeli confidiamo fermamente in te, che ti abbiamo mediatrice presso il Signore, invincibile e potente protezione.
O Amabile, facci degni di divenire partecipi del Regno del tuo Figlio, intercedendo continuamente presso di Lui.
Se è vero che ogni giorno sconsideratamente diventiamo trasgressori dei suoi comandamenti, però mai lo rinneghiamo.
Buona come sei, tu Madre del Figlio buono e filantropo, facci buoni anche noi, o Vergine amante del buono.
Gloria…
O Logos, tutti cantiamo inni e devotamente glorifichiamo te Dio di tutti, con il Padre e il tuo santo Spirito.
Ora…
Ci felicitiamo con te, o Pura, Madre di Dio e onoriamo la tua santa dormizione e la tua assunzione dalla terra al cielo.
Oh! Pura, fosti deposta nel sepolcro tu che sulla terra fosti incinta in modo ineffabile e hai portato Dio nel tuo seno.
Breve colletta e acclamazione
Perché il tuo nome è benedetto ed è glorificato il Regno tuo, del Padre, del Figlio e del santo Spirito, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.

 

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

 http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/homilies/2011/documents/hf_ben-xvi_hom_20110815_assunzione.html    

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Parrocchia di San Tommaso da Villanova, Castel Gandolfo

Lunedì, 15 agosto 2011

Cari fratelli e sorelle,

ci ritroviamo riuniti, ancora una volta, a celebrare una delle più antiche e amate feste dedicate a Maria Santissima: la festa della sua assunzione alla gloria del Cielo in anima e corpo, cioè in tutto il suo essere umano, nell’integrità della sua persona. Ci è data così la grazia di rinnovare il nostro amore a Maria, di ammirarla e di lodarla per le “grandi cose” che l’Onnipotente ha fatto per Lei e che ha operato in Lei. Nel contemplare la Vergine Maria ci è data un’altra grazia: quella di poter vedere in profondità anche la nostra vita. Sì, perché anche la nostra esistenza quotidiana, con i suoi problemi e le sue speranze, riceve luce dalla Madre di Dio, dal suo percorso spirituale, dal suo destino di gloria: un cammino e una meta che possono e devono diventare, in qualche modo, il nostro stesso cammino e la nostra stessa meta. Ci lasciamo guidare dai brani della Sacra Scrittura che la liturgia oggi ci propone. Vorrei soffermarmi, in particolare, su un’immagine che troviamo nella prima lettura, tratta dall’Apocalisse, e alla quale fa eco il vangelo di Luca: cioè, quella dell’arca. Nella prima lettura, abbiamo ascoltato: “Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza” (Ap 11,19). Qual è il significato dell’arca? Che cosa appare? Per l’Antico Testamento, essa è il simbolo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo. Ma ormai il simbolo ha ceduto il posto alla realtà. Così il Nuovo Testamento ci dice che la vera arca dell’alleanza è una persona viva e concreta: è la Vergine Maria. Dio non abita in un mobile, Dio abita in una persona, in un cuore: Maria, Colei che ha portato nel suo grembo il Figlio eterno di Dio fatto uomo, Gesù nostro Signore e Salvatore. Nell’arca – come sappiamo – erano conservate le due tavole della legge di Mosè, che manifestavano la volontà di Dio di mantenere l’alleanza con il suo popolo, indicandone le condizioni per essere fedeli al patto di Dio, per conformarsi alla volontà di Dio e così anche alla nostra verità profonda. Maria è l’arca dell’alleanza, perché ha accolto in sé Gesù; ha accolto in sé la Parola vivente, tutto il contenuto della volontà di Dio, della verità di Dio; ha accolto in sé Colui che è la nuova ed eterna alleanza, culminata con l’offerta del suo corpo e del suo sangue: corpo e sangue ricevuti da Maria. A ragione, dunque, la pietà cristiana, nelle litanie in onore della Madonna, si rivolge a Lei invocandola come Foederis Arca, ossia “arca dell’alleanza”, arca della presenza di Dio, arca dell’alleanza d’amore che Dio ha voluto stringere in modo definitivo con tutta l’umanità in Cristo. Il brano dell’Apocalisse vuole indicare un altro aspetto importante della realtà di Maria. Ella, arca vivente dell’alleanza, ha un destino di gloria straordinaria, perché è così strettamente unita al Figlio che ha accolto nella fede e generato nella carne, da condividerne pienamente la gloria del cielo. E’ quanto ci suggeriscono le parole ascoltate: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta… Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni…” (12,1-2; 5). La grandezza di Maria, Madre di Dio, piena di grazia, pienamente docile all’azione dello Spirito Santo, vive già nel Cielo di Dio con tutta se stessa, anima e corpo. San Giovanni Damasceno riferendosi a questo mistero in una famosa Omelia afferma: “Oggi la santa e unica Vergine è condotta al tempio celeste … Oggi l’arca sacra e animata del Dio Vivente, [l’arca] che ha portato in grembo il proprio Artefice, si riposa nel tempio del Signore, non costruito da mano d’uomo” (Omelia II sulla Dormizione, 2, PG 96, 723) e continua: “Bisognava che colei che aveva ospitato nel suo grembo il Logos divino, si trasferisse nei tabernacoli del Figlio suo … Bisognava che la Sposa che il Padre si era scelta, abitasse nella stanza nuziale del Cielo” (ibid., 14, PG 96, 742). Oggi la Chiesa canta l’amore immenso di Dio per questa sua creatura: l’ha scelta come vera “arca dell’alleanza”, come Colei che continua a generare e a donare Cristo Salvatore all’umanità, come Colei che in cielo condivide la pienezza della gloria e gode della felicità stessa di Dio e, nello stesso tempo, invita anche noi a divenire, nel nostro modo modesto, “arca” nella quale è presente la Parola di Dio, che è trasformata e vivificata dalla sua presenza, luogo della presenza di Dio, affinché gli uomini possano incontrare nell’altro uomo la vicinanza di Dio e così vivere in comunione con Dio e conoscere la realtà del Cielo. Il vangelo di Luca appena ascoltato (cfr Lc 1,39-56), ci mostra quest’arca vivente, che è Maria, in movimento: lasciata la sua casa di Nazaret, Maria si mette in viaggio verso la montagna per raggiungere in fretta una città di Giuda e recarsi nella casa di Zaccaria e di Elisabetta. Mi sembra importante sottolineare l’espressione “in fretta”: le cose di Dio meritano fretta, anzi le uniche cose del mondo che meritano fretta sono proprio quelle di Dio, che hanno la vera urgenza per la nostra vita. Allora Maria entra in questa casa di Zaccaria e di Elisabetta, ma non entra sola. Vi entra portando in grembo il figlio, che è Dio stesso fatto uomo. Certamente c’era attesa di lei e del suo aiuto in quella casa, ma l’evangelista ci guida a comprendere che questa attesa rimanda ad un’altra, più profonda. Zaccaria, Elisabetta e il piccolo Giovanni Battista sono, infatti, il simbolo di tutti i giusti di Israele, il cui cuore, ricco di speranza, attende la venuta del Messia salvatore. Ed è lo Spirito Santo ad aprire gli occhi di Elisabetta e a farle riconoscere in Maria la vera arca dell’alleanza, la Madre di Dio, che viene a visitarla. E così l’anziana parente l’accoglie dicendole “a gran voce”: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?” (Lc 1,42-43). Ed è lo stesso Spirito Santo che davanti a Colei che porta il Dio fattosi uomo, apre il cuore di Giovanni Battista nel grembo di Elisabetta. Elisabetta, esclama: “Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo” (v. 44). Qui l’evangelista Luca usa il termine “skirtan”, cioè “saltellare”, lo stesso termine che troviamo in una delle antiche traduzioni greche dell’Antico Testamento per descrivere la danza del Re Davide davanti all’arca santa che è tornata finalmente in patria (2Sam 6,16). Giovanni Battista nel grembo della madre danza davanti all’arca dell’Alleanza, come Davide; e riconosce così: Maria è la nuova arca dell’alleanza, davanti alla quale il cuore esulta di gioia, la Madre di Dio presente nel mondo, che non tiene per sé questa divina presenza, ma la offre condividendo la grazia di Dio. E così – come dice la preghiera – Maria realmente è “causa nostrae laetitiae”, l’”arca” nella quale realmente il Salvatore è presente tra di noi. Cari fratelli! Stiamo parlando di Maria, ma, in un certo senso, stiamo parlando anche di noi, di ciascuno di noi: anche noi siamo destinatari di quell’amore immenso che Dio ha riservato – certo, in una maniera assolutamente unica e irripetibile – a Maria. In questa Solennità dell’Assunzione guardiamo a Maria: Ella ci apre alla speranza, ad un futuro pieno di gioia e ci insegna la via per raggiungerlo: accogliere nella fede, il suo Figlio; non perdere mai l’amicizia con Lui, ma lasciarci illuminare e guidare dalla sua parola; seguirlo ogni giorno, anche nei momenti in cui sentiamo che le nostre croci si fanno pesanti. Maria, l’arca dell’alleanza che sta nel santuario del Cielo, ci indica con luminosa chiarezza che siamo in cammino verso la nostra vera Casa, la comunione di gioia e di pace con Dio. Amen!

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